martedì 30 agosto 2016

L'Alto Commissario ONU per i diritti umani ai comuni francesi: "revocate il divieto di burkini"



Il Consiglio di Stato francese si è pronunciato contro il provvedimento anti-burkini di Villeneuve-Loubet, uno dei circa 30 comuni francesi che avevano vietato di indossare sulle spiagge il costume integrale islamico.

Per i giudici del supremo tribunale amministrativo le ordinanze contro il burkini in spiaggia sono "gravemente e chiaramente illegali" poiché "vìolano le libertà fondamentali di movimento, la libertà di fede religiosa e la libertà personale".

L'Onu "accoglie con favore" la decisione del Consiglio di Stato in Francia che ha sospeso il divieto di indossare il burkini. "Le persone che indossano il burkini non possono essere ritenute responsabili per le reazioni violente od ostili di altri", afferma il portavoce dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, Rupert Colville.

L'Alto commissariato Onu per i diritti umani chiede ai Comuni francesi in cui è in vigore il divieto del burkini di revocarlo immediatamente, in base alla sentenza del Consiglio di Stato francese di venerdì 26 agosto, che ha sospeso il provvedimento nel Comune di Villeneuve-Loubet, sulla Costa azzurra. "Chiediamo a tutte le autorità locali che hanno adottato divieti simili di revocarli immediatamente", ha detto il portavoce dell'ufficio Onu per i diritti umani, Rupert Colville.

 Il 26 agosto il segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon, tramite il suo portavoce Stephane Dujarric aveva espresso la sua soddisfazione per la decisione del Consiglio di Stato francese. La polemica è esplosa in Francia all'inizio di agosto, quando per prima Cannes ha introdotto il divieto di indossare il burkini sulle sue spiagge. Altri Comuni hanno poi seguito l'iniziativa di Cannes, introducendo lo stesso divieto. Venerdì il Consiglio di Stato francese ha appunto revocato il divieto introdotto da uno di questi Comuni, Villeneuve Loubet, sulla Costa azzurra.

Ma in risposta il sindaco di Villeneuve-Loubet, Lionnel Luca, ha annunciato che non ritirerà il divieto anti burkini e anzi ha anticipato che al rientro in Parlamento presenterà una proposta di legge per vietare il burkini. Domenica il ministro dell'Interno francese, Bernard Cazeneuve, in un'intervista al quotidiano La Croix, ha detto che il governo francese si rifiuta di legiferare sull'uso del burkini perché una legge per introdurre un divieto di portare questo tipo di costume sarebbe "incostituzionale e inefficace". E ieri l'ex presidente francese Nicolas Sarkozy ha promesso che, se verrà rieletto alla presidenza, cambierà la Costituzione per introdurre un divieto nazionale di usare il burkini.

La decisione, presa dai tre giudici del collegio esaminante, dispone l'annullamento dell'ordinanza del Tar di Nizza che convalidava quella del comune della Costa azzurra.
Negli altri comuni che hanno adottato la stessa decisione i divieti restano in vigore fin quando non saranno contestati davanti alla giustizia. La presa di posizione di oggi farà ovviamente giurisprudenza e le ordinanze di divieto potranno essere tutte annullate.

Nei giorni scorsi aveva fatto scalpore una serie di immagini scattate in una spiaggia francese dove dei poliziotti ordinavano a una bagnante con burkini di spogliarsi. La polemica sul costume inventato in Australia da una stilista ha assunto proporzioni planetarie.

Proprio in queste ore l'ex presidente Nicholas Sarkozy ha promesso che in caso venisse rieletto l'anno prossimo estenderà il divieto di burkini in tutte le spiagge francesi. In questo momento, infatti, il costume coprente utilizzato quasi esclusivamente dalle donne musulmane è vietato in 30 comuni rivieraschi della Francia. Il primo ministro Manuel Valls aveva dichiarato nei giorni scorsi di essere d'accordo con il divieto definendo il burkini "incompatibile con i valori" francesi.

"Giusta decisione contro norma che confonde vittime e colpevoli e promuove l'umiliazione pubblica", ha commentato il portavoce italiano di Amnesty International, Riccardo Noury.




mercoledì 24 agosto 2016

Un gemello della Terra attorno alla stella più vicina



È una scoperta epocale, quella di un pianeta simile alla Terra in orbita intorno alla stella più vicina, Proxima Centauri: «è il pianeta esterno al Sistema Solare più vicino a noi mai scoperto, è veramente una pietra miliare per l’umanità», ha commentato l’astronoma Isabella Pagano, dell’osservatorio di Catania dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). A fare della scoperta di Proxima b un evento davvero unico è «l’avere provato che la stella più vicina a noi ha un pianeta nella zona in cui può esistere acqua liquida e dove anche la temperatura potrebbe essere ideale per l’esistenza di forma di vita». La scoperta, ha proseguito la ricercatrice, è il coronamento di una `caccia´ davvero molto lunga, durata ben 16 anni e condotta da Terra, con il telescopio dell’Osservatorio Europeo Meridionale (Eso) in Cile, a La Silla.

Proxima b è un pianeta roccioso che orbita intorno alla stella 'vicina di casa' del Sole, Proxima Centauri. Dotato di una massa di poco maggiore rispetto a quella della Terra, completa un giro intorno alla sua stella in 11 giorni rimanendo ad una distanza compatibile con la presenza di acqua liquida in superficie, un elemento chiave per la caccia a forme di vita. Lo annunciano su Nature gli astronomi coordinati dalla Queen Mary University di Londra.

Un primo indizio della presenza del gemello della Terra 'Proxima b' era già stato individuato nel 2013, ma la conferma è arrivata solo dopo l'intensa campagna di osservazioni 'Pale Red Dot' (Piccolo punto rosso), condotta nei primi mesi del 2016 puntando su Proxima Centauri lo spettrografo HARPS montato sul telescopio da 3,6 metri dello European Southern Observatory (Eso) in Cile.

Il nuovo pianeta è veramente eccezionale: è di tipo terrestre, ossia solido, la sua massa è 1.3 volte quella della Terra, solo il 30% in più insomma, ruota attorno alla sua stella di riferimento in soli 11 giorni e poco più, l'anno di Proxima b dura quindi meno di due delle nostre settimane. Inoltre, importantissimo, sta in quella zona attorno alla sua stella che gli scienziati chiamano Goldilocks, in cui è possibile la presenza di acqua liquida e di condizioni potenzialmente favorevoli alla presenza di vita. In parole più semplici è abbastanza lontano dalla sua stella madre per non essere bruciato dal suo calore ed è però abbastanza vicino da non essere in zone troppo fredde. Se mettiamo tutte queste caratteristiche assieme al fatto che è dietro l'angolo l'importanza, non solo astronomica, della scoperta è chiara.

Il primo ricercatore del nutrito team di scienziati, soprattutto europei, autori della scoperta, Guillem Anglada-Escudé (Queen Mary University of London), ha illustrato i risultati della lunga ricerca, pubblicati giusto in queste ora in tre diversi lavori sulla rivista Nature. Come ogni scoperta importante i risultati derivano anche da ricerche precedenti che avevano messo gli astrofisici sulla pista giusta, dopo anche qualche falsa partenza. Il telescopio utilizzato, 60 notti di difficili misure in quasi 5 anni, è quello europeo da 3.6 metri di apertura, posto in Cile sulle Ande, località La Silla, che è specializzato con strumenti capaci di misurare le velocità di rotazione, avvicinamento o allontanamento delle stelle, uno dei metodi con cui ti scoprono pianeti al di fuori del nostro striminzito sistema solare.

Quelle condotte con il telescopio dell'Eso a partire da 16 anni fa sono state "ricerche pionieristiche", ha osservato Isabella Pagano, ma non sufficientemente confermate. Le cose sono cambiate con l'installazione dello strumento Harps (High Accuracy Radial velocity Planet Searcher), che ha permesso di trovare tutte le conferme. Lo stesso strumento è stato installato anche nel Telescopio Nazionale Galileo, nelle Canarie, per osservare il cielo dell'emisfero Nord. "Il pianeta Proxima b ha una massa simile a quella della Terra, di 1,5 volte maggiore, ma non sappiamo che dimensioni abbia", ha detto ancora l'esperta. Potrebbe, per esempio, "avere un volume maggiore o minore della Terra, a seconda della sua densità". Quello che sappiamo con certezza è che si tratta di un piccolo pianeta nella cosiddetta 'zona abitabile', ossia la distanza 'giusta' dalla stella per avere acqua allo stato liquido. Ma è anche vero, ha rilevato pagano, che "Proxima Centauri è una stella attiva, con brillamenti solari carichi di energia.

Per questo non siamo in grado di dire se effettivamente il pianeta è abitabile". le condizioni perché lo sia teoricamente ci sono, ma per saperne di più si dovrebbe osservare il pianeta mentre transita contro il disco della sua stella: "in moltissimi hanno cercato di farlo, ma senza successo", ha detto Pagano. Il transito permette infatti di acquisire molto informazioni sul pianeta, compresa la possibilità che possa avere acqua liquida. A queste domande, ha concluso l'astronoma, potrà dare una risposta la prossima generazione di telescopi spaziali.


domenica 21 agosto 2016

Massacro di Speicher: condanne a morte di 36 jihadisti



Erano stati condannati per il cosiddetto “massacro di Speicher” rivendicato dal gruppo Stato islamico: nel giugno 2014 sono state uccise circa 1.700 reclute dell’esercito iracheno, catturate nella base militare di Camp Speicher, vicino Tikrit: i corpi delle vittime, uccise con un colpo alla nuca, furono spinti nel fiume Tigri.

Il 18 febbraio scorso il Tribunale penale centrale iracheno ha condannato a morte 40 persone per coinvolgimento nel massacro di Camp Speicher. Lo scorso 8 luglio il Consiglio giudiziario supremo iracheno ha comminato la pena di morte a 24 detenuti accusati di aver partecipato alla strage. Il massacro di Camp Speicher risale al 12 giugno del 2014. Nella base militare Usa sono state uccise dallo Stato islamico (Is), prevalentemente a colpi di arma da fuoco.

Trentasei jihadisti, condannati per il "massacro di Speicher" del 2014, sono stati giustiziati in un carcere iracheno, dopo che la settimana scorsa il presidente della Repubblica Fuad Masum aveva autorizzato le esecuzioni: lo hanno reso noto fonti governative di Baghdad.

Per mesi la città natale di Saddam Hussein era finita nella mani del Califfato e all'indomani della sua riconquista delle truppe di liberazione emersero le atrocità compiute dai militanti jihadisti durante l'occupazione. E proprio a Tikrit era stato ucciso dalle forze regolari Ibrahim Sabawi Hassan, il nipote di Saddam diventato comandante dell'Is.

Una settimana dopo l'inizio dell'offensiva, il 12 giugno 2014 numerose reclute abbandonarono la base aerea di Camp Speicher, precedentemente sotto il controllo delle forze armate statunitensi e attualmente in uso all'aeronautica militare irachena. Nei giorni successivi vennero diffusi resoconti riguardanti l'uccisione di circa 1700 tra queste reclute. Essi vennero uccisi a colpi di arma da fuoco in esecuzioni di massa da parte dei miliziani dell'Isis. La strage suscitò ampia indignazione e fosse comuni vennero rinvenute un anno dopo.

Il massacro di Camp Speicher è stato documentato anche dall’ONU, che in un rapporto ha messo in evidenza che «un numero tra 1.500 e 1.700 soldati iracheni di Camp Speicher sono stati sommariamente uccisi il 12 giugno dall’ISIS».

I sopravvissuti al massacro – la maggior parte dei quali si sono salvati fingendosi morti – hanno raccontato che i miliziani dell’ISIS fecero marciare i soldati verso il palazzo presidenziale, dicendo loro che una volta portato a termine uno scambio di prigionieri sarebbero stati liberati. Poi però furono separati in gruppi più piccoli, gli sciiti furono separati dai sunniti, furono fatti incolonnare e poi uccisi. I video delle uccisioni furono poi pubblicati online. Ci vorranno settimane o mesi per riesumare tutti i corpi.




Il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli



 Nel 1941 quando il conflitto sembra ancora destinato ad essere vinto dalle forze dell’Asse, tre illuminate menti del panorama intellettuale italiano preparano quello che verrà ricordato come il Manifesto di Ventotene.

La studio di quest’opera, da parte di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann, al confino sull’isola di Ventotene appunto, durò all’incirca sei mesi. Furono ispirati da un libro scritto da Junius (pseudonimo usato da Luigi Einaudi) pubblicato circa vent’anni prima, è un fondamentale documento che traccia le linee guida di quella che sarà la carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Nel documento dal titolo "Per un'Europa libera e unita" viene sottolineato come i principi che nacquero dalla Società delle Nazioni in seguito alla prima guerra mondiale si fossero persi, lasciando spazio al nazionalismo imperialista delle potenze. Come gli ordinamenti democratici si fossero svuotati del loro senso lasciando spazio a plutocrati e monopolisti. Come lo spirito critico scientifico fosse stato sostituito da nuove fedi materialistiche.

I tre intellettuali previdero la caduta dei poteri totalitari e auspicarono che, dopo le esperienze traumatiche della prima metà del Novecento, i popoli sarebbero riusciti a sfuggire alle subdole manovre delle élites conservatrici. Secondo loro, lo scopo di queste sarebbe stato quello di ristabilire l’ordine prebellico.

Per contrastare queste forze si sarebbe dovuta fondare una forza sovranazionale europea, in cui le ricchezze avrebbero dovuto essere redistribuite e il governo si sarebbe deciso sulla base di elezioni a suffragio universale. L’ordinamento di questa forza avrebbe dovuto basarsi su una “terza via” economico-politica, che avrebbe evitato gli errori di capitalismo e comunismo, e che avrebbe permesso all'ordinamento democratico e all'autodeterminazione dei popoli di assumere un valore concreto.

"È perfettamente esatto, e confermato da tutta l`esperienza storica, che il possibile non sarebbe raggiunto se nel mondo non si ritentasse sempre l`impossibile". A queste parole di Max Weber si ispirò il pensiero e l`opera di Altiero Spinelli (Roma, 1907-1986), che fece di tutta la sua vita una battaglia in favore della costruzione di una Europa politica a modello federale.

I risultati formidabili che il movimento federalista ottenne, contribuendo a creare il terreno culturale e politico che favorì il formarsi della prima comunità europea, sono la dimostrazione del valore e dell`attualità del pensiero di Altiero Spinelli.

Con il Manifesto di Ventotene ha cominciato ad affermarsi una nuova visione della politica – il federalismo soprannazionale –, che rappresenta un’autentica alternativa a quello che ancora oggi è considerato come l’ordine naturale delle cose: il paradigma stato-centrico. Il Manifesto di Ventotene segna il superamento della vecchia visione del mondo, secondo la quale lo Stato nazionale è il centro dell’universo politico e il mondo intero ruota attorno ad esso. E prefigurò la  necessità di una federazione europea dotata di Parlamento e di un governo democratico.





venerdì 12 agosto 2016

Paola Pezzo, due ori olimpici da Atlanta 1996 a Sidney 2000 con la Mountain Bike



Sono passati vent'anni ma il ricordo è per molti ancora vicino, infatti, chi non rievoca quella Chi non ricorda quella immagine, la famosa zip molto abbassata, che liberò il décolleté e lasciò intravvedere il seno? Quel gesto di abbassare la cerniera del body, al momento del trionfo?

Per i pochi che non ricordano erano le Olimpiadi di Atlanta 1996, debutto a cinque cerchi della mountain bike, specialità cross country: Paola Pezzo conquistava la medaglia d'oro, poi bissata quattro anni dopo a Sydney. Quel giorno l'Italia scoprì il fuoristrada: il grande pubblico, storicamente più abituato  alle ruote sottili, si avvicinò con curiosità al vivace mondo del rampichino. Tutto partì dal quel sigillo olimpico.

Nata a Boscochiesanuova (Verona) 8 gennaio 1969. Ex ciclista. Medaglia d’oro della mountain bike alle Olimpiadi di Atlanta (1996) e di Sydney (2000).

Le Olimpiadi del 1996 furono uno scippo alla Grecia e ad Atene. Ad un certo punto sembrava pacifico che le Olimpiadi del Centenario si tenessero laddove erano iniziate quelle “moderne”, poi gli Usa misero in campo la loro forza economica e prevalse la città della Georgia. Intendo la Georgia americana.

Per i colori italiani fu una bella Olimpiade, alla fine prendemmo 35 medaglie, cosa non riuscita neanche nel 1984, con ben 13 ori; un risultato assolutamente lusinghiero se paragonata alla magra spedizione di Barcellona 1992, laddove prendemmo in tutto 19 medaglie, con appena 6 ori, anche se quello preso dal Settebello di Pallanuoto è impagabile. Paola Pezzo, una 27enne, s’impose nella gara di Mountain Bike; oro peraltro che bissò quattro anni dopo in Australia. Paola Pezzo, per bravura ed avvenenza può essere considerata la copertina italiana di quelle olimpiadi.

Paola a 8 anni cominciò con lo sci di fondo, disciplina nella quale è stata azzurra: nell’89 arrivò seconda ai Tricolori giovanili alle spalle di Stefania Belmondo. Già in fabbrica, alle poste, cuoca, a vent’anni si diede al ciclismo.  Divenne famosa per la cerniera del body che ad Atlanta, tirata giù per malizia o per caso, faceva vedere mezzo seno. Foto che fecero il giro del mondo, tanto più perché si trattava di una medaglia d’oro. «Non volevo essere ricordata solo per aver fatto vedere a tutti il reggiseno. Ma quello fu un gesto spontaneo, faceva un caldo tale...»

E negli anni successivi un po' tutti guardammo con interesse alle imprese della fuoriclasse veronese. «Sicuramente fu una svolta importante per la nostra disciplina - commenta Paola Pezzo - Fa piacere riparlarne ancora oggi. Molte più ragazze conobbero la mtb e decisero magari di praticarla. Da quel giorno, il movimento è cresciuto, sono aumentati i tesserati, ma ha bisogno sempre di nuove occasioni di visibilità.

E a distanza di 20 anni, pensare che siamo prossimi a vivere in casa un mondiale marathon, è significativo: dobbiamo essere orgogliosi, noi della mtb, di chi è riuscito, in tre anni, ad organizzare qui un tricolore, un europeo e adesso l'iride. Ci sarà anche la tivù e l'evento garantirà una preziosa vetrina. Anche per il Montello, in chiave futura».  La 47enne di Boscochiesanuova, biolimpionica e vincitrice di due ori mondiali, è un'icona della mountain bike italiana. Adesso collabora con la federazione, operando a stretto contatto con il ct Hubert Pallhuber. Segue le fanciulle fin dalla categoria allieve e si è occupata della selezione delle azzurre che parteciperanno al mondiale. Per di più sarà «madrina» della cerimonia inaugurale, sfilando domani con altri 4 campioni dello sport.  «Abbiamo inserito - dice - in nazionale anche delle giovani, guardando al futuro. Bisogna crederci. Quanto al mondiale, il podio sarebbe una sorpresa. Mentre un grande risultato sarebbe arrivare fra le prime dieci: quello è l'obiettivo. Si era pensato a convocare la nostra punta del cross country, Eva Lechner, facendo però nel contempo una valutazione legata alla Coppa del Mondo di specialità. E visto l'esito delle ultime prove, che l'hanno portata a lottare in classifica.

Altre, col suo fascino e il suo fisico, ci avrebbero marciato alla grande, pensando magari ad una carriera televisiva, cinematografica o nel campo della moda. Altre, appunto, non Paola Pezzo, che anzi ha in più occasioni sottolineato la delusione per quelli che si soffermavano più sulle sue scollature che non sulle sue abilità atletiche e tecniche.

Perché Paola Pezzo, bionda e attraente come poche altre campionesse, è anzitutto una donna, poi una campionessa, e mai e poi mai un sex symbol da sfilata o da pura immagine. Ha maledetto più volte quel top utilizzato unicamente per contrastare il caldo di Atlanta, che viene però ricordato nell'immaginario collettivo più dell’oro conquistato in quella circostanza: “Mi ha tolto la soddisfazione di essere giudicata come atleta nel momento più bello della mia vita. Era un mio diritto, me lo hanno negato” ha raccontato a diversi giornalisti.

A scanso di equivoci, quattro anni dopo a Sydney si presenta con una divisa ben più virtuosa , nonostante il tricolore stampato al contrario sul telaio e il numero 17 per nulla gradito. E centra il bis che la fa entrare definitivamente nella storia della mountain bike e dello sport, in un periodo dorato per l’intero movimento ciclistico femminile: erano gli anni di Antonella Bellutti, Fabiana Luperini, Alessandra Cappellotto. Un bis olimpico, un bis iridato, altri due bronzi mondiali, una classifica finale di Coppa del Mondo: il filotto Olimpiadi-Mondiali-CdM, nella storia delle ruote grasse, è riuscito solo ad un’altra atleta, l’immortale norvegese Gunn Rita Dahle Flesjaa. E dunque, perché dovremmo ricordarci della quarantasettenne di Bosco Chiesanuova – paese di fondisti, come lei in gioventù e come i fratelli Valbusa – per il top e non per le medaglie? Paola Pezzo bicampionessa olimpica. Ecco chi è effettivamente.


giovedì 11 agosto 2016

«Aleppo è allo stremo, manca tutto dall'acqua al sangue per le trasfusioni»



Ad Aleppo la popolazione agonizza sotto i bombardamenti dell’ultima settimana che stanno riducendo la città allo stremo: “Siamo intrappolati in casa, non c’è via di fuga e non possiamo muoverci. Sta iniziando a mancare tutto, e da quattro giorni non c’è più acqua”. Il grido di dolore proviene dallo staff siriano di Gvc,l’unica associazione italiana presente nella città mediorientale straziata dalla guerra civile: qui, fra mille difficoltà, una squadra di cinque volontari che ne coordinano altre decine fanno formazione rivolta agli insegnanti, oltre a intervenire nella riparazione dei pozzi d’acqua e a fornire taniche e cisterne.

 La città siriana di Aleppo è stata nuovamente colpita da un attacco chimico, probabilmente a base di cloro, che se confermato costituirebbe un crimine di guerra oltre che un allarmante segnale dell'intensificato uso, da parte del governo siriano, delle armi chimiche contro la popolazione civile. L'attacco, avvenuto ad al-Zibdiye, un quartiere controllato dai gruppi armati che si oppongono al governo di Damasco, è il terzo portato a termine nel giro di due settimane nel nord della Siria. Le persone morte sono almeno quattro. Amnesty International ha avuto conferma del ricovero di almeno 60 persone, tra cui 40 bambini, con sintomi caratteristici di un attacco col cloro.

Sì, perché una delle tante emergenze riguarda i 2-300mila bambini (solo ad Aleppo, in tutta la Siria sono alcuni milioni) che da alcuni anni non riescono ad andare a scuola: “I nostri volontari lavorano alla costruzione di punti studio e alla formazione dei professori – spiega Dina Taddia, presidente di Gvc Italia, ong bolognese – Ci sono bambini che da cinque anni sono impossibilitati a seguire studi normali e che necessitano anche di aiuto psicologico, perché soffrono di disturbi etichettati come post-traumatic stress desorders, quelli provocati dal fatto di rimanere chiusi in casa per giorni mentre intorno cadono le bombe.

Condizioni estreme, aggravate dalla mancanza di cibo e di acqua, che portano a problemi del sonno e a sofferenze psicologiche di varia natura e gravità”. Il quadro apocalittico di una città da due milioni di abitanti dove si affrontano quattro fazioni armate – le truppe governative, le milizie di Al Nusra, di Free Syrian Army e dell’Isis – negli ultimi giorni si è ulteriormente aggravato: “Aleppo è circondata ed è diventata una trappola mortale per la popolazione civile sotto assedio – aggiungono i responsabili di Gvc -. I nostri colleghi ci raccontano che non possono muoversi nelle aree ad ovest dove sono sempre andati, come ad Al Hamadaniah, dove risiede il maggior numero di rifugiati interni, a causa dei colpi e del fumo dei pneumatici bruciati per nascondere gli obiettivi. Non ci sono carne, frutta né carburante. I prezzi di quel poco che c’è sono alle stelle”.

Per portare un minimo di sollievo alla gente, ripristinando almeno le forniture d’acqua ed elettricità, servirebbe ben di più delle tre ore di cessate il fuoco concordate da ieri mattina, fra le 10 e le 13: “Abbiamo sentito i nostri collaboratori ad Aleppo, non riescono ad uscire di casa per il fumo dei bombardamenti e dei pneumatici bruciati – dice la Taddia -. Il cessate il fuoco, è del tutto insufficiente per ripristinare le forniture d’acqua, intervenendo sugli impianti elettrici o a gasolio. Ci vogliono almeno 48 ore di tregua, per questo ci uniamo all'appello dell’Onu: è il minimo indispensabile, in tre ore non si riesce neanche ad arrivare nel centro della città”.

Gli aiuti di Gvc alla popolazione assetata si sono tradotti nella distribuzione di 61mila taniche, straordinariamente preziose in una situazione del genere, e nell'installazione di 75 cisterne da cinquemila litri per lo stoccaggio dell’acqua. Ora però bisogna fare presto: “Se le reti idroelettriche non verranno rimesse in uso rapidamente, le conseguenze per la popolazione saranno catastrofiche. Soprattutto i bambini sono a grave rischio di malattie infettive, specialmente con l’aumento delle temperature estive”.

Le Nazioni unite hanno aperto un’indagine dopo che i ribelli hanno accusato il regime di Assad di aver fatto un attacco con il cloro contro le forze di opposizione ad Aleppo, causando quattro morti e diversi feriti. L’inviato dell’Onu in Siria ha dichiarato che, se l’uso del cloro venisse confermato, si tratterebbe di “un crimine di guerra”. L’attacco sarebbe confermato anche da un video ottenuto dalla Bbc.

Un medico di Aleppo ha riferito ad Amnesty International che tutti i ricoverati presentavano gli stessi sintomi (difficoltà di respirazione e tosse) e che l'odore di cloro sui loro vestiti era evidente. Secondo il medico, se gli attacchi proseguiranno le scorte di medicinali sono destinate a esaurirsi rapidamente. L'attacco ha avuto luogo poco prima che la Russia annunciasse tre ore al giorno di cessate il fuoco per consentire l'ingresso di aiuti umanitari in alcune zone di Aleppo ove ce n'è disperato bisogno. "Chiediamo l'immediata cessazione dei raid aerei sugli obiettivi civili di Aleppo. Gli attacchi chimici e altri crimini di guerra devono finire. Chiediamo inoltre che gli aiuti possano arrivare senza incontrare ostacoli alle decine di migliaia di persone intrappolate nella zona orientale della città" - ha dichiarato Magdalena Mughrabi, vicedirettrice ad interim del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.  "Tre ore al giorno sono del tutto insufficienti per far arrivare gli aiuti, data la dimensione della crisi umanitaria in corso, i pericoli lungo il percorso e il tempo necessario per la consegna", ha commentato Mughrabi. Il 1° agosto due barili bomba presumibilmente contenenti cloro erano stati sganciati sulla città di Saraqeb, nella provincia di Idlib, causando danni ad almeno 28 civili. Secondo fonti di stampa, un altro attacco chimico sarebbe avvenuto il 2 agosto ad Aleppo.

 Esattamente un anno fa il Consiglio di sicurezza aveva disposto, con una risoluzione, un'indagine per individuare l'origine e i responsabili degli attacchi chimici in Siria. La Russia è disposta a discutere un allungamento della "pausa umanitaria" di tre ore proposta nella zona di Aleppo per permettere la consegna degli aiuti umanitari alla città assediata: lo hanno reso noto le Nazioni Unite, che avevano invece chiesto una tregua di 48 ore. "Tre ore non sono sufficienti: i russi ci hanno ascoltato e sono pronti a discutere per migliorare la loro proposta originale", ha spiegato l'inviato dell'Onu per la Siria, Staffan de Mistura. Il responsabile delle operazioni umanitarie dell'Onu, Stephen O'Brien, aveva dichiarato ieri che "per poter soddisfare i bisogni umanitari alla scala necessaria servirebbero due diversi corridoi e circa 48 ore per poter far entrare un numero sufficiente di camion".


lunedì 8 agosto 2016



E' Evan McMullin, undici anni alla Cia e ora responsabile affari politici per i repubblicani alla Camera. "E' giunta l'ora per una nuova generazione di leader di farsi avanti".

Il repubblicano Evan McMullin si candiderà da indipendente contro Donald Trump. McMullin annuncerà presto la sua decisione, come riportano diversi mezzi d’informazione statunitensi. Sarà sostenuto da un gruppo di repubblicani contrari alla candidatura di Trump. Mormone, 40 anni, è un ex agente della Cia e nei mesi scorsi ha criticato diverse volte il miliardario newyorchese sui social network, definendolo “tirannico”. 

"In un anno in cui gli elettori hanno perso fiducia nei candidati dei due maggiori partiti, è giunta l'ora per una nuova generazione di leaders di farsi avanti", ha detto ieri McMullin in una dichiarazione alla rete Abc News. "Non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta - ha proseguito - e gli Stati Uniti meritano ben altro che Donald Trump o Hillary Clinton. Per quanto mi riguarda, mi presento umilmente come un leader capace di offrire una alternativa conservatrice a milioni di americani delusi".

Da quando, sull'onda delle vittorie nelle primarie e del suo seguito nell'elettorato bianco marginalizzato dalla globalizzazione, la nomination di Trump è apparsa inevitabile, l'establishment repubblicano, preoccupato delle ripercussioni a lungo termine sul partito, si è chiesto quali nuove opzioni ci potessero essere. Alcuni esponenti ipotizzavano una rivolta al momento della convention, altri ancora speravano di poter neutralizzare l'eccentricità del tycoon newyorkese. E dopo il fallimento dei due tentativi, l'unica strada percorribile è sembrata a molti quella di una candidatura parallela di un esponente della destra in funzione anti-Trump, più che con vere speranze di battere la Clinton.

Certo, è poco probabile che McMullin possa fare breccia nell'elettorato: anche se ha un curriculum di tutto rispetto - volontario a favore dei rifugiati, master alla Wharton, undici anni alla Cia, breve lavoro alla Goldman Sachs - il suo nome è ancora sconosciuto al largo pubblico. D'altra parte, la discesa in campo anche di un repubblicano moderato potrebbe accelerare la fuga degli elettori dai due candidati ufficiali, che, per motivi diversi, sono entrambi poco popolari.

Molti elettori democratici o liberal non fanno mistero di voler votare per Jill Stein, candidata dei verdi: cioè dello stesso partito che nel 2000 aveva nominato Ralph Nader e che poi aveva fatto perdere la Casa Bianca ad Al Gore per un pugno di voti. Secondo alcuni sondaggi, la Stein, che ha avuto anche l'appoggio di Cornel West, un intellettuale di riferimento per gli afro-americani, e che cerca di attrarre i simpatizzanti di Bernie Sanders, potrebbe ricevere nel voto di novembre circa il 4-5 per cento dei consensi.





mercoledì 3 agosto 2016

La Groenlandia approfitta del riscaldamento climatico




Articolo segnalato da : Internazionale


Ricordiamo che il ghiacciaio Zachariae Isstrom, nel nord est della Groenlandia, contiene tanta acqua da far innalzare il livello del mare di mezzo metro in tutto il mondo. E sta collassando con una rapidità sconcertante a causa del riscaldamento globale. Secondo uno studio statunitense pubblicato su Science, la massa ghiacciata si sta frammentando in grandi iceberg e questo fa sì che il tasso a cui si sta ritirando sia tre volte maggiore rispetto agli anni precedenti il 2012. Stando ai calcoli della ricerca, ora l’isola gelata si muove a un ritmo di 125 metri l’anno.

Il processo è complesso: Zacharie Isstrom viene eroso sia dall'aria calda che ne scioglie la parte emersa in superficie, ma anche dalle correnti oceaniche. Queste ultime, proprio come l’aria, vengono riscaldate dal global warming, e raschiano inesorabilmente la parte sommersa del ghiacciaio. L’acqua che passa dallo stato solido a quello liquido, ogni anno, è quantificabile in 4,5 miliardi di tonnellate.

Vicino a un fiordo nella Groenlandia occidentale, una centrale idroelettrica è in piena attività per l’acqua in arrivo dallo scioglimento dei ghiacciai. Quest’isola è il luogo più colpito dal riscaldamento globale, ma sta cercando di diventare uno dei pochi posti al mondo a trarne beneficio.

Fuori della centrale di Buksefjord, la più grande di cinque impianti idroelettrici realizzati dal 1993 in Groenlandia nel tentativo di sganciarsi dal petrolio importato, si possono vedere nuotare nell’acqua limpida i merluzzi, che di solito abbondano solo più a sud. Un operaio dell’impianto si prepara a coltivare patate e rape in una terra vicina al Circolo polare artico di solito troppo fredda per qualsiasi cosa a parte i licheni e le renne.

L’isola nell’Atlantico del nord “sta sperimentando un nuovo modo di pensare”, afferma il ministro per l’ambiente Mala Høy Kúko, per trarre benefici dai livelli preoccupanti di scioglimento del ghiaccio che hanno segnato picchi record lo scorso mese di aprile, prima di un mese di maggio più freddo. Il “potenziale idroelettrico aumenterà ancora con il riscaldamento del clima”, ha dichiarato Kúko. La capitale Nuuk trae l’energia di cui ha bisogno dalla centrale di Buksefjord, a 56 chilometri di distanza. Sulla scrivania del ministro c’è la zanna lunga due metri di un narvalo, una balena nota come l’unicorno del mare.

Per i 56mila abitanti della Groenlandia, un’isola gigante grande un quarto degli Stati Uniti, lo scioglimento potrebbe sbloccare risorse congelate e aiutare l’economia, in particolare i settori della pesca, dell’agricoltura, quello minerario, dei cantieri navali e del turismo. “Purtroppo non posso lamentarmi e dire che il cambiamento climatico è un male, perché tutto sommato per la Groenlandia è vantaggioso”, dice Henrik Leth, a capo della più grande azienda privata della Groenlandia, la Polar Seafood, e presidente della confindustria groenlandese.

I profitti al lordo delle imposte della sua azienda nel 2015 sono aumentati da 235 milioni di corone danesi (31,5 milioni di euro) del 2014 a 335 milioni (45 milioni di euro) grazie all'aumento del prezzo dei suoi prodotti principali, i gamberi e l’halibut della Groenlandia.

Il 90 per cento delle esportazioni dell’isola è composto di prodotti ittici e molti cacciatori e pescatori accolgono con favore i cambiamenti delle correnti (dovuti a quanto pare al riscaldamento globale) che hanno portato per la prima volta in vent’anni il merluzzo nella Groenlandia occidentale e lo sgombro in quella orientale.

Il primo ministro Kim Nielsen, a capo di un governo che gode di ampia autonomia nel regno di Danimarca, ha sottolineato “i pro e i contro” dello scioglimento dei ghiacci. Le regioni artiche si stanno riscaldando due volte più rapidamente rispetto alla media globale, in parte perché lo scioglimento di ghiaccio bianco e neve scopre un misto di terreno più scuro e acqua che assorbe ancora più calore.

Cosa ancora più preoccupante per gli abitanti della Groenlandia, lo scioglimento minaccia il sostentamento dei cacciatori indigeni del nord che usano le slitte trainate dai cani e dipendono dal ghiaccio per cacciare le foche. Anche alcuni edifici e aeroporti costruiti sul permafrost sono a rischio.

Lo scioglimento del ghiaccio potrebbe però aiutare il governo a raggiungere l’obiettivo di accrescere la quota di energia idroelettrica, passando dagli attuali due terzi al 90 per cento entro il 2030. Secondo gli esperti del governo, se le centrali potessero estrarre energia direttamente dalla calotta di ghiaccio, potrebbero alimentare una nuova fonderia di alluminio in fase di progettazione e miniere di minerali ferrosi. La centrale di Buksefjord, spiegano, riceve l’acqua da un lago alimentato in larga misura dalla pioggia e dalla neve sciolta, e in minima parte dai ghiacciai perenni.

Il cambiamento climatico potrebbe inoltre accrescere le speranze dell’isola di sviluppare il settore minerario, dalle terre rare al petrolio e al gas, anche se l’abbassamento dei prezzi ha fermato la maggior parte dei progetti in questa direzione. Lo scioglimento della neve e del ghiaccio rende meno complicata la prospezione e migliora l’accesso ai siti. “Aumenteranno le acque navigabili e per le aziende minerarie l’estrazione sarà meno costosa”, afferma Josephine Nymand, una scienziata del Greenland institute of natural resources. L’apertura delle vie d’acqua potrebbe rappresentare una manna anche per il settore turistico, offrendo ai visitatori la possibilità di godere di una vista migliore su ghiacciai spettacolari, come a Ilulissat.

Gli scienziati, inoltre, stanno studiando come sfruttare una parte dei miliardi di tonnellate di sedimenti di colore simile al latte che ogni anno finiscono in mare con l’erosione della calotta. “Potrebbero essere dragati e vendut nei paesi tropicali come fertilizzanti”, afferma Minik Rosing, docente di geologia all’università di Copenhagen.

Secondo gli economisti è difficile determinare gli effetti netti del cambiamento climatico per la Groenlandia, denominata così circa mille anni fa dai vichinghi, durante un periodo di caldo naturale.

In tutto il mondo i ghiacciai si stanno ritirando perché lo scioglimento estivo supera la quantità di neve che cade in inverno e che poi viene compressa fino a formare il ghiaccio. In molti paesi, dalle Ande all’Himalaya, questo provocherà danni alle centrali idroelettriche e all’irrigazione dei terreni.

Tuttavia, anche se secondo il Servizio meteorologico della Danimarca la Groenlandia perde ogni anno un totale di circa 300 miliardi di tonnellate di ghiaccio, le sue riserve sono pressoché inesauribili. Michael Pedersen, amministratore delegato della compagnia dell’azienda di energia elettrica statale Nukissiorfiit, afferma che quest’ultima sta progettando di costruire una nuova centrale idroelettrica per fornire energia alle città di Aasiaat e di Qasigiannguit, nella regione occidentale.

I benefici tuttavia restano imprevedibili, come lo è il cambiamento climatico. I pescatori a caccia di nuovi arrivi di pesce, per esempio, sono in balia di correnti mutevoli spesso piuttosto misteriose. “Tre settimane fa sono uscito a pesca e ho preso molti merluzzi”, racconta Tønnes Berthelsen, vicepresidente della Knapk, un’associazione di pescatori e cacciatori. “Ieri sono andato di nuovo a pesca ma non ne ho preso nemmeno uno”.

martedì 2 agosto 2016

Elezioni Spagna rischia di andare alle urne per la terza volta in un anno



Al termine del giro di consultazioni con i leader politici, re Felipe VI di Spagna ha incaricato il premier uscente il Pp Mariano Rajoy di tentare di formare il nuovo governo, un incarico che il leader del PP ha accettato: lo ha annunciato lo stesso Rajoy. "Il re mi ha incaricato di tentare di ottenere l'investitura" del Congresso, ha detto Rajoy in una conferenza stampa alla Moncloa dopo il colloquio con Felipe VI. "Gli ho spiegato che al momento non conto sugli appoggi necessari, ma ho accettato" ha aggiunto. Rajoy ha detto che il voto di investitura potrebbe intervenire dopo un "tempo ragionevole" ma non ha indicato alcuna data. Il leader del Pp ha precisato di auspicare un governo di largo consenso, ma di essere pronto a guidare in alternativa un esecutivo minoritario. Il premier uscente ha invitato i leader di tutti i partiti a collaborare perché il paese esca con un nuovo governo dalla crisi politica aperta dalle politiche del 20 dicembre ed eviti di tornare alle urne, per la terza volta in meno di un anno.

Il gran rifiuto del leader socialista a sostenere un governo popolare guidato da Rajoy rischia di mandare il Paese alle urne per la terza volta nel giro di neanche 12 mesi

Senza un accordo tra i partiti la Spagna rischia di andare alla urne per la terza volta in un anno: il premier incaricato, il conservatore Mariano Rajoy, ha lanciato il suo avvertimento, diretto soprattutto al leader del Partito socialista (Psoe) Pedro Sánchez, che ha negato il suo appoggio al governo guidato da Rajoy, che non ha i numeri per governare senza l’appoggio del Psoe.

«No alla grande coalizione, no ad appoggiare dall’esterno un governo del Pp, no ad appoggiarlo del tutto». Pedro Sánchez, leader del partito Socialista spagnolo, dice no. Un no forte e chiaro, ribadito su tutta la linea. Il Psoe voterà così contro l’investitura del leader del partito Popolare, Mariano Rajoy, primo ministro uscente, vincitore (senza maggioranza) delle ultime elezioni del 26 giugno e incaricato dal Re Felipe di formare un governo. Delle tre opzioni che sono astensione, voto a favore e voto contrario, «noi socialisti voteremo contro», ha annunciato Sánchez. Ribadendo più volte che la formazione politica da lui guidata «resterà all'opposizione. Un’opposizione utile, con delle proposte». Ma questa decisione, a meno di sorprese dell’ultim’ora, rischia di mandare i cittadini spagnoli alle urne per la terza volta in meno di un anno.

Nel frattempo il premier e in pectore  Rajoy per il vertice Nato. Nel mezzo delle questioni strategiche e militari, ha voluto lanciare un monito proprio in vista delle nuove consultazioni di settimana prossima per formare il governo: «Ripetere le elezioni sarebbe un’insensatezza che non dimenticheremo mai». Vincitore ma senza maggioranza delle ultime elezioni politiche del 26 giugno, con la conquista di 135 deputati su 350 al Congresso, il leader del Pp ha avviato consultazioni con gli altri partiti nel complicato tentativo di formare il nuovo governo. Aveva proposto come prima opzione una grande coalizione con socialisti (85 deputati) e Ciudadanos (32), respinta però da Sanchez. Secondo la stampa spagnola, Rajoy tenterà di formare un governo di minoranza, ma non ha per il momento i numeri per superare il voto di investitura davanti al Congresso (la maggioranza è a quota 176 deputati).

Alcuni analisti avevano così ipotizzato che il Psoe all'ultimo minuto optasse per un’astensione di almeno una parte dei suoi parlamentari per consentire così la nascita di un nuovo governo ed evitare nuove elezioni, le terze in meno di un anno. Una ipotesi caldeggiata, «in caso di necessità», dal leader storico del Psoe ed ex-premier Felipe Gonzalez. Ma il gran rifiuto odierno di Pedro Sánchez rende il ritorno alle urne sempre più probabile.