venerdì 30 novembre 2012

ONU: Palestina Stato osservatore


In una giornata che sarà ricordata nei libri di storia, la Palestina diventa Stato osservatore non membro delle Nazioni Unite  dell'Onu. Esattamente 65 anni dopo il voto sulla spartizione della Terra Santa in due Stati (era il 29 novembre del 1947), l'Assemblea generale delle Nazioni Unite si rende protagonista di un'altra giornata da ricordare per la storia politica internazionale, e nasceranno molte polemiche approvando con 138 voti su 193 una risoluzione che il presidente dell'Anp Abu Mazen ha voluto con forza. E che i vertici dell'Autorità nazionale palestinese considerano solo un primo passo verso la nascita di un vero e proprio Stato e verso il riconoscimento della Palestina come Paese membro a pieno titolo delle Nazioni Unite.

Ricordiamo che la votazione è avvenuta dopo che il presidente dell'Anp, Abu Mazen, aveva preso la parola davanti all'Assemblea generale spiegando che "la Palestina crede nella pace e la sua gente ne ha un disperato bisogno. Dateci il certificato di nascita".

"È arrivato il momento di dire basta all'occupazione e ai coloni, perché a Gerusalemme Est l'occupazione ricorda il sistema dell'apartheid ed è contro la legge internazionale. I palestinesi non accetteranno niente di meno dell'indipendenza sui territori occupati nel 1967 con Gerusalemme Est", aveva tuonato il leader palestinese.

La replica di Israele è arrivata subito. Il premier Benjamin Netanyahu ha dichiarato che la votazione "non cambierà alcunché sul terreno, non avvicinerà la costituzione di uno Stato palestinese, ma anzi la allontanerà", assicurando tuttavia che "la mano di Israele resta tesa verso la pace". Nei confronti del leader palestinese la risposta è stata caustica: "Parole ostili, velenose non da uomo che vuole la pace".

Gli Usa, che hanno votato contro la risoluzione, non hanno preso bene la decisione dell'Onu. Secondo l'ambasciatore Usa all'Onu, Susan Rice, si tratta di una "risoluzione controproducente" che ostacola il raggiungimento dell'obiettivo di "due Stati per due popoli". Ancor più netta l'opinione del segretario di Stato americano Hillary Clinton, secondo cui il voto "pone nuovi ostacoli sul cammino della pace". Soddisfazione invece da parte della Santa Sede: "Accogliamo con favore la decisione dell'Assemblea Generale".

Mentre l'Europa si è trovata ampiamente divisa, infatti, Francia, Irlanda, Gran Bretagna, Grecia e Spagna hanno dichiarato di appoggiare la risoluzione, la Germania ha fatto invece sapere che si sarebbe astenuta. L'Italia invece ha deciso di dare il sostegno all'Anp. Lo ha annunciato nel pomeriggio una nota di Palazzo Chigi che ha suscitato l'irritazione di Israele, rimasta "delusa dall'Italia", nonostante il premier Monti avesse precisato che la scelta del suo esecutivo fosse "parte integrante dell'impegno del governo italiano volto a rilanciare il processo di pace con l'obiettivo di due Stati, quello israeliano e quello palestinese, che possano vivere fianco a fianco, in pace, sicurezza e mutuo riconoscimento".

“Ora bisogna immediatamente riaprire i negoziati”, hanno chiesto i paesi europei, con in testa l'Italia, che hanno votato sì. Soddisfazione anche dal Vaticano, mentre il segretario generale Ban Ki Moon ha chiesto che siano i palestinesi a fare il prossimo passo riconoscendo il diritto ad esistere in pace e sicurezza di Israele.

Fiamma Nirenstein dalle colonne del Il Giornale ha attaccato la posizione di Palazzo Chigi sostenendo che: “un Parlamento che da va­ri anni ha fatto suo onore e vanto di essere il migliore amico europeo di Israele, la cui de­legazione all’Onu solo nel luglio del 2011 di fronte a una risoluzio­ne id­entica ha risposto in modo op­posto a quello attuale, e poi ha affermato che: il comunicato di Palazzo Chigi  sembra scritto da un bambino che ignora l’abc della politica medio­rientale, e soprattutto che scaval­ca senza remore, le scel­te politiche di fondo del Parlamen­to italiano, che non è mai stato mi­nimamente consultato”.

venerdì 16 novembre 2012

Piombo fuso 2: razzi contro Gerusalemme



La diplomazia si sta muovendo il segretario generale Onu Ban sarà in Israele e nei Territori a giorni, nel tentativo di fermare il conflitto. Il Marocco ha presentato al Consiglio di sicurezza una bozza di risoluzione per un cessate il fuoco in Medioriente. Catherine Ashton, capo della politica estera Ue, spera che l'Egitto aiuti a giungere alla pace

Mentre Israele è pronto a mobilitare fino a 75.000 riservisti, nessuna tregua nella Striscia di Gaza, con Hamas che alza il tiro e dopo Tel Aviv mette nel mirino dei suoi razzi “Fajr” 5 anche Gerusalemme. Almeno due razzi sono caduti vicino alla Città Santa, tra cui uno in un campo disabitato vicino all’insediamento ebraico di Gush Etzion, in Cisgiordania.

Riportiamo due interviste di estrema rilevanza pubblicate sui maggiori quotidiani: dal CORRIERE della SERA , l'intervista di Francesco Battistini a Nahum Barnea.

TEL AVIV — «La situazione nel Sud era impossibile da sostenere. Israele è una democrazia, non può accettare che ogni settimana un settimo dei suoi cittadini si rintani perché piovono razzi». L'altro ieri, quand'è partita l'operazione «Colonna di fumo», Nahum Barnea stava in un kibbutz proprio al confine con Gaza. Ha visto abbastanza, sentito molto, capito tutto: mai tenero col premier, stavolta il principe degli editorialisti israeliani è con Netanyahu: «Doveva pur far qualcosa...».

Quanto peseranno queste bombe sul voto di gennaio? «I politici non amano operazioni di questo tipo, sotto elezioni, perché si sa che è facile perderne il controllo. Il primo giorno, sembrava una gran vittoria. Il secondo, i tre morti e le sirene a Tel Aviv hanno già cambiato le carte in tavola. Netanyahu non è sicuramente di buon umore: uno come lui, che in tutti i sondaggi è accreditato della vittoria, non inizia una guerra se non è veramente obbligato».

Obama detesta Netanyahu: come si spiega il suo appoggio incondizionato? «Gli Usa appoggiano Israele, più che altro: riconoscono che i cittadini hanno diritto a una vita normale. La differenza tra l'Obama di oggi e il Bush che appoggiò la guerra di Olmert, nel 2008, è che probabilmente Obama non concederà a Netanyahu lo stesso tempo che Bush concesse a Olmert».

E' la fine d'ogni possibile dialogo con l'Egitto dei Fratelli musulmani? «Difficile dirlo. Morsi ha bisogno degli Stati Uniti e non diventerà il portavoce di Hamas: fa molta retorica, ma non penso che s'andrà oltre il rimpatrio dell'ambasciatore. Morsi è ancora instabile, non si sbilancerà più di tanto».

Le piazze arabe non sembrano andar oltre la solidarietà di facciata: llamas paga l'aver appoggiato Assad? «La politica araba sta cambiando velocemente e i nuovi governi spesso anticipano le piazze. Il Qatar, che è nemico della Siria, ha appena donato a Hamas 400 milioni di dollari... L'ago della bilancia, però, resta l'Egitto».

A Gaza, quanto durerà il sostegno a llamas? «Gaza ora è sotto choc, la botta è forte, il morale basso. Un'azione di questo tipo cementa il consenso palestinese. M'aspetto che torneranno alla strategia di qualche anno fa, a colpirci coi kamikaze». Quanto influirà quest'operazione sul voto di fine mese all'Onu, per il riconoscimento della Palestina come Stato membro? «Influirà di sicuro. Israele ora vuole molte cose: che il mondo convinca i palestinesi a non dichiarare l'indipendenza, che appoggi quest'operazione, che sostenga l'attacco all'Iran... Non può ottenere tutto, su qualcosa dovrà cedere».

Da REPUBBLICA,  l'intervista di Fabio Scuto a David Grossman.
Per David Grossman, se vuole avere sensazioni di prima mano, c'è un alloggio momentaneamente libero al quarto piano di una palazzina a Kyriat Malachi. Certo, dovrà essere ristrutturato perché è stato centrato da un razzo che ha sterminato un'intera famiglia.
Siamo certi che da quell'osservazione ne guadagnerò sensibilmente la sua prospettiva.
GERUSALEMME —«È molto difficile dire ora in che direzione si svilupperà questa ondata di violenza. Può essere che tutto finisca in qualche giorno, come in passato sono terminate altre centinaia di esplosioni di violenza ciclica fra Israele e Hamas, ma potrebbe anche trasformarsi in un'ondata furiosa e prolungata, estendendosi da Gaza alla Cisgiordania. Se ci fosse stato un vero dialogo coni Palestinesi della Cisgiordania ora tutto sarebbe diverso». Non sembra ottimista David Grossman, lo scrittore israeliano — in Italia in questi giorni per presentare il suo ultimo libro Caduto fuori dal tempo—che incarna meglio la coscienza critica di quel che sta accadendo in Israele in questi anni.

Come vede la situazione che si è creata in questi ultimi giorni nel sud di Israele? «La situazione dei rapporti fra Israele e Hamas è quella di una sfera ermeticamente chiusa, in cui domina la logica distorta della guerra e dell'odio. Nell'ambito di tale logica, Hamas fa tutto ciò che può per far cessare l'occupazione israeliana che dura già da 45 anni, mentre Israele fa tutto ciò che può per difenderei propri cittadini dai ripetuti attacchi di Hamas. Entrambi hanno le loro proprie giustificazioni per ciò che stanno facendo, entrambi sentono di avere ragione, ma, per l'osservatore esterno, tutto ciò appare una follia. La domanda che ci si deve porre è perché siamo tutti prigionieri all'interno di tale sfera già da 45 anni. Ritengo che la risposta sia che le due parti non sono in grado, in questo momento, di liberarsi dal rituale automatico di attacchi e di ritorsioni, e da soli non ci potranno riuscire. Si condannano ad un round dopo l'altro di violenza e di uccisioni, e ci saranno sempre più palestinesi ed israeliani che si lasceranno trascinare in tale circolo di brutalità e di vendetta».

Che può portare a sviluppi imprevedibili... «E molto difficile dire ora in che direzione si svilupperà la cosa. La situazione fra Israele ed i palestinesi è così esplosiva, che quasi ogni scenario è possibile. E di nuovo si ripresenta la domanda perché Israele ed i palestinesi non abbiano sfruttato questi ultimi mesi per tentare di iniziare un dialogo. Se ci fosse stato un dialogo, anche solo fra Israele ed i palestinesi della Cisgiordania, tutto oggi sarebbe diverso. Su questo punto preciso, mi aspetto che Israele, che ha molte più possibilità di manovra, che è il più forte dei due, faccia tutto ciò che è in suo potere per far ripartire il processo di pace. Se oggi ci fosse un processo di pace, il mondo sarebbe disposto ad accettare con maggiore comprensione la reazione israeliana».

Ma ora, in questa situazione, lei vede una via d'uscita? «Penso che Israele debba proporre un cessate-il-fuoco unilaterale di 48 ore, non rispondere ad alcuna provocazione di Hamas, anche se Hamas continuasse a lanciare altre centinaia di missili. Penso che Israele debba contenersi al massimo durante queste 48 ore, per dare la possibilità a coloro che hanno un'influenza su Hamas, come il nuovo regime egiziano, di fare opera di mediazione e arrivare alla calma».

domenica 14 ottobre 2012

Tuffo oltre muro del suono si è lanciato a corpo libero da 39mila metri


Dopo aver abbattuto il muro del suono battendo il record in caduta libera, il paracadutista austriaco Felix Baumgartner ha toccato terra poco prima delle 20:20 ora italiana.

Ha infranto il muro del suono nella sua caduta libera da oltre 39.000 metri di quota il paracadutista  Baumgartner raggiungendo Mach 1,24.

Baumgartner ce l'ha fatta, ha superato il muro del suono, 1173 chilometri ora, a "corpo libero" buttandosi da una capsula a 39 chilometri dal suolo, nella stratosfera. Due ore e passa l'ascesa appeso a un pallone sonda riempito di Elio. Ha battuto il record precedente, che resisteva da ben 52 anni, 31 chilometri, e quando è arrivato al suolo in Nuovo Messico, prontamente recuperato dal suo team, sembrava fosse andato a fare una passeggiata.
Gli ingegneri della Red Bull, sponsor dell'impresa, hanno fatto il possibile per tutelare Baumgartner ed evitargli la fine di parecchi altri che avevano tentato l'impresa e ci avevano lasciato la pelle. La tuta pressurizzata, un' evoluzione di quelle degli astronauti Shuttle, ha funzionato al meglio, e non era affatto scontato.
Quando ci si avvicina alla velocità del suono infatti l'aria fa resistenza in modo crescente, impedisce al corpo che cerca di andare più veloce di aumentare la velocità creando anche onde d'urto micidiali che spaccarono praticamente le ali a parecchi dei primi aerei di profilo convenzionale che tentavano di superare la barriera del suoni.
Si è lanciato da 39 chilometri, grosso modo 2 volte e mezza la massima altezza che viene raggiunta da un Boeing 747 in un volo intercontinentale, e a 1500 metri si è aperto il paracadute.

sabato 6 ottobre 2012

Cuba: la blogger Yoani Sanchez liberata dopo 30 ore

La blogger dissidente cubana Yoani Sanchez, arrestata giovedì, è stata liberata dopo trenta ore di detenzione. La stessa Yoani ha annunciato su twitter di essere stata "liberata dopo 30 ore di detenzione" e ha ringraziato "tutti quelli che hanno alzato al loro voce e i loro tweet. Non ho toccato né cibo né acqua".

"Siamo stati appena liberati! 30 ore di detenzione e molti aneddoti da raccontare", ha twittato la Sanchez.
Grazie a tutti quelli che hanno levato la loro voce e i loro tweet perché tornassimo a casa", ha aggiunto pochi secondi dopo. "Durante la mia detenzione ho rifiutato di mangiare e di bere ogni liquido, primo bicchiere d’acqua che hopreso al rientro a casa come fuoco nell’esofago". In successivi tweet la bloggerha scritto che "ancora è in stato d’arresto Henry Constantin a Rio Cauto, arrestato all’ingresso del tribunale di Bayamo".

La "blogger cieca" così si definisce perchè non vede quello che invia su internet, era stata arrestata giovedì insieme al marito, il giornalista Reinaldo Escobar, a Bayamo, 750 km a sudest dell'Avana, dove voleva assistere al processo contro un giovane politico spagnolo accusato di omicidio colposo per la morte di un dissidente. Il giovane attivista spagnolo del Partido Popular di Madrid Angel Carromero è stato accusato dalle autorità castriste di omicidio colposo per l'incidente stradale nel quale, lo scorso 22 luglio, sono morti il dissidente Oswaldo Payà e un altro oppositore cubano, Harold Cepero, e rischia 7 anni di carcere. La versione ufficiale sulla morte di Payà è peraltro contestata dai familiari e da ambienti del dissenso.

Yoani Sanchez, blogger anti-regime, è ormai da tempo nel mirino del governo di Raul Castro. Qualche mese fa, il sito web ufficiale Cubadebate ha pubblicato un attacco frontale alla dissidente, descrivendola come "mercenaria", "bugiarda" e "ignorante", "un'impiegata" dell'organismo statunitense Sina. Il dossier del sito era accompagnato da una foto in cui il volto della Sanchez era inquadrato in una banconota da 100 dollari Usa, con sotto la scritta: "Tutto per soldi". Nel dossier si citava tra l'altro un'indagine condotta dagli Usa, e svelata da Wikileaks, in cui Sanchez viene indicata come una "falsa leader", "conosciuta solo dal 2% degli intervistati".

Il suo blog 'Generazione Y', veniva inoltre sottolineato, "non ha alcun impatto presso l'opinione pubblica cubana". Cubadebate sosteneva poi che il blog della dissidente "non è un referente internazionale affidabile per conoscere gli argomenti cubani", che la Sanchez è "una falsa esperta e una falsa libertaria" e che la sua "ignoranza sulla storia e la realtà cubana sono proverbiali". E' una "bugiarda compulsiva", rincarava la dose il sito. La blogger viene molto spesso invitata all'estero per partecipare a incontri o ricevere premi. Come ricorda spesso la stessa Sanchez via twitter, le autorità le hanno impedito di lasciare il paese ormai una ventina di volte.

Sulla vicenda dell'arresto aveva preso duramente posizione anche il ministro degli Esteri italiano, Terzi.

sabato 29 settembre 2012

Ucraina: Timoshenko al popolo, ribellatevi a regime mafioso


La leader dell’opposizione ucraina, Iulia Timoshenko, ha invitato il popolo a ’’ribellarsi’’ alle elezioni parlamentari che si terranno nel Paese il 28 ottobre e di porre fine al ’’regime criminale’’ del presidente Viktor Yanukovich. In un video di due minuti filmato in ospedale, dove e’ ricoverata dal maggio scorso per un’ernia al disco, l’ex premier accusa Yanukovich di creare uno stato corrotto allo scopo di arricchire un piccolo gruppo di persone di ’’una band criminale mafiosa’ , l'ex primo ministro ha detto che sta resistendo ad "un inferno" creato da Yanukovich.

Alla Timoshenko, condannata anche in Cassazione a sette anni di reclusione per abuso di potere per un controverso contratto per le forniture di gas siglato nel 2009 con Mosca, è stato impedito di presentarsi alle elezioni parlamentari del 28 ottobre prossimo perché in carcere.

Il video, postato sul partito dell'ex premier 'Patria' (http://byut.com.ua/news.html), mostra una donna determinata parlare al suo popolo e di appoggiare in ogni modo il suo partito 'Patria', demoralizzato dalla perdita della sua leadership.

Nel video, dove è visibile un uomo (probabilmente una delle guardie) che tenta di impedirne la ripresa, Timoshenko accusa Yanukovich di creare uno stato corrotto allo scopo di arricchire un piccolo gruppo di persone di "una band criminale mafiosa".

"Oggi l'intero Paese vive sotto l'autorità criminale e più avanti si va, e più questo viene permesso, alla fine ogni persona avvertirà questo regime criminale pesare sulla propria vita", dice Timoshenko nel video dove invita gli ucraini a "ribellarsi a queste elezioni e a cacciare questo gruppo criminale".

Il presidente François Hollande annuncia tasse record


Il governo francese ha presentato il piano di bilancio 2013 che comporta una manovra da 36,9 miliardi di euro, tra aumenti delle tasse e riduzioni della spesa, che servirà a blindare l'obiettivo di ridurre il deficit di bilancio al 3 per cento del Pil. Questo piano è di «lotta per la giustizia sociale», e «di lotta per la crescita e la preparazione dell'avvenire», ha spiegato il capo di governo Jean-Marc Ayrault. «La più importante degli ultimi trent'anni», ha detto il presidente François Hollande. «La più dura degli ultimi trent'anni» gli fanno eco i suoi detrattori.

Nell'annuncio dato per combattere il debito pubblico è così distribuito 10 miliardi arriveranno dai tagli alla spesa mentre gli altri, praticamente i due terzi, da nuove tasse che ricadranno per metà sui privati e per metà sulle imprese. Dei 10 miliardi di imposte sui privati, 3,5 saranno imposte sul reddito (che colpiranno oltre 4 milioni di famiglie benestanti) 1 miliardo arriverà dall'imposta di solidarietà sui patrimoni (applicata ai patrimoni superiori a 1,3 milioni di euro).
Si tratta di uno sforzo "senza precedenti", ha affermato l'esecutivo e secondo quanto riferito dalla portavoce del governo, Najat Vallaud-Belkacem, il presidente François Hollande ha definito la manovre come "portatrice di risanamento" ma con lo sforzo che colpirà di più "le famiglie più agiate".

Quest'anno il disavanzo si attesterà al 4,5 per cento del Pil lievemente al di sopra di quanto precedentemente previsto, mentre la dinamica di riduzione proseguirà nei prossimi anni portandolo, secondo i piani del governo, al 2,2 per cento nel 2014, all'1,3 per cento nel 2015 e allo 0,6 per cento nel 2016.

Questa manovra rischia di far fuggire via quel che resta dei ricchi di Francia, alcuni dei quali si sono già dati alla fuga. Lo sforzo fiscale peserà «su chi ha di più, il 10% dei francesi più agiati», rincara Hollande. E poi ci sono le grandi imprese «che pagano meno imposte rispetto alle piccole e medie - aggiunge il premier - e a cui chiediamo uno sforzo per il raddrizzamento dei nostri conti pubblici». Sacrificio che si materializza in una riduzione degli sgravi sugli interessi - prima deducibili al 100%, ora al 75% - e di quelli sulle plusvalenze generate dalla cessione di quote in altre aziende.

Resta da capire che ne sarà dei ricchi di Francia. Accoglierà Arnaud l'invito di Libération a levare le tende (fiscali)? Lo hanno già fatto artisti e cantanti - dall'attrice Emmanuelle Béart (Belgio) alla modella Laetitia Casta fino allo scrittore Marc Levy (Regno Unito). Lo hanno già fatto diversi sportivi da Jean Alesi ad Alain Prost (Svizzera) e alcuni noti imprenditori: Nicolas Puech (Hermès), la famiglia Peugeot e i Lescure di Tefal e Rowenta. A favore di Hollande e della supertassa al 75% si sono sempre dichiarati l'ex stella del calcio Zinédine Zidane e il cantante Yannick Noah. Però il primo ha la residenza in Spagna mentre il secondo è  stato indagato la scorsa estate per evasione fiscale in Svizzera.

venerdì 28 settembre 2012

Cisgiordania: il sindaco più giovane del mondo



Il sindaco più giovane del mondo è una ragazza palestinese di 15 anni, che ha dimostrato di avere le idee  molto chiare: vuole portare aria nuova nella città di Allar, in Cisgiordania. Bashaer Othman è il sindaco più giovane del mondo: su quella poltrona siede grazie a un'iniziativa che punta a coinvolgere in politica i giovani palestinesi-

Sicuramente è stato un vero e proprio esperimento di educazione civica felicemente riuscito in una città della Cisgiordania, dove la ragazza palestinese  per tutta l'estate si è seduta nella poltrona del primo cittadino.

La giovane palestinese durante il suo insediamento politico ha detto:“Se potessi ottenere una cosa, sarebbe quella di creare un progetto per fornire posti di lavoro per i giovani, il maggior numero possibile. Molte persone di Allar attraversano la linea verde per entrare illegalmente in Israele, a lavorare. Invece di andare a lavorare come manodopera a basso costo in Israele, abbiamo bisogno di creare posti di lavoro qui.”

La giovane Bashaer Othman ha amministrato la sua città, Allar, in Cisgiordania. per due mesi invece delle solite vacanze estive la liceale si è calata nei panni di un adulto, uscendo indenne da riunioni, visite istituzionali e problemi da risolvere. A volere l’esperimento di educazione civica è stato il sindaco eletto della città, Sufian Shadid, che insieme ai membri del consiglio comunale ha ceduto il testimone e le mansioni a 11 adolescenti, tra cui 5 ragazze.

All’inizio è stata dura – ha detto il primo cittadino Othman, che guida fino a fine settembre i 9 mila abitanti della cittadina palestinese – perché la gente non credeva in noi ed in qualche modo ci osteggiava. Poi hanno visto il nostro impegno e la nostra dedizione al lavoro ed ora va meglio.”

Tra le prime azioni della giovane Bashaer la creazione di un vigile del fuoco, di un parco pubblico con un area destinata ai giochi per i bambini ed una visita ufficiale in rappresentanza della città, in Qatar.

L’avventura di certo  non finisce col ritorno a scuola e alla innocente routine del 15enne: Bashaer sogna di studiare relazioni internazionali e di aprirsi una carriera diplomatica quando sarà grande.

domenica 2 settembre 2012

Elezioni USA 2012 Clint Eastwood e la sedia vuota


Clint Eastwood show alla convention repubblicana di Tampa, in Florida. Intervenendo come ospite per esprimere il suo sostegno a Mitt Romney, il regista e attore ha simulato una conversazione con un Obama immaginario parlando con una sedia vuota.

“Let him go”, che Obama se ne vada, lasciamolo al suo destino: è Eastwood a pronunciare il benservito al primo presidente statunitense. La platea repubblicana ha trovato il suo slogan e pende dalle labbra del  mito di Hollywood che a 82 anni sembra più attivo e in forma che mai. Lo show di Eastwood coglie nel segno, regala lo slogan della serata, l’ideale contrappunto allo “yes we can” che scandì la marcia trionfale di 4 anni fa: “quando qualcuno non fa il suo lavoro, meglio che vada”, lo liquida Clint, deluso dalle promesse, colpito da una disoccupazione che che non accenna a diminuire, anzi continua a crescere in modo sensibile.

Parte subito, implacabile, alla carica di Barack: ”Quando è stato eletto 4 anni fa tutti piangevano di gioia, anch’io mi sono emozionato. Non ho più pianto così da quando ho scoperto che oggi in America ci sono 23 milioni di poveri. Una tragedia vera, e l’amministrazione non ha fatto abbastanza per porvi rimedio. Per questo penso che sia tempo che sia arrivato il tempo per un uomo d’affari, uno stellare businessman”.

Il dialogo tra l'attore e il presidente si è svolto in realtà tra Clint ed il fantasma di Obama, con quest'ultimo a rapporto dell’Ispettore Callaghan: 10 minuti, con tanto di domande e risposte ed in modo particolare tra una sedia vuota e un gobbo, dando vita a uno dei momenti che resteranno nella storia, e forse negli annali della politica americana. Un monologo surreale. ”Mi dici di parlare a Romney? Perchè non lo fai tu…”. .

Poi ha puntato il dito verso il presidente invisibile, dicendogli di andare via. E sempre rivolgendosi al presidente immaginario: “Guarda che non mi sto zitto. E’ il mio turno… Sei completamente pazzo… Di tutte le promesse che hai fatto, cosa ne è rimasto?”. La platea  ripete in modo ritmato quello che potrebbe essere il nuovo slogan di Romney, ”Let him go”, “Let him go”, che se ne vada. “Io ho cominciato il lavoro, ora tocca a voi finire il lavoro”, conclude Clint, citando Make my day, uno slogan di Romney. E la folle esplode di gioia. Su Twitter, la performance egemonizza tutto il traffico.
Tanto che molti professionisti del cinguettio, continuano a lanciare sue frasi, anche dopo che Romney ha cominciato a parlare.

La vera sorpresa è che la sedia vuota di Clint Eastwood è «made in Italy», come è stato riportato dal Corriere della Sera.

venerdì 24 agosto 2012

Febbre siriana si diffonde il contagio

“Gli scontri in Libano fra i sostenitori di Bashar Assad e le forze ribelli evidenziano la necessità di un’azione internazionale»: l’allarme per il contagio delle violenze armate dalla Siria al Paese dei Cedri viene da Jeffrey Feldman, sottosegretario dell’Onu per gli Affari Politici, intervenendo ad una seduta del Consiglio di Sicurezza con una relazione sulle violenze in corso a Tripoli in Libano.

Esercito contro disertori, milizie filogovernative degli shabiha contro fondamentalisti islamici stranieri, sciiti contro sunniti: è uno scontro furioso e la guerra diventa febbrile, contagiosa. Infatti la vera battaglia adesso sta varcando i confini stessi della Siria.

La dinamica del febbre contagiosa, della guerra civile dalla Siria al Libano segue vari binari. Quello dei rapimenti: il 15 agosto una fazione sciita libanese, alleata di Damasco, ha sequestrato almeno venti sunniti siriani espatriati con un gesto di ritorsione contro l’azione dei ribelli che dentro i confini siriani avevano catturato una dozzina di “pellegrini sciiti libanesi” rivelatisi poi, in almeno cinque casi, miliziani dei pasdaran e di Hezbollah inviati da Teheran per sostenere la repressione del regime di Assad. Vi è un braccio di ferro in atto fra sciiti e sunniti nei due Paesi, così come resta aperta l’indagine senza precedenti della polizia di Beirut su un leader cristiano molto vicino a Damasco. La cui consistenza è legata al personaggio in questione ovvero Michel Samaha, ex ministro del Lavoro appartenente al partito falangista cristiano rivelatosi dall’indomani della fine della guerra civile nel 1991 uno dei più importanti alleati politici di Damasco nei governi libanesi.

Ufficialmente sono 37.240, probabilmente superano i cinquantamila, i profughi siriani in Libano e vengono riconosciuti come un pericoloso problema di sicurezza interna. Rispetto agli altri Stati che confinano con la Siria, solo il Paese dei cedri si è rifiutato di preparare campi e tendopoli, temendo non solo di mettere a repentaglio il proprio equilibrio confessionale, con nuove ondate di sunniti, ma anche un esodo di palestinesi siriani verso i già sovraffollati campi profughi dei loro compatrioti in Libano.

Secondo le stime dell’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso dei profughi palestinesi, sarebbero giunte più di tremila persone nelle ultime settimane. Si tratta per lo più di profughi scappati dopo i violenti bombardamenti nel campo palestinese di Yarmouk, nella periferia di Damasco.

Qualcuno dice che: «Erdogan ci aveva promesso “zero problemi con i vicini, ma oggi siamo ai ferri corti con tutti i paesi confinanti, Iraq, Iran, Armenia, Grecia, Cipro, e siamo sull'orlo della guerra con Damasco”. Sulla frontiera con la Siria, molti sono convinti che la guerra sia a un passo. La tensione cresce e così la rivolta contro la politica muscolare sulla crisi siriana del premier islamico sunnita Recep Tayyip Erdogan, che ha sposato la causa dei ribelli sunniti rompendo l'amicizia personale con l'alawita Bashar al Assad.

Ricordiamo, inoltre, che due turchi sono stati rapiti in Libano dai miliziani sciiti dell'Hezbollah, vicino al regime di Damasco, per ritorsione contro il sequestro in Siria di un loro compagno da parte dei ribelli. Ankara ha chiesto ai propri cittadini di non andare in Libano. Altri turchi, simpatizzanti di Al Qaida, sono stati uccisi dalle forze governative ad Aleppo. E sul lato turco della frontiera, dove gli alawiti sono maggioranza, continuano ad arrivare migliaia di profughi e disertori siriani sunniti.

Ankara sta moltiplicando le manovre militari sul confine e minaccia di intervenire in Siria per impedire che il nord curdo diventi un rifugio per i separatisti curdi del Pkk, che vogliono l'autonomia del Kurdistan turco. Ma i sondaggi mostrano che non solo gli alawiti della frontiera ora temono una guerra. Il 60% dei turchi non appoggia la linea dura di Erdogan sulla Siria e non vuole un coinvolgimento militare.

Per David Schenker, l’ex consigliere del Pentagono sul Medio Oriente oggi in forza al «Washington Institute» il Libano si trova al bivio fra una “guerra etnica” combattuta nelle strade e una “guerra fredda” fra le maggiori potenze arabe, con Teheran e Riad alla guida di opposte coalizioni ripetendo il duello strategico già in atto in Siria. È uno scenario confermato dalla decisione di Beirut di incriminare assieme a Samaha due alti militari siriani, con un inedito atto di aperta sfida al regime di Damasco.

Breivik condannato a 21 anni: uccise in piena consapevolezza



Anders Behring Breivik, è sano di mente che massacrò 77 persone tra Oslo e l'isola di Utoya il 22 luglio del 2011, è stato condannato questa mattina a 21 anni di carcere, lo ha deciso il tribunale di prima istanza di Oslo nella sua sentenza contro il killer che l'estate scorsa ha fatto sterminio in Norvegia.

La condanna era quella che era stata auspicata dallo stesso imputato, che aveva dichiarato che avrebbe fatto ricorso se fosse stato dichiarato non sano di mente. In questo caso sarebbe stato internato in un ospedale psichiatrico anche a vita.

Anche per quanto riguarda la pena detentiva, anche se la pena massima è di 21 anni, la legge norvegese permette che, una volta terminata la pena, il condannato rimanga in carcere se di dimostra la sua pericolosità. Breivik aveva detto che in caso fosse stato riconosciuto sano di mente, non avrebbe fatto ricorso. Se fosse stato dichiarato 'schizofrenico paranoide', come chiedeva la procura, sarebbe stato internato a vita.

martedì 21 agosto 2012

Siria, uccisi 2 reporter-giornalisti

Nuova strage vicino a Damasco, dove sono stati trovati i corpi di una quarantina di persone giustiziate a colpi di arma da fuoco, 110 morti il bilancio delle violenze.
Mika Yamamoto, l'inviata giapponese morta in Siria colpita a morte ieri nel pieno di un duro scontro ad Aleppo tra ribelli e forze governative siriane, è stata uccisa con ogni probabilità dal fuoco di queste ultime.

Lo ha affermato oggi in una intervista telefonica alla tv pubblica, la Nhk, Kazutaka Sato, un collega di viaggio e di testata di Yamamoto, testimone oculare della tragedia.
"Abbiamo visto - ha raccontato Sato - un gruppo di persone in tuta mimetica correre verso di noi e sembravano soldati governativi. Hanno sparato a caso a soli 20-30 metri di distanza o anche da più vicino".

L'esecutivo giapponese ha espresso "profondo rammarico" per l'uccisione di Yamamoto e il capo di gabinetto, Osamu Fujimura, ha esteso il cordoglio alle persone più vicine alla giornalista quarantacinquenne: una 'pioniera del videoreporting', con alle spalle esperienze impegnative sui fronti dell'Iraq, durante la guerra del Golfo, e dell'Afghanistan.

Yamamoto e Sato erano colleghi della Japan Press, agenzia di stampa multimediale specializzata in documentari e reportage per Tv e magazine, con profonda conoscenza di Medio Oriente e Asia sud-occidentale. Le corrispondenze dall'Iraq, dove nel 2003 scampò a Baghdad all'attacco di un tank americano all'Hotel Palestine, le erano valse il Vaughn-Ueda, riconoscimento promosso dagli editori giapponesi sul modello del Pulitzer Usa. Le edizioni pomeridiane dei principali quotidiani nipponici, a partire da Yomiuri e Asahi, hanno in prima pagina il ricordo di "una giornalista che -scrivono- sapeva dare voce alle donne e bambini" in contesti tragici e sanguinosi.

Al Jazeera, morto giornalista turco disperso ad Aleppo. E' morto il giornalista turco, da ieri disperso ad Aleppo, di cui non si conoscono però le generalità. Lo riferisce la tv panaraba al Jazeera citando fonti dei ribelli, secondo cui il giornalista sarebbe rimasto ferito nella stessa circostanza in cui è stata uccisa la collega giapponese Mika Yamamoto. Salgono così a due i giornalisti uccisi nella città teatro di una vera e propria carneficina.

Russia, hacker attaccano sito tribunale che ha condannato le Pussy Riot


È stato attaccato dagli hacker il sito web del tribunale di Mosca che ha condannato a due anni di carcere, per “teppismo motivato da odio religioso”, la band Pussy Riot. A denunciarlo la portavoce del tribunale secondo la quale l'home page del sito Internet del tribunale di Khamovnichesky è stata modificata con «oscenità« e «slogan anti-Putin». Lo ha reso noto la portavoce del collegio, Darya Lyakh, che ha parlato di slogan contro il presidente russo Vladimir Putin inseriti dagli hacker.

Le Pussy Riot diventeranno un marchio. Così come ha annunciato Mark Feigin, avvocato delle tre musiciste in carcere. Il legale ha precisato che l'iter di registrazione del marchio è stato avviato lo scorso aprile per evitare l'uso del nome del gruppo in varie azioni e progetti. Le componenti della band si aspettano di ricevere i documenti di registrazione nei prossimi mesi.

Il merchandising delle Pussy è già iniziato. Sono numerose le iniziative che su internet vendono t-shirt di ogni fattezza e colore con la scritta "Pussy Riot libere" e le tre ragazze incappucciate con gli inconfondibili passamontagna colorati. Il clima in Russia intorno a quello che si è trasformato nel processo dell'anno, e' pero' ancora molto teso. A Mosca girare con una maglietta inneggiante alle Pussy potrebbe causare non pochi problemi.

Non si ferma la caccia alle Pussy Riot, nonostante le critiche internazionali alla condanna a due anni di prigione per Nadia Tolokonnikova, Maria Aliokhina e Ekaterina Samutsevich. La polizia russa ora cerca le altre due componenti della band, che col volto coperto da passamontagna colorati avevano partecipato alla "preghiera punk anti Putin" nella Cattedrale di Mosca il 21 febbraio, sfuggite finora all'arresto.

domenica 19 agosto 2012

Assange: parla dal balcone dell'ambasciata dell'Ecuador a Londra

Gli Stati Uniti devono rinunciare alle minacce a Wikileaks. Chi minaccia Wikileaks minaccia la libertà di espressione. Lo ha detto Julian Assange dal balcone dell'ambasciata ecuadoriana a Londra alla sua prima apparizione dopo aver ottenuto l'asilo politico dal paese sudamerticano.

Barack Obama "faccia la cosa giusta": fermi la "caccia alle streghe" contro Wikileaks, liberi l'"eroe" Bradley Manning da 815 giorni dietro le sbarre senza incriminazioni, e soprattutto "archivi l'inchiesta dell'Fbi" contro chi mette in piazza i segreti di Stato. Rompendo due mesi di silenzio, durante i quali si è asserragliato nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra, Assange si è affacciato a un balcone accolto in trionfo da centinaia di sostenitori sotto i riflettori dei media internazionali e lo sguardo impotente di decine di poliziotti. "Sono qui oggi perché non posso essere lì con voi. L'oppressione è unita, ma noi dobbiamo essere determinati e uniti contro l'oppressione", ha arringato il capo di Wikileaks citando le ragazze di Pussy Riot incarcerate in Russia per la 'preghiera punk' anti-Putin paragone bordiline.

Assange, che non può superare il perimetro dell'ambasciata altrimenti scatterebbero le manette della polizia britannica. Nel corso del suo intervento, ha fatto appello direttamente a Barack Obama perché rinunci alla "caccia alle streghe" contro Wikileaks. Assange, che ha parlato per sei-sette minuti dal balcone dell'ambasciata dell'Ecuador di Knightsbridge, non poteva in teoria fare dichiarazioni politiche (é una condizione dell'asilo concesso dall'Ecuador) ma le critiche fatte a vari governi, e quello degli Stati Uniti in particolare, erano politicamente provocatorie.

Secondo alcuni 'confidenti' dell'australiano, intervistati dal Sunday Times, Assange sarebbe pronto a consegnarsi alla Svezia se da parte di Stoccolma e di Londra ci fosse l'impegno a non estradarlo negli Usa. Questo impegno "sarebbe una base di discussione", ha detto il portavoce di Wikileaks Kristinn Hrafnsson al Sunday Times. Finora Assange si era offerto di rispondere alla magistratura svedese da Londra. Secondo Hrafnsson, l'australiano teme di andare in Svezia perché gli avvocati lo hanno informato che in fatto di estradizione 'chi primo arriva meglio alloggia': gli Stati Uniti cioé, potrebbero muoversi solo dopo che la richiesta svedese avrà fatto il suo corso.

Intanto Assange ha incaricato il suo legale, Baltasar Garzon, di "aprire un'azione legale per proteggere i diritti legali di Wikileaks e Julian Assange stesso". "Assange - ha detto Garzon - è grato al popolo ecuadoregno e al presidente Rafael Correa per avergli concesso l'asilo. Julian - ha proseguito - è in uno stato d'animo "combattivo".

Il fondatore di Wikileaks è apparso pallido, dimagrito, due mesi nella 'cella di fatto' della piccola ambasciata alle spalle di Harrods hanno lasciato il segno. Assange ha avuto dal presidente ecuadoregno Rafael Correa l'asilo politico ma non può mettere piede fuori, altrimenti Scotland Yard lo arresta.

Fermo sostegno all'asilo politico concesso dall'Ecuador a Julian Assange e un severo monito sulle "gravi conseguenze" internazionali nel caso di un' irruzione della Gran Bretagna nell'ambasciata di Quito a Londra: è la posizione espressa dai paesi dell'Alleanza Bolivariana sulla vicenda del co-fondatore di Wikileaks. Gli stati dell'Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America (Alba) - Ecuador, Venezuela, Bolivia, Cuba, Nicaragua, e tre piccoli paesi caraibici - hanno esaminato il caso Assange durante una riunione a Guayaquil (Ecuador).

Pussy Riot colpevoli

La condanna è a 2 anni di carcere, senza condizionale. Dura, durissima, i pm ne avevano chiesti tre ma non sono stati del tutto accontentati. I giudici del tribunale Khamovnichesky di Mosca hanno così giudicato le tre componenti del gruppo punk Pussy Riot colpevoli di teppismo motivato da odio religioso. L'accusa del pm era vandalismo e istigazione all'odio religioso per aver cantato una preghiera anti Putin nella cattedrale moscovita di Cristo Salvatore.

Due anni di prigione, una dura condanna per Masha, Katya e Nadia, le tre Pussy Riot autrici a febbraio di un sacrilego blitz nella Cattedrale per un tempo di circa 30 secondi, in cui avevano chiesto alla Vergine Maria di "cacciare via" l'allora premier Vladimir Putin, diventato di nuovo presidente della Russia poche settimane dopo. Colpevoli di "teppismo motivato da odio religioso", dovranno scontare la pena in una delle tante colonie penali femminili del vasto sistema carcerario russo, sicuramente non sarà un cinque stelle.

Anche perché la giudice Marina Sirova ha scelto di destinarle non al primo tipo di colonia sui 4 previsti in Russia (il più leggero), ma al secondo: una delle "prigioni a regime comune", dove finiscono mescolati indistintamente detenuti che hanno commesso crimini gravi. Celle sovraffollate dove il rischio di violenze (anche da parte delle compagne di cella), maltrattamenti e scarse condizioni igieniche è alto secondo un'indagine del 2003 dell'Organizzazione mondiale contro la Tortura.

Inoltre le autorità russe potrebbero togliere i figli a due delle componenti del gruppo Pussy Riot,. Nadezhda Tolokonnikova, 22 anni, e Maria Alyokhina, 24 anni, starebbero infatti cercando di raggiungere un accordo per impedire agli operatori sociali di portar via i due bambini dalle loro famiglie. "Per precauzione, abbiamo preparato tutti i documenti necessari per avere la custodia dei figli delle ragazze", ha detto Mark Feigin, avvocato di Tolokonnikova, al Sunday Times.

L'ambasciata statunitense in Russia ha giudicato eccessiva la condanna a due anni di carcere inflitta. Fa eco il capo della diplomazia europea Catherine Ashton: pesa un «grave punto interrogativo», ha detto giudicando la sentenza del tribunale «sproporzionata eppure, il caso Pussy Riot non sembra aver mutato il livello di fiducia dei russi nel proprio sistema giudiziario: per la maggioranza (44%) il processo contro le partecipanti del gruppo punk è "equo, obiettivo e imparziale" secondo un sondaggio del Centro Levada. Il 36 per cento degli intervistati ha espresso fiducia che la pena sarà applicata in conformità con le prove di colpevolezza.

Solo due persone su dieci esprimono invece dubbi sulla corte. Eppure un risultato queste ragazze sembrano averlo ottenuto. Un altro sondaggio degli stessi sociologi del Levada pubblicato oggi ha mostrato che i russi stanno perdendo fiducia nel proprio presidente, e molti dubitano della sua capacità di influenzare seriamente la situazione nel paese.

In sintesi riportiamo i passaggi salienti del testo del nuovo singolo anti Putin delle Pussy Riot. "Lo Stato carcerario è più forte del tempo. Più sono gli arresti, più grande è la felicità e ogni arresto dimostra l'amore per un sessista, che scuote le guance, il petto e la pancia". "Ma non si può chiuderci in una cassa. Abbatti i cekisti (gli agenti della sicurezza, ndr) in modo sempre più efficace e con sempre maggior frequenza". "Putin accende i fuochi della rivoluzione; lui si annoia e ha paura di stare con la gente nel silenzio. Ogni punizione è come cenere marcia, ogni condanna a lunghe pene (detentive, ndr) è una forma di inquinamento". A seguire il ritornello: ''Il paese va avanti, il paese scende per le strade con audacia; il paese va avanti, il paese è pronto ad abbandonare il regime; il paese va avanti, il paese è un covo di femministe. Anche Putin va, va a dire addio al bestiame''. ''Metti in carcere tutta la città fino al 6 maggio (la cerimonia di insediamento di Putin si e' svolta il 7 maggio, ndr). La condanna a 7 anni è poco, condannaci a 18; vieta di gridare, calunniare e camminare; chiedi in sposa Lukashenko". "Il paese va avanti, il paese scende per le strade con audacia; il paese va avanti, il paese è pronto ad abbandonare il regime; il paese va avanti, il paese è un covo di femministe, anche Putin va, va a dire addio al bestiame''.

sabato 18 agosto 2012

Siria, al Sharaa smentisce defezione

Si era diffusa la notizia che il vicepresidente avesse disertato e fosse fuggito in Giordania.

Il vicepresidente siriano Farouq al-Sharaa è a Damasco e prosegue il suo lavoro: così l'ufficio di Sharaa ha smentito, tramite un comunicato citato dalla tv al Manar del movimento sciita libanese Hezbollah, le notizie
della diserzione del vicepresidente e della sua fuga da Damasco.

Il vicepresidente siriano al-Shara "ha disertato" ed è arrivato in Giordania. era quanto aveva scritto la tv al Arabiya citando un portavoce dell'Esercito siriano libero, Luay al-Miqdad.

Si era detto: secondo la fonte, al-Shara è scomparso da due giorni e annuncerà la decisione a breve. Con lui avrebbero disertato altri due alti ufficiali. al-Shara, 74 anni, è vicepresidente dal 2006. Tra i suoi numerosi incarichi anche quello di ambasciatore a Roma, la nomina risale al 1974.

Secondo la fonte citata da al Arabiya, al-Shara è arrivato in Giordania passando dalla sua città natale, Daraa, circa 100 km a sud della capitale Damasco. La diserzione sarebbe avvenuta nella notte. Il quotidiano libanese Al Mustaqbal aveva fornito ulteriori dettagli: al-Shara è arrivato a Daraa tra martedì e mercoledì, accompagnato da due alti ufficiali dell'esercito fedele al presidente Bashar al Assad. I tre si sarebbero nascosti, in attesa che le condizioni fossero favorevoli alla fuga, con l'aiuto dell'Esl. Scoperto il tentativo di fuga, il presidente in persona avrebbe ordinato un pesante bombardamento nell'area, con l'obiettivo di uccidere al-Shara e addossare poi la colpa ai ribelli. Ieri poi, nella notte, al-Shara sarebbe riuscito a passare il confine illeso. Non è possibile verificare in modo indipendente queste informazioni.
Il diplomatico algerino Lakhdar Brahimi ha accettato l'incarico di inviato speciale di Onu e Lega Araba in Siria al posto di Kofi Annan, secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche al Palazzo di Vetro. Brahimi, che é stato indeciso per giorni se accettare o meno, non voleva essere un semplice sostituto di Annan, e - si è appreso - avrà un mandato leggermente differente dal suo predecessore. Ma soprattutto Brahimi aveva chiesto che il Consiglio di Sicurezza si mostrasse unito nel sostenerlo.

venerdì 17 agosto 2012

Agosto 2012: principali notizie dal’estero

Le principali notizie di metà agosto che provengono dal problematico panorama internazionale.

Strage di minatori, trenta le vittime in Sudafrica. Si sta aggravando il bilancio degli scontri tra i lavoratori in sciopero con la polizia. Sono più di 30 i minatori rimasti uccisi ieri in scontri con le forze dell'ordine nei pressi della miniera di platino di Marikana, in Sudafrica. Lo ha annunciato il ministero della Polizia. Un precedente bilancio fornito dai servizi di emergenza regionale parlava di 25 morti.

Ecuador minaccia Londra dando l’asilo ad Assange. Quito ha concesso a Julian Assange l'asilo politico ma l'australiano di Wikileaks rischia l'arresto se osa mettere il naso fuori dall'ambasciata ecuadoregna a Londra. Cosa che intende fare puntualmente domenica prossima mentre il capo del suo collegio legale, l'ex giudice spagnolo Baltasar Garzon, minaccia il ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia se al suo cliente sarà torto un capello. Il braccio di ferro diplomatico si complica: Garzon ha chiesto per Assange un salvacondotto, ma il Foreign Office, dopo aver minacciato nella notte l'ambasciata ecuadoregna a Knightsbridge di un possibile raid per arrestare l'australiano (per poi fare dietrofront), ha ribadito la volontà di dar seguito all'estradizione in Svezia a dispetto della decisione di Quito annunciata dal ministro degli esteri Ricardo Patino all'insegna dell'orgoglio nazionale: "Non siamo una colonia britannica"

Caccia allo sciita, 200 morti in Iraq nel Ramadan. Almeno 26 persone sono rimaste uccise ieri a Baghdad, in Iraq, in una serie di attentati sferrati in diverse località della città a pochi giorni dalla Eid al-fitr, la festività religiosa islamica che celebra la chiusura del Ramadan.

Pussy Riot, attesa mondiale per verdetto. In attesa del verdetto nel processo contro il trio rock 'Pussy Riot', previsto per il 17 agosto a Mosca alle 15 (le 13 in Italia), i sostenitori della band di tutto il mondo hanno in programma una serie di manifestazioni in 30 città, da Parigi a Varsavia.
E’ quanto ha riferito la Radio Echo di Mosca. Il coordinamento è avvenuto in via spontanea via Facebook e sul sito web freepussyriot.org. A Mosca i fan si riuniranno alle 14 davanti al tribunale di Khamovniki dove si svolge il processo contro il trio autore di una scandalosa "preghiera punk" che potrebbe costargli fino a 3 anni di galera. Attesi volti noti dell'opposizione e politici, sicurezza rafforzata in città per timore di disordini e proteste. A San Pietroburgo, i supporter del gruppo si ritroveranno in un'azione concordata con le autorità cittadine: niente bandiere partitiche, solo lo slogan "per un processo equo". Iniziative previste anche in altre città russe da Perm a Rostov. Dall'altra parte dell'oceano, a New York si svolgeranno cinque cortei a favore della band, che sfioreranno chiese ortodosse e consolato russo per poi convogliare a Times Square dove celebri attori, scrittori e musicisti leggeranno brani tratti dalle ultime parole delle imputate. A Londra scende in campo il teatro della Royal Court; a Vilnius, in Lituania, verrà innalzato un cellulare della polizia gonfiabile da cui si libreranno via capsule piccole mongolfiere a forma di passamontagna; a Praga un festival musicale sarà dedicato alle Pussy Riot.

Femmen protesta a seno nudo e armate di una motosega hanno tagliato un monumento religioso nel centro di Kiev: una croce in memoria dei milioni di vittime dello stalinismo. Le 'Femen', note per le loro eclatanti proteste a seno nudo dal forte impatto mediatico, hanno dichiarato di aver tagliato la croce in segno di solidarietà con le tre rocker della band 'Pussy Riot'.

Siria: attivisti, nuova strage in sobborgo Damasco. Onu accusa regime di crimini contro umanità. Ribelli: 'Accordo con Al Qaida se non ci saranno aiuti da Occidente'. Onu: 2,5 milioni di persone colpite da emergenza umanitaria. Gli attivisti siriani anti-regime denunciano un nuovo orrendo massacro e puntano l'indice contro le forze fedeli al presidente Bashar al Assad. I cadaveri di 60 persone, affermano i comitati di coordinamento locale (Lcc), "tutti con le mani legate", sono stati trovati in una discarica a Qatana, un sobborgo di Damasco. Omar Hamza, portavoce del consiglio della rivoluzione nella regione della periferia della capitale non ha dubbi: "Si tratta di un'esecuzione sommaria". Non è possibile verificare indipendentemente la notizia, a maggior ragione con gli osservatori Onu che fanno le valigie e si preparano a lasciare il Paese.

domenica 12 agosto 2012

Madonna dopo il concerto a Mosca canta a Putin: «Liberatele»


Tre anni di carcere ordinario per teppismo motivato da odio religioso o contro un gruppo sociale (i credenti ortodossi). E' la condanna richiesta dall'accusa nel processo alla band punk Pussy Riot.

Ricordiamo che il trio composto da Nadia Tolokonnikova (22), Katya Samutsevich (29) e Maria Aliokhina (24) è sotto processo per una dissacrante preghiera anti Putin nella Cattedrale di Mosca, giudicata blasfema dai vertici ortodossi e offensiva da molti fedeli, pure contrari a una pena detentiva per le autrici. In detenzione preventiva da 5 mesi, rischiano 3 anni di carcere per "teppismo motivato da odio religioso" . In quello che ormai è un caso internazionale, un nuovo "affaire Dreyfus" nelle parole del direttore di radio Echo di Mosca Alexei Venediktov.

Quello che risulta assurdo e al di fuori di questo millennio sono le parole del procuratore Alexander Nikiforov che nella sua arringa ha sostenuto che: "Hanno violato le tradizioni millenarie del nostro paese", e addirittura paventando una "guerra civile", giudicando la preghiera anti-Putin del trio "un'azione pianificata e premeditata contro la fede ortodossa" e definendo le tre ragazze "pericolose socialmente". La sua richiesta è stata meno della metà del massimo previsto (7 anni), anche in considerazione del fatto che sono madri di bimbi piccoli. Gli avvocati delle vittime hanno invece proposto una pena con la condizionale, menzionando tuttavia il rischio di reiterazione del reato: "le ragazze, nonostante le scuse avanzate ai credenti, non sembrano pentite, hanno tenuto un atteggiamento ironico durante il processo mostrando disprezzo per vittime e testimoni".

La difesa ha ipotizzato poi un ricorso a Strasburgo per le "torture" subite dalle ragazze, lasciate senza mangiare e dormire. La rappresentante della politica estera Ue Catherine Ashton si era detta preoccupata per le irregolarità segnalate" nel caso, in particolare "per le condizioni di detenzione" e "le informazioni su atti di intimidazione contro gli avvocati, i giornalisti e gli eventuali testimoni", invitando la Russia a rispettare gli obblighi internazionali e il diritto a un processo giusto. Infine hanno preso la parola le ragazze: "se il ritornello della nostra canzone fosse stato 'Madre di Dio, proteggi Putin' invece di 'Caccialo', oggi non saremmo qui" ha dichiarato Samutsevich.

In concerto in terra di Russia, Madonna ha detto di pregare per la liberazione delle Pussy Riot ed è stata tra i cantanti che stanno perorando la causa delle Pussy Riot sicuramente la più determinata. Madame Ciccone ha combattuto una guerra con il Cremlino. La tensione tra la popstar e Putin è stata alta. E durante i concerti russi Madonna ha evocatone la sua disapprovazione per il processo  con il nome del gruppo scritto sulla schiena Pussy Riot.

Dopo la cantante Madonna hanno spezzato una lancia a loro favore anche Yoko Ono, vedova di John Lennon, che dal suo Twitter si è rivolta direttamente a Putin: "Siete una persona saggia, conservate i posti in prigione per i veri criminali" e lo stesso ha fatto Vasco Rossi che ha espresso la sua solidarietà alla band russa delle Pussy Riot, , con un messaggio pubblicato sula pagina Facebook, ha espresso la sua «più che solidarietà».

Elezioni USA 2012 : Romney ha scelto Ryan


Mitt Romney in corsa candidato alla Casa Bianca per il partito repubblicano ha scelto il parlamentare Paul Ryan come candidato alla vice presidenza.

Svolta nella battage verso le presidenziali del 6 novembre. Il candidato repubblicano schiera nel ticket il parlamentare incaricato da anni di "smontare" le politiche economiche di Barack Obama, l'uomo che ha proposto meno tasse per i ricchi. La gaffe del candidato repubblicano: l'ha presentato come presidente.

"E' un onore presentarvi Paul Ryan, il futuro presidente degli Stati Uniti". Per il candidato vicepresidente dei repubblicani, una presentazione con gaffe. Ma così ha detto il candidato repubblicano Mitt Romney da Norfolk, in Virginia, prima tappa della sua quattro giorni in autobus che lo porterà anche in Florida, per poi correggersi fra le risate del suo pubblico: "Avete tutti capito che c'è stato un errore".

La scelta di Ryan - secondo alcuni osservatori - rilancerà l'entusiasmo della base repubblicana e potrebbe essere una svolta nella campagna elettorale. Romney nella serata di venerdì avrebbe telefonato agli altri papabili candidati per ringraziarli e comunicare loro la sua scelta.

Parte l'avventura per Paul Ryan: fra il 13 e il 25 agosto parteciperà a 10 eventi di raccolta fondi, fra i quali uno a Denver lunedì sera, il che significa che Ryan lascerà il tour bus di quattro giorni iniziato sabato a Norfolk con il candidato Mitt Romney. Ryan lunedì, un giorno prima che il tour finisca, partirà per Denver. Da subito il candidato alla vicepresidenza prenderà parte a una conference call con i maggiori finanziatori della campagna repubblicana.

Sul fronte economico, il candidato alla vicepresidenza è noto per il suo "Ryan Plan", una proposta radicale per tagliare 5.000 miliardi di dollari di spese statali nel prossimo decennio, presentata come la prova di come "abbiamo intenzione di salvare questo Paese da futuri debiti, dubbi e declino". Approvato in marzo dalla Camera a maggioranza repubblicana, il piano non ha però alcuna possibilità di essere ratificato in Senato, dominato dai democratici.

Con la scelta del giovane deputato, beniamino dei Tea Party e artefice della controversa risposta repubblicana alla finanziaria democratica, come suo candidato alla vice-presidenza, Mitt Romney ha completato il campo per le elezioni di novembre. Sarà Obama-Biden contro Romney-Ryan, con una differenza: mentre il vecchio Joe Biden, che non si è particolarmente distinto in questi quattro anni, Ryan potrebbe essere doppiamente prezioso per Romney: il compito sarà di favorire la conquista del suo Stato, il Wisconsin, che nel 2008 votò per Obama, e di acquisire i favori dell'ala più conservatrice del partito, che lo ha sempre guardato con un pò di sospetto.

Chi è Paul Ryan?
Nato il 29 gennaio 1970, a Janesville in Wisconsin, Ryan si è laureato alla Miami University in Ohio. A soli 42 anni, conta già su una lunga esperienza in Congresso, dove è stato eletto nel 1999. Presidente della commissione bilancio della Camera ha giocato un ruolo chiave nel mettere a punto le proposte di bilancio dei repubblicani, con modifiche significative al Medicare, il programma di assicurazione medica per coloro che hanno più di 65 anni o rientrano in determinate categorie.

sabato 4 agosto 2012

Pussy Riot a processo, c'è un vero motivo ?


Le tre giovani donne, due delle quali sono madri di bambini piccoli, sono in prigione da cinque mesi. Sono state arrestate dopo che le Pussy Riot hanno messo in scena una performance molto controversa all’interno della cattedrale di Cristo Salvatore, la più grande chiesa ortodossa della Russia, dove il presidente russo Vladimir Putin assiste alle messe di Natale e di Pasqua.

Il caso ha scatenato aspre dispute sulla libertà di parola e sulla stretta relazione tra la Chiesa ortodossa russa e il Cremlino. Ha anche diviso l’opinione pubblica: da una parte le richieste di clemenza, dall’altra di severe punizioni. Molti fedeli, pur condannando la prodezza davanti all’altare, ritengono che le tre donne dovrebbero essere liberate.

La punk band femminile sta facendo proseliti anche in Ucraina: nella cattedrale di Vladimir a Sebastopoli, città ucraina russofona che ospita anche la flotta russa del Mar Nero, un gruppo non meglio precisato ha tentato un bis della preghiera anti Putin durante una messa.

Le tre Pussy Riot rischiano una pena di 7 anni. E il processo è visto come un test sulla tolleranza della Russia nei confronti del dissenso, anche se nella realtà è molto più sfaccettato e mette in luce le varie anime che contraddistinguono il Paese, anche ai vertici. Maria Alyokhina, 24 anni, Nadezhda Tolokonnikova, 22 e Yekaterina Samutsevich, 29, hanno chiesto scusa alla prima udienza, dopo aver raccolto il sostegno morale di un centinaio di artisti russi, oltre a quello di Sting, dei Red Hot Chili Peppers e di Amnesty International: tutti a dimostrare preoccupazione per il processo. Ma gli attivisti ortodossi dichiarano che l'atto delle Pussy Riot è imperdonabile e respingono le scuse.

Nei giorni scorsi le Pussy Riot hanno denunciato di aver subito «torture» in prigione. «Non posso partecipare a questo processo, non ho potuto dormire e mangiare e questa è tortura», aveva denunciato lunedì Maria Alyokhina. Ma il giudice Marina Syrova aveva replicato che, in base alle perizie mediche, le tre imputate sono in grado di partecipare al processo ma ha annunciato che verranno concesse alcune pause per permettere alle imputate di mangiare e riposare. La prima udienza - durante la quale Alyokhina, Nadeshda Tolokonnikova e Yekaterina Samutsevich si sono dichiarate innocenti, pur scusandosi se hanno con il loro video offeso la sensibilità dei credenti - di lunedì è durata dieci ore continuative.

Gli avvocati difensori - che respingono le accuse - vogliono chiedere aiuto a Madonna, che il mese prossimo terrà due concerti in Russia. «Lei potrebbe attirare l’attenzione di persone molto potenti a livello internazionale che potrebbero sollevare la questione con le autorità russe», ha dichiarato Mark Feigin, uno degli avvocati delle Pussy Riot. L’icona del pop americano non si è mai tirata indietro nelle critiche alle autorità russe, promettendo in anticipo di denunciare una legge anti-gay a rischio di arresto durante il suo prossimo concerto a San Pietroburgo.

Feigin ha detto che Anthony Kiedis dei Red Hot Chili Peppers aveva già discusso il caso con Madonna, e ha anche scritto a Bono degli U2 sulla sorte delle ragazze. «Quello che hanno fatto le ragazze è stato stupido e provocatorio», ha detto uno dei fan delle Pussy Riot. «Ma la reazione dello Stato è incredibile. A giudicare dal modo draconiano in cui sono trattate si potrebbe pensare che il Cremlino ha un intero reparto che funziona giorno e notte per trovare il modo di sporcare l’immagine della Russia. Se volete capire quanto male stanno andando le cose in Russia guardate questo processo».

Elezioni USA 2012: Clint Eastwood sostiene Romney

L'attore e regista statunitense Clint Eastwood ha dato il suo sostegno al candidato repubblicano alla casa Bianca Mitt Romney, partecipando ad un evento per la raccolta fondi a Ketchum in Idaho. "Il paese ha bisogno di una spinta da qualche parte", ha detto Eastwood, spiegando di aver scelto Romney per il suo programma fiscale: "Riporterà un sistema fiscale decente... così ci sarà equità e le persone non saranno messe una contro l'altra". "Mi ha rischiarato la giornata", ha commentato il candidato repubblicano dopo l'endorsement. L'evento al quale ha partecipato l'attore-regista ha raccolto 2 milioni di dollari, un record per lo stato dell'Idaho. Eastwood è apparso da solo, con un paio di Ray-ban scuri.

Qualche mese fa uno spot di Eastwood per la Chrysler in occasione del Super Bowl, "Halftime in America" (Intervallo in America), era stato interpretato come un appoggio implicito al presidente in carica, Obama, il cui governo aveva salvato l'industria automobilistica. L'attore aveva negato, dicendo di "non essere certamente legato politicamente ad Obama" e che lo spot "voleva essere un messaggio sulla crescita di posti di lavoro e lo spirito dell'America". Eastwood, 82 anni, premio Oscar per film e regia per 'Gli spietati' e 'Million Dollar Baby', è registrato come repubblicano dal 1951.

Il prossimo 10 agosto il candidato repubblicano per la corsa alla Casa Bianca Mitt Romney partirà per un tour in autobus di quattro giorni negli Stati chiave. L'ex governatore del Massachusetts, che non ha ancora reso noto il programma definitivo, attraverserà Virginia, Nord Carolina, Florida e probabilmente Ohio. Ma soprattutto, sono in molti a ritenere che si tratterà dell'occasione per presentare il suo numero due, un annuncio che gli esperti attendono ormai a giorni. Le indiscrezioni provenienti dalla campagna di Romney - come riferisce la rete Abc News - vedono in pole position il senatore dell'Ohio Rob Portman e l'ex governatore del Minnesota Tim Pawlenty. Ancora in lizza, ma pare meno quotati per occupare la poltrona di vice presidente in caso di vittoria, Paul Ryan, rappresentante del Wisconsin, il senatore del New Hampshire Kelly Ayotte e il popolarissimo senatore della Florida Marco Rubio.


Cesare Battisti irreperibile a Rio, la Polizia lo sta cercando


Il terrorista, ex militante dei Proletari armati per il comunismo, non è più nella sua casa di Rio de Janeiro e il giudice Alexandre Vigal di Brasilia lo sta cercando. Secondo la legge, e la giustizia brasiliana gli stranieri devono farsi trovare all'indirizzo indicato alle autorità o sono considerati clandestini e rischiando l'espulsione.

Il giudice federale ha chiesto alla polizia di verificare dove si trova Cesare Battisti. La decisione è stata presa perché il terrorista – assassino, non è reperibile all'indirizzo a Rio de Janeiro notificato alle autorità dopo la sua uscita dal carcere di Brasilia.  E' quanto ha affermato la stampa locale, precisando che nel prendere la decisione, il giudice ha in una nota comunicato che Battisti è "in luogo ignoto".

Ricordiamo che l'ex militante dei Proletari armati per il comunismo è uscito dal carcere di Papuda a Brasilia nel giugno del 2011, dopo che il Supremo tribunal federal brasiliano aveva respinto in una controversa sentenza la richiesta di estradizione avanzata dall'Italia.

Se le ricerche attivate per contattare Battisti non porteranno ad alcun risultato entro cinque giorni, Vidigal chiederà alla polizia di aprire un'indagine per accertare dove si trovi. Secondo la legge brasiliana, ha ricordato il giudice, gli stranieri che non si fanno trovare nei recapiti indicati alle autorità possono essere considerati irregolarmente presenti nel paese, e devono farsi trovare all'indirizzo indicato alle autorità o sono considerati clandestini e rischiano l'espulsione. Questa fuga si verifica dopo anni di tira e molla con l'Italia che ne chiedeva l'estradizione.

venerdì 3 agosto 2012

Yemen, liberato e già arrivato a Ciampino l’addetto alla sicurezza Spadotto

E' arrivato in Italia all'aeroporto di Ciampino Alessandro Spadotto, il carabiniere italiano sequestrato il 29 luglio a Sana'a nello Yemen.

L'aereo, un Falcon 900, proveniente da Sana'a, è atterrato all'aeroporto militare di Ciampino. "E' il 27/o caso che si risolve con successo, dall'inizio di questo governo", ha sottolineato con soddisfazione il ministro degli Esteri Giulio Terzi, spiegando che "i rapporti diplomatici e l'intensità delle relazioni anche personali sono molto importanti quando si verificano questi fenomeni". Spadotto  è stato accolto dal capo dell'Unità di Crisi della Farnesina, Claudio Taffuri.

Caloroso l'abbraccio del generale dei Carabinieri Antonio Ricciardi, per conto di tutta l'Arma. Dallo scalo romano il militare è stato accompagnato dai colleghi del Ros alla Procura di Roma per essere ascoltato dai magistrati che hanno aperto un fascicolo sul rapimento. Una deposizione in cui il militare dell'Arma è chiamato a ricostruire i vari passaggi della vicenda, a partire da quando, domenica, è stato prelevato da uomini del clan Al-Jalal mentre, in abiti civili, si trovava in un negozio nei pressi della sede diplomatica a Sanaa, fino alla sua liberazione nel Marib, la regione petrolifera ad est della capitale yemenita segnata dagli scontri tra tribù locali e forze governative.

Rivendicando il sequestro,  Ali Nasser Huraikdan, capo della tribù al-Jalal, autore del sequestro, ha confermato al quotidiano locale "Akhbar Alxaum! di non appartenere ad alcun gruppo e ha insistito nel ricordare che il sequestro è stato una misura di pressione sul governo yemenita perchè esaudisse le sue richieste, e non sul governo italiano. Huraikdan chiedeva infatti che il suo nome venisse rimosso dalla lista delle persone ricercate in Yemen e dal novero di quelle che non possono recarsi all'estero.

E le stesse parole - "sto bene, non mi hanno trattato male" - Spadotto le ha ripetuto stanotte, subito dopo la liberazione, alla madre Marina e al padre Augusto, rimasti ad aspettarlo - "felicissimi" - a San Vito al Tagliamento (Pordenone). Stamani di buon ora con il carabiniere ha parlato anche il ministro Terzi: "é un italiano che indossa la stessa divisa con cui migliaia di carabinieri tengono alta la bandiera del nostro Paese non solo in patria, ma in tante aree di crisi nel mondo, dove sono rispettati e ammirati da Governi e popolazioni"; "ha mostrato grande coraggio in questi giorni e ne siamo tutti orgogliosi". Il responsabile della Farnesina, poi, con implicito riferimento ai turisti amanti del brivido, ha colto l'occasione per "ricordare l'esigenza di grande prudenza quando ci si trova in situazioni a rischio", sottolineando che i rapimenti sono in aumento anche per le "inspiegabili leggerezze commesse dalle persone che si trovano all'estero e che non hanno motivi seri per recarsi in zone di rischio".

martedì 31 luglio 2012

Rapporto annuale 2012 del Dipartimento di Stato Usa sul terrorismo

Il rapporto annuale del Dipartimento di Stato Usa sul terrorismo, relativo al 2011, afferma che l'Iran è, in termini finanziari, il principale sponsor dei gruppi di miliziani e terroristi nel Medio-Oriente. In declino, invece, Al Qaeda, la rete fondata da Osama Bin Laden, i cui dirigenti sono stati in gran parte uccisi o catturati. Tuttavia rimangono una minaccia per la sicurezza globale le cellule islamiche africane e saudite affiliate alla rete.

Un anno dopo l'uccisione in Pakistan di Osama Bin Laden, la leadership di Al Qaeda "è l'ombra di sé stessa". Lo ha detto John Brennan, consigliere del presidente americano Obama.

lunedì 30 luglio 2012

Processo ai due Marò, ci risiamo soppeso fino all'8 agosto


La sospensione del processo a carico dei due ramò all'arresto da cinque mesi nel sud dell'India per duplice omicidio è stata estesa fino all'8 agosto. E quanto ha deciso oggi l'Alta Corte del Kerala secondo quanto riportato da fonti indiane. Dove i due marò si trovano in libertà vigilata. Il nuovo rinvio segue quello disposto una settimana fa in seguito al ricorso dei legali dei marò contro la decisione delle autorità locali di non tradurre gli atti in italiano. Il giudice ha aggiornato ulteriormente l'udienza per decidere sulla questione.

Il governo del Kerala ha insistito anche oggi che non esiste alcun obbligo di fornire i capi di imputazione e altri documenti dell'accusa nella lingua degli imputati Massimiliano Latorre e Salvatore Girone (che non conoscono l'inglese). Il giudice C.T. Ravikumar non ha pero' accolto le ragioni dello stato del Kerala e ha quindi aggiornato di un'altra settimana la seduta per decidere sulla delicata questione.

I giudici del tribunale che ha sede a Kochi, nello stato del Kerala,  hanno respinto le tesi dell'accusa che si era opposta alla sospensione del processo in corso nella cittadina di Kollam. Il primo rinvio del procedimento penale era stato concesso una settimana fa dall'Alta Corte del Kerala in seguito al ricorso dei legali dei due marò contro la mancata traduzione degli atti processuali in Italiano.

domenica 29 luglio 2012

Yemen, italiano rapito presso l'ambasciata


Stando a fonti di stampa (France Presse) un cittadino italiano, addetto alla sicurezza presso l'ambasciata italiana a Sana'a, nello Yemen, è stato rapito da uomini armati, che con la forza lo hanno costretto a salire in macchina. La notizia, appresa dall'agenzia, è stata poco dopo confermata dalla Farnesina, che ha attivato tutti i canali in loco, ma mantiene il "massimo riserbo" sulla vicenda. Il sequestro è avvenuto nei pressi della stessa legazione diplomatica, nel rione Hadda. I sequestri di stranieri sono frequenti in Yemen; gli autori sono clan tribali che chiedono riscatti. Quasi sempre, gli ostaggi vengono poi rilasciati.

La Farnesina ha confermato. Il ministero degli Esteri, tramite l'Unità di crisi del ministero, ha immediatamente attivato tutti i canali, ma sulla dinamica dei fatti, il ministero degli Esteri mantiene in questo momento ''il più stretto riserbo'' per favorire una positiva soluzione della vicenda. Il rapimento dell'uomo - di cui non si conoscono le generalità - e' avvenuto in una giornata particolarmente caotica e drammatica per la capitale yemenita. Un centinaio di uomini armati, appartenenti a varie tribù, hanno contemporaneamente preso d'assalto il ministero degli Interni, chiedendo di essere arruolati nelle forze di polizia. Il commando ha anche preso in ostaggio alcuni impiegati e li ha rilasciati alcune ore dopo. Secondo il responsabile del ministero, il gruppo si trova tuttavia ancora all'interno dell'edificio.

Anche dopo l'uscita di scena del presidente - l'ex dittatore Ali Abdullah Saleh - lo Yemen continua ad attraversare una fase di violenze e di scontri tra le varie tribù del Paese che si combattono tra loro per il controllo di aree e fette di potere

Un centinaio di uomini armati hanno fatto irruzione nella sede del ministero dell'Interno dello Yemen, a Sana'a. I rivoltosi, appartenenti a una tribù del Sud del Paese, chiedono di essere assunti nella polizia, a titolo di ricompensa per aver contribuito alla rivolta che ha portato alla destituzione dell'ex presidente Saleh. Gli uomini hanno tenuto brevemente in ostaggio alcuni impiegati, ma continuano ad occupare il palazzo.

domenica 22 luglio 2012

Olimpiadi di Londra 2012, dimentica dopo 40 anni la strage di Monaco

Olimpiadi di Londra 2012. Un minuto di silenzio a 40 anni dal massacro niente commemorazione ufficiale da parte del comitato organizzativo.

Mentre il comitato Olimpico di Israele organizzerà il 6 agosto, a Londra, una cerimonia ufficiale di rievocazione ma è difficile che Londra accetti di tributare un omaggio alle vittime di quell’atto terroristico, ufficialmente per non mischiare temi a sfondo politico allo sport ma soprattutto nel timore di provocare boicottaggi o proteste delle delegazioni arabe o di creare un valido pretesto per i terroristi islamici.

Ricordiamo che quarant’anni fa terroristi palestinesi dell’organizzazione Settembre nero presero in ostaggio e poi uccisero 11 atleti della squadra olimpiaca israeliana alle Olimpiadi di Monaco di Baviera.
Una ricorrenza scomoda ha creato imbarazzo alla Gran Bretagna che si sta apprestando a ospitare i trentesimi Giochi Olimpici. Come nelle precedenti edizioni anche oggi il Comitato olimpico si rifiuta di ricordare le vittime della strage terroristica commemorandole durante la cerimonia di apertura dei giochi, come chiede un gruppo di familiari degli 11 atleti uccisi sostenuti questa volta da un ampio movimento d’opinione e politico.

In realtà, è bene ricordare, che in molti ambienti britannici politici, economici e universitari sono stati protagonisti negli ultimi anni di boicottaggi e aspre critiche nei confronti di Gerusalemme mostrando al tempo stesso un’accondiscendenza nei confronti del mondo arabo e islamico sempre più radicata nella società britannica anche a causa dei crescenti investimenti degli emirati arabi del Golfo.

Questi i nomi degli atleti israeliani vittime della Strage di Monaco del 1972 : Moshe Weinberg, 33 anni, allenatore di lotta greco-romana, Yossef Romano, 31 anni, pesista, Yossef Gutfreund, 40 anni, arbitro di lotta greco-romana, David Berger, 28 anni, pesista, Mark Slavin, 18 anni, lottatore, Yakov Springer, 51 anni, giudice di sollevamento pesi, Ze’ev Friedman, 28 anni, pesista, Amitzur Shapira, 40 anni, allenatore di atletica leggera, Eliezer Halfin, 24 anni, lottatore, Kehat Shorr, 53 anni, allenatore di tiro a segno, André Spitzer, 27 anni, allenatore di scherma.

A pochi giorni dall’evento Olimpico "c'é uno stato di vigilanza in vista dei Giochi olimpici di Londra". Lo ha detto il ministro della Difesa di Israele, Barak, commentando l'allerta lanciata dal settimanale britannico Sunday Times e spiegando che i Servizi inglesi "stanno agendo al massimo della loro capacità". Israele ha rafforzato le misure di sicurezza per le Olimpiadi anche alla luce dell'attentato al bus di turisti israeliani in Bulgaria. Agenti dello Shin Bet, i Servizi segreti interni, sarebbero già nel Regno Unito.

Elezioni Usa 2012: boom spese di Obama

Barack Obama, il presidente in carica e il National Democratic Committee hanno speso in giugno 70,8 milioni di dollari, di cui 38 milioni di dollari in pubblicità televisiva.

Barack Obama è partito all'attacco del candidato repubblicano Mitt Romney. Una cifra superiore rispetto ai 38,8 milioni di dollari (di cui 11 in spot televisivi) a quella spesa dal candidato repubblicano e dal Republican National Committee. I fondi raccolti per le elezioni non possono essere spesi dai due candidati fino a quando non si saranno tenute le convention e Obama - alle luce di questo - sembra essere meglio posizionato di Romney per spendere. Alla fine di giugno Obama aveva nelle casse delle primarie 72 milioni di dollari disponibili, grazie a un esercito di piccoli donatori: la metà dei fondi raccolti da Obama in giugno è arrivata da assegni di importo inferiore ai 200 dollari. Romney ha nelle casse delle primarie circa 20 milioni di dollari.

giovedì 19 luglio 2012

Siria: veto Russia e Cina

Il presidente Assad starebbe dirigendo gli attacchi dalla costa mentre la moglie sarebbe già in Russia.
Intanto la Russia e la Cina hanno posto il veto, in consiglio di sicurezza all'Onu, sulla bozza di risoluzione sulla Siria preparata dai paesi occidentali, che ha incassato 11 voti a favore. Due gli astenuti. Proprio nel giorno in cui la tv di Stato siriana ha ammonito i cittadini di Damasco spiegando che gruppi di «uomini armati» con indosso le uniformi dei soldati dell'esercito regolare stanno progettando attacchi contro i civili in alcuni sobborghi della capitale. Ricordiamo che I primi due veti di russi e cinesi sulle risoluzioni Onu risalgono all'ottobre 2011 e al febbraio 2012.

Il veto della Russia e della Cina alla risoluzione dell'Onu sulla Siria è "deplorevole e spiacevole". Lo ha affermato la Casa Bianca, sottolineando che chi ha votato contro la risoluzione è dal lato sbagliato della pace e della stabilità dell'area.

S'infittisce il mistero su dove siano il presidente Bashar al-Assad e sua moglie. Secondo il sito del Guardian, che cita voci raccolte a Damasco nelle ore successive all'attentato di mercoledì in cui sono morti alcuni dei più importanti capi della sicurezza, Asma al-Assad sarebbe fuggita in Russia. Ma Mosca nega. Per il quotidiano non è chiaro dove si trovi Bashar al-Assad, che secondo fonti non confermate, sarebbe rimasto ferito nell'attacco alla sede della sicurezza nazionale. Per il quotidiano 'al-Raì, Assad si troverebbe nel villaggio di Kardaha, località del nord-ovest del Paese, vicino Latakia, città portuale della Siria, da dove starebbe preparando la risposta all'uccisione dei suoi luogotenenti. Assad starebbe dirigendo dalla città costiera le operazioni di governo.

Più di 200 morti, in maggioranza civili e 38 a Damasco, è il bilancio delle violenze della sola giornata di ieri in Siria. E' quanto fa sapere l'ong Osservatorio siriano dei diritti dell'uomo. In tutto sarebbero 214 le persone rimaste uccise, compresi i tre alti ufficiali uccisi in un attentato nella capitale. 124 sarebbero civili, 62 soldati e 28 ribelli. Sei persone sono morte in nottata e nella prima parte della mattinata, secondo i Comitati locali di coordinamento dell'opposizione. In tutto il Paese, aggiunge la fonte, gli uccisi sono 13.

Il segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon, "condanna fermamente" l'attentato di ieri a Damasco nel quale sono morti tre alti responsabili siriani, sottolineando "l'estrema urgenza" di fermare le violenze. In un comunicato, Ban si dichiara "molto preoccupato per l'utilizzo di armi pesanti da parte delle forze di sicurezza siriane contro i civili, come nella regione di Damasco", nonostante gli impegni presi dal governo della Siria.

Il capo degli osservatori dell'Onu, il generale norvegese Robert Mood  ha condannato, come aveva fatto il segretario generale delle Nazioni Unite, l'attentato in cui sono stati eliminati tre uomini chiave della strategia anti-insurrezione, tra i quali Assef Shawkat, cognato di Assad. Un attacco portato al cuore del regime, che deve aver richiesto un'organizzazione e una professionalità ad altissimo livello e del quale si sa ancora ben poco. Non è chiaro infatti se a compierlo sia stato un kamikaze come affermato dal regime o qualcuno che ha piazzato una bomba a tempo. Mentre a rivendicare l'azione sono state due organizzazioni: l'Els e il gruppo islamico ribelle Liwa al Islam. Il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha detto che il suo Paese, tra i più ostili al regime di Damasco, non ha alcuna responsabilità nell'accaduto.

mercoledì 18 luglio 2012

Rossella Urru è libera


La conferma è arrivata dal ministro degli Esteri Giulio Terzi.

Rapita a ottobre, è stata rilasciata.

Rossella Urru, la cooperante italiana rapita in Algeria lo scorso ottobre, è libera. La giovane di Samugheo, in provincia di Oristano, è stata infatti rilasciata e affidata a dei mediatori, e mercoledì sera è arrivata anche la conferma ufficiale del ministro degli Esteri Giulio Terzi. Nel pomeriggio era arrivato un primo annuncio da parte del portavoce dell'organizzazione radicale islamica Ansar Al Din, Sanda Ould Boumama.

Nel primo pomeriggio un portavoce di Ansar Dine, gruppo islamico presente in Mali, aveva dato la notizia della liberazione di un ostaggio italiano e due spagnoli nel nord del Paese. Erano prigionieri del gruppo islamico Mujwa legato ad al Qaida. La stessa fonte non aveva fatto il nome della cooperante italiana, né dei due ostaggi spagnoli liberati. "Ci è stato riferito che tre ostaggi sono stati liberati nella regione di Gao", ha detto alla Reuters il portavoce Sanda Ould Boumama.

I genitori forse sono partiti,potrebbe essere alla volta di Roma. Lo zio della cooperante rapita il 23 ottobre scorso, Mario Sulis, ammette: "Stavolta sembra proprio la volta buona", senza però alimentare l'entusiasmo per non restare deluso come ai primi di marzo, quando poi la notizia della liberazione si rivelò falsa. A Samugheo, paese di origine di Rossella, il comune è diventato una sorta di unità di crisi: tutti davanti a tv e internet.

Urru, che lavora presso il Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (Cisp), era stata rapita insieme a Fernández del Rincón e Gonyalons. Già altre volte si era sparsa la voce di una sua imminente liberazione, ma le voci si erano rivelate infondate. La trattativa è stata delicata, e a giugno il ministro Terzi aveva chiesto riservatezza.

Bulgaria, attentato contro bus israeliano


Per la prima volta da più di sei anni, parenti dei detenuti palestinesi di Gaza potranno visitare i loro cari nelle carceri israeliane. Israele ha acconsentito alle visite in maggio, nell'ambito dell'accordo che ha messo fine allo sciopero della fame condotto dai detenuti palestinesi. Quindi si è dimostrata una sensibile apertura verso i palestinesi.

E dopo poche ore si assiste all'esplosione di un bus di israeliani in Bulgaria.

Un attentato contro una comitiva di israeliani si è verificato subito dopo l'atterraggio di un aereo proveniente da Tel Aviv. Lo ha riferito la televisione commerciale israeliana Canale 10. Le prime testimonianze riferiscono di una potente esplosione che ha investito tre autobus dove viaggiavano turisti israeliani appena usciti dall'aeroporto di Sarafovo. Secondo le prime ricostruzioni, l'esplosione sarebbe avvenuta sul primo autobus, mentre gli altri due sarebbero poi andati a fuoco nel parcheggio. A bordo c'erano 44 persone.

I testimoni oculari parlano però di un uomo salito a bordo insieme ai turisti. Poi l'esplosione e il bus avrebbe preso fuoco. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha accusato l'Iran«Tutti gli indizi portano all'Iran». Il premier bulgaro Boiko Borisov, il ministro dell’interno Tsvetan Tsvetanov e l’Ambasciatore israeliano in Bulgaria stanno raggiungendo il luogo dell'esplosione, mentre da Tel Aviv sta per partire un aereo con equipe mediche. Chiuso l'aeroporto di Burgas.

Uno dei testimoni del dramma, in una intervista con la radio dell'esercito israeliano citata dalla Reuters, propende per l'ipotesi del terrorista suicida, che si sarebbe fatto esplodere entrando nel bus.
La città è un importante centro turistico sul Mar Nero, meta abituale di israeliani e non solo, molto noto per i locali e il divertimento notturno a prezzi molto bassi. I militari israeliani da tempo avevano segnalato la Bulgaria, e soprattutto questa zona della costa, come obiettivo sensibile per attacchi terroristici. Il paese è molto vulnerabile perché i terroristi si possono infiltrare facilmente dalla vicina Turchia.

Netanyahu ha ricordato che l'azione è avvenuta nel 18mo anniversario dell'attentato che devastò un edificio della Comunità ebraica a Buenos Aires e provocò 85 morti. Secondo Israele fu organizzato da Teheran e da Hezbollah.

martedì 17 luglio 2012

Recensione "Sulla punta del fucile" di David Rieff



David Rieff è un giornalista statunitense, che si occupa soprattutto di azione umanitaria, politica USA nel dopo guerra fredda e Nazioni Unite. Scrive per il New York Times Magazine e collabora con molti altri giornali statunitensi ed europei fra cui Internazionale.

Il giornalista-scrittore statunitense nel libro Sulla punta del fucile edizione Fusi orari del 2007, mette in evidenza a fronte della sua ampia esperienza sugli intrighi di politica internazionale, quanto l’organismo dell’ONU riesca ad assumere con difficoltà un peso di equilibrio nelle diverse problematiche politiche e sociali in quei limbi di territorio che vanno da dalla Bosnia al Ruanda all'Iraq, Dove è sempre risultato difficile instaurare dei veri interventi di politica internazionale. Infatti ha sottolineato che le Nazioni Unite rivendicano a sé il successo quando mettono in piedi operazioni efficaci di peacekeeping o di nation building, ma sono soliti attribuire i fallimenti (Bosnia e Ruanda) ai mandati mal concepiti imposti dagli stati membri.

Un altro problema che Rieff ha evidenziato senza enfatizzare è “che i funzionari ONU non si presentano come una burocrazia internazionale ma accampano grandi pretese morali a nome dell’organizzazione”. Lo spunto critico è che bisogna domandarsi senza tanta enfasi se l’ONU con l’attuale struttura, per certi versi da riformare, ha ancora la possibilità di erigersi ad ente morale, in quanto per ovvie ragioni molte decisioni e prese di posizioni sono di natura strategica politica.

In questo libro sono raccolte le sue esperienze, corrispondenze e analisi, con un nuovo commento dell'autore che ne analizza attualità e contraddizioni. Un libro che rimette drammaticamente in discussione i cardini del diritto internazionale, dal ruolo delle Nazioni Unite alle equivoche ragioni di molti paladini della democratizzazione forzata. Rieff nella stesura del libro è stato costretto a cambiare il nome al concetto tanto in voga negli anni novanta sulla espressione un po’ fuorviante, che “chiamiamo interventi umanitari, a detta dell’autore sarebbe più corretto definirli “interventi per i diritti umani”.

Aspetto importante messo in risalto da Rieff è l’incapacità dell’ONU di essere “l’arbitro supremo della pace e della sicurezza mondiale”, vedendo come l’unica alternativa la forza esercitata dai potenti stati membri. In ogni caso sostiene che la forza può anche essere necessaria ma non è mai sufficiente.