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sabato 3 novembre 2018

Khamenei: Usa in declino, sempre sconfitti nel confronto con l'Iran



L'amministrazione Trump ha annunciato il ripristino di tutte le sanzioni adottate dagli Usa nei confronti dell'Iran e revocate in base all'accordo sul nucleare firmato nel 2015 sotto la presidenza di Barack Obama.

Il segretario di Stato, Mike Pompeo, e il segretario al Tesoro, Steve Mnuchin, hanno annunciato le sanzioni che colpiranno in particolare operatori portuali, spedizioni marittime, cantieristica navale, energia e finanze.

Il pacchetto comprende anche l'esenzione per 8 paesi che potranno continuare ad importare petrolio dall'Iran per un periodo massimo di 6 mesi. La situazione verrà rivalutata alla scadenza del provvedimento.

L'Unione europea, la Germania, la Francia e il Regno Unito esprimono "profondo rammarico" la decisione degli Usa. La dichiarazione congiunta è stata firmata dalla responsabile della diplomazia della Ue, Federica Mogherini, e dai ministri degli Esteri e delle Finanze tedeschi, francesi e britannici. Nella dichiarazione congiunta si ribadisce l'impegno a preservare e mantenere "efficaci canali finanziari" con Teheran e lavorare per la "continuazione" delle esportazioni di gas e di petrolio iraniani. "Su queste e su altre materie il nostro lavoro continua, compreso con Russia e Cina,", quali parti dell'accordo nucleare, e con i Paesi terzi interessati.

Il presidente Usa Donald Trump "ha screditato" il prestigio degli Stati uniti, riattivando le sanzioni contro l'Iran che erano state revocate con un accordo internazionale raggiunto sotto la presidenza di Barack Obama. L'ha affermato la guida suprema iraniana Ali Khamenei.

La Casa bianca ieri ha annunciato la riattivazione del "più duro regime di sanzioni mai imposto" su Teheran. Ma ha concesso a otto paesi una deroga. "Questo nuovo presidente Usa...ha screditato quello che rimaneva del prestigio dell'America e quello della liberaldemocrazia", si legge sul Twitter in persiano di Khamenei, in una citazione di un discorso tenuto a Teheran. "Anche l'hard power americano, cioè la sua potenza economica e militare, è in declino", ha continuato l'ayatollah.

Gli Stati Uniti sono in "declino" e Donald Trump "ha messo tutto all'asta, ha buttato via quello che restava della credibilità dell'America e della democrazia liberale". E' quanto ha affermato la Guida suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, citato dall'iraniana Press Tv. "La potenza degli Stati Uniti è in declino. Oggi gli Stati Uniti sono molto più deboli di quanto non fossero 40 anni fa. Era così durante la presidenza Obama, ma è più evidente con l'attuale presidente degli Stati Uniti. Ogni sua decisione viene contrastata dal mondo, non solo dai popoli ma anche dai governi", ha insistito Khamenei.

"Non sono riusciti a paralizzare l'economia iraniana" "L'obiettivo dell'America con le sanzioni è paralizzare e soffocare l'economia iraniana, ma il risultato è che si è rafforzata nel Paese la spinta verso l'autosufficienza", ha affermato la Guida suprema dell'Iran. "In passato la Nazione iraniana era abituata a importare qualsiasi cosa, mentre ora è propensa a cercare di produrre tutto".

"Usa sempre sconfitti nel confronto con l'Iran" Gli Stati Uniti sono sempre usciti "sconfitti" dal "confronto" con l'Iran, ha detto inoltre l'ayatollah, all'indomani dell'annuncio dell'Amministrazione Trump sul ripristino di tutte le sanzioni contro la Repubblica Islamica che erano state revocate con l'accordo sul nucleare firmato nel 2015. "Per 40 anni è andata avanti la sfida tra l'America e l'Iran", ha detto Khamenei che - citato dall'iraniana Press Tv - ha parlato di "varie mosse da parte del nemico, dalla guerra militare ed economica alla guerra mediatica". "L'obiettivo degli Stati Uniti era riconquistare il dominio che avevano all'epoca della tirannia, ma non ci sono riusciti", ha incalzato Khamenei riferendosi al periodo precedente la Rivoluzione islamica. La Guida Suprema, riportano i media ufficiali di Teheran, ha incontrato "migliaia di studenti" alla vigilia dell'anniversario della 'crisi degli ostaggi', che fece seguito alla presa dell'ambasciata Usa il 4 novembre 1979, sulla scia degli eventi della rivoluzione.



sabato 16 dicembre 2017

Corea del Sud: "Il regime di Kim Jong-un ha hackerato milioni di Bitcoin"



L'intelligence sudcoreana è convinta che la Corea del Nord abbia condotto una serie di attacchi hacker alle criptovalute, in particolare Bitcoin, accumulando così milioni in valuta virtuale. Gli hacker si sarebbero inoltre impadroniti dei dati personali di almeno 30mila persone. Secondo gli esperti, l'obiettivo dell'attacco è quello di evadere le sanzioni fiscali a cui è sottoposto il regime di Pyongyang.

E' quanto ha riferito la Bbc.

Almeno 7 milioni di dollari sono stati rubati, oggi hanno un valore decuplicato di 82,7 milioni. Inoltre, gli hacker si sono impadroniti dei dati personali di almeno 30.000 persone.

Secondo gli esperti, l'obiettivo dell'attacco è quello di evadere le sanzioni fiscali a cui è sottoposto la Corea del Nord.

Secondo gli esperti, citati dalla Bbc, l'obiettivo dell'attacco era quello di evadere le sanzioni fiscali a cui è sottoposto il regime nordcoreano. Da tempo si sospettava infatti che Kim Jong-un avesse accumulato un tesoretto di Bitcoin da usare contro le pesanti sanzioni imposte al Paese.

Diversi gli attacchi informatici. Il primo è stato compiuto lo scorso febbraio e ai danni di Bithumb, network fondato in Corea del Sud e il quinto al mondo per volume di transazioni. Dopo la violazione, gli hacker hanno chiesto un riscatto milionario alla compagnia per restituire i dati personali rubati. Un altro attacco, a settembre, ha preso di mira la piattaforma Coinis. Un ultimo attacco invece è stato sventato lo scorso ottobre.

Da tempo si sospetta che Kim Jong-un abbia accumulato un presunto tesoretto di Bitcoin da usare contro le pesanti sanzioni imposte al Paese.

La Corea del Nord gestisce quello che la Corea del Sud crede sia un esercito di hacker che ha spostato la sua attenzione dallo spionaggio militare al furto in campo finanziario. L’Ufficio Reconnaissance General Bureau del regime, risponde direttamente a Kim Jong Un e  tratta dalle operazioni di crimine-cibernetico in tempo di pace, allo spionaggio, alle interruzioni di rete ed impiega circa 6000 persone, come risulta da un rapporto del 2016 del Centro Internazionale di Cyber Policy presso l’Australian Strategic Policy Institute.

Nei recenti attacchi, la Corea del Sud potrebbe essere diventata un buon obiettivo non solo per la sua vicinanza a Pyongyang e per la lingua condivisa, ma anche perché, quest’anno, il paese è diventato uno dei centri di negoziazione più attivi con le cripto-valute . Il Bithumb di Seul, è il punto di scambio più grande del mondo per gli scambi ethereum. A giugno, sembra che gli hacker abbiano rubato informazioni sui clienti dal computer di un dipendente, senza che gli attaccanti siano stati identificati.


domenica 3 gennaio 2016

Iran, il 2016 sarà l'anno della svolta



Nonostante l’embargo economico, l'Iran è stata la base industriale più estesa del Medio Oriente  affermandosi nell’industria siderurgica, del cemento e in quella automobilistica. Leader nel campo della ricerca scientifica in medicina e in ingegneria dopo Turchia e Israele, l’Iran ha ricevuto credito a livello mondiale per le sue realtà accademiche. Ricorda il Premio Nobel per la matematica Maryam Mirzakhani. Ciò di cui ha bisogno ora l’Iran è la tecnologia occidentale e il proprio capitale. Le sanzioni occidentali hanno fatto si che gli unici paesi a interagire economicamente con l’Iran fossero Cina, India e Russia. Questi lo hanno fatto in maniera opportunistica e hanno contribuito all’isolamento del paese.

È indubbio che, dal punto di vista economico, l'Iran sia certamente un Paese ricco, con abbondanza di gas e petrolio, ma il loro sfruttamento è stato penalizzato grazie alle sanzioni dal non trasferimento di know-how e, inoltre, dalle condizioni estremamente svantaggiose imposte dalle leggi locali ai possibili investitori stranieri. Con la revoca delle sanzioni l'Iran modificherà in  maniera significativa le condizioni contrattuali.

Nel frattempo, la popolazione deve oggi convivere con una inflazione vicina al 40%, anche se e nonostante la quale, per cercare di rilanciale almeno gli investimenti interni, il governo ha imposto alla banca una netta riduzione dei tassi di interesse.

L'anno della svolta, è quello che si apre che in realtà celebra la millenaria tradizione del Capodanno persiano il 21 marzo - con l'ormai prossima piena entrata in vigore dello storico accordo sul nucleare del 14 luglio scorso a Vienna. Per l' 'implementation day' di quell'intesa si attende la revoca delle sanzioni che hanno frenato l'economia iraniana soprattutto negli ultimi anni, escludendola in particolare dai circuiti finanziari internazionali e riducendone l'export del petrolio. Le sfide che l'economia iraniana si trova di fronte si chiamano però anche ammodernamento del suo sistema produttivo e rilancio dell'imprenditoria privata, nell'ambito di un sistema ancora dominato dal settore pubblico nelle sue varie forme.

Ma le prove per l'Iran nel 2016 sono molte altre ancora. Il 26 febbraio si terranno le elezioni per il nuovo Parlamento, ora dominato dagli ultraconservatori, e che il fronte del presidente Hassan Rohani, con le ali moderate di riformisti e conservatori, punta a riconquistare. Le quasi 12 mila candidature registrate per i 290 seggi del Majlis andranno al vaglio del Consiglio dei Guardiani, l'organo che ha l'ultima parola sull'idoneità dei candidati: anche qui dominano i conservatori, che hanno già lanciato i primi segnali contro chi sarà riconosciuto come troppo vicino ai sedizionisti del movimento Verde del 2009, e il loro verdetto darà la misura di quanto reale sarà la contesa elettorale. Certo è comunque che il numero delle candidature è oltre il doppio di quelle di quattro anni fa, e segnala un rinnovato interesse degli iraniani per la competizione politica.

Con i nuovi deputati gli iraniani eleggeranno anche la nuova Assemblea degli esperti: l'organo di 88 membri potrà decidere nei prossimi anni la successione, nel ruolo di Guida suprema, di Ali Khamenei, 76 anni, la massima carica religiosa e politica della Repubblica islamica. Il grande manovratore della politica iraniana, l'ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, ha lanciato un sasso nello stagno, riaprendo il dibattito sulla possibilità di un collegio al posto di un singolo come Guida, e di un controllo degli Esperti sulla sua attività.

Il tema non è un dettaglio, perché riguarda il principio fondante di quel singolare ibrido tra democrazia e teocrazia nato dalla rivoluzione del 1979, ma per ora resta sullo sfondo, nel rispetto della Guida in carica. Intanto alla nuova Assemblea si sono candidati non solo gli stessi Rohani e Rafsanjani, ma anche Hassan Khomeini, nipote del fondatore della Repubblica islamica, che porta in dote il prestigio di un nome ma anche una nota vicinanza ai riformisti.

Il voto di febbraio sarà la nuova arena dello scontro tra forze riformatrici e ultraconservatrici nella Repubblica islamica: un sistema che, nonostante l'accesa dialettica interna, può comunque vantare - nell'epoca dell'Isis e di una instabilità diffusa in tutto il Medio Oriente - di essere l'unico Paese stabile della regione. Rispetto alla quale l'Iran si è visto riconosciuto, dopo l'accordo sul nucleare, anche un ruolo di attore sui tavoli della diplomazia internazionale. Gli ultraconservatori - fra cui le potenti Guardie della rivoluzione ed i sostenitori dell'ex presidente Mahmud Ahmadinejad - hanno osteggiato fino all'ultimo quell'accordo, pur sostenuto ed avallato anche da Khamenei. E tengono in vita l'anti-americanismo che ritualmente echeggia negli slogan di ogni organizzata manifestazione di piazza.  Ma, soprattutto, gli ultraconservatori continuano a tenere in scacco il governo Rohani e il suo programma riformatore, in un gioco di veti dove ha un ruolo di grande peso la magistratura.

Anche in questo quadro vanno letti i nuovi, recenti arresti di attivisti, artisti e giornalisti, gli ormai quasi cinque anni di arresti domiciliari per gli ex candidati presidenti Mir Hossein Mussavi e Mehdi Kharrubi, e il numero record di impiccagioni con cui il 2015 si chiude. Provvedimenti giudiziari su cui pesano leggi severe contro il traffico di droga ma anche norme del codice penale lontane anni luce dalla cultura giuridica occidentale. Certo è che anche sui diritti umani, e sulla capacità dei moderati di allentare la pressione su una società civile giovane e vicina ai modelli occidentali, la Repubblica islamica gioca il suo futuro.

La Russia potrebbe concedere all'Iran un prestito per un importo di 5 miliardi di dollari nel 2016. Lo ha detto il ministro russo dell'Industria e del Commercio Denis Manturov. "Stiamo parlando di concedere un prestito di stato, naturalmente sotto garanzia del governo iraniano... Penso che se tutte le formalità saranno concordate nel primo trimestre del 2016, l'anno prossimo potrà essere parzialmente erogato" ha dichiarato il ministro ai giornalisti nella capitale iraniana.