lunedì 7 novembre 2016
Reporters sans frontières: Hadi Abdullah nominato “giornalista dell’anno
Il siriano Hadi Abdullah, 29 anni, ha vinto la 25esima edizione del Premio Reporters senza frontiere (Rsf) per la libertà di stampa. Lo ha annunciato l'associazione che ha anche incoronato il sito di informazioni cinese 64Tianwang e i giornalisti Lu Yuyu e Li Tingyu, incarcerati in Cina.
Il giovane siriano "non esita ad avventurarsi in zone pericolose - dove nessun giornalista occidentale si arrischia ad andare - per filmare e interrogare attori della società civile", indica Rsf che con il premio intende celebrare giornalisti, blogger e attivisti che in misura diversa e in condizioni avverse, minacciati e perseguitati, si sono distinti nella difesa della libertà di stampa.
Brevemente rapito lo scorso gennaio dal fronte al Nusra, Hadi Abdullah "ha sfiorato la morte più volte", sottolinea l'associazione che aggiunge che il suo cameraman è stato ucciso da una mina artigianale esplosa nell'appartamento che dividevano. Nell'attacco è rimasto gravemente ferito anche Hadi. Nessuno dei premiati sarà presente alla cerimonia di consegna che si terrà domani a Strasburgo a margine del "Forum mondiale della democrazia" organizzato dal Consiglio europeo ma Hadi Abdullah interverrà tramite un collegamento video.
Nel 2015, il premio era stato assegnato ad una giornalista siriana, Zaina Erhaim, che lavorava dalla città di Aleppo.
Abdullah non potrà ritirare il suo premio, martedì 8 novembre a Strasburgo, ma molto probabilmente interverrà alla cerimonia attraverso un collegamento video. L’organizzazione che si occupa di monitorare la libertà di stampa in tutto il mondo ha premiato anche il sito d’informazione cinese 64Tianwang e i due cinesi Lu Yuyu et Li Tingyu, attualmente agli arresti.
«Un anno eccezionale per la censura»: è il titolo dell’ultima campagna pubblicitaria che Reporters sans frontières (Rsf) lancia in occasione della Giornata mondiale per la libertà di stampa, il 3 maggio. Sfilano con un calice in mano dodici leader mondiali, dal russo Vladimir Putin all’egiziano Abdel Fattah al-Sisi, che «celebrano la loro vittoria» sui giornalisti scomodi.
I dati dell’ultimo rapporto di Rsf sono scioccanti: redazioni attaccate a colpi di granata in Burundi, giornalisti licenziati per un tweet in Turchia, blogger condannati a frustate in piazza e dure pene detentive in Arabia Saudita, campi militari per la «rieducazione» dei reporter in Thailandia.
Scorrendo la classifica del 2016 ci sono molte conferme di oscurantismo ma anche qualche sorpresa. Tra queste, la posizione dell’Italia che si classifica soltanto al 77° posto su 180, scendendo di ben 4 scalini rispetto al 2015. Peggio di noi, nell’Unione europea, c’è solo la Grecia. Meglio di noi, invece, spiccano molti Stati meno sviluppati di noi economicamente, come il Ghana (26°), il Burkina Faso (42°), Haiti (53°), la Serbia (59°), il Senegal (65°), la Tanzania (71°) o il Nicaragua (75°). Il rapporto denuncia in «il livello molto inquietante di violenze perpetrate contro i giornalisti (intimidazioni verbali o fisiche, minacce di morte...)» in Italia: «Quelli che indagano sulla corruzione o il crimine organizzato sono i primi a finire nel mirino». Ma nella «scheda» viene citato anche lo Stato del Vaticano, dove «è la giustizia che se la prende con la stampa, nel contesto degli scandali Vatileaks e Vatileaks 2».
In testa alla classifica si riconfermano i più liberali Paesi del nord Europa — Finlandia, Paesi Bassi, Norvegia, Danimarca — ma anche piccole realtà come il Costarica (6°) o la Giamaica (10°), che superano di gran lunga la Gran Bretagna, patria del giornalismo anglosassone, che è solo al 38° posto, o gli Stati Uniti, fermi al 41°.
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