giovedì 26 marzo 2015
Salvi i siti dati per distrutti in Iraq
Salvi i siti dati per distrutti in Iraq. "Lo Stato islamico non li ha toccati". Le antiche città di Hatra, Nimrud e Khorsabad non avrebbero subito la furia degli estremisti.
Nel lungo elenco di devastazioni messe a segno dal sedicente Stato islamico, almeno tre sarebbero da depennare. Le milizie di al-Baghdadi non si fanno scrupolo di distruggere opere d'arte e reperti archeologici, posto che non possano venderli per finanziare le proprie attività, ma non tutto ciò che gli viene attribuito sarebbe davvero accaduto.
Nello specifico, le antiche città di Hatra, Nimrud e Khorsabad, tutte e tre in territorio iracheno, non sarebbero state toccate dalla furia del gruppo estremista. Se l'Isis ha certamente fatto scempio nel museo di Mosul, distruggendo alcuni reperti dell'antica città assira di Ninive e diverse copie di statue i cui originali si trovano a Baghdad, altre azioni che gli sono state attribuite non sarebbero invece accadute.
Erano state fonti governative a sottolineare che i miliziani avevano iniziato ad accanirsi contro Hatra, contro Nimrud e Khorsabad. Ma un gruppo di esperti internazionali, del progetto Shirin, ha constatato – immagini satellitari alla mano – che al momento non risultano "distruzioni evidenti", o la presenza di uomini e macchinari atti a distruggere i siti archeologici.
Nel lungo elenco di devastazioni messe a segno dal sedicente Stato islamico, almeno tre sarebbero da depennare. Le milizie di al-Baghdadi non si fanno scrupolo di distruggere opere d'arte e reperti archeologici, posto che non possano venderli per finanziare le proprie attività, ma non tutto ciò che gli viene attribuito sarebbe davvero accaduto.
Nello specifico, le antiche città di Hatra, Nimrud e Khorsabad, tutte e tre in territorio iracheno, non sarebbero state toccate dalla furia del gruppo estremista. Se l'Isis ha certamente fatto scempio nel museo di Mosul, distruggendo alcuni reperti dell'antica città assira di Ninive e diverse copie di statue i cui originali si trovano a Baghdad, altre azioni che gli sono state attribuite non sarebbero invece accadute.
Erano state fonti governative a sottolineare che i miliziani avevano iniziato ad accanirsi contro Hatra, contro Nimrud e Khorsabad. Ma un gruppo di esperti internazionali, del progetto Shirin, ha constatato - immagini satellitari alla mano - che al momento non risultano "distruzioni evidenti", o la presenza di uomini e macchinari atti a distruggere i siti archeologici.
La notizia può far tirare un sospiro di sollievo alla comunità accademica e a chi dava per perduto un pezzo di storia, ma non può essere sovrastimata.
Se questi siti sono ancora in piedi, al netto di possibili incursioni per depredarli, il sedicente Stato islamico si è però accanito senza distinzione su templi sufi, moschee sciite e antichi monasteri cristiani e nulla fa pensare che smetterà di farlo, forte della convinzione che qualsiasi espressione religiosa al di fuori della propria interpretazione oltranzista dell'islam sunnita sia da eliminare.
sabato 21 marzo 2015
Mont Saint-Michel, ecco 'la marea del secolo
Migliaia di turisti e non solo accorsi per ammirare spettacolo. Circa 10mila turisti sono affluiti sull'isolotto - oggi ridiventato tale - dove sorge un'antica abbazia gotico-bendettina.
Dopo l'eclissi solare, la "marea del secolo". Spettacolo d'eccezione sulle coste della Manica e dell'Atlantico francese grazie all'arrivo di una gigantesca marea, la più grande dall'inizio del millennio. Uno show naturale e mozzafiato: onde alte oltre 14 metri hanno completamente sommerso la passerella che collega alla terraferma Mont Saint-Michel, il santuario gioiello della Normandia la cui baia è lambita dalle più alte maree d'Europa. L'evento ha infatti caratteristiche eccezionali dovute alla concomitanza di vari fattori, legati all'allineamento di Sole, Luna e Terra. L'alta marea, nella sua fase di picco, dovrebbe sommergere completamente il lembo di terra che collega la nota cittadina turistica alla costa, trasformandola in un'isola. In base alle previsioni, l'alta marea dovrebbe raggiungere un livello di 119 sulla scala di 120 usata dagli scienziati per descrivere l'ampiezza di questi fenomeni
Il fenomeno delle alte maree, spiegano gli oceanografi, si ripete circa ogni 18 anni; stavolta, tuttavia, l'eclissi solare, verificatasi nei giorni scorsi, e il particolare allineamento fra Sole, Luna e Terra dovrebbero generare un eccezionale "muro d'acqua" come non si vedeva dal 1997. Il piccolo del fenomeno è atteso nelle prossime ore. La marea dovrebbe avere un coefficiente di 119 in una scala che va da 20 a 120.
Mont Saint-Michel è una città costruita su un’isola nel nord della Francia, molto nota per le sue eccezionali maree: quando la marea è bassa è possibile raggiungerla a piedi, quando è alta rimane isolata. Un fenomeno che, una volta ogni 18 anni, raggiunge livelli da record. E’ successo il 21 marzo: la differenza tra la bassa e l’alta marea è stato di 14,15 metri.
Prima marea del millennio a Mont Saint-Michel in Bretagna, nel nord della Francia. La luna piena e l’eclissi solare di questa settimana hanno contribuito a creare all’altezza della pittoresca abbazia un aumento del livello dell’oceano che non si vedeva dal 1997. Migliaia di visitatori si sono raccolti per assistere allo spettacolo: il mare si ritira e poi risale rapidamente molto in alto. In pratica Mont Saint Michel è un’abbazia costruita su un isolotto: con la bassa marea l’isola si può raggiungere a piedi mentre quando c’è l’alta mareal’isolotto viene completamente circondato dall’acqua. Il Servizio idrografico francese attende una differenza fra bassa e alta marea di oltre 14 metri, mentre solitamente è di 8,7 metri. Normalmente questi livelli record si verificano ogni 18 anni e il prossimo fenomeno del genere è previsto non prima delle 2033.
Dopo l'eclissi, la marea del secolo: Mont Saint-Michel diventa ancora isola. Una delle conseguenze dell'eclissi e del particolare allineamento avutosi tra il Sole, la Luna al perigeo e la Terra riguarda l'effetto marea che quest'oggi sta riguardando alcune parti di Francia Settentrionale, Regno Unito ed Olanda. E' questa la cosiddetta marea del secolo, fenomeno ciclico che si ricorre ogni 18 anni. L'evento più maestoso si realizza nella baia di Mont Saint-Michel, in Normandia, dove l'oceano si è alza fino a 14 metri: si tratta di una località arroccata su un rilievo e collegata alla terraferma tramite solo una sottile striscia di terra.
La marea odierna ha sommerso la strada, trasformando Mont Saint-Michel nuovamente in un'isola, seppure per breve tempo: il primo picco di marea è avvenuto alle 7:45 di stamane ed è stato leggermente al di sotto delle attese. Il prossimo picco è previsto per le ore 20 di questa sera. La località è stata presa d'assalto, attirando ben diecimila turisti per assistere dal vivo all'evento. Va detto che non sarà questa l'unico episodio di marea: altri picchi eccezionali sono attesi nei prossimi mesi i giorni 19 aprile, 31 agosto, 29 settembre ed il 28 ottobre.
martedì 17 marzo 2015
Israele elezioni: testa a testa tra Netanyahu e Herzog
Israele elezioni: il primo cartello exit poll svela l'assoluta parità tra Netanyahu e Herzog. Testa a testa alle elezioni israeliane tra il Likud del premier uscente Benyamin Netanyahu e la coalizione di centrosinistra 'Campo sionista' di Herzog. La tv pubblica Canale 1 e Canale 10 assegnano 27 seggi ciascuno. Secondo Canale 2, il Likud è in testa di un soffio con 28 seggi alla Knesset contro i 27 di Campo sionista. I sondaggi vedevano favorito il centrosinistra di Herzog.
Secondo l'exit poll dell'emittente israeliana 'Channel 2' sulle elezioni di oggi, l'Unione sionista otterrà 27 seggi, mentre il Likud 28, 12 Yesh Atid, 8 Focolare Ebraico, 13 Lista Araba Unita e 5 Meretz. Secondo l'exit poll di 'Channel 10', Unione sionista e Likud riceveranno entrambi 27 seggi.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha chiamato il leader di Focolare Ebraico, Naftali Bennet, dopo la pubblicazione dei primi exit poll. Lo riferisce Ynet news, precisando che Bennett si è congratulato con Netanyahu per la vittoria elettorale ed i due avrebbero deciso di avviare negoziati per formare un governo di destra. Alle elezioni di oggi ha votato più del 65% degli aventi diritto. l'Election day in Israele è stata senza esclusione di colpi fra il premier Benjamin Netanyahu e il leader laburista Isaac Herzog. Il capo del Likud ha accusato la sinistra di portare "gli elettori arabi ai seggi in autobus". Il numero uno della coalizione di centrosinistra ha contrattaccato: "Il premier è nel panico, sta perdendo il controllo". Una sfida che si è giocata mentre l'affluenza alle urne registrava un vero e proprio boom.
Il presidente israeliano Reuven Rivlin ha invocato stasera un governo di unità nazionale. "Sono convinto che solo un governo di unità nazionale possa impedire la disintegrazione della democrazia israeliana e nuove elezioni molto presto", ha affermato Rivlin citato da Haaretz.
Secondo gli exit pool di Canale 2, la Lista araba unita avrebbe ottenuto 13 seggi alle elezioni israeliane, quanti assegnati dai sondaggi. Se i dati fossero confermati, sarebbe un ottimo risultato, e la Lista araba diventerebbe la terza forza della Knesset. Secondo i sondaggi di Canale 2, che danno il Likud in vantaggio 28 a 27, al terzo posto ci sarebbe la Lista Araba con 13 seggi, seguita dal centrista 'C'e' futuro' con 12 seggi, il centrodestra di 'Kulanu' avrebbe 10 seggi. La lista 'Focolare ebraico' di Naftali Bennett ne avrebbe 8, i religiosi di Shas 7 e la sinistra di Meretz con 'Israele casa nostra' di Avigdor Lieberman in parità a 5 seggi. Canale 2 dà invece in parità i due blocchi, assegnando sempre 13 seggi a 'Lista araba Unità.
I risultati definitivi delle elezioni israeliane potrebbero arrivare non prima di venerdì. Lo ha detto lo speaker della Knesset Yuri Edelstein.
E' tornata a salire l'affluenza alle urne in Israele a due ore dalla fine delle operazioni di voto: secondo il Comitato centrale elettorale alle 20 (ora locale) ha votato il 65.7%, la percentuale più alta dalle elezioni del 1999.
Tre leader e due outsider: questi i protagonisti della tornata elettorale
Benyamin Netanyahu - Al potere da nove anni, l'attuale premier, leader per ora incontrastato del Likud, gioca le sue carte per restare al potere a fronte di una minaccia crescente da parte del centrosinistra che, secondo i sondaggi, lo supera di quattro seggi (20/21 contro 24/25). Una situazione a sorpresa, non prevista da Bibi quando lo scorso dicembre dette il via alla crisi di governo 'licenziando' i due ministri centristi Tzipi Livni e Yair Lapid. Per molti potrà pure perdere al voto, ma non è così scontato che lasci la guida del governo.
Isaac Herzog-Tizpi Livni - La coppia della riscossa. Nessuno, e soprattutto Bibi, avrebbe mai scommesso un soldo sulla loro capacità di aggregare. Eppure, il rampollo laburista della famiglia 'kennediana' di Israele e la volitiva e navigata esponente centrista - prima ex pupilla Likud, poi con Ariel Sharon in 'Kadima', convinta sostenitrice di 'Due Popoli Due Stati' per la questione israelo-palestinese - si sono rivelati due ossi duri per Netanyahu, sicuro di non avere rivali. 'Bougi' Herzog - considerato incolore da molti, voce flebile e aspetto misurato - sembra aver rivitalizzato lo schieramento laburista in coma da anni costruendo con Livni un patto di ferro diventato punto di riferimento per chi vuole, almeno sulla carta, cambiare la politica di Israele e "mandare a casa Netanyahu".
Ayman Odeh - L'avvocato di famiglia comunista, ora "socialista e democratico" (staccati, come ci tiene a precisare), nessuna esperienza parlamentare, è il primo outsider delle elezioni. E' lui - arabo di Haifa, città laboratorio per l'integrazione - ad essere riuscito laddove molti hanno fallito: riunire in una stessa formazione elettorale - la 'Lista araba unita' - gli arabi di Israele, circa 1.5 milioni di persone. Se il voto gli confermerà i 13 seggi accreditatigli dai sondaggi, sarà come terza forza alla Knesset un vero e proprio ago della bilancia, magari tramite appoggio esterno al centrosinistra.
Moshe' Kahlon - Pressoché sconosciuto fuori da Israele, ex dissidente del Likud, in passato ministro delle telecomunicazioni che ha liberalizzato il settore dei cellulari, ha fondato su due piedi il partito 'Kulanu' (Noi tutti).
domenica 15 marzo 2015
Russia: i nemici del Cremlino, siamo tutti indignati
La storia della Russia e dell’Unione Sovietica è costellata da una lunga serie di omicidi di stampo politico. Senza risalire allo zar Nicola II, Trotzki e Rasputin, vediamo quelli del periodo seguente al crollo dell’Urss. Non in tutti i casi si può parlare di omicidio, talvolta si tratta di «strani suicidi» che però lasciano molti dubbi che lasciano indignati.
Impegnata sul fronte dei diritti umani e ritenuta scomoda per le sue inchieste sulla Cecenia, il 7 ottobre 2006 Anna Politkovskaia, davanti all’ascensore del suo palazzo, fu tempestata da colpi di pistola e uccisa. La tesi dell'accusa è che sia stata uccisa da un sicario, ma le circostanze dell'omicidio non sono state chiarite dalla polizia faziosamente politica. E’ il più emblematico omicidio politico nell’era post-sovietica. La giornalista della Novaya Gazeta si era occupata dalla guerra in Cecenia e in particolare delle torture commesse dalle milizie filorusse di Akhmad e Ramsan Kadyrov. Le sue inchieste riguardavano anche i crimini commessi dai soldati russi e la conduzione della guerra diretta da Vladimir Putin, conduzione che aveva apertamente criticato. Tra le sue inchieste anche i «misteri» della strage del teatro Dubrovka a Mosca (2002) e del massacro dei bambini della scuola di Beslan (2004).
Alexander Litvinenko, l’ex agente del Kgb venne avvelenato con un tè «corretto» al polonio (una potente sostanza radioattiva) in un hotel di Londra nel 2006. Neanche in un sofisticato libro di spy story l’autore avrebbe potuto immaginare un omicidio simile. Un ex agente del Kgb (ora i servizi russi si chiamano Fsb) fatto fuori con una dose di pochi grammi (forse meno) di polonio-210 aggiunti il 1° novembre 2006 a un tè in un hotel superlusso del centro di Londra mentre stava incontrando due ex agenti del Kgb. Il polonio è una sostanza fortemente radioattiva (e quindi estremamente pericolosa da maneggiare) che non si compra certo in drogheria. Litvinenko, che morì dopo atroci sofferenze il 23 novembre, aveva dovuto fuggire da Mosca dopo aver accusato Putin di essere il mandante del tentativo di assassinare l’oligarca Boris Berezovsky. Accusò inoltre i servizi segreti di aver organizzato nel 1999 una serie di attentati a Mosca in modo da addossare la colpa ai ceceni e creare un motivo per la seconda guerra in Cecenia la cui conduzione spalancò a Putin la strada per il Cremlino e la sparatoria al Parlamento dell’Armenia nel 1999 per sabotare la pace nel conflitto per il Nagorno Karabakh, sparatoria in cui morirono il premier Sargsyan e altri sette deputati. Prima di morire Litvinenko accusò Putin di essere il mandante dell’omicidio di Anna Politkovskaja.
Boris Abramovic Berezovsky , l’oligarca russo venne trovato morto dopo essersi impiccato nel bagno della sua casa ad Ascot, in Inghilterra, il 23 marzo 2013. Sfuggito a diversi attentati in Russia, Berezovsky venne accusato per reati economici e presunte cospirazioni. La famiglia del miliardario non hanno mai creduto al risultato dell’indagine ufficiale inglese: per loro è stato assassinato o indotto al suicidio.
Divenuto deputato e vice consigliere per la sicurezza nazionale (nella cui veste fu protagonista di negoziati con i ribelli islamici in Cecenia), fu indicato anche tra i grandi sponsor della transizione fra Eltsin e l’ex capo dei servizi segreti Vladimir Putin nel 2000, salvo poi entrare quasi subito in conflitto con il nuovo presidente. Trasformatosi in oppositore del Cremlino si auto esiliò a Londra da dove cominciò a finanziare l’opposizione. I famigliari del miliardario non hanno mai creduto al risultato dell’indagine ufficiale inglese: per loro è stato assassinato o indotto al suicidio. Berezovsky emerse come uno dei primi oligarchi del neocapitalismo post-sovietico fin dall’inizio degli anni Novanta, dopo una controversa e rapida ascesa economica. Entrato in politica, fu tra i protagonisti della rielezione di Boris Eltsin alla presidenza nel 1996 e divenne uno degli uomini più potenti del Cremlino.
Natalia Estemirova, giornalista cecena e attivista dei diritti umani, venne rapita il 15 luglio 2009 a Grozny, capitale della Cecenia. Il suo corpo fu ritrovato il giorno dopo nella vicina Repubblica dell’Inguscezia. Attivista pluripremiata per la sua attività in difesa dei diritti umani nel Caucaso e in Russia. Scriveva reportage per Novaya Gazeta, il giornale di Anna Politkovskaja.
Ilyas Shurpayev, giornalista della tv di stato russa, noto per i suoi reportage sul Caucaso settentrionale che aveva coperto molti conflitti in diverse regioni dell’ex Unione sovietica, come Cecenia, Abkhazia e Ossezia del Sud. E poi Anastasia Baburova. Lei e il suo avvocato Stanislav Markelov freddati da un sicario. Il legale, noto per il suo attivismo a favore dei diritti umani, difendeva una ragazza cecena violentata e uccisa da un colonnello russo, mentre la Baburova collaborava con la “Novaja Gazeta”. In Russia da quando è in vigore il regime di Putin, per la morte dei giornalisti, nessun assassinio è stato condannato. In particolare era stato il difensore della famiglia di Elza Kungaeva, giovane cecena rapita e uccisa dal colonnello russo Yuri Budanov. Anastasia Baburova, 25 anni, era una giornalista di Novaya Gazeta accorsa per aiutare Markelov dopo che era stato colpito dai killer in una strada di Mosca, ma fu uccisa a sua volta
Olga Kotovskaya, la giornalista dell’emittente Kaskad «cadde» dal quattordicesimo piano il 16 novembre 2009. Per le autorità russe fu un suicidio. Kaskad è un’emittente di Kaliningrad, l’enclave russa dell’ex Prussia orientale tedesca incuneata tra Polonia e Lituania. Secondo i famigliari della giornalista non c’era alcun motivo per il quale Olga Kotovskaya si potesse trovare nell’edificio dal quale si lanciò da una finestra. Sei giorni prima il tribunale aveva emesso una sentenza in cui si affermava che i documenti con i quali nel 2004 venne estromessa dalla tv che lei stessa aveva fondato erano illegali: il passaggio di proprietà era stato contraffatto. L’ex vicegovernatore di Kaliningrad, Vladimir Pigorov, era coinvolto nell’affare. A tutti parve strano che la donna, madre di due figli, dopo la vittoria nella battaglia legale potesse aver deciso di togliersi la vita.
Boris Nemtsov, leader dell'opposizione russa a Vladimir Putin ed ex vicepremier liberale all'epoca della presidenza Ieltsin, è stato ucciso poco prima di mezzanotte (ora italiana) in un agguato mentre passeggiava nel centro di Mosca. L'uomo politico di 55 anni, scrive l'agenzia Tass, è stato centrato da quattro colpi d'arma da fuoco. E secondo il sito filo-Cremlino LifeNew, quando è stato freddato si trovava in compagnia di una modella ucraina di 23 anni. La ragazza, Anna Duritskaia, sarebbe stata sentita dagli investigatori come testimone del delitto. La portavoce del ministero dell'Interno, Ielena Alekseieva, ha confermato che l'oppositore stava passeggiando con una giovane ucraina lungo il ponte Bolshoi Moskvoretski. Nemtsov si avvicina alla politica negli anni della Perestroika. Nel 1991 finisce sotto l'ala protettiva di Yeltsin. Nel 1997 è vicepremier. Poi la crisi politica, figlia di quella economica. Si rilancia nel 1998, con la coalizione di forze democratiche e liberali. Con l'avvento di Putin si colloca fermamente all'opposizione
Nemtsov era stato un figlio "ribelle" della nomenklatura russa del Soviet dei deputati del popolo, ma la commissione elettorale locale glielo impedisce. Nel 1989 ci riprova. Il suo programma prevede una serie di riforme, radicali per l’epoca, con idee a sostegno di una democrazia multipartitica e dell’impresa privata. Non viene eletto, ma si ripresenta nel 1990 alle elezioni del Soviet supremo della Repubblica russa e questa volta ha la meglio sugli altri candidati, sfidando il listone comunista. In Parlamento si unisce alla Coalizione riformista ieltsiniana. Entra a far parte del comitato legislativo, che si occupa delle riforme agricole e della liberalizzazione del commercio estero.
In quel periodo, finisce sotto l'ala protettiva di Yetsin, che lo considera quasi come un figlio politico. Nell'agosto 1991, durante il tentato colpo di Stato dei "nostalgici", Nemtsov sta al fianco di Yeltsin nella resistenza. Poco dopo viene "ricompensato" con la nomina a rappresentante plenipotenziario del presidente della Federazione Russa nella regione di Nizhni Novgorod. In seguito diventa governatore e viene rieletto nel 1995. Il suo incarico è contrassegnato da un programma di riforme liberali che producono crescita economica e gli valgono le lodi persino di Margaret Thatcher.
Nel marzo 1997 Nemtsov viene nominato primo vicepremier della Russia e gli viene affidato il compito di riformare il settore energetico. In questo periodo conta su un discreto appoggio popolare e sembra essere un potenziale candidato presidente per il 2000. Ma la sua carriera politica subisce un brusco stop nell’agosto 1998, a causa della gravissima crisi economica che investe la Russia e travolge il rublo. Nell’agosto 1999 tenta a rilanciarsi fra i cofondatori dell’Unione delle forze di destra, una coalizione di forze democratico-liberali che riceve quasi 6 milioni di voti, pari all’8,6%, alle elezioni parlamentari del dicembre dello stesso anno. Ma è un successo effimero. Inizia la stagione dell’opposizione a Putin, inflessibile su tutti i dossier più importanti: dalla questione cecena al recente conflitto in Ucraina. Fino alla morte violenta, a poche decine di metri dal Cremlino.
Siamo tutti indignati, anche se consapevoli della giustizia sovietica, per il processo e per la morte che resta senza colpevoli. Il motto del feroce Stalin è tornato in auge e forse mai sopito: la morte risolve tutti i problemi: i niente uomini, niente problemi.
L’assassinio di Anna Politkovskaja e dei nemici di Putin lascia un tragico silenzio in Russia e un vuoto incolmabile nel mondo dell’informazione, privata di una luce che splendeva su un angolo d’Europa buio e dimenticato.
Etichette:
Alexander Litvinenko,
Anastasia Baburova,
Anna Politkovskaia,
Boris Abramovic Berezovsky,
Boris Nemtsov,
Natalia Estemirova,
nemici del Cremlino,
Novaja Gazeta,
Olga Kotovskaya,
Russia
Colpo di stato a Mosca? Che fine ha fatto Vladimir Putin?
Non si fa vedere in pubblico dal 5 marzo scorso e in Russia si ipotizza un po' di tutto - la morte, un colpo di stato - scrive Julia Ioffe sul Washington Post.
Da ormai quasi 10 giorni, il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin non appare in pubblico. Sono state recentemente mostrate delle foto di un incontro pubblico di Putin con delle donne, per la festa dell’8 marzo e una foto dell’incontro con il Presidente della Corte Suprema, foto che però sembrano essere antecedenti alla scomparsa di Putin, avvenuta tra il 5 e il 6 marzo.
Misteriosa ondata di "suicidi" tra i luogotenenti dell'ex presidente Yanukovich Tra i presunti suicidi ci sarebbe anche quello dell'ex governatore di Zaporizhia, Oleksandr Peklushenko, indagato per aver fatto disperdere gli insorti all'epoca della rivolta di Maidan .
Giallo in Ucraina sulla morte di ben sei notabili vicini al deposto presidente filorusso Viktor Yanukovich nel giro di poche settimane. Gli inquirenti la liquidano come una semplice ondata di suicidi. Tra i presunti suicidi ci sarebbe anche quello dell'ex governatore di Zaporizhia, Oleksandr Peklushenko, trovato morto nel villaggio di Soniachne. Per gli investigatori si sarebbe tolto la vita sparandosi un colpo di pistola al collo. Il 60enne Peklushenko, già fedelissimo dell'ex presidente, era indagato per aver fatto disperdere gli insorti all'epoca della rivolta di Maidan. Prima di lui altri cinque ucraini legati a Yanukovich sono morti in circostanze misteriose. Il 9 marzo l'ex deputato Stanislav Melnik, 53 anni, è stato trovato senza vita nel bagno di casa sua: anche lui, per la versione ufficiale, si sarebbe sparato un colpo di pistola. Il 28 febbraio Mikhailo Cecetov - tra i promotori delle cosiddette "leggi liberticide" che nel pieno della rivolta di Maidan inasprirono le pene contro chi partecipava a manifestazioni non autorizzate - si sarebbe suicidato invece gettandosi dalla finestra del suo appartamento al 17° piano. Il 25 febbraio Serghii Valter, sindaco di Melitopol accusato di abuso d'ufficio, è stato a sua volta trovato impiccato. E il giorno dopo è stata la volta di Oleksandr Bordiukh, vice comandante della polizia della stessa città, trovato morto nella sua abitazione. Infine, il 29 gennaio Oleksii Kolesnik, ex presidente del Consiglio regionale di Kharkiv, è stato trovato anche lui impiccato.
La Russia era pronta a innalzare lo stato d'allerta nucleare durante le tensioni dello scorso anno sulla Crimea e sulla destituzione del presidente ucraino Viktor Ianukovic. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin in un'intervista trasmesso oggi alla tv di Stato.
Lo scorso anno "la Crimea è stata trasformata in una fortezza, con oltre 40 sistemi missilisti s-300 e una ventina di batterie mobili, insieme ad altre armi pesanti". Lo rivela Vladimir Putin in una intervista televisiva alla vigilia dell'anniversario dell'annessione della Penisola da parte della Russia.
Sono gli americani i "burattinai" del colpo di Stato a Kiev che portò - lo scorso anno - alla destituzione di Viktor Ianukovich in Ucraina: lo afferma il presidente russo Vladimir Putin in una intervista a Russia 1, alla vigilia dell'anniversario dell'annessione della Crimea. Gli Usa "hanno addestrato i nazionalisti" i quali volevano "rimuovere fisicamente Ianukovich". L'intervista è stata trasmessa oggi ma non è precisato quando sia stata registrata.
Il responsabile per la stampa del Cremlino si è rifiutato di commentare dove si trovi Vladimir Putin. Lo riferisce Interfax.
Julia Ioffe è una giornalista russo-americana che scrive per il New York Times Magazine ed è stata corrispondente da Mosca per Foreign Policy e per il New Yorker.
È passata più di una settimana da quando il presidente russo Vladimir Putin si è mostrato in pubblico l’ultima volta: era il 5 marzo, in occasione dell’incontro a Mosca con il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi. Da allora, la blogosfera russa non parla d’altro. Putin ha saltato molti eventi che erano in programma in questi giorni, inclusi un incontro con i capi del FSB, il servizio segreto russo, e con una delegazione del Kazakistan. I kazaki hanno detto che Putin era malato, ma hanno ritirato la dichiarazione quando il portavoce di Putin ha negato qualsiasi malattia.
In questi giorni il Cremlino ha iniziato a “manipolare“, diciamo così, l’agenda di Putin. Ad esempio, la televisione di stato ha cominciato a dare notizia di incontri che però non sono ancora avvenuti, ma sono solamente programmati per le prossime settimane. Dimitry Peskov, il portavoce di Putin, continua a sostenere che Putin non solo sta benissimo, ma che continua a “stringere mani” in molti incontri ufficiali. Intanto si stanno diffondendo indiscrezioni e speculazioni su quello che è successo realmente. Secondo alcuni Putin si trova in ospedale a causa di un infarto. Altri dicono che si trova in Svizzera, dove la sua compagna, la ginnasta Alina Kayeva, ha partorito. Secondo un’altra teoria ancora, Putin è stato deposto da un colpo di stato organizzato dal suo circolo ristretto di alleati a Mosca».
Dire una cosa di questo genere sarebbe però impossibile per due motivi. Primo: gli uomini virili non si ammalano. L’immagine che Putin ha coltivato è quella di un leader che non mostra mai debolezze: si tratta di un profilo essenziale nell’ambiente iper-competitvo della Russia contemporanea. Se si mostra anche solo una piccola debolezza, allora si è deboli su tutta la linea. Il tema della competitività è anche il motivo per cui Putin non chiede mai scusa: nelle rare occasioni in cui ritira una decisione già presa, lo fa soltanto dopo che l’attenzione del pubblico si è spostata su un altro argomento. Putin è un leader che non ammette errori.
Il secondo problema è che comunque nessuno crederebbe a Peskov. L’influenza diventerebbe un meme su internet e la gente comincerebbe a ipotizzare la morte di Putin, per esempio, o a parlare di una malattia molto più grave di quella comunicata da Peskov pubblicamente. Il Cremlino ha già mentito molto in passato su cose di questo genere. Boris Yeltsin, presidente della Russia negli anni Novanta, spariva spesso a causa del suo abuso di alcol o dei suoi frequenti attacchi di cuore. Lo stesso Putin è sparito per alcuni giorni nel 2012 a causa di un incidente durante un incontro di judo. Prima ancora era sparito per un breve periodo di tempo, e poi si era fatto rivedere in pubblico con una faccia stranamente gonfia.
Poi ci sono le volte in cui i leader russi sono spariti per non affrontare situazioni molto pericolose o molto gravi. Josif Stalin si nascose per dieci giorni nel suo ufficio dopo l’invasione nazista nel 1941, rifiutandosi di parlare al popolo russo. Cinquant’anni dopo, nell’agosto del 1991, il Segretario Generale del Partito comunista Mikhail Gorbachev fu isolato nella sua dacia in Crimea quando alcuni membri del partito tagliarono tutte le comunicazioni con il mondo esterno. Pubblicamente annunciarono che Gorbachev non poteva più guidare il paese per “motivi di salute”: poco dopo mandarono i carri armati per le strade di Mosca.
Svezia: truppe sull’isola di Gotland
Gotland è la seconda isola più grande del mar Baltico (dopo la danese Sjælland e prima dell'estone Saaremaa), con una superficie di 2994 km² (3140 comprese le isolette limitrofe). Isola di Gotland, mar baltico svedese, Stoccolma riapre la locale base militare e invia truppe in permanenza.
La Svezia invia truppe nel Baltico neutrale ma tutt'altro che disarmata Svezia ha messo le sue truppe in stato di massima allerta “alla luce dei gravi sviluppi in Ucraina”. E’ quanto si legge in una nota dello Stato Maggiore di Stoccolma. Le truppe svedesi stanno già partecipando a manovre militari internazionali in Finlandia, che confine con la Russia e ha, come anche Stoccolma, storia centenaria di attriti con Mosca. Lo ha annunciato il ministero dell’Interno del Paese scandinavo che mal sopporta l’attivismo del vicino russo nell’area e l’ingerenza del Cremlino nel conflitto ucraino. Stoccolma, che non è un membro Nato, dovrebbe inviare un plotone di 150 soldati nell'isola svedese di Gotland, nel mezzo del mar Baltico, a metà strada tra la madrepatria e la Lettonia. Il Paese intende inoltre incrementare le esercitazioni via terra, mare e cielo nell’area.
Senza fornire molti particolari, il comando delle forze armate svedesi ha annunciato di aver spostato la sua forza aerea di reazione rapida sull’isola di Gotland nel Baltico, a metà tra le coste scandinave e quelle lettoni.
La neutrale ma tutt'altro che disarmata Svezia ha messo le sue truppe in stato di massima allerta "alla luce dei gravi sviluppi in Ucraina". E' quanto si legge in una nota dello Stato Maggiore di Stoccolma. Le truppe svedesi stanno già partecipando a manovre militari internazionali in Finlandia, che confine con la Russia e ha, come anche Stoccolma, storia centenaria di attriti con Mosca. Senza fornire molti particolari, il comando delle forze armate svedesi ha annunciato di aver spostato la sua forza aerea di reazione rapida sull'isola di Gotland nel Baltico, a metà tra le coste scandinave e quelle lettoni.
venerdì 13 marzo 2015
Tim Cook voleva sottoporsi ad un trapianto per salvare Steve Jobs
A più di tre anni dalla morte di Steve Jobs continuano ad emergere particolari della sua vita e della sua personalità che i numerosi aneddoti, film e libri evidentemente non hanno ancora raccontato. Come quello più delicato e per certi versi inspiegabile, legato alla sua malattia. Nel gennaio del 2009, il fondatore di Apple stava male e Tim Cook si offrì di donargli una parte del fegato per aiutarlo a guarire dal cancro. Ma Steve Jobs rifiutò e anche in malo modo. È quanto si legge in un nuovo libro, «Becoming Steve Jobs», The evolution of a reckless upstart into a visionary leader”, gli autori sono Brent Schlender e Rick Tetzeli, direttore esecutivo di Fast Company, il magazine che ha pubblicato online stralci del libro.
«Tagliò corto prima ancora che avessi finito di parlare, scattò sul letto e mi disse no, non ti permetterò mai di farlo», racconta Tim Cook nel libro. «In 13 anni di conoscenza Steve mi ha urlato contro solo quattro o cinque volte e questa è stata una di quelle», aggiunge l’attuale Ceo di Apple. A Steve Jobs - morto il 5 ottobre 2011 a 56 anni - era stato diagnosticato un raro tumore al pancreas nell’ottobre 2003 che poi si estese anche ad altri organi. Fu sottoposto ad una prima operazione nel 2004 e nel 2009 affrontò il trapianto del fegato. Fu proprio poco prima di questo intervento che Cook scoprì non solo di avere lo stesso, raro, gruppo sanguigno di Jobs ma di essere anche un donatore compatibile. Per tentare di salvargli la vita sarebbe stato sufficiente il trapianto solo di una parte dell’organo, poiché il fegato è capace di rigenerarsi.
Secondo il racconto di Cook, Jobs reagì malamente all'offerta di aiuto per allungare la sua vita, quando era malato di cancro al pancreas, e praticamente non gli fece nemmeno finire la frase; l'attuale amministratore delegato ricorda che Jobs gli disse: «Non lascerò mai che tu lo faccia. Io non lo farò mai».
Jobs rifiutò anche se Cook aveva lo stesso gruppo sanguigno, raro, che rendeva possibile l'operazione. Visto che il fegato si rigenera, un trapianto parziale da un donatore in vita ha spesso esiti positivi. Cook ha raccontato agli autori di essere rimasto sorpreso dalla reazione di Jobs, secondo gli estratti del libro pubblicati dalla rivista Fast Company.
«Chi è egoista non risponde in questo modo» ha raccontato Cook. «Gli ho detto: `Steve, sono in ottima salute, posso farlo senza mettere la mia vita a rischio´. Steve ha urlato contro di me solo quattro o cinque volte in 13 anni di conoscenza, e questa è stata una di quelle». Jobs ricevette poi un trapianto di fegato nel 2009; morì nell'ottobre 2011 all'età di 56 anni.
domenica 1 marzo 2015
Venezuela: nuove limitazioni per i diplomatici USA
Il presidente del Venezuela Nicolás Maduro ha annunciato nuove misure per limitare l’accesso di cittadini e diplomatici statunitensi nel paese. Maduro ha detto che le misure sono tese a ridurre lo staff diplomatico statunitense nel paese. I cittadini statunitensi avranno bisogno di un visto per entrare nel paese, mentre ci sarà una lista dei politici a cui sarà vietato entrare. Tra i politici indesiderati anche George W. Bush, Dick Cheney, Bob Menendez e Marco Rubio. Visto obbligatorio per i cittadini americani, restrizioni alle attività dei diplomatici Usa a Caracas e una "lista nera" di dirigenti statunitensi che non potranno mettere piede in Venezuela ovvero una nuova serie di "misure di difesa antimperialista", al termine di una imponente manifestazione che ha attraversato l'intera capitale venezuelana.
"Noi lanciamo una lotta totale contro l'imperialismo americano!", ha echeggiato l'erede di Chavez, annunciando che sarà ridotto il numero di funzionari dell'ambasciata Usa a Caracas ("loro ne hanno 100 e noi 17, vogliamo l'uguaglianza") e che i diplomatici americani non potranno mantenere riunioni con dirigenti politici venezuelani senza l'autorizzazione del suo governo.
Maduro ha detto che Barack Obama - "non quello di Chicago, quello che sognava di cambiare il mondo, ma quello a capo della potenza mondiale" - si è "lasciato mettere in un vicolo cieco" dai suoi collaboratori, e ha accusato i "dirigenti dell'amministrazione americana" di partecipare a "trame golpiste" contro il suo governo.
Il presidente venezuelano ha detto che dispone di "prove indiscutibili, documenti e foto" che dimostrano l'esistenza di piani sovversivi contro il suo governo e ha accusato gli Usa di violare il diritto internazionale con la loro "costante intromissione nelle nostre faccende", sottolineando che solo nel 2015 da Washington sono partite "65 prese di posizione contro il popolo venezuelano".
Maduro ha anche detto aver invitato il segretario dell'Organizzazione degli stati americani (Osa), José Miguel Insulza, e il presidente eletto uruguaiano, Tabaré Vazquez, a visitarlo a Caracas per "mostrargli le prove del complotto".
Con un Paese ad un passo dal baratro del fallimento economico, il presidente venezuelano, Nicolas Maduro continua la sua campagna contro gli Stati Uniti, che sostiene, stanno aiutando i suoi rivali a compiere un golpe. A conferma della sua ipotesi, l'erede-delfino di Hugo Chavez ha annunciato l'arresto di diversi americani "nei giorni scorsi" per attività di spionaggio e reclutamento di venezuelani.
Tra gli arrestati anche un pilota statunitense di origini latino-americane, preso, secondo Maduro, nello Stato sud-occidentale di Tachira al confine con la Colombia. L'identità della presunta spia non è stata però rivelata.
Il 20 febbraio grande scalpore aveva suscitato l'arresto del sindaco di Caracas, l'anti-chavista Antonio Ledezma, ad opera dei servizi segreti (Sebin) in un'operazione spettacolare: una raid all'alba in cui gli 007 incappucciati di Maduro hanno anche sparato diversi colpi in aria.
Boris Nemtsov diceva: “Il Cremlino mi vuole morto”
Migliaia di persone partecipano a Mosca a una manifestazione per ricordare il politico dell’opposizione Boris Nemtsov, ucciso a Mosca ieri. La manifestazione è stata convocata dall'opposizione russa. Le autorità avevano chiesto di spostare la commemorazione in periferia, ma l’opposizione ha chiesto di rimanere nel centro della città e di attraversare il ponte sul quale Nemtsov è stato ucciso.
Fisico di formazione, Nemtsov aveva 55 anni e nella seconda metà degli anni '90 era stato indicato come un possibile delfino di Boris Eltsin per succedergli al Cremlino. Già governatore di Nizhni Novgorod, era arrivato a ricoprire importanti incarichi di governo a Mosca imponendosi come un riformatore. Più tardi aveva fondato l'Unione delle Forze di Destra - una formazione liberale - assieme all'ex premier Serghiei Kirienko e all'altro ex vicepremier Anatoli Ciubais, ma a differenza di questi fin dai primi anni 2000 si era poi schierato su una forte e aperta critica nei confronti di Vladimir Putin. Con il presidente in carica - da lui accusato di autoritarismo - ha duramente polemizzato in tutti questi anni, seppure da posizioni minoritarie nel Paese.
“E' un omicidio crudele ed una provocazione", ha commentato Vladimir Putin secondo l'agenzia Ria Novosti, precisando che le indagini saranno sotto il diretto controllo del leader del Cremlino. Il portavoce del presidente russo, Dmitri Peskov, ha cercato di dissipare ogni sospetto con parole non proprio lusinghiere nei confronti del leader dell'opposizione. Nemtsov, ha detto, non rappresentava una minaccia a livello politico per Vladimir Putin. "Se prendiamo in considerazione il livello di popolarità di Putin - ha aggiunto Peskov - allora in generale Nemtsov era piuttosto un comune cittadino".
"Gli Stati Uniti hanno condannato il brutale assassinio e chiedono al governo russo un'indagine imparziale e trasparente" per "portare coloro che ne sono responsabili davanti alla giustizia". Lo ha affermato il presidente Barack Obama in una nota diffusa dalla Casa Bianca. "Ho ammirato la coraggiosa dedizione di Nemtsov alla lotta contro la corruzione in Russia e la sua volontà di scambiare il suo punto di vista con me quando ci siamo incontrati a Mosca nel 2009", ricorda inoltre Obama. "Era un ponte tra l'Ucraina e la Russia. Gli spari degli assassini lo hanno distrutto. Credo non per caso", questo il commento del presidente ucraino Petro Poroshenko su Facebook.
Unanime è stata la condanna dei governi occidentali. Il portavoce di Angel Merkel, Steffen Seibert, ha detto che la cancelliera tedesca è "costernata" dall'uccisione di Nemtsov, sottolineando che Putin dovrebbe assicurarsi che i responsabili siano portati davanti alla giustizia. La Merkel, inoltre, ha lodato il suo coraggio nel criticare le politiche del governo russo. Il premier inglese David Cameron ha condannato il "disumano assassinio" del leader dell'opposizione in Russia, affermando che si deve indagare sull'omicidio in modo "pieno, rapido e trasparente" e che i "responsabili devono essere portati davanti alla giustizia". L'ufficio di Francois Hollande ha detto che il presidente francese "condanna l'odioso assassinio" di Nemtsov, "un coraggioso e infaticabile difensore della democrazia e un ostinato combattente contro la corruzione". Il premier finlandese Alexander Stubb, da parte sua, si è augurato che "la leadership politica ed il sistema giudiziario in Russia facciano il possibile per indagare sull'omicidio prontamente e in modo trasparente".
Dall'Italia, il Presidente della Repubblica parla di "brutale assassinio" di una "figura significativa ed di un autorevole esponente dell'opposizione in Russia". Sergio Mattarella esprime "l'auspicio che i colpevoli" siano "presto assicurati alla giustizia. Anche il governo italiano ha commentato l'omicidio: palazzo Chigi "condanna nella maniera più ferma il barbaro omicidio di Boris Nemtsov e auspica un'indagine accurata che porti alla rapida individuazione e condanna dei responsabili".
Cinquantacinque anni, la sua morte ricorda da vicino quella di altre figure scomode della vita pubblica russa Ed è l’omicidio più clamoroso dall’agguato che il 7 ottobre 2006, sempre a Mosca, costò la vita alla giornalista Anna Politkovskaia.
Nato il 9 ottobre del 1959 a Sochi, padre di quattro figli, Nemtsov era stato vicepremier sotto l'ex presidente Boris Eltsin. Dal 2012 era copresidente del partito Rpr-Parnas (Partito repubblicano di Russia- Partito della libertà del popolo). Dal 2013 era legislatore nel parlamento della città russa di Yaroslavl. L’anno scorso, prima dei Giochi olimpici invernali di Sochi, aveva accusato il presidente russo di corruzione.
Nemtsov stava lavorando ad un rapporto sul coinvolgimento della Russia nel conflitto in Ucraina. Lo ha ribadito anche l’ex presidente della Georgia Mikheil Saakashvili, intervistato dalla Cnn, precisando che Nemtsov voleva fare sapere al "pubblico russo cosa stava succedendo in Ucraina". Saakashvili ha ricordato di avere pranzato con lui la scorsa settimana e di avergli chiesto se avesse paura per la sua vita. Ma Nemtsov gli aveva risposto di non credere che il presidente russo, avrebbe fatto arrestare un ex funzionario di alto livello come lui.
Numerose persone hanno portato fiori e candele sul ponte dove è stato ucciso Nemtsov. Fin dall'alba i moscoviti hanno improvvisato una sorta di "memoriale" con foto della vittima, santini e ricordi di ogni genere. Qualcuno ha portato una copia della Costituzione russa, altri rose e garofani. In molti hanno pianto e condannato il "cinico assassinio". "L’atmosfera negli ultimi anni, in particolare dopo i fatti di Crimea, è diventata mostruosa ed è questo che ha portato all'assassinio di Nemtsov", ha commentato il giornalista indipendente Aleksandr Ryklin, citato da Radio Eco di Mosca. La folla è tale che la polizia ha dovuto chiudere al traffico una delle corsie del ponte.
Etichette:
Boris Eltsin,
Boris Nemtsov,
condanna dei governi,
Cremlino,
Georgia,
Mikheil Saakashvili,
Occidente,
opposizione russa,
Russia,
USA,
Vladimir Putin
Iscriviti a:
Post (Atom)