mercoledì 29 giugno 2016

ONU: per il Consiglio di sicurezza accordo tra Italia e Olanda


Compromesso raggiunto alle Nazioni Unite tra Italia e Olanda che propongono di dividersi un anno per uno il seggio come membro non permanente nel Consiglio di Sicurezza per il biennio 2017-2018. Lo ha reso noto il ministro degli Esteri olandese Bert Koenders, dopo l’accordo raggiunto con l’italiano Paolo Gentiloni.

L’intesa - che ha precedenti rarissimi - è stata raggiunta dopo cinque “fumate nere”, infatti il seggio diviso tra due paesi è una evenienza rarissima: è successo la prima volta nel 1955 con Jugoslavia e Filippine e pochissime altre volte.

L’Olanda ha tenuto duro fino a tarda notte quando l’esito della partita restava ancora incerto. Un confronto difficile, denso di incertezze e costellato di accordi dietro le quinte fin dalla prima mattinata, quando i tre concorrenti, Italia, Svezia e Olanda per i due seggi destinati all’Europa occidentale si sono presentati all’Assemblea generale dell’Onu riunita in seduta plenaria per un voto che riguardava anche altre geografiche.

Al primo turno, la Svezia, che vanta grandi tradizioni alle Nazioni Unite, ha ottenuto 134 voti, molto al di sopra dei 127 necessari per il quorum. Fonti diplomatiche dicono che ha molto aiutato l’avere al Palazzo di Vetro il numero il numero due della prima organizzazione multilaterale al mondo, Jan Eliasson, vice di Ban Ki-moon. In quel voto l’Italia ha avuto 113 voti e l’Olanda 123.

Per i capi delegazione chiamati al voto la scelta non è stata facile anche alla luce del ruolo significativo rivendicato da entrambi i Paesi. L’Olanda è un Paese che ha dedicato negli ultimi anni molti più fondi di quanto non abbiamo fatto noi alla cooperazione, questo le ha consentito di intessere stretti rapporti con numerosi Paesi in via di sviluppo. L’Italia invece è il settimo contributore in termini di fondi alle Nazioni Unite ed è il primo fra i paesi europei per partecipazione alle missioni di peacekeeping e di addestramento. Inoltre il nostro Paese mancava da dieci anni dal Consiglio, pur vantando una forte esperienza al suo interno sulla base di sei mandati ottenuti in passato. Infine, dopo Brexit vi è la necessità di riaffermare l’importanza del multilateralismo e potrebbe anche riaprirsi la battaglia per la riforma del Consiglio, fronte su cui l’Italia ha giocato partite importanti.

Ad attendere il risultato all'interno dell'aula, insieme all'ambasciatore Sebastiano Cardi, c'era anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che negli ultimi mesi ha portato avanti una decisa campagna per sostenere la candidatura dell'Italia. Per il Paese quella dell'Onu è un'occasione importante per gli sforzi in atto sui fronti caldi dell'immigrazione ma, soprattutto, della stabilizzazione della Libia. Non solo, il Paese è impegnato anche su altri capitoli importanti della politica estera, come la Siria e il cambiamento climatico. Intanto i cinque seggi a disposizione per il prossimo biennio sono stati ricoperti, oltre che dalla Svezia, dall'Etiopia e dalla Bolivia. Infine per l'area asiatica ha spuntato un seggio il Kazakistan che ha battuto la Thailandia.



martedì 28 giugno 2016

Che cos’è l’articolo 50 del trattato di Lisbona



Articolo 50 sì, articolo 50 no. Ma che cos'è?

Secondo l'articolo 50 del trattato sull'Unione europea, uno stato membro può avviare unilateralmente la pratica di recessione dall'Unione. La decisione di avviare tale processo deve essere presa nel pieno rispetto delle singole Costituzioni nazionali.

Una volta che l’intenzione di uscire è stata comunicata al Consiglio europeo, hanno inizio le trattative fra l’Unione e il singolo paese riguardo alle modalità del "divorzio" e alle relazioni future fra le due parti (per esempio, il Regno Unito e l’Ue potrebbero decidere di discutere riguardo a nuovi accordi commerciali). Il Consiglio europeo, rappresentante dell’Unione, conclude il rapporto con una delibera a maggioranza, non senza aver ottenuto l’approvazione del Parlamento di Bruxelles.

Nel momento in cui si raggiunge l’accordo di recesso, il singolo paese cessa di essere sottoposto ai trattati europei. Lo stesso accade, anche se non si dovesse arrivare a un compromesso fra i negozianti, due anni dopo la notifica al Consiglio europeo, a meno che non venga concessa una proroga dalle autorità continentali.

Durante i due anni di trattative, il recedente in questione dovrebbe comunque sottostare alle regole dell’Unione ma rinunciare ad ogni potere decisionale all'interno di essa.

Secondo un documento rilasciato dal governo britannico, l’intera pratica di uscita richiederebbe molti anni e in caso di vittoria degli euroscettici, il paese si dovrebbe preparare a un "decennio di incertezze".

Se lo stato mai decidesse di rientrare nell’Unione, si troverebbe costretto a seguire un processo di adesione uguale a quello dei nuovi membri. Brexit, come David Cameron ha tenuto a sottolineare più volte nell’incitare a votare remain, è quindi irreversibile.

L’articolo 50 è comparso per la prima volta nella versione del trattato dell’UE siglato a Lisbona nel 2007, ed entrato in vigore il 1 dicembre 2009. Prima di allora, un membro non poteva lasciare l’Unione a meno che entrambe le parti riconoscessero il diritto informale di uscita o che le circostanze in cui il trattato era stato negoziato fossero cambiate così drasticamente da trasformare gli obblighi dei firmatari.

Prima della sua ratificazione e della nascita dell’Ue nel 1992 a Maastricht, alcuni stati e territori avevano tentato, invano o con successo, di lasciare l’allora Comunità economica europea. Il Regno Unito indisse un referendum nel 1975, ma fu il fronte remain a trionfare. I cittadini della Groenlandia, che fa parte della Danimarca ma gode di una certa autonomia, nel 1985 hanno invece effettivamente votato per l’abbandono della Cee.

Dopo la vittoria del leave (lasciare) nel referendum britannico del 23 giugno, si parla molto dell’articolo 50 del trattato di Lisbona, che definisce la procedura per lasciare volontariamente l’Unione. La formulazione è vaga: 250 parole, cinque paragrafi. “Quasi come se i suoi redattori pensassero che non sarebbe mai stato usato”, scrive il Guardian. Il parlamento europeo il 28 giugno ha approvato una mozione che chiede al primo ministro britannico di invocare rapidamente l’articolo 50, dopo la vittoria della Brexit. Cameron invece ha detto che non sarà lui a farlo, ma lascerà questo compito al suo successore, che dovrebbe essere scelto entro il 2 settembre.

Cosa dice l’articolo 50?
L’articolo 50 dice che ogni stato membro può decidere di ritirarsi dall’Unione europea conformemente alle sue norme costituzionali. Se decide di farlo, deve informare il Consiglio europeo della sua intenzione e negoziare un accordo sul suo ritiro, stabilendo le basi giuridiche per un futuro rapporto con l’Unione europea. L’accordo deve essere approvato da una maggioranza qualificata degli stati membri e deve avere il consenso del parlamento europeo. I negoziatori hanno due anni a disposizione dalla data in cui viene chiesta l’applicazione dell’articolo 50 per concludere un accordo, ma questo termine può essere esteso. Se in un momento successivo lo stato che ha lasciato l’Unione vuole rientrarvi deve ricominciare le procedure di ammissione. Nessuno stato ha mai invocato finora l’articolo 50, il Regno Unito sarà il primo.

Che tempi ci sono per invocare l’articolo 50?
I tempi per il ricorso all’articolo 50 sono diventati il principale contenzioso dopo il referendum del 23 giugno. Nel suo discorso di dimissioni David Cameron ha chiarito che non c’è fretta di procedere: 

“Una trattativa con l’Unione europea dovrà essere intrapresa da un nuovo primo ministro e penso che sia giusto che questo nuovo premier prenda la decisione su quando far ricorso all’articolo 50 e avviare il processo formale per lasciare l’Unione europea”. Anche i sostenitori della Brexit all’interno dello schieramento conservatore sono determinati ad aspettare: non vogliono che il Regno Unito si sieda al tavolo delle trattative con una leadership debole come quella di un premier dimissionario. Il partito nazionalista Ukip, tuttavia, ha chiesto che la procedura sia avviata “non appena possibile”. I leader europei, arrabbiati e delusi, vogliono che il Regno Unito esca rapidamente in modo da limitare l’instabilità ed evitare che altri paesi mettano in discussione la loro permanenza nell’Unione. Il ministro degli esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, ha detto: “Questo processo deve cominciare il più presto possibile”. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha dichiarato: “Non ha alcun senso aspettare fino a ottobre per negoziare l’uscita di Londra”.

Che può fare l’Unione europea?
Per quanto gli europei vogliano accelerare il processo di uscita del Regno Unito, hanno pochi mezzi legali per farlo. Infatti non è previsto alcun meccanismo per costringere uno stato a uscire dall’Unione europea. L’articolo 50 può essere invocato solo dallo stato che voglia lasciare l’Unione e da nessun altro stato membro o istituzione europea. L’unica iniziativa consentita all’Unione è semmai il ricorso all’articolo 7 del trattato di Lisbona, in base al quale l’Unione può sospendere uno stato membro se ritiene che violi i principi fondamentali di libertà, democrazia, uguaglianza. Questo articolo non è mai stato invocato.

La vittoria della Brexit al referendum non obbliga il governo ad agire immediatamente perché la votazione non è giuridicamente vincolante. In effetti, come e quando appellarsi all’Articolo 50 è diventato nelle ultime ore la questione principale attorno al voto di giovedì.

Nel suo discorso a commento dei risultati del referendum Brexit, durante il quale ha annunciato le sue dimissioni, il Primo Ministro David Cameron ha tenuto a specificare che non ha alcuna fretta di appellarsi all’Articolo 50.

“La trattativa con l’Unione Europea ha bisogno di iniziare con un nuovo primo ministro e penso che sia giusto che sia questo nuovo primo ministro a prendere la decisione su quando far scattare l’articolo 50 e avviare il processo formale e legale di abbandono dell’Unione europea”,

ha dichiarato.

Così facendo, Cameron ha fatto un favore a chi ha faticato di più per spodestarlo - Boris Johnson e Michael Gove - i leader della campagna Leave. Entrambi sostengono che non c’è alcuna fretta di agire: così facendo si metterebbe la Gran Bretagna in una posizione sfavorevole durante le negoziazioni in un momento in cui la sua classe politica è allo sbando.


domenica 26 giugno 2016

Brexit, quali sono le conseguenze



Il Regno Unito ha deciso: la maggioranza dei britannici ha scelto di lasciare l’Unione europea. Le conseguenze della Brexit saranno numerose per i sudditi della corona, sia per coloro che sono residenti in patria sia per chi vive in un Paese europeo.

Ecco i possibili risvolti pratici che cambieranno dopo il referendum:

L’effetto più immediato della Brexit potrebbe essere sentito sulla libera circolazione dei britannici nei Paesi Ue: se finora bastava la carta d'identità per muoversi all’interno dello Spazio Schengen, l'uscita della Gran Bretagna dall’Ue potrebbe essere accompagnata dalla necessità per i cittadini britannici di richiedere un visto per viaggiare nell’Europa continentale. Allo stato attuale solo 44 dei 219 Paesi richiedono un visto ai cittadini britannici.

Le vacanze nel Vecchio Continente saranno più care per i britannici: non solo perché la caduta della sterlina nei confronti dell'euro ridurrà inevitabilmente il loro potere d'acquisto, ma anche in virtù di accordi comunitari che permettono a qualsiasi compagnia aerea dell'Ue di operare senza limiti di frequenza, capacità o prezzo nello spazio aereo europeo. "Il mercato unico ha consentito a Ryanair di promuovere la rivoluzione dei voli a basso costo in Europa", ha ricordato nei giorni scorsi Michael O'Leary, l’amministratore delegato della compagnia aerea low cost britannica.

I sostenitori della Brexit hanno fatto dell'occupazione uno dei cavalli di battaglia della loro campagna. L'uscita del Regno Unito dall'Ue potrebbe essere accompagnata da delocalizzazione di numerosi posti di lavoro. Soprattutto per le grandi banche: Jamie Dimon, amministratore delegato di JPMorgan, ha avvertito all'inizio di giugno che la banca americana, che impiega oltre 16mila persone nel Regno Unito, in sei posti diversi, potrebbe rimuovere tra le 1000 e le 4000 persone, in particolare nelle funzioni di back-office.

La moneta nazionale ai minimi da 30 anni avrà un impatto concreto sui risparmi depositati in banca e sui mutui che diventeranno più alti. Le tasse però sono destinate a scendere. Il quotidiano Independent, che era favorevole al Remain, ha elencato in sei punti l’impatto del voto sulla vita di tutti i giorni e sull’economia: tra le altre segnalano vacanze più care, inflazione e tassi d’interesse in aumento, fuga dei capitali delle aziende, meno investimenti e meno assunzioni.

Comunque il problema più immediato è di ordine finanziario con le Borse che crollano, ma nel medio periodo bisognerà fare i conti con le altre conseguenze della Brexit, che per le imprese italiane si riflettono in primis sull’Export e sulle strategie di  aziende con delocalizzazioni in Gran Bretagna. In vista, sostanziali cambiamenti anche per gli Italiani che lavorano oltre Manica, i quali perdono i vantaggi riservati ai cittadini comunitari. Ma tutto questo si risolverà nel tempo con normative e trattati ad hoc, nel frattempo tutti possono stare tranquilli.

Al di là al terremoto politico con le dimissioni di Cameron, lo scossone vero al momento è quello finanziario. Se le Borse crollano, la Sterlina precipita: Piazza Affari ha fatto fatica ad aprire, i titoli del paniere principale, il FTSE Mib, hanno avuto difficoltà a fare prezzo. Apertura a -11% (difficile trovare un precedente), tutti gli indici europei lasciano sul terreno almeno il 5-6%. Titoli finanziari in caduta libera, a Milano le banche lasciano sul terreno quasi il 20%.

Dunque, il primo vero impatto della Brexit riguarda i mercati e sarebbe un errore sottovalutarlo: ma davvero si rischierebbe una nuova crisi finanziaria, paragonabile a quella seguita al crollo di Lehman Brothers? E’ questa la domanda che  preoccupa tutti.

L’Europa da qualche anno è impegnata in un’opera di rafforzamento del sistema bancario, che metta gli istituti finanziari nelle condizioni di resistere agli shock. Gli effetti  Brexit sul sistema finanziario europeo si vedranno  nei prossimi giorni: il settore riuscirà a sollevarsi? C’è il rischio di una nuova crisi mondiale? La vera domanda è questa e riguarda l’effetto sistemico della Brexit. In gioco, c’è la sopravvivenza dell’Europa (anche della moneta unica?).

Nel frattempo, si fa i conti con le questioni che si aprono nell’immediato. Il problema numero uno per le imprese è certamente rappresentato dalla Sterlina. Per chi ha filiali in Gran Bretagna, o comunque lavora in sterline, significa pagare di più le materie prime.

Esportazioni
Ma per tutte le imprese che esportano in Euro, significa  uno svantaggio competitivo, in primo luogo sul fronte delle esportazioni in Gran Bretagna, in secondo luogo sui mercati internazionali rispetto alla concorrenza britannica. Uno studio Nomisma segnala che per l’Italia:«il Regno Unito pesa per il 5,4% dell’Export, quasi tutto è composto da prodotti del manifatturiero. Considerando i singoli comparti, si va dal minimo di 0,2% del tabacco al massimo del 13% delle bevande e del 10% dei mobili». Secondo S&P l’Italia è comunque fra i paesi europei meno esposti alla Brexit (al 19esimo posto su una classifica di 20 paesi).

Tornando all’analisi Nomisma, la regione italiana più esposta è la Basilicata, che esporta in Gran Bretagna il 16% del totale, a causa soprattutto della Jeep Renegade prodotta negli stabilimenti di Melfi. Seguono il manifatturiero dell’Abruzzo (10,6% di esportazioni verso la Gran Bretagna, per €778 mln) e l’agricoltura e pesca della Campania (12,6% e €55 mln).

La Brexit darà numerosi grattacapi anche all'1,3 milioni di espatriati britannici che vivono in altri Paesi europei, per esempio in Spagna ((319.000), Irlanda (249.000), Francia (171.000) o Germania (100.000).

I pensionati dovrebbero vedere diminuire il poter di acquisto delle loro pensioni, causa del forte deprezzamento della sterlina.

Copertura sanitaria - Un altro problema riguarderà la loro copertura sanitaria: in molti Paesi europei, ricevono assistenza dal sistema sanitario nazionale, i cui costi vengono poi pagati dalla sanità pubblica britannica nell'ambito di accordi bilaterali. A rischio anche il destino professionale delle migliaia di funzionari britannici che lavorano per le istituzioni europee, in particolare a Bruxelles.

Nuove frontiere - La Brexit potrebbe avere conseguenze inaspettate anche sulla geografia. La Spagna potrebbe essere tentata di chiudere il confine con Gibilterra, uno sperone di 6 chilometri quadrati dove vivono 33mila britannici.
Più a nord, la Brexit potrebbe anche creare un confine tra Irlanda del Nord e Irlanda, rallentando il flusso di migliaia di persone ogni giorno.

La Brexit potrebbe avere conseguenze anche per il mezzo milione di italiani che vivono nel Regno Unito.

Lavoro - Chi già paga le tasse in Gran Bretagna da cinque anni può richiedere un permesso di residenza e la cittadinanza. Qualcuno si è mosso in anticipo prendendo la doppia cittadinanza (britannica e italiana). Chi volesse farlo ora rischia di scontrarsi con una burocrazia molto più lunga. Chi vuole trasferirsi in Uk, da oggi in poi, non può più farlo se non ha già trovato un’occupazione prima della partenza.

Studio e assistenza sanitaria - Le rette universitarie sono destinate a salire notevolmente mentre ancora non è chiaro come funzionerà l’assistenza sanitaria. Finora era basata sulla reciprocità dei Paesi Ue. Ora c’è il rischio che un italiano che necessiti del pronto soccorso inglese non avrà più un trattamento gratuito. Annullati anche i sussidi di disoccupazione e la possibilità di ottenere un alloggio popolare.



venerdì 24 giugno 2016

Brexit: Regno Unito fuori dall'Europa



La data del 23 giugno 2016 potrebbe rivoluzionare le sorti della Gran Bretagna e di tutta Europa, E si va dal secco "We're out", "Siamo fuori", al più creativo "See EU Later" sfoderato dal Sun, che gioca sulle parole e saluta l'Unione Europea, senza rimpianti. Ecco le prime pagine dei giornali britannici in edicola oggi, giorno della Brexit.

Al referendum l’opzione leave (lasciare) ha vinto con il 51,9 per cento, contro il 48,1 per cento del remain (restare). Il premier David Cameron ha annunciato le sue dimissioni entro ottobre.
 Per fare una sintesi un po’ brusca hanno votato per restare in Europa, molti quartieri di Londra, la Scozia, l’Irlanda del Nord e i giovani e i laureati.

Il divorzio dall’Ue non sarà immediato: il premier David Cameron dovrà notificare la scelta al Consiglio europeo, composto da Capi di Stato e di governi dell’Ue e, solo da questo momento, inizierà l’iter di recesso, che potrebbe durare dai due ai cinque anni.

Nove delle 12 macroaree che compongono il Regno Unito hanno votato in favore di Leave e contro l'Ue. Lo certifica un prospetto della Bbc secondo il quale Remain e' prevalso soltanto in Scozia, a Londra e in Irlanda del Nord. Le aree piu' euroscettiche sono state le Midlands, regioni che comprendono grandi centri urbani come Birmingham e vecchi distretti industriali, con le West Midlands contro l'Ue al 59,3% e le East Midlands al 58,8. A ruota il North East e poi lo Yorkshire, proprio la regione in cui giovedi' 16 l'estremista di destra Tommy Mair ha ucciso la deputata laburista Jo Cox, paladina di migranti e integrazione europea. Da notare pure l'inattesa vittoria di Leave, di misura, in Galles La vera roccaforte europeista resta invece la Scozia, pur con un'affluenza inferiore alla media nazionale, che si conferma una realta' a parte nel regno e che ha votato Remain al 62%. Segue Londra, filo-Ue al 59,9% e l'Irlanda del Nord, un po' meno anti-Brexit delle previsioni con il 55,8%

Nigel Farage: “Vittoria della gente comune. Ora un governo Brexit” Farage afferma che al referendum sulla brexit c'e' stata "la vittoria della gente comune contro le grandi banche, il grande business e i grandi politici".   "Ora c'è bisogno di un governo Brexit, che faccia il suo lavoro, che inizi subito il processo di rinegoziazione". Così il leader dell'Ukip, Nigel Farage, commentando la vittoria della Brexit nel referendum di ieri.     "Diciassette milioni di persone hanno detto che dobbiamo uscire dall'Ue - ha aggiunto Farage - Adesso ci siamo liberati per poter stringere accordi di associazione e commercio con tutto il resto del mondo. Ci siamo ridati la possibilità  di collegarci all'economia globale di tutto il mondo".       Bank of England: pronti a sostenere economia con 250 mld di sterline  La Banca d'Inghilterra è pronta a sostenere l'economia nazionale con oltre 250 miliardi di sterline (344 miliardi di dollari) dopo che il paese ha votato per il si' alla Brexit. Per il governatore Mark Carney ci si può infatti attendere un certo grado di "volatilità economica e sui mercati".

Boris Johnson è "triste" per la decisione di David Cameron di dimettersi, ma la "rispetta". L'ex sindaco di Londra, leader della campagna per il Leave al referendum che ha sancito l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue, lo ha sottolineato all'inizio della conferenza in cui ha commentato il risultato del voto che ha sancito l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue. "Conosco Cameron da molto tempo, è un uomo coraggioso e di principi, che ha servito il suo Paese per molti anni. E' stato il coraggio di Cameron a darci questo referendum", ha aggiunto Johnson.   La Gran Bretagna si prepara a "districarsi dall'Ue senza fretta", ma non volteremo le spalle all'Europa. Il Paese resterà unito". Poi una rassicurazione ai giovani britannici: "Restiamo europei e continuerete a viaggiare in Europa"


martedì 21 giugno 2016

Antartide, è la giornata del Midwinter, il solstizio d'inverno


Mentre nell'emisfero Nord è arrivata l'estate, con il giorno più lungo dell'anno, nell'emisfero Sud è ormai inverno e in Antartide, nelle basi aperte in questo periodo, si celebra il Midwinter. Quest'anno, però, non c'è spazio per i festeggiamenti: nella base italo-francese Concordia, come probabilmente accade nelle altre basi antartiche, il pensiero va alla missione di soccorso diretta alla base americana Amundsen Scott.

Per il personale delle basi antartiche il Midwinter è il giro di boa dell'inverno. Da quel momento in poi ci vorranno 50 giorni prima che il Sole si riaffacci sul continente bianco la prima alba è attesa il 12 agosto. Nel giorno più corto dell'anno la temperatura a Concordia, sul plateau antartico, è di meno 64.9 gradi, ma quella percepita raggiunge meno 82.3 e il vento soffia alla velocità di 3,3 metri al secondo, informa il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), che insieme all'Enea gestisce il Programma Nazionale di Ricerche in Antartide.

Nella base, informa il suo coordinatore, Vito Stanzione, dell'Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo del Cnr (Isafom-Cnr) rileva che a Concordia si sta vivendo con partecipazione l'esito della difficile operazione di evacuazione medica di uno dei 48 membri dell'equipaggio della base Amundsen Scott, che ha urgente bisogno di cure ospedaliere.

"Conosciamo bene le difficoltà nell'organizzare una tale operazione di soccorso da parte di chi è in base", ha rilevato Stanzione in una nota. "Siamo in pieno inverno australe, con temperature estreme: le medie del periodo sono di circa meno 65 gradi con picchi di meno 8o gradi, siamo in piena notte polare e il buio regna sovrano per 24 ore su 24". Molto dell'intervento di salvataggio, ha aggiunto, dipende dai piloti esperti che operano nel nord del Canada, Artico ed Antartide con i Twin Otter.

Uno scienziato della base americana Amundsen-Scott South Pole in Antartide necessita di cure mediche urgenti e, per salvarlo, è stata organizzata una delle missioni più complesse e ardue della storia. A complicare terribilmente le cose c'è il maltempo e la stagione invernale, tanto che al buio e al freddo dell'inverno sono stati organizzati soltanto tre salvataggi da sempre.

Per salvare la vita allo scienziato sono stati inviati alla base statunitense due aerei Twin Otter: costretti a fermarsi all'aeroporto cileno di Punta Arenas per il maltempo, l'arrivo dei due velivoli, partiti da Calgary lo scorso 14 giugno, è avvolto nel mistero, anche se Peter West, portavoce della National Science Foundation (Nsf), ha ammesso che i due Twin Otter sono arrivati sabato 18 giugno alla base inglese di Rothera, che si trova sulla costa Antartica.

"Non posso confermare che i due aerei abbiano lasciato l'aeroporto di Punta Arenas in Cile - precisa - ma posso dire che è atteso per oggi il loro arrivo alla base di Rothera, dove si fermeranno attendendo che le condizioni meteorologiche siano idonee per proseguire". La base Usa si trova all'interno dell'Antartide, a 2.400 dalle base di Rothera. La missione è particolarmente difficile perché si trova al culmine del freddo e del buio dell'inverno antartico.

Con quella iniziata lo scorso 14 giugno da Calgary in Canada, sono solo le tre le missioni di salvataggio medico partite alla volta dell'Antartide in inverno. Le altre due sono state nel 2001 e nel 2003.

Di solito infatti, tra febbraio e ottobre, non ci sono più voli verso il continente bianco, e chi si trova a trascorrere l'inverno lì è come se stesse sulla Luna. Le difficoltà di una missione di salvataggio in Antartide sono però venute agli onori delle cronache già prima, nel 1999, quando la dottoressa Jerri Nielsen, membro del personale della base Amundsen-Scott South Pole, scoprì di avere un cancro al seno alla fine del mese di maggio.

Essendo l'unico operatore medico della base, fu costretta ad affidarsi a dei tecnici non formati per farsi fare la biopsia e a rimanere nella base fino ad ottobre, quando vennero a prenderla. Una vicenda che ha in parte ispirato anche uno degli episodi del celebre telefilm Dottor House. Anche nell'agosto del 2011 quando la 51enne Renee-Nicole Douceur, manager della base Usa in inverno, ebbe un ictus, la National Science Foundation (Nsf) ritenne poco sicuro mandare un aereo di soccorso.

Nonostante le suppliche dei suoi familiari, una petizione alla Casa bianca e il coinvolgimento di molti media, la donna rimase nella base per due mesi, finché finalmente non vennero a recuperarla. Il primo ad essere salvato in inverno, nell'aprile del 2001, è stato invece Ron Shemenski, medico della base Usa, ammalatosi di pancreatite. Prima di Sean Loutitt, il capo pilota impegnato in quella missione, nessuno aveva volato fino alla base Amundsen-Scott nella notte polare. Si pensava che fosse una cosa impossibile.

La seconda missione è stata quella che ha visto coinvolto Barry McCue, 51 anni esperto di sicurezza ambientale, nel settembre del 2003. Nel suo caso fu necessario sottoporlo a un intervento chirurgico per calcoli alla bile. La compagnia aerea canadase Kenn Borek gestisce queste missioni da 15 anni. L'equipaggio di solito è composto da due piloti e un meccanico. Nel gennaio 2013 uno dei suoi aerei si schiantò sul fianco di una montagna in Antartide mentre trasportava del carburante al gruppo di ricerca italiano della base di Terra Nova. Morirono i tre membri dell'equipaggio, ma i loro corpi sono rimasti sepolti tra i rottami dell'aereo.


martedì 7 giugno 2016

8 giugno 2016. Giornata mondiale oceani, plastica nemico numero uno



La Giornata Mondiale degli Oceani è un giorno di festa globale per un futuro migliore, nata per contribuire alla sensibilizzazione di tutti, associazioni e singoli, verso lo stato dei nostri mari. Gli oceani coprono tre quarti della superficie terrestre e garantiscono la sopravvivenza a 3 miliardi di persone. La salute del globo dipende anche dalla salute dei suoi mari: gli oceani coprono tre quarti della superficie terrestre, garantiscono sopravvivenza a 3 miliardi di persone e generano circa 3 mila miliardi di dollari all'anno in termini di risorse e industrie, il 5% del Pil globale. Lo ricorda l'Onu in occasione della Giornata mondiale degli oceani che si celebra l'8 giugno.

Quest’anno il tema della ricorrenza è “Oceani sani, pianeta sano” e l’impegno delle Nazioni Unite è particolarmente concentrato sula lotta all'inquinamento da plastica, una delle principali piaghe dei mari dei nostri giorni. “C’e’ bisogno di azioni urgenti su scala globale per alleviare gli oceani dalle molte pressioni che devono affrontare e per proteggerli da pericoli futuri“, ha affermato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Ogni anno nelle acque del pianeta finiscono circa 8 milioni di tonnellate di plastica. . Rifiuti che si scompongono in pezzi sempre più piccoli fino a diventare microplastiche

Prevenire l’inquinamento marino dalla piaga della plastica è l’impegno delle Nazioni Unite che promuove, per i festeggiamenti, eventi in tutto il mondo. L’interesse verso questo tema è cresciuto enormemente in ogni luogo da quando Ocean Project è nato, nel lontano 2002,  raggiungendo milioni di persone in tutto il mondo con centinaia di partner coinvolti.

L'inquinamento prodotto dalla plastica è una minaccia seria, sottolinea l'Onu, perché ha un impatto notevole sulla salute degli animali marini. Solo pochi giorni fa uno studio su Science evidenziava che le larve di alcuni pesci preferiscono le microplastiche al loro cibo naturale (il plancton), assuefatte come i ragazzi allo 'junk food'. Tendenza che ha influito sul loro sviluppo, portando le larve anche alla morte.

L’occasione della celebrazione di questa giornata giunge a favore per ricordarci lo stato di sofferenza in cui versano i mari del pianeta e la vegetazione e le bellezze marine viventi che ospitano, alle prese con cambiamenti climatici dall'impatto devastante, allevamenti intensivi, e un radicato inquinamento dovuto alla presenza di rifiuti.

Come detto in cima a questa triste classifica c’e la plastica, e in particolare la prima risulta essere una presenza costante nei mari di tutta la Terra: bottiglie e sacchetti riempiono coste e litorali come le acque profonde. Provando a dare un’occhiata ad esempio ai principali rifiuti presenti nell’area del Mediterraneo, vediamo che subito dopo plastica e metalli abbiamo in ordine di diffusione nasse, reti, strumenti da pesca e cassette per il pesce, poi al quarto posto mozziconi di sigaretta e subito dopo i rifiuti da mancata depurazione, come assorbenti, cotton fioc e preservativi, tutte cose che gettiamo nel water non tenendo conto delle conseguenze.

È quanto emerge dall'analisi effettuata nel 2015 da Legambiente con il dossier Beach Litter monitorando l’area del Mediterraneo, ma il discorso è valido in qualsiasi altra area geografica del pianeta, poiché lo studio dimostra come siano le cattive abitudini della popolazione la principale causa di inquinamento marino, coadiuvate da carente o mancante attività di depurazione e residui di attività produttive.

Possiamo fare molto per evitare di trasformare le spiagge in discariche e il mare in un’immensa colata di spazzatura, che danneggia gravemente le acque, le biodiversità presenti, rischiando anche di infettare l’intera catena alimentare, ritorcendosi perciò contro di noi. Il consiglio è sempre di effettuare una corretta raccolta differenziata e riciclare il più possibile, e ricordarci banalmente quando andiamo in spiaggia d’estate di non lasciare le tracce del nostro passaggio: aumentando la nostra soglia di attenzione tutti quanti, riusciremmo a ridurre l’impatto della presenza umana sulla vita degli oceani.



domenica 5 giugno 2016

Muhammad Alì, la leggenda oltre il pugilato


Complicazioni respiratorie, aggravate dal morbo di Parkinson: a Phoenix è morto a 74 anni Muhammad Ali, ex campione del mondo dei pesi massimi, forse il più grande sportivo di sempre.

«Cassius Clay è un nome da schiavo. Io sono Muhammad Ali, un nome libero». Non solo una leggenda del pugilato, ma un uomo dotato di grande sensibilità, carismatico, impegnato nella lotta per i diritti civili e nelle battaglie sociali in favore della comunità afroamericana.  Il grande boxeur all'apice della sua carriera sul ring faceva incetta di titoli milionari e cachet da capogiro: si ricordano infatti gli otto milioni di dollari incassati per il match con Larry Holmes nel 1980 come uno dei compensi record dell'epoca. Nel corso dei decenni ha poi gestito con attenzione sponsor e profitti scaturiti dalla sua immagine.

E personalità di vario tipo, e di tutto il mondo, continuano a rendere omaggio al mito di Muhammad Ali e di ciò che la sua figura significava. Ora è il turno anche di Madonna, che sul proprio profilo Instagram ha pubblicato tre foto, di cui due che la ritraggono assieme all'icona del pugilato. La terza foto è un'immagine di Ali con la rockstar Prince, anche lui scomparso di recente. "Quest'uomo, questo re, questo eroe, questo essere umano! - è la considerazione di Madonna riferita all'ex campione del mondo dei pesi massimi -. Non ci sono parole per spiegare. Lui ha cambiato il mondo...che Dio lo benedica". E poi: "ma che sta succedendo? Stiamo perdendo tutti i nostri tesori nazionali. Lui era quello più grande".

"Caro Muhammad Ali...Ho amato quest'uomo.... E' stato incredibile fin dal primo momento che lo incontrammo a Miami, e poi in tutte le innumerevoli occasioni in cui ci siamo incrociati nel corso degli anni". Anche Paul McCartney, su Facebook, ha voluto commentare la scomparsa dell'icona planetaria, postando assieme alle proprie considerazioni una delle celebri foto, scattate nel campo di allenamento dell'ex campione, in cui Ali 'mette Ko' i 4 Beatles. "Oltre ad essere il miglior pugile di tutti i tempi - scrive ancora McCartney -, era un uomo gentile e con un grande senso dell'umorismo e che tirava sempre qualcosa fuori dalle tasche per fare qualche gioco di prestigio, a prescindere dalla situazione in cui si trovava. Il mondo ha perso una grande persona. Con amore, Paul".

Amavo quell'uomo, era un amico di tutta la vita. Ma Ali non morirà mai". Così Don King, celebre promoter del mondo della boxe e organizzatore di molti dei combattimenti del Più Grande (tra cui quello a Kinshasa contro George Foreman) ricorda l'uomo che ha dato anche a lui fama e ricchezza. "Ora vogliamo celebrare la figura di Ali per ciò che lui era - aggiunge Don King, secondo quanto riportano alcuni dei principali siti statunitensi di boxe -: un combattente per il popolo e il campione della gente. Ha sempre dimostrato, pagando anche le conseguenze delle sue azioni, che tipo di carattere avesse, la propria forza interiore, ispirazione e motivazioni. E' tutto questo che separa il grano dal loglio, lui non era uno comune".

Muhammad Alì, nato Classius Clay, leggenda del pugilato, è morto. L'ex campione del mondo dei pesi massimi e oro olimpico alle Olimpiadi di Roma '60 è deceduto nella notte tra il 3 e il 4 giugno all'età di 74 anni in un ospedale di Phoenix, in Arizona, dove era stato ricoverato giovedì 2 giugno per "precauzione". Le sue condizioni non erano state giudicate gravi, ma data l'età e il morbo di Parkinson, di cui 'Il più grande' era malato da trent'anni, i medici avevano scelto la strada della prudenza. Sara' l'ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton a pronunciare l'elogio funebre durante il tributo pubblico in memoria di Muhammed Alì fissato per il prossimo venerdi' a Louisville, in Kentucky. Il corpo di Muhammed Ali arrivera' a Louisville nelle prossime 24-48 ore e nella città' natale si terranno giovedi' le esequie in forma strettamente privata con la partecipazione dei familiari. Mentre venedi' sara' il giorno del tributo pubblico che prevede anche una processione funebre nella citta'.

Alì è morto dopo uno shock settico, "in seguito a non specificate cause naturali". Lo ha detto il portavoce della famiglia del campione scomparso, sottolineando che l'ex pugile ha passato le ultime ore di vita circondato dai familiari. Il mondo lo piange e, tra gli altri, il presidente Obama lo ha omaggiato con queste parole:  "ha scosso il mondo. E per questo il mondo adesso è migliore. Siamo tutti migliori".

Le sue frasi celebri

Non solo una leggenda del pugilato, ma un uomo dotato di grande sensibilità, carismatico, impegnato nella lotta per i diritti civili e nelle battaglie sociali in favore della comunità afroamericana.
Ecco le frasi più celebri di Muhammad Ali.

 "Cassius Clay è un nome da schiavo. Io non l'ho scelto e non lo voglio. Io sono Muhammad Ali, un nome libero. Vuol dire amato da Dio. Voglio che la gente lo usi quando mi parla e parla di me". 1964

 "Vola come una farfalla, pungi come un'ape. Combatti ragazzo, combatti". 1964, prima del match con Sonny Liston.

 "Sono il re del mondo, sono carino, sono cattivo. Ho scosso il mondo, ho scosso il mondo, ho scosso il mondo!". 1964 dopo aver sconfitto Sonny Liston.

 "E' difficile essere umili quando si è grandi come me".

 "Non ho mai litigato con questi Vietcong. I veri nemici della mia gente sono qui". 1966, sul perché si fosse rifiutato di arruolarsi nell'esercito americano e combattere in Vietnam.

 "Ho già festeggiato, ho pregato Allah". 1971, dopo che la sua condanna per renitenza alla leva era stata annullata dalla Corte suprema.

 "L'ho detto a tutti quelli che mi criticano che sono il più grande di tutti i tempi.... Non datemi perdente fino a che non ho 50 anni" 1974, dopo aver sconfitto George Foreman nel celebre match a Kinshasa.

 "Tutto quello che posso fare è combattere per la verità e la giustizia. Non posso salvare nessuno. Lui è un personaggio di fantasia". Alla presentazione del fumetto in cui Muhammad Ali sconfigge Superman.

 "La gente dice che parlo lentamente oggi. Sai che sorpresa. Mi sono beccato 29.000 pugni in faccia. Ma ho guadagnato 57 milioni di dollari e ne ho risparmiati la metà. Di pugni forti ne ho presi pochi. Sai quante persone di colore vengono uccise al giorno d'oggi da colpi di pistola o da coltellate senza incassare una lira. Magari parlo lentamente, ma la mia testa è a posto". 1984, a Seattle.

"Le mie sofferenze fisiche sono state ripagate da quello che sono riuscito ad ottenere nella vita. Un uomo che non è coraggioso abbastanza da assumersi dei rischi, non otterrà mai niente". 1984, Houston.


mercoledì 1 giugno 2016

Festa per il San Gottardo: tunnel dei record simbolo unità d'Europa



Mezzogiorno. Questa l' "ora x" dell'inizio dei festeggiamenti per l'inaugurazione della galleria di base del San Gottardo, quella che AlpTransit ha ufficialmente consegnato oggi, mercoledì, alla Confederazione.  
Inaugurazione del tunnel di base del San Gottardo, la galleria ferroviaria più lunga del mondo. Per i soli festeggiamenti la Svizzera ha investito 9 milioni di franchi e ha organizzato uno spettacolo, affidato al regista Volker Hesse, che coinvolge 600 artisti.  All'appuntamento i leader europei: il presidente francese Francois Hollande, la cancelliera Angela Merkel, il premier italiano e il cancelliere austriaco Christian Kern.

Al via con una benedizione interconfessionale la giornata di celebrazioni per l’inaugurazione del tunnel ferroviario del San Gottardo: oltre 57 km nel cuore delle Alpi, che ne fanno il più lungo al mondo e promettono di avvicinare il nord e il sud dell’Europa, riducendo i tempi di percorrenza lungo la direttrice fra Genova e Rotterdam.

Dall’entrata in funzione, il prossimo dicembre, il tunnel sarà attraversato quotidianamente da più di 320 treni, nei due sensi di marcia. Cifre che, in base alle stime delle ferrovie svizzere, entro il 2020 dovrebbero garantire un incremento del 20% del traffico merci e di più del 30% di quello passeggeri.

Quando nel 2020 saranno ultimati anche il Tunnel Ceneri, in Canton Ticino, e le altre opere sul versante italiano, il San Gottardo ridurrà i tempi di percorrenza fra Milano e Zurigo a meno di tre ore.

L’inaugurazione dell’opera, costata quasi 11 miliardi di euro, arriva al termine di 17 anni di lavori e di scavi, fino ad oltre 2000 metri di profondità.

Sono oltre 1.100 gli ospiti e 300 i giornalisti accreditati per l'evento che si svolge contemporaneamente a Erstfeld nel canton dell'Uri e a Pollegio nel Canton Ticino, cioè ai due lati della galleria

Passeggeri del viaggio inaugurale, mille svizzeri che hanno vinto un concorso a cui hanno partecipato 160 mila persone e due scolaresche. Prima della partenza Johann Schneider-Amman, il presidente della confederazione Elvetica (da Rynaecht, a nord del tunnel), e il ministro Doris Leuthard (a Pollegio, nel Canton Ticino, all'ingresso Sud del tunnel) hanno sottolineato l'importanza del nuovo collegamento che permette di risparmiare almeno mezz'ora,  (un'ora nel 2020) fra Zurigo e Milano.

Scheider-Amman ha ricordato che già all'inaugurazione della prima galleria nel 1882 erano presenti le autorità degli Stati confinanti a sottolineare "l'importanza internazionale" dell' opera che ancora oggi è importante per "l'Europa". "L'opera del secolo" ha aggiunto il ministro. Poi si è levato il fischio dei treni che, in contemporanea, hanno iniziato ad attraversare i 57,1 km del tunnel ed è cominciato lo spettacolo. Primi ad entrare ballerini-acrobati vestite con le tute arancioni degli operai che hanno costruito la galleria.