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martedì 17 luglio 2018

Lo sport che unisce le due Coree dal canestro al ping-pong



Ancora una volta, la pace tra le due Coree passa attraverso lo sport. Dopo la squadra femminile di hockey su ghiaccio unificata per le Olimpiadi Invernali di Pyeongchang e il recente annuncio di un'iniziativa simile per i prossimi Giochi Asiatici di agosto, le due nazioni - ormai ex nemiche - si sono ritrovate questo mercoledì nella capitale del Nord, Pyeongyang, per dare il via a una due giorni di amichevoli di pallacanestro.

La data selezionata non è per nulla casuale: il 4 luglio del 1972, infatti, si ebbe la prima dichiarazione congiunta sugli accordi di pace fra i due Paesi.

Ad aprire le danze - sotto lo sguardo attento del ministro sudcoreano per l'Unificazione, Cho Myoung-gyon e del vice Ministro dello sport nordocreano, Won Kil U - sono state le cestiste del Nord e del Sud, che si sono sfidate a suon di canestri.

Dopo il successo dei Giochi di PyeongChang, con la presenza di una delegazione di atleti (e di tifosi) provenienti dal Nord, dal 17 al 22 luglio la nazionale di tennistavolo di Pyongyang sarà a Seul per partecipare al Korean Open, grazie anche al supporto della federazione internazionale.

Tra i due paesi vige un armistizio dal 1954, ma tecnicamente la pace non è mai stata firmata e le tensioni sono sempre state acute. Non è la prima volta che le due Coree tentano un riavvicinamento grazie al tennistavolo. Nel 1991, infatti, Seul e Pyongyang crearono una sola nazionale per i Mondiali in Giappone, con la squadra femminile capace di vincere l’oro. Ai Mondiali di quest’anno si è andati oltre: le due squadre femminili dovevano sfidarsi ai quarti, ma hanno rifiutato e hanno fatto una squadra comune per le semifinali, dove sono state sconfitte dal Giappone.

Ai giochi Asiatici che cominceranno a Giakarta il prossimo 18 agosto, le due Coree presenteranno in tre discipline un'unica rappresentativa. Lo ha annunciato un portavoce dell'organizzazione, precisando che i tre sport in questione sono la canoa, il canottaggio e il basket femminile.

Le due Coree sfileranno insieme nella cerimonia di apertura e in quella di chiusura dei Giochi, che termineranno il 2 settembre.

Lo stesso era successo durante l'apertura dell'Olimpiade invernale di PyeongChang dello scorso febbraio. Finora le due Coree avevano presentato un'unica rappresentativa soltanto nel calcio all'Universiade del 1995 a Fukuoka, in Giappone, e nel torneo di hockey femminile alle olimpiadi di Pyeongchang.



lunedì 4 giugno 2018

La lettera del disgelo tra USA e Corea del Nord


Alla fine il summit si farà. Cancellato in precedenza con una lettera, il faccia a faccia tra Donald Trump e Kim Jong Un ha ripreso vita proprio con un’altra lettera.

Dopo aver ricevuto alla Casa Bianca il braccio destro del Presidente della Corea del Nord, il dialogo tra i due paesi sembra essere ripreso. Sarà un processo che inizierà il 12 giugno a Singapore, che ribadisce la volontà di denuclearizzazione di Pyongyang. Per la comunità internazionale, a partire dal Giappone, si tratta di un grande passo in avanti.

Il progetto sarebbe ancora nella fase iniziale: l’ambasciatore americano a Mosca, Jon Huntsman, ci sta lavorando da mesi. Secondo un analista sudcoreano, Victor Cha, la priorità ora è il riserbo assoluto da parte dei 2 leader: niente tweet, nessuna dichiarazione di propaganda, ci si deve concentrare sui risultati politici.

Nel negoziato, Washington chiede una “denuclearizzazione completa, verificabile e irreversibile e non intende fare concessioni sulle sanzioni internazionali, almeno fino a quando il processo, complesso e lungo, sarà completato o arriverà a uno stadio avanzato. La Corea del Nord, dal canto suo, ha accettato di parlare di denuclearizzazione, ma rifiuta che sia unilaterale. In poche parole non resta che aspettare.

"Sembra che la strada che porta a un vertice tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti si sia ampliata e rafforzata", sottolineano dagli ambienti del presidente della Corea del Sud Moon Jae In. Da Seul fanno sapere di attendere l'incontro tra i due leader con "eccitazione" e "pazienza".

Il ministro della Difesa della Corea del Sud, Song Young-moo, ha chiesto intanto maggior fiducia nei vertici nordcoreani guidati da Kim Jong-un. "Se credessimo che la Corea del Nord ci vuole ingannare come ha fatto in passato come potremmo negoziare e concordare la pace?", ha dichiarato alludendo agli sforzi che hanno portato alla preparazione del vertice rispondendo, nel corso di una riunione internazionale sulla sicurezza, ai timori e ai moniti espressi da parte del Giappone.

Tokyo ha infatti messo in guardia dal ricompensare Pyongyang per il semplice fatto che aderisce ai colloqui, avvertendo del rischio che possa tornare sui suoi passi. Ad affermarlo è stato il ministro della Difesa giapponese Itsunori Onodera. "Alla luce di come la Corea del Nord si è comportata in passato, è importante non ricompensarla per il solo fatto di aver accettato il dialogo". L'unico modo di ottenere una denuclearizzazione completa, verificabile ed irreversibile, ha aggiunto, è quello di "mantenere un massimo di pressione sulla Corea del Nord, in tandem con gli sforzi diplomatici".



sabato 28 aprile 2018

Storico incontro fra le due Coree: stretta di mano tra Moon Jae-in e Kim Jong-Un a Panmunjom



"La storia ricomincia da qua". E' quanto Kim Jong-Un ha scritto sul guestbook dedicato allo storico incontro con il presidente sudcoreano Moon Jae-in. Dopo la stretta di mano al confine, i due si sono poi diretti verso la 'Peace House', nel villaggio di confine di Panmunjom, per avviare colloqui su pace e denuclearizzazione della penisola. I due leader hanno poi piantato assieme un albero - un pino del 1953 - lungo la linea di demarcazione militare coreana stabilita a seguito del cessate il fuoco alla fine della Guerra di Corea nel 1953. La terra e l'acqua utilizzate per l'operazione provenivano dalle zone a Nord e a Sud della linea di demarcazione. Durante la cerimonia, Kim è stato aiutato dalla sorella Kim Yo-jong a indossare i guanti bianchi e quindi - assieme al presidente Moon - ha gettato terra sulla base della pianta. "Questo è un posto carico di significato - ha sottolineato Kim durante la cerimonia - e in effetti è una nuova primavera che è arrivata al nord e al sud". "Spero - ha aggiunto - di trarre il massimo dalle opportunità della giornata di oggi e spero che assieme a questo pino possano fiorire le nostre relazioni".

Una zona definita 'Area di sicurezza congiunta' (JSA, Joint Security Area) che si trova a Panmunjom ed è dove Corea del Nord e Corea del Sud hanno firmato l'armistizio. Questa linea di demarcazione - lunga circa 250 km - è controllata sia da soldati nordcoreani che da militari sudcoreani e va dal Mar del Giappone al Mar Giallo, attraversando l'intera penisola. Questo incontro è il terzo mai tenuto tra i leader dei due Paesi: Kim Jong-Il (padre di Kim Jong-Un) aveva già incontrato due presidenti del Sud, Kin Dae-Jung nel 2000 e Roh Moo-hyun nel 2007 a Pyongyang.

La divisione tra Nord e Sud nasce nel 1945 quando, con la II Guerra Mondiale appena terminata, il Giappone - che dopo la prima guerra sino-giapponese di fine '800 e il Trattato di Shimonoseki (in cui Pechino cedeva a Tokyo l'isola di Taiwan e la Corea diventava pienamente indipendente) nel 1910 decide di annettere la Penisola - ne esce sconfitto. La Corea viene così divisa in due aree di occupazione: quella russa e quella americana, all'altezza del 38° parallelo. La Repubblica Democratica Popolare di Corea (nome completo della Corea del Nord) di influenza sovietica; la Repubblica di Corea (quella del Sud), invece, con influenza statunitense.

Poi, il 12 dicembre 1948, si svolgono elezioni solo nel Sud, sotto la supervisione dell'Onu: Syngman Rhee diventa presidente della Repubblica di Corea fino al 1960 quando, dopo la sua quarta rielezione, "l'esplosione della protesta popolare diede luogo a gravi disordini; costretto a dimettersi e a lasciare il Paese - si legge sull'enciclopedia Treccani - trascorre gli ultimi anni di vita nelle Hawaii".

Contemporaneamente al Nord nasce la Repubblica Democratica Popolare di Corea, retta da un governo comunista presieduto da Kim Il-sung: presidente del Partito comunista (dal 1949 Partito operaio coreano) con la proclamazione della Repubblica Democratica diventa primo ministro.

Nel 1972 lascia la carica per diventare presidente della Repubblica a cui la nuova Costituzione - varata in quell'anno - attribuisce la direzione dell'esecutivo. "Principale artefice dell'edificazione di un regime socialista nella Corea del Nord - riporta la Treccani - mantenne una posizione di equidistanza nel contrasto fra Urss e Cina e continuò a perseguire l'obiettivo di una riunificazione del Paese, tentando più volte di avviare negoziati con il governo di Seul". Negoziati che, oggi, possono sperare nel nuovo storico incontro.

Le due Coree di sono impegnate a trasformare entro il 2018 l'armistizio siglato nel 1953 in un vero e proprio trattato di pace. Lo prevede la dichiarazione congiunta firmata dai leader Moon Jae-in e Kim Jong-un.

"Abbiamo aspettato a lungo questo momento per molto tempo e quando è giunto abbiamo realizzato che siamo una nazione, che siamo vicini". E' il messaggio letto dal leader nordcoreano Kim Jong-un, a commento della firma della dichiarazione congiunta. "Siamo legati dal sangue e i compatrioti non possono vivere separatamente", ha aggiunto.

Il leader nordcoreano Kim Jong-un ha detto che non rovinerà più il sonno del presidente sudcoreano Moon Jae-in a causa del lancio di missili balistici, quale effetto dello stop ai test nucleari e balistici annunciato la scorsa settimana. E' quanto ha riferito Yoon Young-chan, portavoce dell'Ufficio presidenziale di Seul in un briefing coi media trasmesso da Arirang Tv. "Non interromperò più il sonno del primo mattino", ha affermato Kim rivolgendosi a Moon.

Le due Coree hanno concordato che il presidente Moon Jae-in debba visitare Kim Jong-un a Pyongyang in autunno. Lo dichiarazione congiunta firmata dai due leader, tuttavia, non precisa il periodo limitandosi a ricordare che tra i due ci saranno, su base regolare, incontri e telefonate dopo la recentissima apertura di una linea rossa.

"La guerra coreana finirà! Gli Stati Uniti, e tutto il suo grande popolo, dovrebbero essere molto fieri di ciò che sta avendo luogo adesso in Corea!": lo ha scritto in un tweet il presidente americano Donald Trump riferendosi allo storico incontro tra la Corea del Nord e del Sud sta avendo luogo. Stanno succedendo belle cose, ma solo il tempo potrà dirlo", aveva affermato in un tweet precedente.

Il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, "plaude" al summit storico tra il presidente sudcoreano, Moon Jae-in, e il leader nordcoreano, Kim Jong-un. In una nota del portavoce, Guterres "saluta il coraggio e la leadership che hanno portato a impegni e azioni concordate nella Dichiarazione di Panmunjom per la pace, la prosperità e l'unificazione della penisola". "E conta sulle parti perché attuino rapidamente tutte le azioni concordate per la riconciliazione inter-coreana, un dialogo sincero, progressi per una pace sostenibile e denuclearizzazione della penisola".

La Cina accoglie con favore l'esito del summit tra le due Coree esprimendo l'auspicio che le parti possano rafforzare il consenso raggiunto a Panmunjom per la riconciliazione. I leader dei due Paesi, ha commentato in una nota il portavoce del ministero degli Esteri Lu Kang, "hanno annunciato una dichiarazione congiunta sulla comune comprensione delle relazioni intercoreane, allentando le tensioni militari sulla penisola verso una pace permanente". Il risultato "aiuta la soluzione politica delle questioni della penisola".

Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha definito un "incontro storico" quello avvenuto tra i due leader coreani, precisando che l'Alleanza "sostiene pienamente una soluzione politica alle tensioni nella regione". "E' un primo, importante e incoraggiante passo", ha aggiunto, precisando che "è importante mantenere una forte pressione politica e diplomatica da parte della comunità internazionale".

In occasione dello "storico incontro" tra i presidenti della Corea del Sud e del Nord, "auguriamo al popolo coreano ogni bene" e "speriamo che i colloqui facciamo progressi verso un futuro di pace e prosperità per l'intera penisola coreana". E' l'auspicio della Casa Bianca.

Il governo giapponese auspica che i leader delle due Coree possano avere un incontro costruttivo che conduca a una comprensiva risoluzione delle questioni irrisolte, quali il negoziato sui cittadini giapponesi rapiti e lo stop al programma missilistico e nucleare di Pyongyang Paese. Lo ha detto il capo di Gabinetto Yoshihide Suga, che si è astenuto, tuttavia, dal fare previsioni sull'esito dei colloqui. Alla domanda di un cronista se il governo di Tokyo sarà informato sui dettagli da Seul, Suga ha risposto che le due diplomazie coordineranno congiuntamente gli sviluppi. A questo proposito il ministero degli Esteri nipponico, Taro Kono, ha ribadito che i due Paesi stanno lavorando assieme per stabilire le politiche da adottare verso il regime di Pyongyang. Secondo quanto riferito da fonti ministeriali, Kono si recherà in Corea del Sud all'inizio di maggio, per incontrare il suo omologo Kang Kyung Wha e parlare degli esiti del dialogo tra i due leader.

Sul fronte della denuclearizzazione, un passaggio della dichiarazione congiunta sottolinea l'obiettivo comune di Sud e Nord "di realizzare una penisola coreana priva di nucleare attraverso una completa denuclearizzazione". Il presidente sudcoreano ha poi aggiunto: "Il presidente Kim Jong-un ed io abbiamo convenuto che la completa denuclearizzazione sarà raggiunta, e questo è il nostro comune obiettivo".

Gli esperti però sono cauti: "La Corea del Nord da tempo si è impegnata alla denuclearizzazione della penisola coreana, che non è la stessa cosa di un disarmo unilaterale", ha detto alla Cnn Vipin Narang, docente del Security Studies Program del Mit di Boston. Il professore ha ricordato che nella 'Dichiarazione di Panmunjon' "il linguaggio non è nuovo e deve essere trattato con cautela, nonostante l'importanza storica del vertice". Anche Mike Chinoy, analista dell'Us-China Institute dell'University of California, ha invitato alla cautela e a "non lasciarsi prendere dall'entusiasmo di fronte alle scene straordinarie a cui assistiamo, c'è ancora un lavoro enorme da fare prima che queste intenzioni divengano passi effettivi".

I due leader hanno fatto sapere che nel corso dell'anno firmeranno un trattato di pace per porre fine formalmente alla Guerra di Corea, a 65 anni dalla conclusione delle ostilità. Il documento, denominato "Dichiarazione di Panmunjon per la pace, la prosperità e l'unificazione della penisola coreana" è stato presentato dopo la giornata di meeting e dopo una conversazione privata di 30 minuti da Kim e Moon.




mercoledì 18 aprile 2018

Corea, incontro Mike Pompeo con Kim Jong-un




Mike Pompeo, direttore della Cia in attesa della conferma in Senato della sua nomina a segretario di Stato, ha incontrato segretamente il leader nordcoreano Kim Jong-un. Lo ha svelato il Washington Post, precisando che la visita di Pompeo a Pyongyang è avvenuta nel weekend di Pasqua. Lo straordinario incontro tra uno dei più fidati uomini del presidente americano e il leader del regime nordcoreano rientra nello sforzo che sta compiendo l'amministrazione Trump per preparare il terreno ai colloqui diretti tra lo stesso Trump e Kim. E per trovare così ai massimi livelli una soluzione sul controverso programma nucleare di Pyongyang. L'incontro è quello di più alto livello avvenuto tra i due Paesi dal 2000, quando l'ex segretario di Stato Madeleine Albright si incontrò con Kim Jong-Il, il padre di Kim Jong-un. Un incontro tra Trump e il leader coreano è dato per probabile nel prossimo giugno.

Il primo grande contatto diretto, ancora di recente inimmaginabile, è avvenuto. Come nei film di fantascienza, o in questo caso di fantapolitica che si trasforma improvvisamente in realtà da toccare con mano.

Donald Trump ha spedito con successo un suo alto emissario - il capo della Cia e Segretario di Stato in pectore Mike Pompeo - ad un incontro faccia a faccia con il dittatore nordcoreano Kim Jong-un. Un incontro che ha avuto luogo durante le feste di Pasqua per creare le condizioni di uno storico summit bilaterale tra i leader dei due Paesi, con in palio il un disgelo atomico nella penisola coreana e forse una vera e propria pace formale ormai sconosciuta da generazioni.

Il viaggio di Pompeo è stato organizzato in gran segreto, e questa volta non era filtrato, ad eccezione di indiscrezioni sull'apertura di canali di dialogo. Fino a quando nella serata di ieri lo stesso Trump, dalla sua residenza in Florida Mar-a-Lago, dove ha organizzato un vertice di due giorni con il premier giapponese Shinzo Abe, non ha sollevato esplicitamente il sipario. Ha parlato di colloqui diretti «ad altissimo livello» in corso tra Washington e Pyongyang e da lì alla rivelazione-shock, da parte di funzionari della Casa Bianca, che Pompeo aveva visto Kim il passo è stato breve. Uno degli oggetti della discussione, ovvio quanto cruciale: dove svolgere il summit, con al momento cinque località considerate dalla Casa Bianca.

La Cia è diventata il canale prescelto da Trump per questi colloqui preliminari, rispetto a più tradizionali missioni diplomatiche. Anche facendo di necessità virtù: il Dipartimento di Stato è infatti tuttora decimato dalle riorganizzazioni e demoralizzato dalla sfiducia della Casa Bianca, e appare in fase di transizione di leadership con l'avvento - non a caso - proprio del plenipotenziario dei servizi segreti Pompeo, molto vicino al presidente.

Il direttore della Cia aveva oltretutto già creato un canale di comunicazione con il regime di Kim attraverso i capi della sua controparte nell’intelligence, il Reconaissance General Bureau. Supporto ai contatti è stato fornito anche dai servizi sudcoreani, in particolare dal direttore del National Intelligence Service di Seul, Suh Hoon, che era stato portatore a Trump dell'originale invito di Kim al summit bilaterale a sopresa accettato dal presidente.

Trump in queste ore ha alluso a un'altra sorprendente e storica apertura: ha indicato che Corea del Sud e del Nord hanno il suo imprimatur - anzi letteralmente la sua «benedizione» - per «discutere la fine della guerra» quando i loro leader si vedranno entro fine mese. Vale a dire per cercare di sostituire l'attuale armistizio in vigore ormai dalla fine del conflitto coreano nel 1953 con un trattato di pace vero e proprio. Le due Coree, stando a fonti sia americane che di Seul, potrebbero iniziare con l'annuncio di un accordo propedeutico che allenti le tensioni militari, quale un ritiro di truppe dalla cosiddetta zona demilitarizzata che le separa. La prospettiva di un autentico trattato di pace, secondo Seul e Washington, sarebbe però il vero incentivo, la vera garanzia di sicurezza, da far balenare a Kim in cambio di una sua reale rinuncia a arsenali e programmi nucleari.


giovedì 8 febbraio 2018

Olimpiadi, ecco le cheerleader di Kim Jong-Un



La Corea del Nord ha tenuto oggi a Pyongyang la parata militare per i 70 anni della nascita della Korean People's Army, alla vigilia della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di PyeongChang. Lo riporta l'agenzia Yonhap, citando una fonte del governo sudcoreano secondo cui avrebbe avuto inizio alle 10:30 di Seul (2:30 in Italia) con la presenza di 50.000 persone, inclusi 13.000 soldati.

Sono 229 le cheerleader nordcoreane che sono arrivate in Corea del Sud per sostenere gli atleti del Nord ai Giochi Olimpici di PyeongChang. Le giovani fanno parte di una delegazione di oltre 280 nordcoreani, tra atleti, funzionari e artisti che grazie alla 'tregua olimpica' hanno attraversato la zona militarizzata, che divide la penisola coreana.

Le cheerleader, vestite con un mantello rosso, avevano la stessa divisa degli artisti arrivati ieri. Massimo riserbo sulla coreografia: "Aspettate un poco. Se ve lo dico adesso vi toglierò la sorpresa", ha spiegato una ragazza ai giornalisti. Secondo quanto riportano i media sudcoreani, le cheerleader sono state scelte in base a criteri di aspetto fisico, appartenenza familiare, competenza e vicinanza al Partito dei lavoratori.

La Corea del Nord ha inviato la squadra di ragazze al Sud già in altre occasioni sportive. Nel team di cheerleader del 2005 vi era anche Ri Sol-Ju, divenuta poi la moglie del leader nordcoreano Kim Jong-Un. La delegazione di Pyongyang, guidata dal ministro per gli Sport, Kim Il-Guk, è composta in tutto da 280 persone - tra cui la sorella del leader nordcoreano e anche 26 atleti di taekwondo e 21 giornalisti e comprende altri membri del Comitato nazionale olimpico, 26 giocatori di taekwondo e 21 giornalisti, oltre ai 22 atleti, di cui 12 sono le ragazze della squadra femminile unificata coreana di hockey che venerdì sfileranno durante la cerimonia di apertura sotto un'unica bandiera.

Le cheerleader provenienti da Pyongyang, molte delle quali giovanissime, si sono presentate sorridenti al check point della città di confine di Paju, avvolte da cappotti rossi e cappelli di pelliccia nera e con una piccola bandiera nordcoreana appuntata sul petto.

La Corea del Nord aveva già inviato nel Sud una delegazione di 46 membri, tra cui i 22 atleti che parteciperanno ai Giochi, e un'altra di 140 persone per la maggior parte composta da artisti della Samjiyon art troupe.

Le cheerleader, giunte a Pyeongchang con il compito di tifare per gli atleti nordcoreani, secondo quanto riferito dai media locali, sono state scelte dopo una scrupolosa selezione basata su una serie di requisiti, compresa la lealtà al governo di Kim Jong-un. Gli appassionati di hockey potranno assistere alla loro performance in occasione delle partite di hockey della nazionale femminile unificata.

La Corea del Nord ha informato che la delegazione di alto livello per l'apertura delle Olimpiadi di PyeongChang arriverà in aereo domani alle 13:30 circa (le 5:30 in Italia) all'aeroporto internazionale di Incheon. La ha riferito il ministero dell'Unificazione, secondo la Yonhap. Nella delegazione, impegnata in una missione di tre giorni e guidata da Kim Yong-nam, presidente del Presidium dell'Assemblea suprema del popolo e Capo dello Stato de facto, c'è anche Kim Yo-jong, la sorella minore del leader Kim Jong-un.



sabato 16 dicembre 2017

Corea del Sud: "Il regime di Kim Jong-un ha hackerato milioni di Bitcoin"



L'intelligence sudcoreana è convinta che la Corea del Nord abbia condotto una serie di attacchi hacker alle criptovalute, in particolare Bitcoin, accumulando così milioni in valuta virtuale. Gli hacker si sarebbero inoltre impadroniti dei dati personali di almeno 30mila persone. Secondo gli esperti, l'obiettivo dell'attacco è quello di evadere le sanzioni fiscali a cui è sottoposto il regime di Pyongyang.

E' quanto ha riferito la Bbc.

Almeno 7 milioni di dollari sono stati rubati, oggi hanno un valore decuplicato di 82,7 milioni. Inoltre, gli hacker si sono impadroniti dei dati personali di almeno 30.000 persone.

Secondo gli esperti, l'obiettivo dell'attacco è quello di evadere le sanzioni fiscali a cui è sottoposto la Corea del Nord.

Secondo gli esperti, citati dalla Bbc, l'obiettivo dell'attacco era quello di evadere le sanzioni fiscali a cui è sottoposto il regime nordcoreano. Da tempo si sospettava infatti che Kim Jong-un avesse accumulato un tesoretto di Bitcoin da usare contro le pesanti sanzioni imposte al Paese.

Diversi gli attacchi informatici. Il primo è stato compiuto lo scorso febbraio e ai danni di Bithumb, network fondato in Corea del Sud e il quinto al mondo per volume di transazioni. Dopo la violazione, gli hacker hanno chiesto un riscatto milionario alla compagnia per restituire i dati personali rubati. Un altro attacco, a settembre, ha preso di mira la piattaforma Coinis. Un ultimo attacco invece è stato sventato lo scorso ottobre.

Da tempo si sospetta che Kim Jong-un abbia accumulato un presunto tesoretto di Bitcoin da usare contro le pesanti sanzioni imposte al Paese.

La Corea del Nord gestisce quello che la Corea del Sud crede sia un esercito di hacker che ha spostato la sua attenzione dallo spionaggio militare al furto in campo finanziario. L’Ufficio Reconnaissance General Bureau del regime, risponde direttamente a Kim Jong Un e  tratta dalle operazioni di crimine-cibernetico in tempo di pace, allo spionaggio, alle interruzioni di rete ed impiega circa 6000 persone, come risulta da un rapporto del 2016 del Centro Internazionale di Cyber Policy presso l’Australian Strategic Policy Institute.

Nei recenti attacchi, la Corea del Sud potrebbe essere diventata un buon obiettivo non solo per la sua vicinanza a Pyongyang e per la lingua condivisa, ma anche perché, quest’anno, il paese è diventato uno dei centri di negoziazione più attivi con le cripto-valute . Il Bithumb di Seul, è il punto di scambio più grande del mondo per gli scambi ethereum. A giugno, sembra che gli hacker abbiano rubato informazioni sui clienti dal computer di un dipendente, senza che gli attaccanti siano stati identificati.


mercoledì 1 novembre 2017

Crolla tunnel nella centrale nucleare, tragedia in Corea del Nord



Un tunnel del sito nucleare di Punggye-ri, in Corea del Nord, è crollato lo scorso 10 ottobre, causando la morte di circa 200 persone. Lo riporta l'agenzia sudcoreana Yonhap, secondo cui l'incidente sarebbe avvenuto durante i lavori di scavo di un'altra galleria facendo balzare i timori sulla fuga di pesante radioattività.

In base a un reportage della nipponica Tv Asahi, circa 100 persone sarebbero rimaste intrappolate in un primo momento, mentre altre cento lo sarebbero successivamente state per un secondo crollo durante le attività di soccorso. L'incidente si ritiene sia effetto della sesta detonazione del 3 settembre, la più forte tra i test nucleari di Pyongyang, che avrebbe indebolito sottosuolo e sovrastante monte Mantap , il sesto voluto da Kim, il primo da quando Donald Trump è presidente, è stato fatto qui. L'esplosione, misurata in circa 150 chilotoni e pari a 10 volte il quinto test, fu sufficiente a creare un terremoto di magnitudo 6,3.

Da allora, dopo anche diverse scosse artificiali pur se di minore entità, gli esperti hanno messo in guardia dai seri rischi di collasso in qualsiasi momento della struttura, fortemente provata e resa instabile dalle sei detonazioni. Nam Jae-cheol, capo della Korea Meteorological Administration, l'agenzia che sovrintende anche sui terremoti, ha detto ieri in un'audizione parlamentare a Seul che un'altra esplosione nucleare avrebbe potuto far crollare la montagna con il rilascio di materiale radioattivo.

Complotto per uccidere il nipote di Kim
Nelle stesse ore arriva la notizia di un altro complotto ai danni della famiglia del dittatore nordcoreano, già decimata dalle faide per il potere innescate verosimilmente dallo stesso leader Kim Jong Un. Stavolta si tratta di suo nipote. La polizia cinese ha arrestato a Pechino diversi nordcoreani sospettati di complotto finalizzato a uccidere Kim Han-sol, il figlio 22enne di Kim Jong-nam, il fratellastro maggiore del leader Kim Jong-un, assassinato a febbraio con l'agente nervino Vx all'aeroporto di Kuala Lumpur.

E' lo scenario tracciato dal JoongAng Ilbo, quotidiano di Seul, secondo cui tra i due e i sette agenti del Nord sarebbero stati fermati prima di poter dare seguito al piano. Alcuni di loro, in base a fonti anonime vicine al dossier, sarebbero sotto interrogatorio in speciali strutture alla periferia della capitale cinese, aggiunge la testata, senza fornire ulteriori dettagli.

Nelle ultime settimane esperti esteri e attivisti per i diritti umani avevano già lanciato l'allarme per il rischio di crolli nelle strutture in cui vengono effettuati i test. La costruzione di tunnel indicherebbe la volontà di spostare i test in un altro versante della montagna.

Solo pochi giorni fa, ricorda la Bbc, la Corea del Sud aveva rilanciato il pericolo di una perdita di materiali radioattivi e il crollo dell'intero monte Mantap (proprio a Punggye-ri) in caso di un nuovo test nucleare. I lanci di missili e testate degli scorsi mesi hanno provocato diverse frane e terremoti in tutta la penisola.

Il 10 novembre a Roma ci sarà un vertice sul disarmo nucleare voluto da papa Francesco. Il Vaticano ha invitato undici premi Nobel per la pace, i vertici dell'Onu e della Nato, e i principali attori coinvolti nella crisi della penisola coreana: Usa, Russia e Corea del sud invieranno i propri ambasciatori. I due giorni d'incontri saranno un'occasione per il pontefice per richiamare l'attenzione sul pericolo di una possibile guerra nucleare.

Anche il presidente statinitense nei prossimi giorni offrirà particolare attenzione al continente asiatico. Dopo le provocazioni degli ultimi mesi con Kim Jong un, Donald Trump farà visita a Giappone, Corea del sud, Cina, FiIlippine e Vietnam. Il viaggio servirà a rassicurare gli alleati a Tokyo e Seul sull'impegno stabile degli Usa nella regione per garantire la sicurezza dei Paesi amici. Ma anche a ottenere da Pechino uno sforzo maggiore nella risoluzione della crisi delle Coree: secondo Trump, la Cina non sta facendo abbastanza per dissuadere Pyongyang dallo sviluppo del nucleare. Il presidente Usa parteciperà poi a diversi incontri multilaterali per rafforzare i legami economici e la cooperazione commerciale nel sud est asiatico.


venerdì 13 ottobre 2017

Cresce la tensione fra Corea del Nord e USA



Donald Trump mostra i muscoli a Pyongyang col Pentagono che invia una squadriglia di caccia bombardieri in volo nei cieli adiacenti alla Corea del Nord. Secondo il dipartimento alla difesa statunitense si vuole mostrare che il presidente americano dispone di molte opzioni militari per neutralizzare qualunque minaccia.

Due bombardieri strategici americani B-1B Lancers, decollati dalla base del Pacifico dell'Isola di Guam, hanno sorvolato la Penisola coreana in una dimostrazione di forza diretta a Pyongyang mentre aerei militari giapponesi e sudcoreani erano impegnati, in corrispondenza del Mar del Giappone, in una esercitazione notturna.

Nel frattempo, il sottomarino nucleare americano di classe Los Angeles "USS Tucson" è arrivato nel porto sudcoreano Jinhae sabato scorso, ha reso noto il comando del Pacifico Usa. Una fonte militare sudcoreana ha poi anticipato l'arrivo di un secondo sottomarino nucleare americano, il sottomarino di classe Ohio "USS Michigan" al porto di Busan, questo fine settimana.

Gli osservatori internazionali sono sul chi va là per la minaccia nucleare posta da Pyongyang, ma gli Stati Uniti sono stati già colpiti da un'azione ostile alla propria rete energetica. Lo rivela NBC in esclusiva.

Mentre il mondo intero teme la progressione della tensione tra USA e Corea del Nord e l’orologio dell’Apocalisse è sempre più vicino alla mezzanotte, Pyongyang sta già colpendo negli Stati Uniti in modo diverso, ovvero mirando alla sua rete elettrica, cercando di infiltrarsi nei sistemi delle compagnie del settore statunitensi con l’obiettivo di creare il caos. E’ quanto ha riportato NBC News, entrata in possesso in esclusiva di un report della compagnia di sicurezza informatica FireEye.

FireEye ha documentato cyber-attacchi contro le forze armate della Corea del Sud, contro le sue centrali elettriche e persino contro l’aviazione di Seul – tutti provenienti dalla Corea del Nord. Pyongyang ha già attaccato Sony tre anni fa come rappresaglia per il film “L’intervista”, pellicola di Hollywood in cui viene preso in giro Kim Jong-Un.

Ora gli esperti avvertono che i nordcoreani stanno sviluppando le stesse tecniche per attaccare grandi settori dell’economia statunitense. “Una delle cose che ci preoccupa molto è la loro capacità di colpire qui nel cuore degli Stati Uniti, soprattutto nel settore finanziario”, ha dichiarato Dmitri Alperovitch, co-fondatore di CrowdStrike, un’azienda di cybersecurity.

I funzionari dell’intelligence hanno riferito a NBC News che Corea del Nord ha messo in atto uno spregiudicato crimine informatico nei confronti della Banca Centrale del Bangladesh, destinando a Kim Jong-Un fondi per 81 milioni di dollari (circa 68 milioni di euro). Il regime ha arruolato 6.000 cyber-soldati in Cina, Corea del Sud e altri paesi vicini, secondo un disertore nordcoreano che ha parlato all’emittente.

“I nord coreani vogliono avere la capacità di bloccare la nostra rete elettrica, i nostri sistemi di pubblica utilità, quello bancario, il controllo del traffico aereo”, ha dichiarato Frank Figliuzzi, ex assistente dell’FBI al controspionaggio.

Al momento esponenti del mondo industriale statunitense riferiscono che la Corea del Nord non è riuscita a fare breccia nella rete energetica. Alta è però l’allerta per via della crescente minaccia posta da Pyongyang.

La portavoce della Casa Bianca Sarah Sanders: “Non abbiamo dichiarato guerra alla Corea del Nord e francamente è assurdo anche solo insinuarlo. Non è pensabile che un Paese abbatta il caccia di un altro Paese quando sorvola acque internazionali. Il nostro scopo è sempre lo stesso. Puntiamo ad una pacifica e piena denuclearizzazione della penisola coreana” ha detto in conferenza stampa.

Parole arrivate dopo che il regime di Pyongyang aveva interpretato come dichiarazione di guerra il sorvolo dei bombardieri Usa sulla penisola.

Il Ministro degli Esteri coreano Ri Yong Ho: “Visto che gli Stati Uniti ci hanno dichiarato guerra avremo tutto il diritto di prendere le contromisure necessarie, incluso il diritto di abbattere i bombarideri strategici statunitensi anche nel momento in cui non si trovassero all’interno del nostro spazio aereo”.



venerdì 15 settembre 2017

Corea del Sud, il sistema antimissile THAAD



“Quando il nemico attacca, i governi devono essere pronti a difendere i soldati, i cittadini e le infrastrutture. Ecco dove entra in gioco il THAAD, uno dei più avanzati sistemi missilistici al mondo”: così il suo produttore, la Lockheed, cosi ha presentato il nuovo gioiello militare made in USA. THAAD è una sigla: sta per Terminal High Altitude Area Defense e si tratta, innanzitutto, di un sistema di difesa antimissile.

THAAD è di fatto dispiegato in Corea del Sud, i lanciatori, il posto di comando e il radar in banda X hanno raggiunto il sito designato per ospitare il sistema la batteria è composta da sei lanciatori montati su camion per 48 intercettori, una unità di controllo del tiro e della comunicazione ed il radar AN / TPY-2.

Quando il radar AN-TPY-2 della Raytheon rileva un missile, acquisisce, traccia e discrimina il grado della minaccia. In modalità avanzata, il radar è posizionato a ridosso di un territorio ostile per acquisire i missili balistici nella fase di salita, subito dopo il lancio. Quando l’AN / TPY-2 viene impiegato in modalità terminale (nel caso della Corea del Sud), il radar rileva, acquisisce, traccia e discrimina i missili balistici nella fase di discesa. Mentre nella modalità avanzata, il radar passa le informazioni critiche al Command and Control Battle Management, in quella terminale si attivano direttamente gli intercettori.

Per capire però il suo funzionamento immaginate di dover centrare con una freccetta, in un certo momento, qualcosa che viaggia a circa 6000 metri al secondo ed a chilometri da voi. Bene, farlo ad occhio e da soli non è molto semplice. Immaginate allora di farlo in squadra: uno con una vista formidabile e sempre sveglio, il quale individua il bersaglio; poi un cervellone della fisica che capisce prima di che oggetto si tratta, poi vi dice velocità, posizione ecc. Il cervellone in questione dice quindi al terzo, il più veloce e preciso lanciatore, quando e come lanciare la freccetta.

Il THAAD funziona proprio così, in tre parti: un radar che individua il missile, un sistema di puntamento e di fuoco denominato TFCC (THAAd Fire Control and Communication support equipment) ed un lanciatore – il lanciamissili vero e proprio. Il paragone con una freccetta non è a caso: solitamente i missili antimissili arrivano in prossimità del bersaglio ed esplodono. Il missile del THAAD no: questo lo buca letteralmente, lo centra in pieno a duemila chilometri al secondo e solo grazie alla sua energia cinetica è in grado di distruggere un missile balistico sia dentro che fuori l’atmosfera.

Altra cosa che rende il THAAD meraviglioso agli occhi degli addetti è la sua mobilità. Solitamente i sistemi antimissili balistici consistevano in veri e propri centri al suolo (“ground sites” in inglese) con tanto di silo di lancio. Il sistema può essere spostato e schierato ovunque nel mondo e senza molto sforzo, difendendo le aree più a rischio in un dato momento, donando quindi un vantaggio strategico elevatissimo. Ecco perché il THAAD è fatto su misura per l’attuale crisi fra USA e Corea del Nord, donando una risposta ai militari ed ai politici alleati che cercano di imporsi proprio su quel tipo di armamenti di Pyongyang.

Ricordiamo che la Cina vede il dispiegamento di THAAD come una minaccia concreta alla sua libertà di azione nella aree del Mar Cinese Orientale che Pechino reclama. Il radar di THAAD è infatti uno dei più potenti e precisi al mondo, ed è in grado di osservare ogni movimento aereo cinese nel Mar Cinese Orientale e in parte della madrepatria cinese stessa. Il THAAD è concepito per intercettare una manciata di missili in arrivo, non per contrastarne centinaia in fase terminale.

La Corea del Sud è vista come un nuovo attore regionale che non riconosce l’armoniosa espansione della Cina. La prima vittima del THAAD potrebbe essere quell'interdipendenza economica che lega proprio la Corea del Sud alla Cina. Pechino, teme la nuova unità d’intenti regionale culminata nel sistema antimissile condiviso e quel sistema virtuale di sicurezza collettiva.

Nessuno sistema missilistico di difesa assicura una schermatura completa. Sono asset concepiti per ridurre la percentuale dei missili in entrata e per garantire la rappresaglia. Il Kinetic Kill del Terminal High Altitude Area Defense o THAAD, è ritenuto in grado di distruggere un missile balistico a medio e corto raggio grazie all’energia cinetica da impatto. Non è mai stato utilizzato in combattimento: è un sistema semplicemente simbolico dato che Pyongyang potrebbe utilizzare altri asset per colpire la Corea del Sud. Il raggio di intercettazione è di 200 km ad un'altitudine operativa di 150 km ed una velocità massima di Mach 8.24. I sistemi THAAD chiudono il cerchio difensivo a protezione dello strato esterno della Corea del Sud, integrandosi ai sistemi Aegis e Patriot già attivi. Il suo raggio di intercettazione è di 120°: un sottomarino, concettualmente, potrebbe lanciare il suo carico da qualsiasi direzione. Per farla breve: radar e lanciatori non possono intercettare una minaccia proveniente da una raggio diverso da quello preimpostato. Dovranno essere nuovamente riposizionati. Se la Corea del Nord lanciasse una manciata di missili convenzionali (sempre dalla direzione sperata), i danni provocati sarebbero accettabili diversamente dalle testate nucleari contro cui il margine di intercettazione, pena conseguenze inaccettabili, dovrebbe raggiungere il 100%. 


mercoledì 6 settembre 2017

Corea: sale la tensione tra Seul e Pyongyang rischio di una catastrofe globale



La sfida nucleare che la Corea del Nord ha lanciato alla comunità internazionale continua a inquietare. La marina della Corea del Sud ha compiuto delle esercitazioni militari con l’uso di fuoco reale, 48 ore dopo il test da parte di Pyongyang di una bomba all’idrogeno. L’obiettivo di Seul è quello di dissuadere il vicino settentrionale dal proseguire sulla strada delle provocazioni.

L’ultima esercitazione si è tenuta nel mar del Giappone ed ha coinvolto la fregata Gangwon, un pattugliatore e una nave lanciamissili. Intanto è stato abolito il limite di carico dei missili balistici sud coreani stabilito nel 2001 dagli Stati Uniti e dal governo di Seul.

Per decenni i cinesi hanno ripetuto che il rapporto con Nord Corea era come quello tra le labbra di una persona: «Se quelle superiori si allontanassero da quelle inferiori la bocca soffrirebbe il freddo». Ma da quando c’è Kim Jong-un al potere il freddo è arrivato.

La strategia militare sulla Corea del Nord rischia di portare a “una catastrofe planetaria”. Vladimir Putin avverte che non c‘è altra via che il dialogo per risolvere la crisi nucleare. “Mangeranno erba – dice il presidente russo – ma non fermeranno i loro programmi fintanto che non si sentiranno sicuri”.

“La Russia condanna questi test nordcoreani perché sono provocatori, ma l’imposizione di sanzioni più severe è inutile e inefficace”, aggiunge Putin. Favorevole alle sanzioni, invece, la Germania. Mentre il capo del Cremlino si prepara a incontrare il premier giapponese, Shinzo Abe, Angela Merkel delinea la strategia dell’Unione europea.

“Il fatto che la Corea del Nord sia a una certa distanza da noi non ci impedisce di chiedere una soluzione diplomatica. L’Europa ha una voce importante nel mondo e dobbiamo usare quella voce in questa situazione”, dice la Cancelliera tedesca.

I missili nordcoreani potrebbero essere in grado di raggiungere l'Europa «prima del previsto». Lo ha detto la ministra francese della Difesa, Florence Parly, nel corso di un intervento dinanzi ai militari a Tolone. «Lo scenario di una escalation verso un grande conflitto non può essere scartato», ha affermato la ministra, aggiungendo che «l'Europa rischia di essere alla portata dei missili di Kim Jong Un prima del previsto». Il presidente Trump ha detto con un tweet che sta armando Giappone e Sud Corea, i due Paesi alleati nell’area più direttamente minacciati, con strumenti militari altamente sofisticati made in Usa.

Intanto, secondo fonti di stampa sudcoreane, Pyongyang starebbe trasportando verso la costa occidentale un razzo che sembrerebbe essere un missile balistico intercontinentale (Icbm) cioè a lungo raggio. Gli spostamenti avverrebbero solo di notte per evitare la sorveglianza indiscreta dei satelliti spia, riporta l'Asia Business Daily, confermata da un deputato sudcoreano. Le operazioni sarebbero già iniziate. La circostanza non è stata confermata dai militari di Seul che, sempre ieri, hanno riferito però come Pyongyang sia in grado di lanciare un Icbm in qualsiasi momento.

L'intelligence di Seul, Nis, ha invece messo in guardia dai rischi di un nuovo test nucleare, anche in questo caso possibile in ogni momento, e di lanci di altri missili balistici intercontinentali individuando il 9 settembre, anniversario della fondazione dello Stato, e il 10 ottobre, giorno della nascita del Partito dei Lavoratori, come date sensibili. In un'audizione parlamentare, l'agenzia ha chiarito che l'analisi su due dei quattro tunnel del sito atomico di Punggye-ri mostrano «che una detonazione è sempre possibile».

Sul piano politico, la Cina e gli Stati Uniti non trovano un terreno comune da cui partire. I cinesi anzi attaccano l’idea di Trump di interrompere gli scambi commerciali con tutti i paesi che hanno rapporti con la Nord Corea, la Cina in primis ovviamente che definisce «inaccettabile» l’idea di Trump. Putin definisce invece le possibili nuove sanzioni pur pesantissime «inutili».

Il Consiglio di sicurezza Onu ha discusso la possibilità di nuove sanzioni che nelle parole della ambasciatrice Usa Nikki Haley «devono essere le più pesanti di sempre» . La stessa Haley ha detto che la NordCorea con quel test «ci implora di fare la guerra».

I test della Corea del Nord sono una “violazione flagrante” delle convenzioni, e Angela Merkel ha ribadito che un rafforzamento delle sanzioni contro il paese è «urgente e necessario». Il fatto che si tratti di un'area geograficamente molto lontana non evita all'Europa di fare la sua parte nel conflitto nordcoreano: «L'Europa ha una voce importante nel mondo, deve usarla» dice Merkel al Bundestag, e sottolineando che ci possa essere «solo una soluzione diplomatica e pacifica per la quale ci si deve impegnare con tutte le forze».

Come ha affermato molto chiaramente Serghej Rjabkov, il numero due della diplomazia russa, non vede in Pyongyang una minaccia nucleare per la Russia, malgrado la vicinanza. Il grande pericolo, per Mosca, è che l’acquisizione di capacità nucleari da parte del regime di Kim Jong-un conduca a una corsa all’atomica a Seul e a Tokyo. E prima ancora, allo schieramento in Corea del Sud e in Giappone dei detestati sistemi di difesa anti-missile forniti dagli Stati Uniti.

Questi sì, ha rimarcato Rjabkov, «potrebbero provocare un’esplosione» perché scardinerebbero gli equilibri militari nella regione. Ecco perché, malgrado il riconoscimento dello status nucleare a Pyongyang sia considerato «inaccettabile» dai russi, il loro dito non è puntato tanto su Kim - peraltro nipote di un maggiore dell’Armata rossa sovietica, il fondatore dello Stato nordcoreano Kim Il-sung - quanto sulla Casa Bianca. E sui «passi maldestri» che potrebbe compiere unilateralmente quando invece, ha detto ancora Rjabkov dal vertice dei Brics in Cina, «spetta a chi è più forte dimostrare equilibrio».

È in uno scenario estremamente complesso, fatto di intrecci di interessi e non di alleanze, che Vladimir Putin vorrebbe trasformare la crisi nordcoreana in un’opportunità di rilancio di Mosca come grande potenza anche in Asia-Pacifico. Cosa che naturalmente dà fastidio a Pechino, che da tempo ha preso il posto dell’Urss come punto di riferimento principale per Pyongyang: e tuttavia, almeno per il momento, le priorità di russi e cinesi in chiave anti-americana combaciano, raccolte in una roadmap che ha come punto di arrivo una penisola coreana denuclearizzata, e non certo il crollo di un regime che porti l’intera penisola sotto il controllo di Seul (e degli Usa).

«I problemi della regione dovrebbero essere risolti solo attraverso un dialogo diretto di tutte le parti», ripete Putin. Che si sta ritagliando il ruolo di grande mediatore, negli spazi lasciati aperti dalle oscillazioni di Washington. A cominciare da Seul: in settimana Putin vedrà Moon Jae-in, il presidente sudcoreano, proprio a Vladivostok.

Pyongyang minaccia di passare alla "controffensiva" in caso di nuove sanzioni con "conseguenze catastrofiche". In una dichiarazione del ministero degli Esteri divulgata dall'agenzia Kcna il regime nordcoreano annuncia: "risponderemo alle efferate sanzioni e pressioni degli Stati Uniti con il nostro personale modo di passare alla controffensiva e gli Stati Uniti dovranno essere considerati totalmente responsabili per le catastrofiche conseguenze che ne deriveranno".



lunedì 21 agosto 2017

Usa e Corea del Sud sfidano Kim al via Ulchi Freedon Guardian, l'esercitazione congiunta




Anche se Seul e Washington sostengono si tratti di manovre di carattere difensivo, in caso di invasione della Corea del Sud da parte della Corea del Nord, Pyongyang lo considera un messaggio di guerra e in genere risponde effettuando test missilistici.

Gli Stati Uniti e la Corea del Sud hanno dato il via alle loro annuali esercitazioni militari congiunte, nonostante l'escalation di minacce che da settimane arrivano dalla Corea del Nord. Le manovre militari, denominate 'Ulchi Freedom Guardian', vedranno per i prossimi 11 giorni circa 50mila militari sudcoreani e circa 17.500 americani impegnati in una simulazione al computer di una guerra nella penisola coreana circa 7.500 uomini in meno del 2016. La decisione di ridurre il numero di soldati americani non risponde tuttavia alle recenti tensioni con la Corea del Nord ma sottolinea la necessità di enfatizzare l'integrazione nelle operazioni con Seul, secondo quanto dichiarato dal segretario alla Difesa Usa, James Mattis. Le esercitazioni, la maggior simulazione bellica computerizzata del mondo, prevedono quest'anno anche rappresentanti di sette paesi (Australia, Canada, Regno Unito, Nuova Zelanda, Olanda, Danimarca e Colombia) del Comando delle Nazioni Unite e dureranno fino al 31 agosto. Anche se Seul e Washington sostengono si tratti di manovre di carattere difensivo, in caso di invasione della Corea del Sud da parte della Corea del Nord, Pyongyang lo considera un messaggio di guerra e in genere risponde effettuando test missilistici.

Con le esercitazioni, quindi, si vuole "assicurare che siamo pronti a difendere la Corea del Sud e i nostri alleati", ha affermato il capo del Pentagono, James Mattis. Il numero di americani che vi partecipano è comunque inferiore a quello degli anni precedenti, anche se 3mila militari sono arrivati a rafforzare il contingente delle forze Usa in Corea del Sud.

Mattis ha negato che questa riduzione sia stata decisa in relazione alle minacce di Pyongyang. Intanto già ieri il regime nordcoreano ha definito le manovre "un'espressione di ostilità", affermando che nessuno può garantire che queste "non porteranno a un conflitto".

Nell'editoriale pubblicato dall'organo ufficiale del regime, Rodong Sinmun, si afferma poi che "se gli Stati Uniti sono persi nella fantasia che la guerra nella penisola sia lontana, nella casa di qualcun altro dall'altra parte del Pacifico, non si sono mai sbagliati così tanto". Un modo quindi per ribadire le minacce, ripetute più volte da Kim Jong-un, di lanci di missili in grado di colpire Guam, il territorio Usa nel Pacifico, e non solo.

Sul sito di propaganda nordcoreano, Uriminzokkiri, si accusano poi Washington e Seul di voler usare le manovre militari per lanciare una vera guerra nucleare nella penisola. "La Nordcorea ha l'esercito sudcoreano nel suo mirino", conclude.

Mattis replica a queste accuse, affermando che gli Stati Uniti sono stati "molto trasparenti" prima dell'avvio delle tradizionali esercitazioni. "La Corea del Nord sa che sono completamente difensive, qualsiasi cosa possano dire in pubblico, sanno bene che sono manovre militari di difesa", ha aggiunto il ministro della Difesa Usa. Pechino ha criticato Washington e Seul ed ha chiesto un cambio di atteggiamento per alleggerire le tensioni con la Corea del Nord. "Non pensiamo che le manovre congiunte alleggeriranno l'attuale tensione", ha detto la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying. La Cina chiede alle "parti coinvolte" di "prendere in seria considerazione" la sua proposta, che prevede la sospensione del programma nucleare nordcoreano in cambio della rinuncia da parte di Seul e Washington alle manovre militari.

La Corea del Nord ha subito reagito minacciando di lanciare un “attacco nucleare preventivo”. Il regime di Kim Jong-Un scrive nei media di Stato: “Se i guerrafondai mostreranno il minimo segnale di aggressione, trasformeremo la roccaforte della provocazione in un mucchio di cenere”. Seul tenta di abbassare i toni parlando di esercitazioni “di natura non provocatoria”. Ma il momento è di grande tensione, dopo che Pyongyang ha realizzato a inizio anno il suo quarto test nucleare e il lancio di un razzo spaziale considerato un test di missile di lungo raggio.

lunedì 2 gennaio 2017

Kim Jong-un: vicini a missili intercontinentali



Nel 2016 il Paese ha svolto più di 20 test missilistici, due dei quali con testate atomiche. Secondo esperti il 2017 è il “momento opportuno” per completare l’arsenale nucleare. Lo sviluppo da parte della Corea del Nord di missili a lungo raggio è in "fase finale", ha detto nel suo discorso di fine anno il leader nordcoreano Kim Jong-un, annunciando che lo sviluppo di missili a lungo raggio da parte di Pyongyang è in fase finale e di aver predisposto gli ultimi test per il lancio del primo missile balistico intercontinentale in grado di trasportare testate nucleari (ICBM).

Immediata la reazione della vicina rivale Corea del Sud nelle parole del suo Ministro per l’Unificazione, Jeong Joon-Hee: “La percezione è che la dichiarazione fatta da Kim Jong Un nel primo giorno dell’anno non offra nessuna nuova visione. Kim ha dimostrato ancora una volta la sua determinazione nel continuare con le provocazioni nucleari minacciando di avere un importante arsenale, di essere alla fase finale dei test per il lancio del primo missile balistico intercontinentale e di voler dare il via ad attacchi preventivi”.

Nel suo discorso di fine anno, infatti, Kim ha minacciato anche di aumentare la capacità militare del suo Paese se gli Stati Uniti non metteranno fine alle esercitazioni militari con la Corea del Sud.

Il leader nordcoreano ha anche spinto di nuovo gli Stati Uniti ad abolire la loro “anacronistica e ostile politica” nei confronti di Pyongyang. Da anni la Corea del Nord è soggetta a pesanti sanzioni imposte dalle Nazioni Unite a causa del programma nucleare e degli esperimenti missilistici fuori da ogni regola internazionale. Nonostante ciò, nel 2016 la Corea del Nord ha svolto più di 20 test missilistici, due dei quali con testate nucleari. Gli sforzi di Pyongyang, volti a miniaturizzare e diversificare il proprio arsenale missilistico, hanno anche l’obiettivo di sviluppare una tipologia di missile atomico a lungo raggio capace di percorrere migliaia di chilometri.

Thae Yong-ho è un ex diplomatico nordcoreano che lo scorso luglio è fuggito in Corea del Sud. Secondo lui, il 2017 rappresenta il “momento opportuno” per la Corea del Nord di portare a compimento il proprio arsenale atomico. Thae ritiene anche che Seoul e Washington non saranno più in grado di opporsi alle aspirazioni nucleari di Pyongyang a causa delle loro situazioni politiche interne.

Contro gli esperimenti di Pyongyang sono in vigore sanzioni dell’Onu rafforzate dopo l’ultimo test atomico condotto a settembre. Ad inizio dicembre, Giappone e la Corea del Sud  a seguito degli ultimi test hanno chiesto e ottenuto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di rinnovare le sanzioni contro il regime in Corea del Nord. Il leader Kim Jong-un ha risposto alla decisione con una mega esercitazione militare in cui ha simulato un attacco a Seul e annunciato di avere tunnel in grado di portare 30mila soldati oltreconfine in appena un’ora.

Questa la risposta di Pyongyang, diramata attraverso l’agenzia di stampa del regime, che ha sottolineato come dal 1 dicembre scorso gli attacchi a Seoul e ad altre città ed isole considerati obiettivi militari siano stati simulati con l’impiego di numerose unità di artiglieria pesante.

Dopo il discorso, una folla di persone si è radunata in piazza Kim Il Sung per il tradizionale spettacolo di fuochi d'artificio, seguito nella mattinata del primo giorno dell'anno dal tradizionale saluto del popolo al Mansu Hill Grand Monument dove in tanti hanno deposto fiori ai piedi delle statue degli ultimi due presidenti della Corea del Nord.



mercoledì 25 febbraio 2009

Instabilità globalizzata: il momento del caos



Il presidente statunitense Bush nel suo discorso alla nazione, ormai sette anni fa, lanciò l'allarme sull' “asse del male” che rappresentava “una minaccia per la pace nel mondo”. Questo nuovo club esclusivo vantava tre membri di pimaria impotanza: Iran, Iraq e Corea del Nord. La cattiva notizia per il successore di Bush, Barack Obama, è che oggi si ritrova a fronteggiare un asse assai più esteso e forse anche più preoccupante: l'«asse del caos» globalizzato. Questo asse conta su almeno nove membri, se non di più. Ciò che li accomuna non è l'intento malvagio, quanto l'instabilità, aggravata ogni giorno che passa dalla crisi finanziaria globale. Sfortunatamente, la crisi stessa rende più difficile programmare una risposta americana davanti al nuovo pericolo.

L’instabilità globalizzzata è styata creata da fattori di per sé ..Il primo fattore è stato la disgregazione etnica: la violenza è stata infatti più intensa laddove ribollivano tensioni etniche incontrollabili. Il secondo va ricercato nell'instabilità economica: più grande la magnitudine degli scossoni economici, più probabile lo scoppio del conflitto. E il terzo fattore si annida nel declino degli imperi: il progressivo sgretolamento delle loro strutture ha portato a un inasprimento delle lotte per il potere politico. In almeno una regione del pianeta — il Medio Oriente — due di questi fattori sono presenti già da tempo: gli scontri etnici si susseguono da decenni e a seguito delle difficoltà e degli insuccessi riportati in Iraq e Afghanistan, gli Stati Uniti sembrano sul punto di ridimensionare la loro presenza quasi imperiale nella regione. Una ritirata che proseguirà anche sotto il mandato di Obama. La terza variabile, l'instabilità economica, si riaffaccia oggi sulla scena globale con maggior virulenza che in passato. Dopo quasi un decennio di crescita senza precedenti, si vedrà una sostanziale impennata della disoccupazione in gran parte delle economie nel corso di quest'anno, accompagnata da un doloroso calo dei redditi. E sofferenze economiche di tale portata quasi sempre scatenano conseguenze geopolitiche.

L'incessante anarchia che turba la Somalia, la nuova aggressività russa ed i disordini innescati in Messico dalle guerre tra narcotrafficanti. E siamo solo a tre esempi dei nove sopra menzionati. A Gaza, Israele ha lanciato un raid sanguinoso per indebolire Hamas. Ma qualunque siano i presunti risultati militari, di gran lunga superiore è stato il danno inflitto da Israele alla sua immagine internazionale con la morte di civili innocenti, che i miliziani di Hamas usano come scudi umani. Peggio ancora, le condizioni socioeconomiche a Gaza, già disastrose, oggi appaiono catastrofiche, circostanze che non contribuiranno affatto a rafforzare le posizioni moderate tra i palestinesi. Nel frattempo, l'Iran continua a spalleggiare tanto Hamas quanto la sua controparte sciita in Libano, Hezbollah, e va avanti con il programma di armamenti nucleari che gli israeliani vedono giustamente come minaccia alla loro stessa esistenza. Sul confine orientale dell'Iran, il generale David Petraeus, nuovo comandante in capo dell'esercito americano, oggi si dibatte con il problema molto spinoso di riportare la pace in Afghanistan. Il compito è reso più difficile dall'anarchia che regna nel vicino Pakistan. L'India, intanto, punta il dito contro alcuni vertici in Pakistan, accusandoli di aver organizzato gli attentati terroristici di Mumbai. E non dimentichiamo che le sciabole agitate da indiani e pakistani sono dotate di testate nucleari.

I governi democratici a Kabul e Islamabad sono i più deboli del pianeta. Tra i rischi maggiori che oggi minacciano il mondo c'è quello che uno di questi due Paesi si disintegri sotto crescenti ondate di violenza. La crisi economica AVRà un ruolo cruciale. La classe media pakistana è Già stata stata travolta dal crollo del mercato azionario. Nel frattempo, buona parte dell'immensa popolazione maschile rischia di perdere il lavoro. Non è questo il modo per assicurare la stabilità politica. Il nostro club non è affatto esclusivo. Tra i candidati all'ammissione ricordiamo Indonesia, Thailandia e Turchia, dove già si avvertono i primi segnali che la crisi economica sta esacerbando i conflitti interni. E non dimentichiamo la ripresa della guerra civile nella Repubblica democratica del Congo, la violenza mai sopita nella regione del Darfur in Sudan e il cuore di tenebra rappresentato dallo Zimbabwe sotto la dittatura di Robert Mugabe. L'asse del caos vanta molti membri e non c'è dubbio che la lista si allungherà ancora nel corso dell'anno. Il problema è che, come negli anni Trenta, i Paesi oggi sono troppo preoccupati per i loro affari interni, alle prese con la crisi economica, e non hanno tempo per prestare attenzione alle difficoltà ben più gravi in cui si dibatte il resto del mondo.

Questo è vero anche negli Stati Uniti, talmente assorti dai guai della loro economia che l'idea di intervenire per contrastare gli sconvolgimenti globali sembra un lusso eccessivamente oneroso. Con la previsione di una contrazione del Pil americano tra 2-3 punti percentuali quest'anno e con il tasso ufficiale di disoccupazione che si teme raggiungerà il 10 %, tutta l'attenzione di Washington resterà focalizzata sul pacchetto di aiuti all'economia. Le risorse disponibili per controllare il pianeta subiranno certamente una contrazione, soprattutto se gli investitori stranieri pretenderanno dividendi più elevati sulle obbligazioni statunitensi o se preferiranno addirittura sbarazzarsi dei dollari a favore di altre valute. La volatilità economica va a sommarsi ai conflitti etnici e a un impero in declino: in geopolitica, siamo davanti a una miscela altamente esplosiva. Oggi vediamo una convergenza di tutti e tre i fattori di rischio: l'era del caos comincia adesso.