martedì 28 giugno 2016

Che cos’è l’articolo 50 del trattato di Lisbona



Articolo 50 sì, articolo 50 no. Ma che cos'è?

Secondo l'articolo 50 del trattato sull'Unione europea, uno stato membro può avviare unilateralmente la pratica di recessione dall'Unione. La decisione di avviare tale processo deve essere presa nel pieno rispetto delle singole Costituzioni nazionali.

Una volta che l’intenzione di uscire è stata comunicata al Consiglio europeo, hanno inizio le trattative fra l’Unione e il singolo paese riguardo alle modalità del "divorzio" e alle relazioni future fra le due parti (per esempio, il Regno Unito e l’Ue potrebbero decidere di discutere riguardo a nuovi accordi commerciali). Il Consiglio europeo, rappresentante dell’Unione, conclude il rapporto con una delibera a maggioranza, non senza aver ottenuto l’approvazione del Parlamento di Bruxelles.

Nel momento in cui si raggiunge l’accordo di recesso, il singolo paese cessa di essere sottoposto ai trattati europei. Lo stesso accade, anche se non si dovesse arrivare a un compromesso fra i negozianti, due anni dopo la notifica al Consiglio europeo, a meno che non venga concessa una proroga dalle autorità continentali.

Durante i due anni di trattative, il recedente in questione dovrebbe comunque sottostare alle regole dell’Unione ma rinunciare ad ogni potere decisionale all'interno di essa.

Secondo un documento rilasciato dal governo britannico, l’intera pratica di uscita richiederebbe molti anni e in caso di vittoria degli euroscettici, il paese si dovrebbe preparare a un "decennio di incertezze".

Se lo stato mai decidesse di rientrare nell’Unione, si troverebbe costretto a seguire un processo di adesione uguale a quello dei nuovi membri. Brexit, come David Cameron ha tenuto a sottolineare più volte nell’incitare a votare remain, è quindi irreversibile.

L’articolo 50 è comparso per la prima volta nella versione del trattato dell’UE siglato a Lisbona nel 2007, ed entrato in vigore il 1 dicembre 2009. Prima di allora, un membro non poteva lasciare l’Unione a meno che entrambe le parti riconoscessero il diritto informale di uscita o che le circostanze in cui il trattato era stato negoziato fossero cambiate così drasticamente da trasformare gli obblighi dei firmatari.

Prima della sua ratificazione e della nascita dell’Ue nel 1992 a Maastricht, alcuni stati e territori avevano tentato, invano o con successo, di lasciare l’allora Comunità economica europea. Il Regno Unito indisse un referendum nel 1975, ma fu il fronte remain a trionfare. I cittadini della Groenlandia, che fa parte della Danimarca ma gode di una certa autonomia, nel 1985 hanno invece effettivamente votato per l’abbandono della Cee.

Dopo la vittoria del leave (lasciare) nel referendum britannico del 23 giugno, si parla molto dell’articolo 50 del trattato di Lisbona, che definisce la procedura per lasciare volontariamente l’Unione. La formulazione è vaga: 250 parole, cinque paragrafi. “Quasi come se i suoi redattori pensassero che non sarebbe mai stato usato”, scrive il Guardian. Il parlamento europeo il 28 giugno ha approvato una mozione che chiede al primo ministro britannico di invocare rapidamente l’articolo 50, dopo la vittoria della Brexit. Cameron invece ha detto che non sarà lui a farlo, ma lascerà questo compito al suo successore, che dovrebbe essere scelto entro il 2 settembre.

Cosa dice l’articolo 50?
L’articolo 50 dice che ogni stato membro può decidere di ritirarsi dall’Unione europea conformemente alle sue norme costituzionali. Se decide di farlo, deve informare il Consiglio europeo della sua intenzione e negoziare un accordo sul suo ritiro, stabilendo le basi giuridiche per un futuro rapporto con l’Unione europea. L’accordo deve essere approvato da una maggioranza qualificata degli stati membri e deve avere il consenso del parlamento europeo. I negoziatori hanno due anni a disposizione dalla data in cui viene chiesta l’applicazione dell’articolo 50 per concludere un accordo, ma questo termine può essere esteso. Se in un momento successivo lo stato che ha lasciato l’Unione vuole rientrarvi deve ricominciare le procedure di ammissione. Nessuno stato ha mai invocato finora l’articolo 50, il Regno Unito sarà il primo.

Che tempi ci sono per invocare l’articolo 50?
I tempi per il ricorso all’articolo 50 sono diventati il principale contenzioso dopo il referendum del 23 giugno. Nel suo discorso di dimissioni David Cameron ha chiarito che non c’è fretta di procedere: 

“Una trattativa con l’Unione europea dovrà essere intrapresa da un nuovo primo ministro e penso che sia giusto che questo nuovo premier prenda la decisione su quando far ricorso all’articolo 50 e avviare il processo formale per lasciare l’Unione europea”. Anche i sostenitori della Brexit all’interno dello schieramento conservatore sono determinati ad aspettare: non vogliono che il Regno Unito si sieda al tavolo delle trattative con una leadership debole come quella di un premier dimissionario. Il partito nazionalista Ukip, tuttavia, ha chiesto che la procedura sia avviata “non appena possibile”. I leader europei, arrabbiati e delusi, vogliono che il Regno Unito esca rapidamente in modo da limitare l’instabilità ed evitare che altri paesi mettano in discussione la loro permanenza nell’Unione. Il ministro degli esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, ha detto: “Questo processo deve cominciare il più presto possibile”. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha dichiarato: “Non ha alcun senso aspettare fino a ottobre per negoziare l’uscita di Londra”.

Che può fare l’Unione europea?
Per quanto gli europei vogliano accelerare il processo di uscita del Regno Unito, hanno pochi mezzi legali per farlo. Infatti non è previsto alcun meccanismo per costringere uno stato a uscire dall’Unione europea. L’articolo 50 può essere invocato solo dallo stato che voglia lasciare l’Unione e da nessun altro stato membro o istituzione europea. L’unica iniziativa consentita all’Unione è semmai il ricorso all’articolo 7 del trattato di Lisbona, in base al quale l’Unione può sospendere uno stato membro se ritiene che violi i principi fondamentali di libertà, democrazia, uguaglianza. Questo articolo non è mai stato invocato.

La vittoria della Brexit al referendum non obbliga il governo ad agire immediatamente perché la votazione non è giuridicamente vincolante. In effetti, come e quando appellarsi all’Articolo 50 è diventato nelle ultime ore la questione principale attorno al voto di giovedì.

Nel suo discorso a commento dei risultati del referendum Brexit, durante il quale ha annunciato le sue dimissioni, il Primo Ministro David Cameron ha tenuto a specificare che non ha alcuna fretta di appellarsi all’Articolo 50.

“La trattativa con l’Unione Europea ha bisogno di iniziare con un nuovo primo ministro e penso che sia giusto che sia questo nuovo primo ministro a prendere la decisione su quando far scattare l’articolo 50 e avviare il processo formale e legale di abbandono dell’Unione europea”,

ha dichiarato.

Così facendo, Cameron ha fatto un favore a chi ha faticato di più per spodestarlo - Boris Johnson e Michael Gove - i leader della campagna Leave. Entrambi sostengono che non c’è alcuna fretta di agire: così facendo si metterebbe la Gran Bretagna in una posizione sfavorevole durante le negoziazioni in un momento in cui la sua classe politica è allo sbando.


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