mercoledì 6 settembre 2017

Corea: sale la tensione tra Seul e Pyongyang rischio di una catastrofe globale



La sfida nucleare che la Corea del Nord ha lanciato alla comunità internazionale continua a inquietare. La marina della Corea del Sud ha compiuto delle esercitazioni militari con l’uso di fuoco reale, 48 ore dopo il test da parte di Pyongyang di una bomba all’idrogeno. L’obiettivo di Seul è quello di dissuadere il vicino settentrionale dal proseguire sulla strada delle provocazioni.

L’ultima esercitazione si è tenuta nel mar del Giappone ed ha coinvolto la fregata Gangwon, un pattugliatore e una nave lanciamissili. Intanto è stato abolito il limite di carico dei missili balistici sud coreani stabilito nel 2001 dagli Stati Uniti e dal governo di Seul.

Per decenni i cinesi hanno ripetuto che il rapporto con Nord Corea era come quello tra le labbra di una persona: «Se quelle superiori si allontanassero da quelle inferiori la bocca soffrirebbe il freddo». Ma da quando c’è Kim Jong-un al potere il freddo è arrivato.

La strategia militare sulla Corea del Nord rischia di portare a “una catastrofe planetaria”. Vladimir Putin avverte che non c‘è altra via che il dialogo per risolvere la crisi nucleare. “Mangeranno erba – dice il presidente russo – ma non fermeranno i loro programmi fintanto che non si sentiranno sicuri”.

“La Russia condanna questi test nordcoreani perché sono provocatori, ma l’imposizione di sanzioni più severe è inutile e inefficace”, aggiunge Putin. Favorevole alle sanzioni, invece, la Germania. Mentre il capo del Cremlino si prepara a incontrare il premier giapponese, Shinzo Abe, Angela Merkel delinea la strategia dell’Unione europea.

“Il fatto che la Corea del Nord sia a una certa distanza da noi non ci impedisce di chiedere una soluzione diplomatica. L’Europa ha una voce importante nel mondo e dobbiamo usare quella voce in questa situazione”, dice la Cancelliera tedesca.

I missili nordcoreani potrebbero essere in grado di raggiungere l'Europa «prima del previsto». Lo ha detto la ministra francese della Difesa, Florence Parly, nel corso di un intervento dinanzi ai militari a Tolone. «Lo scenario di una escalation verso un grande conflitto non può essere scartato», ha affermato la ministra, aggiungendo che «l'Europa rischia di essere alla portata dei missili di Kim Jong Un prima del previsto». Il presidente Trump ha detto con un tweet che sta armando Giappone e Sud Corea, i due Paesi alleati nell’area più direttamente minacciati, con strumenti militari altamente sofisticati made in Usa.

Intanto, secondo fonti di stampa sudcoreane, Pyongyang starebbe trasportando verso la costa occidentale un razzo che sembrerebbe essere un missile balistico intercontinentale (Icbm) cioè a lungo raggio. Gli spostamenti avverrebbero solo di notte per evitare la sorveglianza indiscreta dei satelliti spia, riporta l'Asia Business Daily, confermata da un deputato sudcoreano. Le operazioni sarebbero già iniziate. La circostanza non è stata confermata dai militari di Seul che, sempre ieri, hanno riferito però come Pyongyang sia in grado di lanciare un Icbm in qualsiasi momento.

L'intelligence di Seul, Nis, ha invece messo in guardia dai rischi di un nuovo test nucleare, anche in questo caso possibile in ogni momento, e di lanci di altri missili balistici intercontinentali individuando il 9 settembre, anniversario della fondazione dello Stato, e il 10 ottobre, giorno della nascita del Partito dei Lavoratori, come date sensibili. In un'audizione parlamentare, l'agenzia ha chiarito che l'analisi su due dei quattro tunnel del sito atomico di Punggye-ri mostrano «che una detonazione è sempre possibile».

Sul piano politico, la Cina e gli Stati Uniti non trovano un terreno comune da cui partire. I cinesi anzi attaccano l’idea di Trump di interrompere gli scambi commerciali con tutti i paesi che hanno rapporti con la Nord Corea, la Cina in primis ovviamente che definisce «inaccettabile» l’idea di Trump. Putin definisce invece le possibili nuove sanzioni pur pesantissime «inutili».

Il Consiglio di sicurezza Onu ha discusso la possibilità di nuove sanzioni che nelle parole della ambasciatrice Usa Nikki Haley «devono essere le più pesanti di sempre» . La stessa Haley ha detto che la NordCorea con quel test «ci implora di fare la guerra».

I test della Corea del Nord sono una “violazione flagrante” delle convenzioni, e Angela Merkel ha ribadito che un rafforzamento delle sanzioni contro il paese è «urgente e necessario». Il fatto che si tratti di un'area geograficamente molto lontana non evita all'Europa di fare la sua parte nel conflitto nordcoreano: «L'Europa ha una voce importante nel mondo, deve usarla» dice Merkel al Bundestag, e sottolineando che ci possa essere «solo una soluzione diplomatica e pacifica per la quale ci si deve impegnare con tutte le forze».

Come ha affermato molto chiaramente Serghej Rjabkov, il numero due della diplomazia russa, non vede in Pyongyang una minaccia nucleare per la Russia, malgrado la vicinanza. Il grande pericolo, per Mosca, è che l’acquisizione di capacità nucleari da parte del regime di Kim Jong-un conduca a una corsa all’atomica a Seul e a Tokyo. E prima ancora, allo schieramento in Corea del Sud e in Giappone dei detestati sistemi di difesa anti-missile forniti dagli Stati Uniti.

Questi sì, ha rimarcato Rjabkov, «potrebbero provocare un’esplosione» perché scardinerebbero gli equilibri militari nella regione. Ecco perché, malgrado il riconoscimento dello status nucleare a Pyongyang sia considerato «inaccettabile» dai russi, il loro dito non è puntato tanto su Kim - peraltro nipote di un maggiore dell’Armata rossa sovietica, il fondatore dello Stato nordcoreano Kim Il-sung - quanto sulla Casa Bianca. E sui «passi maldestri» che potrebbe compiere unilateralmente quando invece, ha detto ancora Rjabkov dal vertice dei Brics in Cina, «spetta a chi è più forte dimostrare equilibrio».

È in uno scenario estremamente complesso, fatto di intrecci di interessi e non di alleanze, che Vladimir Putin vorrebbe trasformare la crisi nordcoreana in un’opportunità di rilancio di Mosca come grande potenza anche in Asia-Pacifico. Cosa che naturalmente dà fastidio a Pechino, che da tempo ha preso il posto dell’Urss come punto di riferimento principale per Pyongyang: e tuttavia, almeno per il momento, le priorità di russi e cinesi in chiave anti-americana combaciano, raccolte in una roadmap che ha come punto di arrivo una penisola coreana denuclearizzata, e non certo il crollo di un regime che porti l’intera penisola sotto il controllo di Seul (e degli Usa).

«I problemi della regione dovrebbero essere risolti solo attraverso un dialogo diretto di tutte le parti», ripete Putin. Che si sta ritagliando il ruolo di grande mediatore, negli spazi lasciati aperti dalle oscillazioni di Washington. A cominciare da Seul: in settimana Putin vedrà Moon Jae-in, il presidente sudcoreano, proprio a Vladivostok.

Pyongyang minaccia di passare alla "controffensiva" in caso di nuove sanzioni con "conseguenze catastrofiche". In una dichiarazione del ministero degli Esteri divulgata dall'agenzia Kcna il regime nordcoreano annuncia: "risponderemo alle efferate sanzioni e pressioni degli Stati Uniti con il nostro personale modo di passare alla controffensiva e gli Stati Uniti dovranno essere considerati totalmente responsabili per le catastrofiche conseguenze che ne deriveranno".



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