sabato 26 novembre 2016

La morte di Fidel Castro, Yoani Sanchez e gli esuli festeggiano



La notizia della morte di Castro, il "fondatore della rivoluzione", è stata data da suo fratello Raul, attuale presidente di Cuba, poco prima di mezzanotte e gli esuli si sono riversati sulle stradi principali di Little Havana. In alcune dichiarazioni rilasciate a Efe Ramon Saul Sanchez, capo dell'organizzazione di esuli Cuban Democracy Movement, ha parlato della morte di un "tiranno".

"Mia madre è cresciuta sotto Fidel Castro, io sono nata sotto Fidel Castro... mio figlio è nato sotto Fidel Castro, i miei nipoti nasceranno senza Fidel Castro". E' solo uno dei tweet che la dissidente cubana Yoani Sanchez ha postato dopo la notizia della morte dell'ex presidente cubano.

"Durante la mia infanzia e adolescenza Fidel Castro ha deciso da quello che ho mangiato, fino al contenuto dei miei libri di scuola...", scrive in un altro tweet. E ancora: "Mai nell'ultimo mezzo secolo, era stato così dimenticato quanto al momento della sua morte", prosegue in un ulteriore 'cinguettio'.

Scene di gioia per le strade di Little Havana, a Miami, dove una folla di cubani-americani si è riversata in strada per festeggiare la morte di Fidel Castro. Molti i cori e gli slogan contro "il dittatore" e lungo Calle Ocho, il cuore della piccola Avana.

Finalmente" Fidel Castro muore. Lo scrive in un tweet 14 y medio, il blog della nota dissidente Yoani Sanchez commentando la morte dell'ex presidente cubano. Anche un altro media, Diario de Cuba, commenta la notizia del decesso del "dittatore che aveva ceduto il potere al fratello Raul Castro nel luglio del 2006". L'altra faccia della morte del lìder màximo è quella degli oppositori e dissidenti, che non si fanno scrupolo a festeggiare il decesso.

Decine di esuli cubani si sono riuniti al Caffé Versailles a Miami, con le bandiere del loro paese e quelle degli Stati Uniti. I canali televisivi locali hanno mostrato le immagini della folla al di fuori del famoso caffè, che è già stato teatro di feste simili ogni volta che si sono diffuse voci sulla morte del Lìder Maximo, e in occasione di manifestazioni di protesta o riunioni di esuli a Miami.

La parabola biografica di Fidel Castro è inseparabile dalla storia della rivoluzione cubana della quale fu il Lider Maximo, una rivolta armata lanciata alla fine degli anni '50 contro il regime di Fulgencio Batista che poco tempo dopo l'abbattimento del tiranno cominciò a trasformarsi in un regime totalitario. Ancora oggi Cuba è il paese dell'emisfero occidentale nel quale il governo è responsabile delle peggiori violazioni e soppressioni dei diritti umani, secondo numerosi esperti e ONG, che nel corso degli anni hanno affrontato con dati e analisi questo aspetto oscuro dell'Avana.

La totale corruzione del regime ha reso difficile la raccolta di informazioni affidabili. Ciò non ha però impedito agli organismi a difesa dei diritti umani di segnalare per esempio che il governo reprime "sistematicamente individui e gruppi che lo criticano o rivendicano i loro diritti" (Human Rights Watch, 2013), mantiene "un ferreo controllo di oppositori, attivisti dei diritti umani e giornalisti indipendenti" (Amnesty International, 2014), nell'ambito di una "permanente e sistematica di violazione dei diritti dei cittadini" (Commissione Interamericana dei Diritti Umani, 2014).

Di fatto, nei suoi lunghi anni al potere Castro ha eliminato le libertà civili nell'isola, dove non esiste pluralismo politico, né diritto di assemblea o di manifestazione. E ancora, viene sottolineato da più fonti, le autorità controllano ogni forma di espressione pubblica. Sulla base del modello delle repubbliche popolari dell'Europa dell'Est, si è sviluppato un sistema di controllo e repressione sociale capillare di terribile efficacia.

E' difficile stabilire il numero esatto delle vittime del castrismo: Amnesty registra 237 condanne a morte per motivi politici dal '59 all'87, ma lo storico britannico Hugh Thomas sostiene che ci sono state 5.000 esecuzioni dal '59 al '70. Il 'Libro Nero del Comunismo', curato da Stephane Courtois, parla di 15-17 mila morti per motivi politici dal trionfo della Rivoluzione fino alla metà degli anni '90. Una cifra meno aleatoria e sicuramente significativa è quella dei cubani andati via dall'isola, malgrado le forti restrizioni all'emigrazione, da quando i Castro sono al potere: in totale circa 1,2 milioni, pari al 10% della popolazione cubana. Un numero che aiuta a capire perché le rimesse dei cubani all'estero rappresentano un'entrata di valuta estera superiore a quella dell'industria turistica.

La storia di Fidel, che è la storia di Cuba, è segnata dai capitoli che hanno accompagnato lo sviluppo autoritario del governo, a partire dalle fucilazioni nella prigione della Cabana all'Avana e la fondazione del primo campo di lavoro a Guanahacabibes nel '59: entrambi coordinati da Ernesto 'Che' Guevara. Oltre alla condanna a 20 anni di carcere per "sovversione" del comandante ribelle Huber Matos, che scontò tutta la sua pena e morì in esilio nel febbraio del 2014.

Nel '61 Castro pronunciò d'altra parte il suo famoso discorso rivolto agli intellettuali che segnò la fine della libertà artistica ("Quali sono i diritti degli artisti? Dentro la rivoluzione tutto, contro la rivoluzione nessun diritto"). Dieci anni dopo il poeta Herberto Padilla fu processato per "attività sovversive" e obbligato ad un'autocritica pubblica nello stile dei processi stalinisti.

Nel 1989 il generale ed eroe della 'revolucion' Arnaldo Ochoa venne fucilato per narcotraffico e tradimento. Ogni iniziativa dei dissidenti viene schiacciata con una combinazione di repressione poliziesca e 'manifestazione spontanea delle masse': nel 1998 Oswaldo Payà lanciò il 'Progetto Varela', raccogliendo le firme per promuovere una riforma costituzionale. Fidel rispose con un appello al popolo e nel giugno del 2002 convocò in piazza oltre 9 milioni di cubani.

Nel 2003 lanciò la 'Primavera Nera', durante la quale decine di dissidenti furono arrestati e condannati a lunghi anni di carcere. Le mogli e le familiari delle vittime di quell'ondata repressiva fondarono le 'Damas de Blanco' - Premio Sakharov dell'Europarlamento nel 2005 - che ancora oggi sfilano ogni domenica andando a messa nel centro dell'Avana, circondate da gruppi che gridano contro "i nemici della Rivoluzione".

Ricordiamo che la blogger cubana Yoani Sanchez non era potuta uscire da Cuba, nemmeno per ritirare un premio alla Columbia University di New York , dove le era stato assegnato un riconoscimento prestigioso: una menzione per giornalismo eccellente dal Maria Moors Cabot Prize, uno dei più antichi al mondo. Era già successo per ritirare un premio in Spagna per il suo lavoro di reporter digitale.

Da quando è diventata celebre per il blog Generacion Y, dove racconta la vita di tutti i giorni a Cuba e non ha risparmiato critiche all’autorità politica, Yoani è stata invitata all' estero numerose volte, ma non è mai riuscita a lasciare l' isola. In una intervista sul settimanale brasiliano Veja, ha raccontato di aver chiesto il visto di uscita in dieci occasioni, sempre motivandolo con inviti ricevuti. In tre casi il permesso è stato esplicitamente negato, negli altri la blogger non ha ricevuto in tempo la risposta, a causa di lungaggini burocratiche, e ha desistito. Nella stessa intervista, ha confermato che non intende approfittare di un eventuale visto di turismo per lasciare Cuba, come spesso decide di fare chi lo ottiene, in quanto: ”La materia prima del mio lavoro è la realtà cubana. Non voglio e non posso restare lontana dalle mie storie. Da tempo ho capito che la vita per me non esiste in altro posto che non sia Cuba. È il mio Paese e qui tornerò sempre”.

Un altro episodio che ha mostrato la cruda realtà dell’isola caraibica, che la blogger, insieme ad un altro reporter digitale le autorità cubane, con l’aiuto degli agenti della Sicurezza dello Stato, usando “molta violenza fisica e verbale” hanno impedito loro di partecipare a una manifestazione per la pace e la non violenza all’Avana. È stato un sequestro nel peggior stile della camorra. Mi hanno detto: Fino a qui sei arrivata. Non farai più niente».

Nell’aprile del 2007 comincia l’avventura del Blog Generación Y, definito come “un esercizio di codardia”, perché è uno spazio telematico dove può dire quello che è vietato sostenere nella vita di tutti i giorni. Yoani vive all’Avana insieme al giornalista Reinaldo Escobar, con il quale divide la sua vita da quindici anni, e adesso può dirsi più informatica che filologa. Ha pubblicato in Italia Cuba libre - vivere e scrivere all’Avana. Generación Y è un Blog ispirato alla gente come me, con nomi che cominciano o contengono una "y greca". Nati nella Cuba degli anni 70 e 80, segnati dalle scuole al campo, dalle bambole russe, dalle uscite illegali e dalla frustrazione. Per questo invito a leggermi e a scrivermi soprattutto Yanisleidi, Yoandri, Yusimí, Yuniesky e altri che si portano dietro le loro "y greche".



giovedì 24 novembre 2016

Come nasce il black friday



Il giorno del Ringraziamento, o Thanksgiving Day, è una festa celebrata negli Stati Uniti ogni quarto giovedì di novembre e in Canada ogni secondo lunedì di ottobre. Dunque il 24 novembre di quest'anno negli Usa si festeggia il giorno del Ringraziamento. Il primo giorno del Ringraziamento viene comunemente fatto risalire al 1621, quando nella città di Plymouth, nel Massachusetts, i padri pellegrini si riunirono per ringraziare il Signore del buon raccolto.

Il "venerdì nero" viene l'indomani del Ringraziamento (la festa che si celebra il quarto venerdì di novembre negli Usa e in Canada) ed è il giorno in cui, secondo una tradizione consolidatasi negli anni Sessanta, i negozianti americani propongono sconti speciali allo scopo di favorire lo shopping e dare il via alle spese natalizie.

Perché proprio "nero"? Perché all'epoca i registri contabili dei negozianti si compilavano a penna, usando inchiostro rosso per i conti in perdita e quello nero per i conti in attivo. E nel venerdì dopo il ringraziamento, grazie a queste promozioni, i conti finivano decisamente in nero.

Secondo un’altra tesi, l'origine del nome è meno poetica. Il "nero" sarebbe causato dal traffico sulle strade e dalla congestione nei negozi, provocata da migliaia di americani attirati da sconti - validi soltanto quel giorno - anche dell'80 per cento.

È tradizione, specialmente negli Stati Uniti, che per il Black Friday i negozi facciano dei notevoli saldi sui prodotti in vendita. Questa tradizione viene ripresa da alcuni anni anche in diversi negozi di paesi europei. In Italia il Black Friday ha iniziato ad essere popolare solo negli ultimi anni: specialmente nei negozi online come Amazon, che propongono per l’occasione sconti e offerte che a volte durano solo poche ore. Negli Stati Uniti in molti dormono addirittura nei sacchi a pelo davanti ai negozi già dalla notte precedente, accalcandosi poi all'entrata per poter comprare i prodotti più scontati (più o meno come capita periodicamente anche davanti agli Apple Store quando iniziano le vendite di iPhone).

Secondo una versione della storia il nome “Black Friday” deriverebbe proprio dalla ressa e dalle code interminabili che si formano fuori dai negozi delle catene più importanti: “venerdì nero” fu una delle espressioni utilizzate dalla polizia di Philadelphia, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, per descrivere il traffico e gli ingorghi pazzeschi che si creavano in occasione delle vendite seguenti il giorno del Ringraziamento.

Il Black Friday e l’andamento delle vendite di questa giornata particolare sono guardati con interesse anche dagli analisti finanziari perché rappresentano un valido indicatore sia sulla predisposizione agli acquisti sia indirettamente sulla capacità di spesa dei consumatori americani. Il Black Friday è solitamente seguito dal Cyber Monday, il primo lunedì successivo al venerdì nero: è un lunedì di grandi sconti relativi a prodotti di elettronica.

Il Black Friday è riuscito a imporsi anche in Italia, soprattutto grazie all'influenza di mega portali che arrivano proprio dagli USA, come Amazon. Un impatto che negli ultimi tre anni è cresciuto vertiginosamente, tanto da spingere anche gli store fisici ad introdurre i super sconti del venerdì “nero”.

Esite anche un Cyber Monday (lunedì cibernetico): cade il primo lunedì successivo al Black Friday e viene dedicato agli sconti sui negozi online, sebbene ormai anche questi ultimi dedichino ai loro utenti offerte lampo durante il venerdì nero.

Il Black Friday delle offerte commerciali in tutto il mondo, con Amazon e Ali Baba a fare la parte del leone. Ma c'é anche una giovane azienda italiana che può conquistare uno spazio importante. Satispay (che sta avendo successo nel settore del Mobile Payment, sempre più diffuso e in grande crescita) in occasione del black friday porta dall'ambito tipicamente online fino agli esercizi fisici, anche i piccoli e indipendenti, tipicamente penalizzati in realtà dai grandi sconti online del 25 novembre. Satispay porterà nelle tasche dei suoi utenti un cashback che andrà dal 30% fino al il 60% sulle spese effettuate in ben 4000 negozi fisici appartenenti alle più diverse categorie merceologiche.


Occhio alle truffe. L'allarme arriva da Kaspersky lab, azienda che si occupa di sicurezza informatica: i giorni del Black Friday e del Cyber Monday sono molto propizi per le truffe online, con un aumento considerevole soprattutto del phishing (il metodo delle mail esca con link fasulli). Per evitare di diventare una vittima delle truffe di phishing, gli esperti di Kaspersky Lab consigliano di prendere le seguenti precauzioni:

non cliccare su alcun link ricevuto da persone sconosciute o su link sospetti inviati da amici sui social network o via email.

Potrebbe trattarsi di link letali, appositamente creati per scaricare malware sui dispositivi o per rimandare a pagine di phishing che mirano a rubare le credenziali degli utenti; non inserire i dettagli della carta di credito su siti sconosciuti o sospetti, per evitare di farli cadere nelle mani dei cyber criminali.

Un segnale è che questi siti offrono offerte vantaggiose che sembrano troppo buone per essere vere; controllare sempre che il sito sia autentico prima di inserire le proprie credenziali o informazioni personali (è meglio controllare almeno l'URL). I siti fasulli potrebbero sembrare proprio come quelli autentici; installare una soluzione di sicurezza sui propri dispositivi, con tecnologie integrate progettate per prevenire le frodi finanziarie.

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mercoledì 23 novembre 2016

Francia: situazione centrali nucleari "molto preoccupante"



La situazione della sicurezza delle centrali nucleari francesi è "molto preoccupante". E' quanto ha affermato Pierre-Franck Chevet, presidente dell'Asn (Autorità della sicurezza nucleare). Quest'ultima ha avviato una campagna senza precedenti di controlli a tappeto in tutte le centrali sul territorio francese. Da settembre 21 reattori sono stati chiusi d'urgenza, con potenziali rincari sulle bollette non solo d'Oltralpe ma anche italiane. L’atomo francese è semi-paralizzato. Due terzi del totale dei siti nucleari sono stati bloccati, o stanno per esserlo, dall'Autorità nazionale di controllo. L’Italia è coinvolta suo malgrado e senza poter fare granché, perché fra i reattori fermati ne figurano anche sei collocati vicino al confine italiano, a Bugey, a Cruas e a Tricastin, mentre in quegli stessi siti, a ridosso della nostra frontiera, continuano a funzionare altri cinque reattori (sicuri?) a pochi metri da quelli insicuri.

Il quadro della stabilità dei reattori nucleari francesi è "molto preoccupante. Lo ha detto a Le Figaro il direttore della 'Autorité de sûreté nucléaire' (Asn) Pierre-Franck Chevet, in seguito alla scoperta di una crepa nella copertura del reattore sperimentale Epr (reattore ad acqua pressurizzata) in costruzione a Flammanvile in Normandia e dopo che le autorità di controllo hanno deciso di fermare 12 reattori (di Edf) sui 58 operativi. Chevet ha spiegato che un problema è rappresentato dall'eccesso di carbonio presente nell'acciaio speciale usato per costruire le centrali. Edf - ha detto - ha fornito un dossier per ogni reattore e "nella migliore delle ipotesi" entro un mese la Asn sarà in grado di decidere se far ripartire o meno i reattori, al più tardi "a gennaio del 2017".

L'autorità, ha sottolineato Chevet, ha deciso di agire "calma e rigore": un'anomalia era già stata rilevata nei generatori di vapore e ciò aveva spinto a una serie di controlli su vasta scala. Poi, all'inizio degli anni Novanta erano state verificate alcune corrosioni nelle coperture di diversi reattori, e Edf era intervenuta sostituendole. Nel 2013 ho segnalato la necessità essere in grado di passare a cadenze regolari da 5 a 10 reattori", in modo da avere impianti in grado di sostituire altri che presentassero "anomalie". L'energia transalpina è direttamente dipendente da 58 reattori del colosso energetico che garantisce il 75% dei bisogni in energia. In parallelo, nell'intervista a Le Figaro, Chevet ha denunciato "l'esistenza di pratiche inaccettabili dall'inizio degli anni sessanta nella fabbrica del Creusot (di Areva, ndr): l'esistenza di 400 dossier volontariamente nascosti al cliente e all'Asn, e riguardanti anomalie, nonché la scoperta di documenti di fabbricazione che appaiono falsificati".

Il primo evento è che molte centrali nucleari francesi sono state spente per guai tecnici davvero seri. Così — secondo evento — in Francia la corrente elettrica scarseggia. Quindi la Francia deve importare elettricità dai Paesi vicini. Così l'aumento della domanda fa salire le quotazioni del chilowattora alla Borsa elettrica italiana.
Oggi è difficile stimare quanto ci peserà il rincaro, ma potrebbe essere superiore a 1 miliardo se l'emergenza elettrica dovesse durare fino a febbraio.

Già oggi sono rincarate le forniture spot dei grandi consumatori che si approvvigionano sul mercato, presto dovrebbero esserci ricadute anche per le bollette delle famiglie. L’Autorità dell’energia non dà anticipazioni, ma lascia presagire un effetto rilevante sulle nostre bollette.

Il fenomeno è cominciato in settembre quando l'autorità francese sulla sicurezza nucleare Asn (Autorité de sûreté nucléaire) ha chiesto una fermata urgente di 21 dei 58 reattori dell'EdF, la società elettrica statale francese.

Oltre all'Italia, il problema interessa in modo pesante Svizzera, Belgio, Spagna, Germania e Gran Bretagna.

In Germania e Inghilterra la vicenda francese potrebbe avere ricadute aggiuntive sulle centrali atomiche tedesche e sul progetto nucleare francese a Hinkley Point in Inghilterra.

Come si forma il prezzo del chilowattora
Il Prezzo unico nazionale (Pun) si forma ogni giorno alla borsa del Gestore del mercato elettrico e pesa per circa un terzo della bolletta.  Per anni il Pun è sceso moltissimo per il calo della domanda e per il contributo delle fonti rinnovabili di energia, ma il consumatore ha assaporato solamente le briciole dei ribassi perché gli altri due terzi della bolletta sono cresciuti: incentivi, agevolazioni a diversi settori, voci fiscali e parafiscali, il canone tv, sussìdi incrociati.

Ora però è rincarato anche il Pun: è cresciuto del 23%.
A titolo di confronto, il prezzo di mercato all'ingrosso un mese e mezzo fa era sui 45 euro per mille chilowattora. Effetto Francia, e la media di ottobre era già salita a 53 euro. Ancora più salato il prezzo medio di novembre, 61 euro

Ora è sufficiente una giornata meno ventosa del solito, quando i ventilatori fermano le braccia sulle creste dei monti, per far salire il prezzo ancora di più: 68 euro il 16 novembre, 70 euro il 7 novembre, 78 euro il 14 novembre, 80 euro per mille chilowattora il 15 novembre, giornata in cui le ore a maggiore domanda sono state coperte con prezzi oltre i 150 euro.


martedì 22 novembre 2016

Leonard Cohen, il più grande poeta in musica


Ad agosto scorso Leonard Cohen aveva scritto una lettera a Marianne, la donna che negli anni '60 aveva ispirato alcuni dei suoi pezzi più famosi, "So Long", "Marianne", "Bird on Wire", e che stava per morire. "Marianne è venuto il tempo in cui si è vecchi e i nostri corpi cadono a pezzi: credo che ti seguirò presto. So di esserti così vicino che se tu allungassi la mano, potresti raggiungere la mia", scriveva Cohen quasi annunciando la sua morte. Un mese fa era uscito il suo ultimo album, You Want It Darker, che è anche il suo testamento spirituale, come si conviene a chi vive, scrive e sente con le antenne del visionario (in particolare, Cohen era devoto alla Kabbalah), titolo finale di un'avventura artistica vissuta in bilico tra musica, parola scritta e ricerca interiore. Cohen è stato un vero poeta della musica, di quella generazione emersa fra gli anni Sessanta e Settanta.

Tornato negli Stati Uniti, conobbe la cantante folk Judy Collins, che inserì due canzoni di Cohen nel suo album In my life. Una delle due era il primo successo di Cohen Suzanne. Le sue frequentazioni nella “Grande Mela” comprendevano all’epoca Andy Warhol e i Velvet Underground con la loro musa, la cantante tedesca Nico, le cui atmosfere sul filo della depressione ripropose nel suo album del 1967 Songs of Leonard Cohen.

Altro suo brano celebre è stato Hallelujah (1984), una composizione resa famosa dall'interpretazione di Jeff Buckley nel 1994 e dai tanti altri artisti, da Bono a Michael McDonald, che hanno voluto cimentarsi sulle emozioni di quelle note.

«Non ho mai avuto la sensazione che ci fosse una fine - diceva nel 1992 -. Che ci fosse un momento di ritirarsi». E così è stato: Cohen è stato uno dei pochi artisti della sua generazione ad avere successo anche superati gli ottanta anni.

L'ultimo, lapidario commento globale lo fece poco meno di un mese fa, chiudendo in modo definitivo il dibattito sull’opportunità del Nobel per la Letteratura all’amico (e alter ego nella narrazione dell’epica americana) Bob Dylan: «It’s like pinning a medal on Mount Everest for being the highest mountain». Punto.

Così fu, lo scorso inverno, per il potente “Blackstar” di David Bowie, uscito profeticamente il giorno prima della sua morte. A Cohen è andata forse peggio, essendosene andato due giorni dopo l’elezione di Donald Trump, se non altro perché il nuovo presidente rappresenta una certa idea di America e del mondo sulla quale il cantautore canadese ci avrebbe detto, e dato, molto. Da buon Monaco Zen, senza la retorica militante di un certo mondo liberal americano.

Ma Cohen è stato un poeta politico solo nel senso arcaico del termine; laddove il folksinger Dylan ha incarnato (e in parte prodotto) il racconto del cambiamento sociale e culturale dell’America della Frontiera, il songwriter Cohen ha disegnato intuizioni e visioni esistenziali, offrendoci alcune tra le poesie musicali più metafisiche, trascendentali e spirituali della seconda metà del novecento.

“I am ready to die. I hope it’s not too uncomfortable. That’s about it for me”. Dall'ultima intervista di Leonard Cohen al New Yorker
 
Tra i molti riconoscimenti, il Premio Príncipe de Asturias de Las Letras (nel 2011), di cui è disponibile online un memorabile speech. Ci mancherà, ma da oggi li saremo ancora più grati di esserci stato. L’ultima intervista, profetica, poetica e lapidaria, al New Yorker: «I am ready to die. I hope it’s not too uncomfortable. That’s about it for me».

Nato nel 1934 a Montreal, in Canada, da una famiglia di origini ebraiche, Cohen è arrivato alla musica tardi, quando aveva trent'anni. Già il suo esordio discografico nel 1967, "Songs of Leonard Cohen", che non ebbe alcun successo, e' segnato dal brano capolavoro "Suzanne" e da un clima raccolto, dove la forza della parola si sposava con il minimalismo degli arrangiamenti. Due anni piu' tardi arriva la notorietà con "Songs From a Room", dove c'e' la magnifica "Bird On Wire".

lunedì 14 novembre 2016

Superluna a che ora si vede e perché



La notte tra il 14 e il 15 novembre la Luna sarà piena e al perigeo: ecco perché sarà la super Luna più grande degli ultimi 70 anni, e perché, anche questa volta, difficilmente ce ne accorgeremo. Anche se il termine è tutto fuorché scientifico, con l'espressione super Luna si intende la coincidenza del plenilunio con il momento di massimo avvicinamento alla Terra (perigeo).

Non è un evento raro (accade circa una volta all'anno) e neppure nefasto. Ma il 14 novembre 2016, quando il nostro satellite entrerà nella fase di Luna piena circa un paio d'ore dopo il perigeo, gli amanti del cielo notturno potranno assistere a una super Luna ancora più "super".

La chiamano Superluna. In realtà è sempre lei, il nostro satellite naturale che continua a ruotare regolarmente intorno alla Terra. Un termine non astronomico, per definire la coincidenza di una Luna piena con la sua minore distanza dalla Terra. Lunedì, soprattutto in serata, la vedremo più grande e luminosa del solito. E’ un fenomeno che si verifica con regolarità periodica, perché la luna non compie un’orbita attorno alla Terra perfettamente circolare, bensì ellittica, cioè un po’ allungata, ma questa sarà la più grande e luminosa degli ultimi 68 anni. Per vederne un’altra simile dovremmo aspettare altri 18 anni, fino al 2034.

L'effetto è un aumento delle dimensioni apparenti della Luna visto dalla Terra. Per stimare le dimensioni apparenti degli oggetti celesti in astronomia si usa il diametro angolare (o dimensione angolare) di un oggetto è la misura del suo diametro rispetto alla distanza dall'osservatore, sulla terra, secondo una formula matematica. A fini osservativi il diametro angolare si rivela molto più utile della semplice misura del diametro del corpo, perché fornisce una stima delle sue dimensioni apparenti o  "l'illusione lunare", ovvero l'effetto ottico che rende la Luna apparentemente più grande quando è vicina all'orizzonte rispetto a quando è alta nel cielo (una differenza che può arrivare al 300%). Secondo gli esperti la Luna diventerà piena circa due ore dopo il suo passaggio nel perigeo, risultando particolarmente grande e brillante.

L'associazione della Luna con le maree oceaniche ha portato a credere che in presenza di una superluna ci possa essere un rischio maggiore di eventi come terremoti ed eruzioni vulcaniche. Tuttavia, secondo gli scienziati, solo le maree potrebbero essere leggermente più ampie rispetto alla norma, senza comunque portare conseguenze evidenti.

Tempo permettendo potremo vedere la Luna al massimo come detto alle 21 circa, oltre tre ore dopo il suo sorgere alle 17.18. Ma sarà piena già dalle 14.52, ma non visibile perché sotto l'orrizzonte. Però al sud il maltempo potrebbe negare la visione, mentre è più probabilità di ammirarla invece al nord.

Un evento eccezionale, perché? L'orbita della Luna è ovoidale, vi sono periodi del suo ciclo in cui è più vicina o più lontana da noi, in più la dimensione dell'orbita muta leggermente nel tempo, quindi il perigeo non avviene ogni mese alla stessa distanza dalla Terra. Questo mese, la Luna raggiunge ufficialmente il perigeo alle 0.21 del mattino del 14 novembre ora italiana, quando si troverà a soli 356.508 chilometri dal nostro pianeta.

Attenzione l'occasione è unica perché la prossima volta in cui la Luna ci apparirà così grande e luminosa sarà il 25 novembre 2052, quando il nostro vicino celeste sarà a soli 356.424 chilometri di distanza.

Il 23 giugno 2013 si è avuta la più vicina e grande luna piena del 2013. E nel 2014 il fenomeno ha avuto la massima visibilità il 10 agosto, in coincidenza con la notte di San Lorenzo.

Una Luna piena al perigeo può risultare il 14% più grande e il 30% più brillante di una Luna piena in apogeo, ma non è sempre facile notare la differenza. La luminosità può essere schermata dalle nuvole o annullata dalle luci delle città; e senza riferimenti reali in cielo per "prendere le misure", anche il vantaggio in termini di diametro angolare (cioè la misura del suo diametro rispetto alla distanza dall'osservatore) rischia di perdersi. Una Luna molto vicina all'orizzonte e a punti di riferimento terrestri (come alberi o case), per esempio, risulta apparentemente molto grande anche se in apogeo, come si può vedere in queste foto di Super Lune di qualche tempo fa.


domenica 13 novembre 2016

Bataclan, un anno dopo riapre con Sting



La musica di Sting fa rinascere il Bataclan «Ricordiamo i morti, celebriamo la vita». Una serata speciale che segna la riapertura ufficiale del Bataclan a un anno dall'attacco terroristico dell'Isis in cui 90 persone sono state trucidate. Un concerto “sold out” dopo solo un'ora dalla messa in vendita dei biglietti martedì scorso. Con incasso devoluto interamente alle due principali associazioni dei parenti delle vittime.

Sting è salito sul palco del Bataclan. parlando in francese chiedendo al pubblico di osservare un minuto di silenzio, straziante, a cui è seguito subito la musica. 'Fragile', 'Message in a Bottle', fino a 'Roxane' e tanti altri successi. Per circa un'ora e mezza carica di emozione, l''Englishman in New York' ha scatenato Parigi.

Dopo un anno di silenzio il Bataclan è tornato a cantare, anche se la direzione ha rifiutato di far entrare due dei componenti degli Eagles of Death Metal che volevano assistere al concerto di Sting. "Sono venuti ma li ho mandati via. Ci sono cose non si perdonano", ha detto il direttore della Sala concerti Jules Frutos, citato dalla stampa francese. A inizio ma p?o=rzo, ancora segnato dal massacro, il leader del gruppo aveva detto che a suo avviso l'attacco era stato preparato dall'interno della sala esprimendo sospetti nei confronti del servizio di sicurezza.

La Francia ha reso omaggio a quanti persero la vita negli attacchi terroristici: e il presidente della Repubblica, Francois Hollande, ha scoperto lungo tutta la mattinata targhe con i nomi delle vittime nei diversi luoghi colpiti.

L'omaggio è cominciato allo Stade de France, con una targa in onore dell'unica vittima sul posto, Manuel Dias, un autista di bus di 63 anni: il figlio, Michael, ha fatto un appello all'integrazione e alla conoscenza reciproca come strumento di lotta al terrorismo. Poi Hollande è rientrato verso la città compiendo una cupa processione nei locali, caffè e ristoranti, che furono teatro degli attacchi. Il presidente francese, accompagnato dal sindaco di Parigi, Anna Hidalgo, si è raccolto in silenzio dinanzi al Carillon e a Le Petit Camboge e anche qui ha deposto una mazzo di fiori sotto la targa con i nomi delle vittime, osservando un minuto di silenzio.

Una terza placca è stata svelata da Hidalgo e Hollande per le vittime nel X e XI arrondissement, 39 in tutto, a La Bonne Biere, Le Comptoir Voltaire e La Belle Epoque. E un'altra a Boulevard Voltaire. Ultima tappa del circuito di omaggio ufficiale, sulla scia simbolica del sangue versato quella notte, le due placche in marmo di fronte al Bataclan, il locale parigino che fu il luogo più colpito la tragica notte (una per le vittime nel locale, una per tutte le vittime degli attentati). E anche dinanzi al Bataclan sono stati letti i nomi delle persone che persero la vita nella sala da concerto, 90 in tutto, tra cui quello della ricercatrice italiana, Valeria Solesin, che studiava demografia alla Sorbona. Imponenti le misure di sicurezza: i cittadini che volevano assistere alle commemorazioni sono stati tenuti a distanza, gli abitanti di Boulevard Voltaire non sono stati autorizzati ad aprire le finestre.  Alle 12:30 sono stati rilasciati palloncini nel cielo, nell'XI arrondissement a "rappresentare simbolicamente, nel loro insieme e nella loro diversita'", tutte le vittime.

Tra i 1.500 spettatori nella serata di riapertura, era presente anche Aurélien, un cuoco francese di 25 anni, che ha deciso di tornare nel luogo in cui ha perso il suo migliore amico. E nel quale lui si è salvato per miracolo nascondendosi dietro al bancone del bar. "Essere qui è un dovere", ha affermato, che per almeno venti minuti fece il morto, sdraiandosi a terra tra i fusti di birra. "Voi non potete immaginare che cosa sia stato". Nonostante la ristrutturazione ad Aurélien tutto "sembra identico. Vi giuro era proprio così non è cambiato nulla", insiste sfiorando quello stesso comptoir che gli ha salvato la vita prima di lanciarsi verso l'uscita di sicurezza. Ne uscirà illeso, ad altri è andata peggio. Sui 130 innocenti barbaramente uccisi tra i locali del centro di Parigi e lo Stadio di Saint-Denis qui ne vennero trucidati novanta. E tanti tra familiari e superstiti hanno voluto esserci stasera.

I biglietti messi in vendita la settimana scorsa sono andati esauriti in meno di quaranta minuti. Ingenti le misure di sicurezza, con 14 nuove telecamere di videosorveglianza, un sistema di chiusura automatica delle porte in caso di emergenza e un esercito di addetti alla protezione del sito tra guardie private, gendarmi e Police Nationale.

Il ricavato andrà interamente devoluto alle associazioni delle vittime: Life for Paris e 13 novembre, Fraternité et Verité.

Sting aveva "manifestato un reale desiderio, quasi un bisogno" di partecipare alla riapertura, ha raccontato Jules Frutos, direttore del teatro, rendendo omaggio all'impegno della star britannica.

Tra i presenti al concerto anche ila ministro della Cultura, Audrey Azoulay. In quasi dieci mesi di lavori il Bataclan è stato rimesso completamente a nuovo anche se la struttura rimane identica, con la fossa e le balconate in cui vennero fatti ostaggio e poi uccisi tanti spettatori. Per non conservare nulla di quella notte - dice Fruitos - è cambiato tutto, "dal soffitto al pavimento, dalla pittura alle mattonelle". L'ingresso è effettivamente più allegro e luminoso, con la nuova scritta rosso fuoco 'Bataclan' le cui immagini hanno fatto il giro del mondo. Anche se all'esterno del locale rimane sempre lo stesso tendone giallo-nero della notte degli attacchi. Le porte chiuderanno nuovamente domani per la giornata di commemorazioni a un anno esatto dall'eccidio. Il presidente, Francois Hollande, e il sindaco, Anne Hidalgo, sveleranno una targa in sei luoghi colpiti dal commando dell'Isis, tra cui lo stesso Bataclan.
Nel music hall si tornerà a suonare mercoledì con Pete Doherty. Seguiranno nei giorni successivi artisti come Youssou Ndour e Marianne Faithfull. Prove generali nella speranza di un progressivo ritorno alla normalità. Ma dimenticare no, è impossibile.

Il concerto si prolunga. C'è tempo per un'ultima canzone. Sting da solo sul palco, alla chitarra, intona “Empty chair” (dal suo ultimo album “57th & 9th”) dedicata a James Foley, videoreporter americano ucciso in Siria nel 2014. Poi ringrazia (”merci Bataclan”). E lascia il palco. Non riapparirà. L'emozione compressa trova una via di uscita in un lungo applauso finale che sembra essere un ultimo tentativo per convincere Sting e i suoi musicisti a tornare a suonare. E invece capisci che è un ultimo omaggio alle vittime.




mercoledì 9 novembre 2016

Grecia, la mappatura di una rovina romana sotto il mare di Epidauro



Alcuni resti di un edificio romano sono stati ritrovati sotto l'acqua nei pressi di Epidauro nella regione di Argolide nel Golfo Saronico. Per la prima volta, la Soprintendenza alle  Antichità subacquea, un reparto speciale del Ministero greco della Cultura che si occupa della conservazione di antiche reliquie sotto il mare, ha realizzato la mappatura topografica della zona, in collaborazione con la agenzia di stampa cinese Xinhua.

Città del Peloponneso, nòmos di Argolide, posta nella penisoletta di Aktè (oggi Nisi), nel Golfo Sarònico. La città antica occupava il sito in cui sorge la cittadina di Palaià Epidauros. Pausania, ricorda templi e monumenti, ma l'unica identificazione possibile è quella del tempio di Atena Kissàia, sull'acropoli.

A nove chilometri dalla città, verso S, in una pianura dominata dall'Arachnaion (m 1199), e circondata da montagne, sorgeva il santuario di Asklepios che aveva a N il Tithion, a S e S-O il Koryphaion, a S-E il Kynortion, sulla strada per Nauplia la collina di Koronis, mentre, ad occidente, le alture di Alogomandra precludevano la vista del mare. Nel sito stesso del santuario e nelle colline vicine, numerose sono le sorgenti ed i corsi d'acqua, cui erano riconosciuti particolari virtù terapeutiche, mentre la loro presenza era indispensabile alle pratiche del culto di Asklepios.

In Epidauro gli scavi hanno rivelato la presenza di un culto antichissimo per l'eroe e dio Maleatas, di probabile origine pre-greca: questa divinità fu assimilata ad Apollo intorno alla metà del sec. VII a. C. e il dio assunse l'epiteto di Maleàtas. Entrambi i culti ebbero sede sulla cima del Kynortion, dove sono state ritrovate testimonianze archeologiche databili fin dall'epoca micenea. Quando Asklepios prese il sopravvento su Apollo Maleàtas, il santuario fu spostato verso N-O, cioè nel luogo delle attuali rovine: tuttavia, le ricerche archeologiche non hanno rivelato, finora, tracce di un tempio di Asklepios anteriore a quello del IV sec. a. C.

Le fonti classiche hanno tramandato poche notizie sulla più antica storia di Epidauro. Il nome sembra ricondurci ad una popolazione primitiva non greca cui si sovrapposero, in seguito, i Dori di Argo. Presto Epidauro dovette assumere una qualche importanza se ad essa è attribuita, da alcune fonti (Herod., vur, 46; Paus., ii, 29, 5), la colonizzazione dell'isola di Egina. Verso la fine del sec. VIII a. C., troviamo Epidauro nella lega di Calauria a parità di condizioni con Atene, Nauplia, Orcomeno, Prasia, Ermione, Egina. Un periodo di soggezione ad Argo dovette essere quello in cui Fidone assicurò alla sua città il dominio su tutta l'Aktè intorno alla metà del VII sec. a. C. Alla fine del secolo, il governo dell'Argolide, e quindi anche di Epidauro, passò nelle mani di Corinto, grazie all'abile ed energica politica di Periandro. Alla caduta dei Cipselidi, tuttavia, la città è nuovamente libera. Comincia, ora, la politica delle grandi leghe raggruppate intorno alle due potenze egemoniche: Atene e Sparta. Epidauro sceglie la lega peloponnesiaca controllata da Sparta per avere un appoggio contro le mire di Argo che, con l'Elide e Mantinea, era entrata nell'orbita ateniese.

Ad una guerra fra Argo ed Epidauro, si venne, durante una pausa delle guerre del Peloponneso, dopo la pace di Nicia. Epidauro si difese bene e giunse a minacciare da vicino Argo, per cui le grandi potenze furono costrette ad intervenire per evitare che venisse turbato l'equilibrio raggiunto fra i due blocchi. Nel IV sec. a. C., la funzione politica di Epidauro è pressoché nulla, ma sempre più cresce la sua importanza quale metropoli del culto di Asklepios. Di questo periodo sono le maggiori costruzioni del santuario che vengono realizzate con il contributo delle città vicine, ma soprattutto, con le ricchezze che i numerosi pellegrini versano annualmente nelle casse dello stato. Sono stanziate grosse somme ed ingaggiati i migliori artisti, fra i quali Timotheos e Policleto il giovane. Nell'età ellenistica Epidauro è al centro di alcune vicende delle lotte fra i Diadochi e, dopo la presa di Corinto (243 a. C.), entra a far parte della Lega Achea. Durante il II sec. a. C. sono costruiti nuovi edifici, è allargata la cinta e sono restaurati e trasformati numerosi monumenti. La decadenza comincia lenta con il III sec. d. C., si accentua con il definitivo trionfo della nuova religione e le invasioni barbariche aggiungono all'abbandono la rovina.

lunedì 7 novembre 2016

Reporters sans frontières: Hadi Abdullah nominato “giornalista dell’anno



Il siriano Hadi Abdullah, 29 anni, ha vinto la 25esima edizione del Premio Reporters senza frontiere (Rsf) per la libertà di stampa. Lo ha annunciato l'associazione che ha anche incoronato il sito di informazioni cinese 64Tianwang e i giornalisti Lu Yuyu e Li Tingyu, incarcerati in Cina.

Il giovane siriano "non esita ad avventurarsi in zone pericolose - dove nessun giornalista occidentale si arrischia ad andare - per filmare e interrogare attori della società civile", indica Rsf che con il premio intende celebrare giornalisti, blogger e attivisti che in misura diversa e in condizioni avverse, minacciati e perseguitati, si sono distinti nella difesa della libertà di stampa.

Brevemente rapito lo scorso gennaio dal fronte al Nusra, Hadi Abdullah "ha sfiorato la morte più volte", sottolinea l'associazione che aggiunge che il suo cameraman è stato ucciso da una mina artigianale esplosa nell'appartamento che dividevano. Nell'attacco è rimasto gravemente ferito anche Hadi. Nessuno dei premiati sarà presente alla cerimonia di consegna che si terrà domani a Strasburgo a margine del "Forum mondiale della democrazia" organizzato dal Consiglio europeo ma Hadi Abdullah interverrà tramite un collegamento video.

Nel 2015, il premio era stato assegnato ad una giornalista siriana, Zaina Erhaim, che lavorava dalla città di Aleppo.

Abdullah non potrà ritirare il suo premio, martedì 8 novembre a Strasburgo, ma molto probabilmente interverrà alla cerimonia attraverso un collegamento video. L’organizzazione che si occupa di monitorare la libertà di stampa in tutto il mondo ha premiato anche il sito d’informazione cinese 64Tianwang e i due cinesi Lu Yuyu et Li Tingyu, attualmente agli arresti.

«Un anno eccezionale per la censura»: è il titolo dell’ultima campagna pubblicitaria che Reporters sans frontières (Rsf) lancia in occasione della Giornata mondiale per la libertà di stampa, il 3 maggio. Sfilano con un calice in mano dodici leader mondiali, dal russo Vladimir Putin all’egiziano Abdel Fattah al-Sisi, che «celebrano la loro vittoria» sui giornalisti scomodi.

I dati dell’ultimo rapporto di Rsf sono scioccanti: redazioni attaccate a colpi di granata in Burundi, giornalisti licenziati per un tweet in Turchia, blogger condannati a frustate in piazza e dure pene detentive in Arabia Saudita, campi militari per la «rieducazione» dei reporter in Thailandia.

Scorrendo la classifica del 2016 ci sono molte conferme di oscurantismo ma anche qualche sorpresa. Tra queste, la posizione dell’Italia che si classifica soltanto al 77° posto su 180, scendendo di ben 4 scalini rispetto al 2015. Peggio di noi, nell’Unione europea, c’è solo la Grecia. Meglio di noi, invece, spiccano molti Stati meno sviluppati di noi economicamente, come il Ghana (26°), il Burkina Faso (42°), Haiti (53°), la Serbia (59°), il Senegal (65°), la Tanzania (71°) o il Nicaragua (75°). Il rapporto denuncia in «il livello molto inquietante di violenze perpetrate contro i giornalisti (intimidazioni verbali o fisiche, minacce di morte...)» in Italia: «Quelli che indagano sulla corruzione o il crimine organizzato sono i primi a finire nel mirino». Ma nella «scheda» viene citato anche lo Stato del Vaticano, dove «è la giustizia che se la prende con la stampa, nel contesto degli scandali Vatileaks e Vatileaks 2».

In testa alla classifica si riconfermano i più liberali Paesi del nord Europa — Finlandia, Paesi Bassi, Norvegia, Danimarca — ma anche piccole realtà come il Costarica (6°) o la Giamaica (10°), che superano di gran lunga la Gran Bretagna, patria del giornalismo anglosassone, che è solo al 38° posto, o gli Stati Uniti, fermi al 41°.