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domenica 30 ottobre 2016
Elezioni USA 2016: Clinton-Trump ultimo sondaggio
Il 63% dell'elettorato ritiene che le nuove indagini dell'Fbi circa le mail di Hillary Clinton quando era segretario di Stato non cambiano la loro decisione sul voto. E' quanto emerge da un sondaggio Abc/Washington Post, il primo condotto dopo la comunicazione di James Comey (Fbi) sul ritrovamento di nuove mail legate a Clinton. Il rilevamento conferma inoltre una corsa serrata con il 46% delle preferenze a livello nazionale per la candidata democratica e il 45% per il repubblicano Donald Trump.
Donald Trump supera Hillary Clinton in Florida, Stato cruciale per conquistare la presidenza. Emerge da un sondaggio del New York Times che attribuisce al tycoon un vantaggio di quattro punti percentuali con il 46% delle preferenze sulla ex segretario di Stato, che si attesta al 42%. Il rilevamento è stato effettuato prima che emergessero le nuove mail su Clinton al vaglio dell'Fbi.
E' quanto emerge da un sondaggio Abc/Washington Post, il primo condotto dopo la comunicazione di James Comey (Fbi) s ul ritrovamento di nuove mail legate a Clinton. Il rilevamento conferma inoltre una corsa serrata tra i due candidati con il 46% delle preferenze a livello nazionale per la candidata democratica e il 45% per il repubblicano Donald Trump.
La situazione non sembra modificarsi anche per quanto riguarda gli stati chiave per la vittoria finale. Donald Trump ha quattro punti di vantaggio in Florida, secondo un sondaggio pubblicato oggi dal New York Times. Secondo il 'poll' infatti il repubblicano è al 46% mentre Hillary Clinton sarebbe al 42%. Nel primo rilevamento che il Times ha fatto in Florida - considerato al momento forse lo stato chiave più importante per le sorti delle elezioni dell'otto novembre - un mese fa, Trump era indietro rispetto a Clinton di un punto percentuale.
Anche il sondaggio Nbc/Wall Street Journal vede il candidato repubblicano in rimonta in Florida, anche se rimane indietro, di un solo punto percentuale, rispetto a Hillary Clinton. In particolare il 'poll' sottolinea come la democratica abbia un grande vantaggio, il 54% contro il 37%, tra gli elettori che hanno già votato avvalendosi del sistema dell'early vote. Mentre la situazione si rovescia se si considerano gli elettori che devono ancora votare, con Trump che ha il 51% e Clinton il 42%.
La candidata democratica continua invece ad avere sei punti di vantaggio - 47 a 41 - in North Carolina. Anche in questo stato l'early vote è nettamente in suo favore: il 61% contro il 33% di Trump. Un diverso sondaggio, della Cbs News, dà Clinton in testa solo di 3 punti in North Carolina, dandola in vantaggio anche in Pennsylvania (8 punti) e Colorado (3 punti), mentre Donald Trump sarebbe avanti di due punti in Arizona.
Trump ha definito lo scandalo come il «più grave dall'epoca del Watergate», azzardando un parallelo con il furto organizzato dalla campagna repubblicana di Richard Nixon di documenti dagli uffici del partito democratico a Washington che portò al procedimento di impeachment contro il presidente.
Il direttore dell’Fbi James Comey venerdì, a sorpresa, ha annunciato la riapertura - o meglio un supplemento - delle indagini sulla vicenda delle email della Clinton, quando era segretario di Stato, gestite dal suo server personale. Una decisione presa dopo aver scovato nuovo e non meglio definito materiale nel computer dell’ex marito della stretta collaboratrice di Clinton, Huma Abedin: l’ex deputato Anthony Weiner, la cui carriera è stata bruciata da scandali di sexting e sotto indagine per aver inviato immagini e messaggi osceni a una ragazza di 15 anni in North Carolina. Comey ha affermato che gli agenti non hanno tuttora determinato la rilevanza delle nuove e-mail scoperte, comparse in un conto di posta elettronica che Abedin aveva sul pc del marito, fatto che ha generato ancora più confusione sullo stesso operato dell’Fbi.
Il presidente della campagna elettorale di Clinton, John Podesta, ha criticato esplicitamente Comey, sostenendo che il suo intervento è «straordinario» nella storia delle elezioni americane e che le sue dichiarazioni sono «piene di insinuazioni e povere di fatti». Ha aggiunto che Comey «deve delle spiegazioni all’opinione pubblica» e che, da quanto ha ammesso, «non ci sono prove di violazioni, né accuse e neppure indicazioni che questo materiale abbia davvero a che fare con Hillary». Anche il sospetto che Comey possa aver agito per un eccesso di cautela e per proteggere la sua posizione da futuri attacchi repubblicani e che l’Fbi, formalmente alle dipendenze del Dipartimento della Giustizia, sia vittima di battaglie politiche interne è stato adombrato da alcuni analisti democratici.
Clinton ha chiesto ora all’Fbi e a Comey immediati chiarimenti, a cominciare dal rilascio di tutto il materiale in loro possesso per evitare il pericolo di inquinamenti negli ultimi giorni della campagna. Ha anche indicato di ritenere che gli elettori abbiano ormai tenuto conto del caso delle e-mail, del quale si è scusata ma sempre sostenendo di non aver commesso reati, e che ora è importante evitare distrazioni e «scegliere un presidente».
Ma la paura serpeggia tra i democratici, anche ai vertici della campagna e del partito. «Siamo stati investiti da un autotreno», ha ammesso Donna Brazile, vicina alla Clinton e alla guida del Comitato nazionale del Partito democratico. Il timore è che gli sviluppi, anche se rimanessero avvolti nell'ambiguità e non rivelassero nuovi errori o peggio reati, possano pesare nella dirittura d’arrivo verso le urne. Possono aiutare Trump a mobilitare il suo elettorato, come già dimostrato dai primi rally del fine settimana. E soprattutto potrebbero alienare elettori ancora indecisi e indipendenti, che già vedono nella Clinton un deficit di onestà e trasparenza, e raffreddare gli entusiasmi della stessa base democratica, che fin dalle primarie aveva mostrato scarso entusiasmo per la candidata.
martedì 4 ottobre 2016
L'attacco di Assange: 'Clinton e Trump tormentati dalle ambizioni'
Il fondatore dell'organizzazione no-profit annuncia nuove rivelazioni, in occasione del decimo anniversario. Leak che potrebbero incidere sulle sorti delle presidenziali statunitensi Hillary Clinton e Donald Trump sono "tormentati dalle proprie ambizioni": lo ha detto il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, rispondendo a domande poste in un teatro di Berlino con cui è connesso in video-collegamento dall'ambasciata ecuadoriana a Londra in occasione del decennale dell'organizzazione che pubblica documenti segreti.
Assange ha annunciato nuove pubblicazioni di documenti ogni settimana per i prossimi mesi. In particolare, la diffusione del nuovo materiale di Wikeleaks si protrarra' per dieci settimane e saranno "significative per le elezioni americane" perché contengono materiale "interessante sulle fazioni del potere americano". Ha quindi ricordato che in dieci anni di attività Wikileaks ha pubblicato dieci milioni di documenti. Si tratta di 10 miliardi di parole, in media 3.000 documenti al giorno.
Pubblicheremo nuovi documenti relativi alle elezioni statunitensi e che riguarderanno altri tre governi", lo rivela il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, in occasione del decimo compleanno dell'organizzazione no-profit nata con l'intento di diffondere informazioni segrete d'interesse pubblico. Con indosso una maglietta nera su cui campeggia la scritta bianca "truth", verità, Assange non poteva trovare miglior modo di festeggiare l'anniversario della propria creatura: ovvero annunciando altre notizie scomode in arrivo. Il rilascio dei file è atteso prima dell'otto novembre e dovrebbe avvenire a cadenza settimanale per le prossime dieci settimane. Un'attività che non si fermerà nemmeno se lui stesso dovesse scegliere di abbandonare la guida dell'organizzazione, assicura Assange nel video trasmesso a Berlino, dove sono in corso le celebrazioni.
In questi dieci anni, è stato pubblicato tanto. Dieci anni di scoop. Dieci anni di rivelazioni che hanno fatto discutere. Così può essere sintetizzata l'attività di Wikileaks che adesso spegne le candeline. È il 4 ottobre del 2006 quando Julian Assange, giornalista e hacker australiano dall'inconfondibile chioma argentea, ne registra il dominio: Wikileaks.org. Il simbolo è una clessidra con dentro un globo: in alto nero, in basso azzurro. Limpido. L'opacità ha le ore contate, la neonata organizzazione ''corsara'' promette di traghettarci nell'era della trasparenza. Di rivoluzionare il mondo dell'informazione e di attaccare il potere. Per farlo utilizza una piattaforma web a prova di censura, in cui sdogana mediaticamente l'utilizzo della crittografia per proteggere le fonti. Un sistema che funziona dato che da quel 4 ottobre a oggi sono stati messi online dieci milioni di documenti, 10 miliardi di parole. All'incirca tremila file al giorno: carteggi, faldoni top secret che hanno svelato crimini contro l'umanità, messo in imbarazzo i governi del pianeta, nonché i consigli di amministrazione di grandi colossi finanziari.
lunedì 26 settembre 2016
Trump-Clinton il super bowl delle presidenziali USA
A caccia del voto degli indecisi, a sei settimane dalle elezioni, negli Stati Uniti Hillary Clinton e Donald Trump si affrontano nel primo dibattito televisivo, alle 3 di notte ora centrale europea.
Per la prima volta li vedremo sfidarsi direttamente, faccia a faccia: Hillary Clinton e Donald Trump, in piedi dietro un leggio, per 90 lunghi minuti. Otto su dieci elettori americani dicono che guarderanno questo primo dibattito presidenziale — un pò per interesse politico e molto per ragioni di intrattenimento. Potrebbe diventare il dibattito presidenziale più visto della storia, con oltre 100 milioni di spettatori (al momento il record spetta a Reagan contro Carter, 1980, 80 milioni).
Quello di questa notte è il primo dei tre dibattiti previsti tra i candidati alla Casa Bianca (il secondo il 9 ottobre, il terzo il 19 ottobre), mentre i loro vice — il democratico Tim Kaine e il repubblicano Mike Pence — si fronteggeranno in un’unica occasione il 4 ottobre.
A poche ore dal primo duello tv tra Hillary Clinton e Donald Trump i sondaggi parlano di un testa a testa tra i due candidati. Secondo il sito specializzato RealClearPolitics, che fa la media di tutte le principali rilevazioni, la ex first lady è in leggero vantaggio, di appena 2,1 punti, con il 45,9% delle preferenze, contro il 43,8% del rivale repubblicano. In passato non si era mai avuto un confronto politico che proponesse soluzioni talmente divergenti per il Paese. Il tema centrale che è poi il primo tema in discussione, riguarda le condizioni di salute dei valori americani, il titolo è “America's Direction”, la direzione dell’America. E non si sono mai avute indicazioni più diverse in termini di valori come in queste elezioni.
Persino il “combattimento presidenziale” del 1980 fra Jimmy Carter e Ronald Reagan, quando molti temevano che a Washington arrivasse un attore impreparato al posto di uno statista come Carter che aveva già lavorato quattro anni alla Casa Bianca, le differenze erano soprattutto sul ruolo che lo stato dovesse giocare nell’economia; sugli ammontari di tasse che gli americani dovevano contribuire alle casse del Tesoro. Ma non si mettevano in dubbio i valori di fondo ereditati dai Padri Fondatori, valori di apertura, tolleranza, altruismo.
Oggi quei valori sono superati da Donald Trump per una semplice ragione: «Siamo in guerra - ha detto più volte il candidato repubblicano - e in una guerra, quando i terroristi ti attaccano in casa non c’è spazio per le buone maniere». Trump in sostanza propone un passaggio verso l’autoritarismo, Hillary invece resta posizionata sull'immagine che tutti hanno dell’America, un paese severo, ma non autoritario all’esterno o all’interno.
Sappiamo che una buona parte dello malcontento deriva dalle difficoltà della classe media, da una crescente sperequazione fra ricchi e poveri anzi, fra super ricchi e il resto del paese. Trump ha ricette molto drastiche: chiudere le frontiere e obbligare le aziende locali a rimpatriare il lavoro. Può funzionare? Tutti gli economisti sono concordi sul fatto che misure protezioniste potranno solo peggiorare le cose. E proprio in questi giorni dai ottenuti dal censimento americano dimostrano che c’è stato un recupero dei redditi per le classi più povere. Di nuovo, la differenza di fondo riguarda la direzione: apertura contro chiusura. Una direzione nuova visto che tradizionalmente, soprattutto in campo repubblicano si è sempre stati per l’apertura dei commerci.
Ma il tema valori diventa caldissimo per il terzo argomento in discussione, la Sicurezza dell’America “American Security”. E dopo una decina di giorni in cui abbiamo visto esplodere la violenza, sia quella di matrice estremista islamica che quella dell’intolleranza razziale, con l’omicidio di due afroamericani disarmati da parte della polizia, il dibattito sulla sicurezza e su come conciliare i valori americani con la necessità di proteggersi, diventa centrale non solo al dibattito di questa sera ma all'intero processo elettorale.
La vigilia dell’atteso faccia a faccia alla Hofstra University, poco fuori New York, per il quale si prevede un record storico di audience con 100 milioni di telespettatori, è stata ancora all’insegna dei veleni. In fondo il Super Bowl della politica non è una gara giocata a colpi di punti programmatici ma una prova di carattere e carisma.
Tutto è cominciato con la pubblicazione dell'ultimo sondaggio di Washington Post/Abc che ha assegnato a Hillary due punti di vantaggio sul rivale, con il 46% dei consensi contro il 44%. La squadra dell'ex first lady ha dunque fatto sapere di aver invitato tra il pubblico il miliardario Mark Cuban, sostenitore di Hillary e storico rivale di Trump.
Dal canto suo, Trump ha minacciato (salvo poi smentire) di schierare in prima fila Gennifer Flowers, l'ex modella diventata famosa per aver rivelato una relazione decennale con Bill Clinton, nel pieno della campagna per la Casa Bianca del 1992.
Il confronto, 56 anni dopo il primo dibattito presidenziale americano in tv tra John F. Kennedy e Richard Nixon, si preannuncia brutale e imprevedibile. Il moderatore è Lester Holt, al suo esordio sul palco della finalissima per la presidenza.
Su una cosa i commentatori sono d’accordo: la maggior parte della gente guarderà questo dibattito per vedere Trump; e Trump vincerà se riuscirà a dimostrare di essere «presidenziale». Infatti, la strategia di Hillary, che si è allenata metodicamente davanti al leggio con un finto rivale, mettendo a punto risposte da due minuti, è non solo di smascherare le bugie di Trump ma mostrare che è «caratterialmente inadatto allo Studio Ovale». Visivamente e fisicamente, il fatto di trovarsi faccia a faccia con Hillary gli darà la dignità del candidato a tutti gli effetti. C’è chi (Frank Bruni, sul New York Times) argomenta che per Trump la cosa migliore sarebbe riuscire ad essere noioso. Se invece esibisse la sua consueta volgarità, in particolare contro una donna, questo potrebbe sancire la sua fine. Nell’incertezza su quale Trump apparirà lunedì sera, Hillary si è addestrata a fronteggiarne di diversi: dal candidato che discute di grandi tematiche promesso dal suo staff, al bullo che insulta e denigra. Resta invece aperta la questione di che cosa significhi essere presidenziale per una donna come Hillary: poiché non è mai successo prima che ci sia stata una donna presidente degli Stati Uniti, tutto — dal tono di voce all’abbigliamento, al livello di emotività — è oggetto di scrutinio.
venerdì 2 settembre 2016
Usa 2016, Trump torna alle origini: clandestini? Tolleranza zero
All'indomani di un incontro con il presidente messicano Enrique Pena Nieto dai toni sorprendente pacati, il candidato repubblicano alle presidenziali del prossimo 8 novembre è tornato al vecchio stile. Quello che, in buona sostanza, gli ha fatto stravincere le primarie del partito. "Costruiremo un muro al confine con il Messico e sarà bellissimo".
Pena Nieto è stato invece fortemente critico dell'insistenza di Trump affinché il Messico contribuisca economicamente alla costruzione della muraglia di confine. In un'intervista del marzo scorso, Pena Nieto aveva detto che ''non c’è alcuno scenario'' nell'ambito del quale il Messico potrebbe accettare questo. Nella stessa intervista, il capo dello Stato aveva paragonato il linguaggio di Trump a quello di Adolf Hitler e di Benito Mussolini, aggiungendo che il tycoon aveva ferito i rapporti tra Usa e Messico.
Il candidato repubblicano, nell’atteso discorso a Phoenix, ribadisce la sua linea di «tolleranza zero» dopo le giravolte degli ultimi tempi. E chiama sul palco i genitori di ragazzi e ragazze uccisi per mano di persone senza visto. «Nessuno tra gli 11 milioni di immigrati irregolari presenti su suolo americano è immune dal rimpatrio forzato». Trump sterza a destra e torna alle origini nell’atteso discorso a Phoenix, Arizona, dove ha chiarito la sua linea sull’immigrazione dopo le giravolte degli ultimi tempi. E chi sperava in una svolta moderata del candidato repubblicano si ritrova invece un Trump da «tolleranza zero»: nessuna amnistia, nessuno sconto per gli irregolari, piuttosto la garanzia di un rimpatrio veloce e certo, il controllo dei confini e la costruzione del muro al confine con il Messico.
Il magnate immobiliare ha più volte proposto di espellere le persone che vivono illegalmente negli Stati Uniti e di costruire una muraglia lungo il confine con il Messico, storicamente uno dei più caldi' a livello mondiale sul fronte dell'immigrazione. Ma in alcuni incontri recenti con supporter ispanici, Trump ha fatto intendere che potrebbe aprire al cambiamento del duro approccio avuto sulla questione durante le primarie.
Dopo una tavola rotonda questo mese, il nuovo direttore della sua campagna ha detto che la posizione di Trump sull'espulsione è ''da definire''. Nei giorni successivi, Trump e il suo staff hanno diffuso messaggi contrastanti, con il candidato stesso che un giorno ha detto a chiare note di potersi aprire ad un ''alleggerimento'' della sua posizione, e alcuni giorni dopo ha affermato che la stessa potrebbe divenire ancora più ''dura''.
L‘equazione immigrazione-sicurezza è, secondo Trump, alla base dei problemi della contemporaneità. Da lì arrivano la crisi, la mancanza di lavoro e anche il terrorismo.
«La verità – ha detto – è che il nostro sistema sull'immigrazione è il peggiore al mondo ma nessuno ne parla perché i media lo nascondono». I clandestini tornano a essere i criminali, non solo perché restano illegalmente nel Paese ma anche perché rubano, molestano, uccidono. Per rendere ancora più evidente il pericolo che si cela dietro qualsiasi immigrato irregolare, Donald Trump ha voluto con sé sul palco di Phoenix i genitori di ragazzi e ragazze uccisi per mano di persone senza visto. Ognuno di loro è intervenuto raccontando la vicenda e affermando che con Trump presidente non sarebbe successo.
«C’è una sola priorità in tutto il dibattito sull'immigrazione - ha dichiarato Trump – e riguarda il benessere degli americani». Un benessere che, secondo il candidato, è stato messo in pericolo dalle politiche di apertura delle frontiere di Obama e Clinton. L’unico punto che non è stato confermato ieri sera riguarda la costituzione di un «corpo speciale per il rimpatrio forzato», che pure ha tenuto banco per mesi nelle dichiarazioni del candidato, per stanare tutti i clandestini presenti su suolo americano. Ma di certo, ha detto il tycoon, «non ci sarà amnistia per nessuno» perché «è nostro diritto scegliere gli immigrati che ci amano e che condividono i nostri valori».
Nel mirino non poteva non finire anche la rivale democratica Hillary Clinton che a detta di Trump vorrebbe un aumento del 550% dei rifugiati provenienti dal Messico. "Io, invece, intendo costruire una zona di sicurezza oltre i confini statunitensi e utilizzare il denaro risparmiato per investirlo in America. L'accesso ai più alti incarichi di governo e i favori che ne conseguono non saranno più in vendita. E mail importanti non saranno più cancellate o modificate digitalmente, cose che sono state scoperte solo pochi giorni fa" ha detto Trump riferendosi alle note vicende del mailgate che affligge la campagna elettorale della Clinton.
Il candidato repubblicano ha poi ribadito l'intenzione di costruire un muro di Berlino al confine con il Messico, impenetrabile ma bellissimo, ha assicurato, e porre termine al cosiddetto "catch and release", la cattura e il rilascio successivo di immigrati clandestini che non hanno commesso violenze. Gli espulsi verranno rimandati nei paesi d'origine che saranno obbligati a riprenderseli.
lunedì 8 agosto 2016
E' Evan McMullin, undici anni alla Cia e ora responsabile affari politici per i repubblicani alla Camera. "E' giunta l'ora per una nuova generazione di leader di farsi avanti".
Il repubblicano Evan McMullin si candiderà da indipendente contro Donald Trump. McMullin annuncerà presto la sua decisione, come riportano diversi mezzi d’informazione statunitensi. Sarà sostenuto da un gruppo di repubblicani contrari alla candidatura di Trump. Mormone, 40 anni, è un ex agente della Cia e nei mesi scorsi ha criticato diverse volte il miliardario newyorchese sui social network, definendolo “tirannico”.
"In un anno in cui gli elettori hanno perso fiducia nei candidati dei due maggiori partiti, è giunta l'ora per una nuova generazione di leaders di farsi avanti", ha detto ieri McMullin in una dichiarazione alla rete Abc News. "Non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta - ha proseguito - e gli Stati Uniti meritano ben altro che Donald Trump o Hillary Clinton. Per quanto mi riguarda, mi presento umilmente come un leader capace di offrire una alternativa conservatrice a milioni di americani delusi".
Da quando, sull'onda delle vittorie nelle primarie e del suo seguito nell'elettorato bianco marginalizzato dalla globalizzazione, la nomination di Trump è apparsa inevitabile, l'establishment repubblicano, preoccupato delle ripercussioni a lungo termine sul partito, si è chiesto quali nuove opzioni ci potessero essere. Alcuni esponenti ipotizzavano una rivolta al momento della convention, altri ancora speravano di poter neutralizzare l'eccentricità del tycoon newyorkese. E dopo il fallimento dei due tentativi, l'unica strada percorribile è sembrata a molti quella di una candidatura parallela di un esponente della destra in funzione anti-Trump, più che con vere speranze di battere la Clinton.
Certo, è poco probabile che McMullin possa fare breccia nell'elettorato: anche se ha un curriculum di tutto rispetto - volontario a favore dei rifugiati, master alla Wharton, undici anni alla Cia, breve lavoro alla Goldman Sachs - il suo nome è ancora sconosciuto al largo pubblico. D'altra parte, la discesa in campo anche di un repubblicano moderato potrebbe accelerare la fuga degli elettori dai due candidati ufficiali, che, per motivi diversi, sono entrambi poco popolari.
Molti elettori democratici o liberal non fanno mistero di voler votare per Jill Stein, candidata dei verdi: cioè dello stesso partito che nel 2000 aveva nominato Ralph Nader e che poi aveva fatto perdere la Casa Bianca ad Al Gore per un pugno di voti. Secondo alcuni sondaggi, la Stein, che ha avuto anche l'appoggio di Cornel West, un intellettuale di riferimento per gli afro-americani, e che cerca di attrarre i simpatizzanti di Bernie Sanders, potrebbe ricevere nel voto di novembre circa il 4-5 per cento dei consensi.
martedì 26 luglio 2016
Convention democratica le parole di Michelle Obama
Si è aperta a Filadelfia la convention democratica che attribuirà ufficialmente Hillary Clinton come candidata del partito per le prossime elezioni presidenziali americane dell'8 novembre. Michael Bloomberg ha annunciato che sosterrà l'ex segretario di Stato nella corsa alla Casa Bianca -
Hillary Clinton ''deve essere presidente''. Michelle Obama e Bernie Sanders cercano di unire il partito democratico dietro a Clinton.
Le parole di Michelle hanno riscosso un enorme successo al La FargoArena di Filadelfia con un discorso appassionato, caldo: «Sono qui questa notte perché in questa elezione c’è una sola persona di cui mi fido: la nostra amica Hillary Clinton. Non è solo una scelta tra democratici e repubblicani, questa elezione riguarda chi avrà il potere di incidere sulla vite dei nostri figli nei prossimi quattro o otto anni. Hillary sa che la presidenza significa lasciare di meglio ai nostri figli. So che tipo di presidente sarebbe ed è per questo che in questa elezione sono con lei. Ci sono stati tanti momenti in cui avrebbe potuto ritenere questo lavoro troppo duro ma lei, ed è ciò che ammiro di più, non sceglie mai la strada più facile. Hillary Clinton nella sua vita non si è mai arresa. È quello che voglio. Voglio qualcuno che ha dimostrato la forza della perseveranza». E ancora ''Credo che sia veramente qualificata per essere presidente degli Stati Uniti'' dice Michelle, accolta con un'ovazione dal pubblico. Con indosso un abito blu di Christian Siriano, la First Lady dipinge Hillary come una persona che ''non molla, anche se avrebbe potuto farlo'' in passato. ''Sono qui perché' so il tipo di presidente che Hillary sara'. Ed e' per questo che sto con lei'' mette in evidenza Michelle, dicendosi stupita che siano già passati otto anni da quando e' salita sul palco della convention democratica per spiegare agli americani perché suo marito aveva battuto Hillary e perché' avrebbero dovuto votarlo.
''In questa elezione, cosi' come nel 2008, dobbiamo bussare a ogni porta e conquistare ogni voto''. Michelle esce travolta dagli applausi.
Ad applaudirla da casa anche il presidente Barack Obama: ''un discorso incredibile da parte di una donna incredibile. Non potrei essere più orgoglioso, il nostro paese e' fortunato ad averla come First Lady''. Michele è seguita da Elizabeth Warren, la senatrice paladina anti-Wall Street che Sanders avrebbe voluto vice presidente di Hillary. Anche la senatrice, che all'inizio della campagna elettorale sembrava volersi candidare, si schiera con lei, senza se e senza ma. Un endorsement completo. Sanders.
Di Hillary Clinton ha detto inoltre: «È una donna che non si è mai arresa, ha dimostrato la sua forza nella perseveranza. Grazie a lei ora le mie figlie danno per scontato che una donna può diventare presidente»
Poi le note sulla famiglia: «Non posso credere che siano passati già otto anni. Non dimenticherò mai quella mattina d’inverno quando guardai le nostre ragazze, allora solo di 7 e 10 anni, salire su dei Suv neri con tanti uomini armati, con i loro volti schiacciati sui finestrini. Cosa abbiamo fatto, pensai. Abbiamo spiegato loro che quando qualcuno è crudele e si comporta come un bullo, noi non ci abbassiamo al suo livello. No, il nostro motto è che contro i colpi bassi noi voliamo alti». E ancora: «Mi sveglio ogni giorno in una casa che è stata costruita da schiavi e guardo le mie figlie, giovani ed intelligenti donne di colore, giocare con il loro cane nel giardino della Casa Bianca. Grazie a Hillary, le mie figlie e tutti i nostri ragazzi ora danno per scontato che una donna può diventare presidente degli Stati Uniti. Perciò non consentite a nessuno di dire che questo Paese non è grande e che dobbiamo in qualche modo renderlo di nuovo grande perché al momento è il più grande Paese della terra». Sono passati otto anni da quando Michelle disse di Hillary che «una donna che non sa badare alla sua famiglia non può badare alla Casa Bianca». Ora sono «buone amiche», e dall’alto dei suoi indici di popolarità stratosferici, Michelle prova a dare una mano all’ex rivale, appena superata dal tycoon nei sondaggi. L’effetto, almeno alla Convention, è significativo.
Sondaggio della Cnn: Trump stacca di 5 punti Hillary Clinton Nel giorno in cui si apre la convention democratica a Filadelfia, la Cnn annuncia i risultati di un sondaggio a livello nazionale in base al quale il candidato repubblicano ha un vantaggio di 5 punti (44% contro 39%) rispetto alla rivale democratica. La rete sottolinea però che si tratta ancora di un effetto rimbalzo della convention repubblicana di Cleveland chiusasi la settimana scorsa. Più significativi saranno i risultati al termine della kermesse dell'Asinello.
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