lunedì 26 settembre 2016
Trump-Clinton il super bowl delle presidenziali USA
A caccia del voto degli indecisi, a sei settimane dalle elezioni, negli Stati Uniti Hillary Clinton e Donald Trump si affrontano nel primo dibattito televisivo, alle 3 di notte ora centrale europea.
Per la prima volta li vedremo sfidarsi direttamente, faccia a faccia: Hillary Clinton e Donald Trump, in piedi dietro un leggio, per 90 lunghi minuti. Otto su dieci elettori americani dicono che guarderanno questo primo dibattito presidenziale — un pò per interesse politico e molto per ragioni di intrattenimento. Potrebbe diventare il dibattito presidenziale più visto della storia, con oltre 100 milioni di spettatori (al momento il record spetta a Reagan contro Carter, 1980, 80 milioni).
Quello di questa notte è il primo dei tre dibattiti previsti tra i candidati alla Casa Bianca (il secondo il 9 ottobre, il terzo il 19 ottobre), mentre i loro vice — il democratico Tim Kaine e il repubblicano Mike Pence — si fronteggeranno in un’unica occasione il 4 ottobre.
A poche ore dal primo duello tv tra Hillary Clinton e Donald Trump i sondaggi parlano di un testa a testa tra i due candidati. Secondo il sito specializzato RealClearPolitics, che fa la media di tutte le principali rilevazioni, la ex first lady è in leggero vantaggio, di appena 2,1 punti, con il 45,9% delle preferenze, contro il 43,8% del rivale repubblicano. In passato non si era mai avuto un confronto politico che proponesse soluzioni talmente divergenti per il Paese. Il tema centrale che è poi il primo tema in discussione, riguarda le condizioni di salute dei valori americani, il titolo è “America's Direction”, la direzione dell’America. E non si sono mai avute indicazioni più diverse in termini di valori come in queste elezioni.
Persino il “combattimento presidenziale” del 1980 fra Jimmy Carter e Ronald Reagan, quando molti temevano che a Washington arrivasse un attore impreparato al posto di uno statista come Carter che aveva già lavorato quattro anni alla Casa Bianca, le differenze erano soprattutto sul ruolo che lo stato dovesse giocare nell’economia; sugli ammontari di tasse che gli americani dovevano contribuire alle casse del Tesoro. Ma non si mettevano in dubbio i valori di fondo ereditati dai Padri Fondatori, valori di apertura, tolleranza, altruismo.
Oggi quei valori sono superati da Donald Trump per una semplice ragione: «Siamo in guerra - ha detto più volte il candidato repubblicano - e in una guerra, quando i terroristi ti attaccano in casa non c’è spazio per le buone maniere». Trump in sostanza propone un passaggio verso l’autoritarismo, Hillary invece resta posizionata sull'immagine che tutti hanno dell’America, un paese severo, ma non autoritario all’esterno o all’interno.
Sappiamo che una buona parte dello malcontento deriva dalle difficoltà della classe media, da una crescente sperequazione fra ricchi e poveri anzi, fra super ricchi e il resto del paese. Trump ha ricette molto drastiche: chiudere le frontiere e obbligare le aziende locali a rimpatriare il lavoro. Può funzionare? Tutti gli economisti sono concordi sul fatto che misure protezioniste potranno solo peggiorare le cose. E proprio in questi giorni dai ottenuti dal censimento americano dimostrano che c’è stato un recupero dei redditi per le classi più povere. Di nuovo, la differenza di fondo riguarda la direzione: apertura contro chiusura. Una direzione nuova visto che tradizionalmente, soprattutto in campo repubblicano si è sempre stati per l’apertura dei commerci.
Ma il tema valori diventa caldissimo per il terzo argomento in discussione, la Sicurezza dell’America “American Security”. E dopo una decina di giorni in cui abbiamo visto esplodere la violenza, sia quella di matrice estremista islamica che quella dell’intolleranza razziale, con l’omicidio di due afroamericani disarmati da parte della polizia, il dibattito sulla sicurezza e su come conciliare i valori americani con la necessità di proteggersi, diventa centrale non solo al dibattito di questa sera ma all'intero processo elettorale.
La vigilia dell’atteso faccia a faccia alla Hofstra University, poco fuori New York, per il quale si prevede un record storico di audience con 100 milioni di telespettatori, è stata ancora all’insegna dei veleni. In fondo il Super Bowl della politica non è una gara giocata a colpi di punti programmatici ma una prova di carattere e carisma.
Tutto è cominciato con la pubblicazione dell'ultimo sondaggio di Washington Post/Abc che ha assegnato a Hillary due punti di vantaggio sul rivale, con il 46% dei consensi contro il 44%. La squadra dell'ex first lady ha dunque fatto sapere di aver invitato tra il pubblico il miliardario Mark Cuban, sostenitore di Hillary e storico rivale di Trump.
Dal canto suo, Trump ha minacciato (salvo poi smentire) di schierare in prima fila Gennifer Flowers, l'ex modella diventata famosa per aver rivelato una relazione decennale con Bill Clinton, nel pieno della campagna per la Casa Bianca del 1992.
Il confronto, 56 anni dopo il primo dibattito presidenziale americano in tv tra John F. Kennedy e Richard Nixon, si preannuncia brutale e imprevedibile. Il moderatore è Lester Holt, al suo esordio sul palco della finalissima per la presidenza.
Su una cosa i commentatori sono d’accordo: la maggior parte della gente guarderà questo dibattito per vedere Trump; e Trump vincerà se riuscirà a dimostrare di essere «presidenziale». Infatti, la strategia di Hillary, che si è allenata metodicamente davanti al leggio con un finto rivale, mettendo a punto risposte da due minuti, è non solo di smascherare le bugie di Trump ma mostrare che è «caratterialmente inadatto allo Studio Ovale». Visivamente e fisicamente, il fatto di trovarsi faccia a faccia con Hillary gli darà la dignità del candidato a tutti gli effetti. C’è chi (Frank Bruni, sul New York Times) argomenta che per Trump la cosa migliore sarebbe riuscire ad essere noioso. Se invece esibisse la sua consueta volgarità, in particolare contro una donna, questo potrebbe sancire la sua fine. Nell’incertezza su quale Trump apparirà lunedì sera, Hillary si è addestrata a fronteggiarne di diversi: dal candidato che discute di grandi tematiche promesso dal suo staff, al bullo che insulta e denigra. Resta invece aperta la questione di che cosa significhi essere presidenziale per una donna come Hillary: poiché non è mai successo prima che ci sia stata una donna presidente degli Stati Uniti, tutto — dal tono di voce all’abbigliamento, al livello di emotività — è oggetto di scrutinio.
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