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martedì 11 settembre 2018

Riforma del copyright all'Europarlamento



È un voto dall'esito incerto quello che il Parlamento europeo terrà mercoledì a Strasburgo sulla controversa direttiva che dovrebbe regolare il diritto d'autore nella nuova era di Internet. Il testo presentato dalla Commissione europea ha spaccato i partiti, avvelenato gli animi, scatenato la reazione sia dei fornitori di servizio sulla Rete che delle case editrici. La partita è tanto politica quanto economica in una fase in cui i media sono sotto pressione in molti paesi del mondo.

L'obiettivo è di imporre una forma di remunerazione ai contenuti editoriali online. Per decenni, la produzione culturale, sia essa letteraria, cinematografica o giornalistica è stata remunerata. Con Internet, molto è diventato gratuito, indipendentemente dalla qualità, tanto che numerose case editrici sono oggi in difficoltà finanziaria. Sul pacchetto legislativo, il Consiglio ha trovato una propria posizione. Ora tocca al Parlamento europeo. In giugno, la commissione affari giuridici ha approvato un proprio mandato negoziale con cui affrontare la trattativa con i Ventotto e la stessa Commissione.

Ora o mai più", è il monito lanciato dalla Commissione Ue in vista del voto a Strasburgo. Perché lo status quo, avverte, "andrebbe a beneficio" di una sola categoria: i 'soliti noti' come Facebook e Google, che continuerebbero a lucrare su autori, creatori, stampa senza riconoscere loro il giusto compenso.

I nodi restano gli articoli 11 e 13, ovvero quello che gli slogan antiriforma hanno ribattezzato rispettivamente "tassa sui link" e "bavaglio al web". Dopo le fortissime pressioni ricevute in occasione del precedente voto di luglio, finito con un rinvio, l'estate è stata sfruttata dagli europarlamentari per approfondire il complicato dossier, e presentare emendamenti per modificare il testo. Questi, però, sono arrivati ad essere ben 252, e dovranno ora passare al voto.

La partita ha scatenato un dibattito acceso. Numerosi deputati hanno denunciato la straordinaria pressione di molti lobbisti, in particolare i fornitori di servizio come Google ma anche coloro che temono per la libertà della Rete. Sul fronte opposto, le case editrici e gli artisti. Questo fine settimana 200 personalità francesi hanno firmato una lettera aperta in difesa del diritto d'autore.

Coloro che temono per la libertà di Internet hanno raccolto prima dell'estate fino a 700mila firme a favore della bocciatura della riforma. Evidentemente, il tema non ha solo risvolti economici, ma ha anche politici. La Rete è ritenuta al tempo stesso una fonte di informazione scadente, ma anche un baluardo della libertà d'espressione. Tra le varie cose, la proposta di Bruxelles prevede limiti al caricamento di video su YouTube (articolo 13) e il pagamento di diritti per la riproduzione di articoli (articolo 11).

Da una parte ci sono quelli 'migliorativi' dello stesso relatore, il popolare tedesco Axel Voss, che rendono più chiara l'esclusione dei link dall'applicazione del diritto d'autore (ma includono gli snippet) ed eliminano il sistema di filtri dei contenuti ex ante sostituendoli con una "cooperazione" tra piattaforme e detentori di diritti. Dall'altra, ci sono le modifiche concorrenti di liberali, socialisti, gruppi misti ed europarlamentari francesi, sino a quelle che cancellano proprio i due articoli, come per esempio gli emendamenti di M5S ed Efdd. L'obiettivo di Ppe e S&d è far passare gli emendamenti Voss, ricompattando così i due gruppi divisi anche al loro interno, e allo stesso tempo convincere i liberali a convergere. Dall'altra barricata, infatti, restano Verdi, sinistra, euroscettici e conservatori che erano e restano contrari alla riforma. La conta, quindi, come già avvenne a luglio, sarà fino all'ultimo voto.

L'esito peggiore, per Bruxelles, sarebbe un voto negativo che bloccasse il mandato a negoziare del Parlamento con Commissione e Consiglio il testo finale, dove realmente si giocherà il contenuto degli articoli 11 e 13. Perché significherebbe, infatti, il ritorno alla casella di partenza delle commissioni parlamentari. E, quindi, la morte della riforma, dato che non ci sarebbero più i tempi tecnici per adottarla entro la fine del mandato di questo Europarlamento.



mercoledì 28 settembre 2016

Dati da WhatsApp a Facebook, il Garante della privacy chiede trasparenza



L’unione di dati celebrato a fine agosto, grazie al quale Facebook ha a disposizione nuove informazioni provenienti dagli account WhatsApp, non è chiarissimo. Il progetto di Zuckerberg di connettere, almeno in parte, le due piattaforme merita un approfondimento, tale modifica della privacy policy effettuata da WhatsApp, mette a disposizione di Facebook dati sensibili degli utenti del servizio di messaggistica, non convince il Garante che chiede ai due colossi di "fornire tutti gli elementi utili alla valutazione del caso", in particolare riguardo al consenso e alla sua revoca da parte degli utenti.

Così il Garante per la protezione dei dati personali ha avviato un'istruttoria con l'obiettivo di fare chiarezza a seguito della modifica della privacy policy effettuata da WhatsApp a fine agosto che prevede la messa a disposizione di Facebook di alcune informazioni riguardanti gli account dei singoli utenti di WhatsApp, anche per finalità di marketing''. La comunicazione è arrivata da una nota ufficiale del Garante, dalla quale si evince che WhatsApp e Facebook sono state invitate a fornire «tutti gli elementi utili alla valutazione del caso».

'Il Garante - continua la nota - ha invitato WhatsApp e Facebook a fornire tutti gli elementi utili alla valutazione del caso. In particolare ha chiesto di conoscere nel dettaglio: la tipologia di dati che WhatsApp intende mettere a disposizione di Facebook; le modalità per la acquisizione del consenso da parte degli utenti alla comunicazione dei dati; le misure per garantire l'esercizio dei diritti riconosciuti dalla normativa italiana sulla privacy, considerato che dall'avviso inviato sui singoli device la revoca del consenso e il diritto di opposizione sembrano poter essere esercitati in un arco di tempo limitato''. Inoltre ''Il Garante ha chiesto di chiarire se i dati riferiti agli utenti di WhatsApp, ma non di Facebook, siano anch'essi comunicati alla società di Menlo Park, e di fornire elementi riguardo al rispetto del principio di finalità, considerato che nell'informativa originariamente resa agli utenti WhatsApp non faceva alcun riferimento alla finalità di marketing''.

''La nuova privacy policy adottata da Facebook e WhatsApp pone serie preoccupazioni dal punto di vista della protezione dei dati personali''. A dirlo è Antonello Soro, presidente dell'Autorità italiana. "Il flusso massiccio di dati non riguarda solo gli utenti di Facebook o WhatsApp, ma si estende anche a chi non è iscritto a nessuno dei due servizi, i cui dati vengono comunicati per il semplice fatto di trovarsi in una rubrica telefonica di un utente di WhatsApp".

In particolare, il Garante ha chiesto di conoscere nel dettaglio «la tipologia di dati che WhatsApp mette a disposizione di Facebook; le modalità per l’acquisizione del consenso da parte degli utenti alla comunicazione dei dati; le misure per garantire l'esercizio dei diritti riconosciuti dalla normativa italiana sulla privacy, considerato che dall'avviso inviato sui singoli device la revoca del consenso e il diritto di opposizione sembrano poter essere esercitati in un arco di tempo limitato».

Un'ulteriore richiesta è quella di chiarire «se i dati riferiti agli utenti di WhatsApp, ma non di Facebook, siano anch'essi comunicati alla società di Menlo Park, e di fornire elementi riguardo al rispetto del principio di finalità, considerato che nell'informativa originariamente resa agli utenti WhatsApp non faceva alcun riferimento alla finalità di marketing».

Un colpo basso per la galassia Facebook, chiamata a chiarire una mossa che qualche settimana fa aveva sorpreso un po' tutti. Con un aggiornamento dei termini di servizio, infatti, il 25 agosto WhatsApp comunicava ai propri utenti che dopo 4 anni era arrivato il tempo di cambiare. E che grazie alle nuove impostazioni, Facebook era in grado di offrire «migliori suggerimenti di amici» e mostrare «inserzioni più pertinenti». Un'operazione con chiare finalità di marketing che faceva leva sulla pigrizia dell'utente medio, solitamente poco propenso ad entrare nei dettagli di un servizio che comunque piace e funziona. Ma è qui che sono entrati in azione i guardiani della privacy. Un portavoce del social network ha dichiarato che «WhatsApp è conforme alla legge sulla protezione dei dati dell'Ue. Lavoreremo con il garante della privacy italiano nel tentativo di rispondere alle loro domande e di risolvere eventuali problemi».


giovedì 18 febbraio 2016

118 anni fa nasceva il fondatore dalla casa di Maranello


Il 18 febbraio di 118 anni fa nasceva Enzo Ferrari, un uomo che ha vissuto e realizzato un sogno, che nella sua adolescenza, era limitato nel voler avere un’automobile tutta sua.

L’automobile in questione è diventata una casa di costruzione, la più famosa del mondo e vero e proprio orgoglio italiano; in sede sportiva è la più vincente con i suoi 15 titoli di piloti e i 16 di costruttori, oltre essere prima anche con più gran premi vinti. Una passione fortissima quella di Enzo Ferrari per la sua auto, la quale ha contagiato milioni e milioni di persone, il cui significato di Ferrari va ben oltre l’estetica e potenza del veicolo.  Tale amore nacque nel modenese fin da piccolo, quando lavorava all’officina del padre, per poi svilupparsi in una buona carriera da pilota, la quale gli permetterà di usufruire del famosissimo “Cavallino Rampante”, ceduto dalla madre del celebre aviatore Francesco Baracca, che secondo la signora gli avrebbe portato fortuna.

I social media celebrano il fondatore nel giorno della sua nascita con foto, frasi celebri, registrazioni audio e video, i suoi luoghi preferiti. La Ferrari si serve del proprio profilo 'social', da Twitter a Facebook, da Linkedin a Youtube, per celebrare il suo fondatore, Enzo Ferrari. E la 'grande rivale' McLaren gli rende omaggio.

Sui social network dell'azienda e della scuderia modenese compare la scritta '18/02/1988 è nata una leggenda', accompagnata da un video in titolato 'Enzo Ferrari-The Idea', in cui il padre fondatore racconta la genesi della sua creatura. In un filmato è lo stesso Drake a raccontare: "Ricordo, nel 1912 vidi una fotografia su 'La Stampa illustrata', che si pubblicava allora a Torino, di Raffaele Di Palma: mi sembra, avesse vinto in quell'epoca la 500 miglia di Indianapolis. Mi dissi: questo è un italiano, perché un giorno non potrei anche io essere un pilota di automobili? E tutti gli atti sono stati una conseguenza di questo sogno dell'adolescenza".

Nel 118/o anniversario della nascita del 'Drake', sui social network della Ferrari compare la scritta '18/02/1988 è nata una leggenda', accompagnata da un video in titolato 'Enzo Ferrari-The Idea', in cui il padre fondatore racconta la genesi della sua creatura: "Ricordo, nel 1912 - racconta lo stesso 'Drake' nelle immagini - vidi una fotografia su 'La Stampa illustrata', che si pubblicava allora a Torino, di Raffaele Di Palma: mi sembra, avesse vinto in quell'epoca la 500 miglia di Indianapolis. Mi dissi: questo è un italiano, perché un giorno non potrei anche io essere un pilota di automobili? E tutti gli atti sono stati una conseguenza di questo sogno dell'adolescenza.

martedì 27 gennaio 2015

Dubsmash l’evento tecnologico della settimana


Scegliete una frase o un brano musicale famoso, registrate un vostro video-selfie mentre cantate in playback e condividete i vostri doppiaggi divertenti. Il software di doppiaggio non è nuovo ma in questi giorni è un vero fenomeno su Facebook.

Quindi se avete un account Twitter o Facebook vi sarete accorti che negli ultimi giorni le vostre bacheche e timeline sono state letteralmente invase da alcuni video selfie in cui vostri amici, o conoscenti, "parlano" o "cantano" attraverso frasi famose e pezzi di canzone.

È l’app più scaricata del momento su iPhone e Android: permette di registrare brevi clip muovendo le labbra per cantare o recitare scene da film e programmi tv

Monitora cosa facciamo con lo smartphone e tiene traccia del tempo trascorso con ogni app per sapere quanto utilizziamo il telefono e quali sono le applicazioni che usiamo di più. Grazie ai numerosi grafici ci renderemo conto delle nostre abitudini nella speranza di migliorarle e volendo possiamo impostare una sveglia che ci avverte se stiamo perdendo troppo tempo dietro a un gioco o una chat.

Alcuni secondi di celebrità, nei panni di Gandalf, Robert De Niro o magari di Peter Griffin, Renzi o Silvio Berlusconi. Qualcuno l’ha già ribattezzato l’upgrade del selfie, è il fenomeno virale che arriva dalla Germania e che dopo aver scalato le classifiche tra le app più popolari ha già contagiato migliaia di giovanissimi che con i loro esilaranti “video-selfie” stanno invadendo l’oceano di internet, le bacheche di Facebook e i profili di Twitter e Instagram.

L’app si chiama Dubsmash trasforma in doppiatore chi decide di mettersi in gioco. L’utilizzo è semplicissimo: basta selezionare un audio qualsiasi da una delle gallerie (suddivise per argomento) disponibili sull’applicazione e registrare il video dal proprio smartphone o tablet mimando la frase prescelta o fingendo di cantare una canzone. A quel punto si potrà condividere il breve filmato con gli amici sui social network. Il risultato sarà un video (max 15 secondi) in cui per un attimo ci si trasformerà in un personaggio dei cartoni animati, in Rocky Balboa che urla “Adriana” o magari in Maccio Capatonda che nei panni di “Mariottide” interpreta una delle sue celebri canzoni.

E’ la nuova app del momento, una vera e propria droga per ragazzini e non.Dubsmash è facilissima da utilizzare ed il risultato è esilarante. Tre semplici passaggi: primo, scegliete una frase o un brano musicale famoso; secondo, registrate un vostro video-selfie mentre recitate o cantate in playback, solo muovendo le labbra; terzo, inviate i vostri doppiaggi divertenti ai vostri amici o condivideteli sulla bacheca dei vostri social.

Una app che in Italia ha sfondato solo ora, nata in Germania nel mese di settembre 2014 mesi fa. Così semplice che funziona molto bene e tutti ne vanno pazzi. E se c’è una voce o una frase che manca, nessun problema. Il team tedesco che ha sviluppato la app offre anche la possibilità ad ognuno di registrare una citazione. I video si possono inviare anche via sms tradizionale o come messaggio su Facebook o ancora scaricare sulla gallery del proprio smartphone. Dubsmash si può scaricare gratuitamente su Apple Store e su Google Play.

Il motto che accompagna Dubsmash, una nuova app che permette di girare video-selfie in playback, è «il modo divertente di comunicare». Non a caso. La scelta tra le frasi pre-registrate e i toni già in archivio è vasta. Ma che vogliate prendere a prestito la voce dei Backstreet Boys in “As long as you love me” per fare una dichiarazione d’amore oppure quella di Aldo di Aldo, Giovanni e Giacomo mentre ripete il suo «Miiiii, non ce la faccio più» per sfogare le vostre seccature quotidiane, il risultato è sempre e comunque lo stesso: si ride e si fa ridere.

Nella libreria di suoni di Dubsmash c’è un’infinità di frasi celebri tratte da film o serie tv, di ritornelli indimenticabili ed espressioni tipiche di politici e celebrities. Basta metterle una dopo l’altra per dar vita a una conversazione a suon di citazioni che promette davvero di farvi piegare in due dalle risate.


martedì 27 agosto 2013

L’Nsa ha pagato grandi aziende tecnologiche per coprire Prism





Nuova rivelazione del Guardian sul caso del Datagate che ha letteralmente fatto esplodere il sistema di sicurezza degli Stati Uniti. La National security agency (Nsa) ha dato milioni di dollari alle grandi società tecnologiche statunitensi come Google, Yahoo e Facebook, coinvolte nel programma di sorveglianza Prism, per pagare le loro spese legali e amministrative conseguenza della loro partecipazione al programma.

Google, Yahoo, Microsoft e Facebook hanno dovuto sostenere spese legali e amministrative per produrre maggiori certificazioni dopo che nell’ottobre del 2011 un tribunale aveva stabilito che l’Nsa non era in grado di separare i dati del traffico nazionale da quelli internazionali e che le aziende stavano violando il quarto emendamento della costituzione degli Stati Uniti.

Secondo alcuni documenti che l’ex collaboratore dell’Nsa Edward Snowden ha passato al quotidiano britannico: i soldi dei contribuenti statunitensi sono stati usati per permettere alle multinazionali della tecnologia di fornire delle “certificazioni” che coprissero il loro coinvolgimento nel programma di sorveglianza Prism.

le aziende in questione hanno prontamente negato qualsiasi coinvolgimento, ma tutto ciò sarebbe venuto nuovamente fuori da alcuni documenti in possesso dell'uomo che ha fatto scoppiare l'intero caso: Edward Snowden. Yahoo ha rilasciato alcune dichiarazioni tramite un portavoce, sottolineando che "la legge federale richiede che il governo degli Stati Uniti rimborsi i fornitori per i costi sostenuti per rispondere alla procedura legale obbligatoria imposta dal governo. Abbiamo chiesto il rimborso coerente con questa legge".

Facebook ha risposto dicendo di non aver "mai ricevuto alcun risarcimento in relazione al rispondere a una richiesta di dati del governo". Google invece ha deciso di non rispondere a nessuna delle domande specifiche poste sulla questione. Di contro ha fornito solo una dichiarazione generale, negando di aver aderito al programma Prism o a qualsiasi altro programma di sorveglianza.



domenica 12 agosto 2012

Madonna dopo il concerto a Mosca canta a Putin: «Liberatele»


Tre anni di carcere ordinario per teppismo motivato da odio religioso o contro un gruppo sociale (i credenti ortodossi). E' la condanna richiesta dall'accusa nel processo alla band punk Pussy Riot.

Ricordiamo che il trio composto da Nadia Tolokonnikova (22), Katya Samutsevich (29) e Maria Aliokhina (24) è sotto processo per una dissacrante preghiera anti Putin nella Cattedrale di Mosca, giudicata blasfema dai vertici ortodossi e offensiva da molti fedeli, pure contrari a una pena detentiva per le autrici. In detenzione preventiva da 5 mesi, rischiano 3 anni di carcere per "teppismo motivato da odio religioso" . In quello che ormai è un caso internazionale, un nuovo "affaire Dreyfus" nelle parole del direttore di radio Echo di Mosca Alexei Venediktov.

Quello che risulta assurdo e al di fuori di questo millennio sono le parole del procuratore Alexander Nikiforov che nella sua arringa ha sostenuto che: "Hanno violato le tradizioni millenarie del nostro paese", e addirittura paventando una "guerra civile", giudicando la preghiera anti-Putin del trio "un'azione pianificata e premeditata contro la fede ortodossa" e definendo le tre ragazze "pericolose socialmente". La sua richiesta è stata meno della metà del massimo previsto (7 anni), anche in considerazione del fatto che sono madri di bimbi piccoli. Gli avvocati delle vittime hanno invece proposto una pena con la condizionale, menzionando tuttavia il rischio di reiterazione del reato: "le ragazze, nonostante le scuse avanzate ai credenti, non sembrano pentite, hanno tenuto un atteggiamento ironico durante il processo mostrando disprezzo per vittime e testimoni".

La difesa ha ipotizzato poi un ricorso a Strasburgo per le "torture" subite dalle ragazze, lasciate senza mangiare e dormire. La rappresentante della politica estera Ue Catherine Ashton si era detta preoccupata per le irregolarità segnalate" nel caso, in particolare "per le condizioni di detenzione" e "le informazioni su atti di intimidazione contro gli avvocati, i giornalisti e gli eventuali testimoni", invitando la Russia a rispettare gli obblighi internazionali e il diritto a un processo giusto. Infine hanno preso la parola le ragazze: "se il ritornello della nostra canzone fosse stato 'Madre di Dio, proteggi Putin' invece di 'Caccialo', oggi non saremmo qui" ha dichiarato Samutsevich.

In concerto in terra di Russia, Madonna ha detto di pregare per la liberazione delle Pussy Riot ed è stata tra i cantanti che stanno perorando la causa delle Pussy Riot sicuramente la più determinata. Madame Ciccone ha combattuto una guerra con il Cremlino. La tensione tra la popstar e Putin è stata alta. E durante i concerti russi Madonna ha evocatone la sua disapprovazione per il processo  con il nome del gruppo scritto sulla schiena Pussy Riot.

Dopo la cantante Madonna hanno spezzato una lancia a loro favore anche Yoko Ono, vedova di John Lennon, che dal suo Twitter si è rivolta direttamente a Putin: "Siete una persona saggia, conservate i posti in prigione per i veri criminali" e lo stesso ha fatto Vasco Rossi che ha espresso la sua solidarietà alla band russa delle Pussy Riot, , con un messaggio pubblicato sula pagina Facebook, ha espresso la sua «più che solidarietà».