La diplomazia si sta muovendo il segretario generale Onu Ban sarà in Israele e nei Territori a giorni, nel tentativo di fermare il conflitto. Il Marocco ha presentato al Consiglio di sicurezza una bozza di risoluzione per un cessate il fuoco in Medioriente. Catherine Ashton, capo della politica estera Ue, spera che l'Egitto aiuti a giungere alla pace
Mentre Israele è pronto a mobilitare fino a 75.000 riservisti, nessuna tregua nella Striscia di Gaza, con Hamas che alza il tiro e dopo Tel Aviv mette nel mirino dei suoi razzi “Fajr” 5 anche Gerusalemme. Almeno due razzi sono caduti vicino alla Città Santa, tra cui uno in un campo disabitato vicino all’insediamento ebraico di Gush Etzion, in Cisgiordania.
Riportiamo due interviste di estrema rilevanza pubblicate sui maggiori quotidiani: dal CORRIERE della SERA , l'intervista di Francesco Battistini a Nahum Barnea.
TEL AVIV — «La situazione nel Sud era impossibile da sostenere. Israele è una democrazia, non può accettare che ogni settimana un settimo dei suoi cittadini si rintani perché piovono razzi». L'altro ieri, quand'è partita l'operazione «Colonna di fumo», Nahum Barnea stava in un kibbutz proprio al confine con Gaza. Ha visto abbastanza, sentito molto, capito tutto: mai tenero col premier, stavolta il principe degli editorialisti israeliani è con Netanyahu: «Doveva pur far qualcosa...».
Quanto peseranno queste bombe sul voto di gennaio? «I politici non amano operazioni di questo tipo, sotto elezioni, perché si sa che è facile perderne il controllo. Il primo giorno, sembrava una gran vittoria. Il secondo, i tre morti e le sirene a Tel Aviv hanno già cambiato le carte in tavola. Netanyahu non è sicuramente di buon umore: uno come lui, che in tutti i sondaggi è accreditato della vittoria, non inizia una guerra se non è veramente obbligato».
Obama detesta Netanyahu: come si spiega il suo appoggio incondizionato? «Gli Usa appoggiano Israele, più che altro: riconoscono che i cittadini hanno diritto a una vita normale. La differenza tra l'Obama di oggi e il Bush che appoggiò la guerra di Olmert, nel 2008, è che probabilmente Obama non concederà a Netanyahu lo stesso tempo che Bush concesse a Olmert».
E' la fine d'ogni possibile dialogo con l'Egitto dei Fratelli musulmani? «Difficile dirlo. Morsi ha bisogno degli Stati Uniti e non diventerà il portavoce di Hamas: fa molta retorica, ma non penso che s'andrà oltre il rimpatrio dell'ambasciatore. Morsi è ancora instabile, non si sbilancerà più di tanto».
Le piazze arabe non sembrano andar oltre la solidarietà di facciata: llamas paga l'aver appoggiato Assad? «La politica araba sta cambiando velocemente e i nuovi governi spesso anticipano le piazze. Il Qatar, che è nemico della Siria, ha appena donato a Hamas 400 milioni di dollari... L'ago della bilancia, però, resta l'Egitto».
A Gaza, quanto durerà il sostegno a llamas? «Gaza ora è sotto choc, la botta è forte, il morale basso. Un'azione di questo tipo cementa il consenso palestinese. M'aspetto che torneranno alla strategia di qualche anno fa, a colpirci coi kamikaze». Quanto influirà quest'operazione sul voto di fine mese all'Onu, per il riconoscimento della Palestina come Stato membro? «Influirà di sicuro. Israele ora vuole molte cose: che il mondo convinca i palestinesi a non dichiarare l'indipendenza, che appoggi quest'operazione, che sostenga l'attacco all'Iran... Non può ottenere tutto, su qualcosa dovrà cedere».
Da REPUBBLICA, l'intervista di Fabio Scuto a David Grossman.
Per David Grossman, se vuole avere sensazioni di prima mano, c'è un alloggio momentaneamente libero al quarto piano di una palazzina a Kyriat Malachi. Certo, dovrà essere ristrutturato perché è stato centrato da un razzo che ha sterminato un'intera famiglia.
Siamo certi che da quell'osservazione ne guadagnerò sensibilmente la sua prospettiva.
GERUSALEMME —«È molto difficile dire ora in che direzione si svilupperà questa ondata di violenza. Può essere che tutto finisca in qualche giorno, come in passato sono terminate altre centinaia di esplosioni di violenza ciclica fra Israele e Hamas, ma potrebbe anche trasformarsi in un'ondata furiosa e prolungata, estendendosi da Gaza alla Cisgiordania. Se ci fosse stato un vero dialogo coni Palestinesi della Cisgiordania ora tutto sarebbe diverso». Non sembra ottimista David Grossman, lo scrittore israeliano — in Italia in questi giorni per presentare il suo ultimo libro Caduto fuori dal tempo—che incarna meglio la coscienza critica di quel che sta accadendo in Israele in questi anni.
Come vede la situazione che si è creata in questi ultimi giorni nel sud di Israele? «La situazione dei rapporti fra Israele e Hamas è quella di una sfera ermeticamente chiusa, in cui domina la logica distorta della guerra e dell'odio. Nell'ambito di tale logica, Hamas fa tutto ciò che può per far cessare l'occupazione israeliana che dura già da 45 anni, mentre Israele fa tutto ciò che può per difenderei propri cittadini dai ripetuti attacchi di Hamas. Entrambi hanno le loro proprie giustificazioni per ciò che stanno facendo, entrambi sentono di avere ragione, ma, per l'osservatore esterno, tutto ciò appare una follia. La domanda che ci si deve porre è perché siamo tutti prigionieri all'interno di tale sfera già da 45 anni. Ritengo che la risposta sia che le due parti non sono in grado, in questo momento, di liberarsi dal rituale automatico di attacchi e di ritorsioni, e da soli non ci potranno riuscire. Si condannano ad un round dopo l'altro di violenza e di uccisioni, e ci saranno sempre più palestinesi ed israeliani che si lasceranno trascinare in tale circolo di brutalità e di vendetta».
Che può portare a sviluppi imprevedibili... «E molto difficile dire ora in che direzione si svilupperà la cosa. La situazione fra Israele ed i palestinesi è così esplosiva, che quasi ogni scenario è possibile. E di nuovo si ripresenta la domanda perché Israele ed i palestinesi non abbiano sfruttato questi ultimi mesi per tentare di iniziare un dialogo. Se ci fosse stato un dialogo, anche solo fra Israele ed i palestinesi della Cisgiordania, tutto oggi sarebbe diverso. Su questo punto preciso, mi aspetto che Israele, che ha molte più possibilità di manovra, che è il più forte dei due, faccia tutto ciò che è in suo potere per far ripartire il processo di pace. Se oggi ci fosse un processo di pace, il mondo sarebbe disposto ad accettare con maggiore comprensione la reazione israeliana».
Ma ora, in questa situazione, lei vede una via d'uscita? «Penso che Israele debba proporre un cessate-il-fuoco unilaterale di 48 ore, non rispondere ad alcuna provocazione di Hamas, anche se Hamas continuasse a lanciare altre centinaia di missili. Penso che Israele debba contenersi al massimo durante queste 48 ore, per dare la possibilità a coloro che hanno un'influenza su Hamas, come il nuovo regime egiziano, di fare opera di mediazione e arrivare alla calma».
Nessun commento:
Posta un commento