Il Regno Unito ha deciso: la maggioranza dei britannici ha scelto di lasciare l’Unione europea. Le conseguenze della Brexit saranno numerose per i sudditi della corona, sia per coloro che sono residenti in patria sia per chi vive in un Paese europeo.
Ecco i possibili risvolti pratici che cambieranno dopo il referendum:
L’effetto più immediato della Brexit potrebbe essere sentito sulla libera circolazione dei britannici nei Paesi Ue: se finora bastava la carta d'identità per muoversi all’interno dello Spazio Schengen, l'uscita della Gran Bretagna dall’Ue potrebbe essere accompagnata dalla necessità per i cittadini britannici di richiedere un visto per viaggiare nell’Europa continentale. Allo stato attuale solo 44 dei 219 Paesi richiedono un visto ai cittadini britannici.
Le vacanze nel Vecchio Continente saranno più care per i britannici: non solo perché la caduta della sterlina nei confronti dell'euro ridurrà inevitabilmente il loro potere d'acquisto, ma anche in virtù di accordi comunitari che permettono a qualsiasi compagnia aerea dell'Ue di operare senza limiti di frequenza, capacità o prezzo nello spazio aereo europeo. "Il mercato unico ha consentito a Ryanair di promuovere la rivoluzione dei voli a basso costo in Europa", ha ricordato nei giorni scorsi Michael O'Leary, l’amministratore delegato della compagnia aerea low cost britannica.
I sostenitori della Brexit hanno fatto dell'occupazione uno dei cavalli di battaglia della loro campagna. L'uscita del Regno Unito dall'Ue potrebbe essere accompagnata da delocalizzazione di numerosi posti di lavoro. Soprattutto per le grandi banche: Jamie Dimon, amministratore delegato di JPMorgan, ha avvertito all'inizio di giugno che la banca americana, che impiega oltre 16mila persone nel Regno Unito, in sei posti diversi, potrebbe rimuovere tra le 1000 e le 4000 persone, in particolare nelle funzioni di back-office.
La moneta nazionale ai minimi da 30 anni avrà un impatto concreto sui risparmi depositati in banca e sui mutui che diventeranno più alti. Le tasse però sono destinate a scendere. Il quotidiano Independent, che era favorevole al Remain, ha elencato in sei punti l’impatto del voto sulla vita di tutti i giorni e sull’economia: tra le altre segnalano vacanze più care, inflazione e tassi d’interesse in aumento, fuga dei capitali delle aziende, meno investimenti e meno assunzioni.
Comunque il problema più immediato è di ordine finanziario con le Borse che crollano, ma nel medio periodo bisognerà fare i conti con le altre conseguenze della Brexit, che per le imprese italiane si riflettono in primis sull’Export e sulle strategie di aziende con delocalizzazioni in Gran Bretagna. In vista, sostanziali cambiamenti anche per gli Italiani che lavorano oltre Manica, i quali perdono i vantaggi riservati ai cittadini comunitari. Ma tutto questo si risolverà nel tempo con normative e trattati ad hoc, nel frattempo tutti possono stare tranquilli.
Al di là al terremoto politico con le dimissioni di Cameron, lo scossone vero al momento è quello finanziario. Se le Borse crollano, la Sterlina precipita: Piazza Affari ha fatto fatica ad aprire, i titoli del paniere principale, il FTSE Mib, hanno avuto difficoltà a fare prezzo. Apertura a -11% (difficile trovare un precedente), tutti gli indici europei lasciano sul terreno almeno il 5-6%. Titoli finanziari in caduta libera, a Milano le banche lasciano sul terreno quasi il 20%.
Dunque, il primo vero impatto della Brexit riguarda i mercati e sarebbe un errore sottovalutarlo: ma davvero si rischierebbe una nuova crisi finanziaria, paragonabile a quella seguita al crollo di Lehman Brothers? E’ questa la domanda che preoccupa tutti.
L’Europa da qualche anno è impegnata in un’opera di rafforzamento del sistema bancario, che metta gli istituti finanziari nelle condizioni di resistere agli shock. Gli effetti Brexit sul sistema finanziario europeo si vedranno nei prossimi giorni: il settore riuscirà a sollevarsi? C’è il rischio di una nuova crisi mondiale? La vera domanda è questa e riguarda l’effetto sistemico della Brexit. In gioco, c’è la sopravvivenza dell’Europa (anche della moneta unica?).
Nel frattempo, si fa i conti con le questioni che si aprono nell’immediato. Il problema numero uno per le imprese è certamente rappresentato dalla Sterlina. Per chi ha filiali in Gran Bretagna, o comunque lavora in sterline, significa pagare di più le materie prime.
Esportazioni
Ma per tutte le imprese che esportano in Euro, significa uno svantaggio competitivo, in primo luogo sul fronte delle esportazioni in Gran Bretagna, in secondo luogo sui mercati internazionali rispetto alla concorrenza britannica. Uno studio Nomisma segnala che per l’Italia:«il Regno Unito pesa per il 5,4% dell’Export, quasi tutto è composto da prodotti del manifatturiero. Considerando i singoli comparti, si va dal minimo di 0,2% del tabacco al massimo del 13% delle bevande e del 10% dei mobili». Secondo S&P l’Italia è comunque fra i paesi europei meno esposti alla Brexit (al 19esimo posto su una classifica di 20 paesi).
Tornando all’analisi Nomisma, la regione italiana più esposta è la Basilicata, che esporta in Gran Bretagna il 16% del totale, a causa soprattutto della Jeep Renegade prodotta negli stabilimenti di Melfi. Seguono il manifatturiero dell’Abruzzo (10,6% di esportazioni verso la Gran Bretagna, per €778 mln) e l’agricoltura e pesca della Campania (12,6% e €55 mln).
La Brexit darà numerosi grattacapi anche all'1,3 milioni di espatriati britannici che vivono in altri Paesi europei, per esempio in Spagna ((319.000), Irlanda (249.000), Francia (171.000) o Germania (100.000).
I pensionati dovrebbero vedere diminuire il poter di acquisto delle loro pensioni, causa del forte deprezzamento della sterlina.
Copertura sanitaria - Un altro problema riguarderà la loro copertura sanitaria: in molti Paesi europei, ricevono assistenza dal sistema sanitario nazionale, i cui costi vengono poi pagati dalla sanità pubblica britannica nell'ambito di accordi bilaterali. A rischio anche il destino professionale delle migliaia di funzionari britannici che lavorano per le istituzioni europee, in particolare a Bruxelles.
Nuove frontiere - La Brexit potrebbe avere conseguenze inaspettate anche sulla geografia. La Spagna potrebbe essere tentata di chiudere il confine con Gibilterra, uno sperone di 6 chilometri quadrati dove vivono 33mila britannici.
Più a nord, la Brexit potrebbe anche creare un confine tra Irlanda del Nord e Irlanda, rallentando il flusso di migliaia di persone ogni giorno.
La Brexit potrebbe avere conseguenze anche per il mezzo milione di italiani che vivono nel Regno Unito.
Lavoro - Chi già paga le tasse in Gran Bretagna da cinque anni può richiedere un permesso di residenza e la cittadinanza. Qualcuno si è mosso in anticipo prendendo la doppia cittadinanza (britannica e italiana). Chi volesse farlo ora rischia di scontrarsi con una burocrazia molto più lunga. Chi vuole trasferirsi in Uk, da oggi in poi, non può più farlo se non ha già trovato un’occupazione prima della partenza.
Studio e assistenza sanitaria - Le rette universitarie sono destinate a salire notevolmente mentre ancora non è chiaro come funzionerà l’assistenza sanitaria. Finora era basata sulla reciprocità dei Paesi Ue. Ora c’è il rischio che un italiano che necessiti del pronto soccorso inglese non avrà più un trattamento gratuito. Annullati anche i sussidi di disoccupazione e la possibilità di ottenere un alloggio popolare.