mercoledì 28 maggio 2014
Bagno di sangue a Donetsk
Precitata la situazione a Donetsk, cinta d’assedio dalle forze militari ucraine che hanno intimato ai ribelli separatisti di lasciare la città, o verranno «colpiti con precisione». Una minaccia che ieri si è trasformata in bagno di sangue. Almeno 100 gli uccisi nella battaglia per l’aeroporto internazionale della città, dilagata presto nei quartieri residenziali limitrofi. E arrivata a lambire la stazione centrale, a due passi dalla zona degli alberghi affollati di giornalisti stranieri e civili in cerca di rifugio.
Il premier ribelle Alexander Borodai, in conferenza stampa in un albergo della città ha detto che la presenza tra le fila dei separatisti di miliziani ceceni e osseti è per "proteggere i russi nella regione", e che Mosca non c'entra nulla: "Sono volontari", ha tagliato corto. Ma la tensione si tagliava a fette. Il premier è arrivato scortato da miliziani armati di tutto punto, mentre altri in borghese presidiavano la saletta della conferenza stampa. Finite le domande dei giornalisti si è alzato: le telecamere hanno catturato la fondina nera della pistola sulla cintola. Un cecchino era stato piazzato sul tetto a monitorare la situazione.
Un appello che in queste ore non sembra trovare interlocutori a Kiev, che ieri ha scatenato una escalation militare che l’est non aveva ancora mai visto, e decisa a proseguire l’azione «finché non ci saranno più terroristi nel Paese». «È questione di ore», ha incalzato il neoeletto presidente, Petro Poroshenko. Ieri nei cieli di Donetsk sono sfrecciati elicotteri e caccia militari, che hanno bombardato senza sosta le postazioni nemiche, fino a costringere i ribelli a ritirarsi nelle zone limitrofe e a trincerarsi in postazioni difensive improvvisate.
L’autoproclamata Repubblica popolare accusa le forze ucraine di crimini contro l’umanità: almeno 15 miliziani feriti, che venivano trasportati a bordo di due camion, «con insegne mediche», sono stati uccisi dal fuoco degli rpg. Spari anche contro un’ambulanza, denunciano ancora i ribelli che chiedono «l’intervento personale di Putin, in qualsiasi forma». Ma, lo ammettono, sperano che da Mosca decida di intervenire militarmente. Diametralmente opposta la posizione dei fedeli a Kiev, che accusano la Russia di favorire l’ingresso nel Paese di «terroristi e mercenari». Non sono mancati gli scontri a fuoco al confine, dove secondo la versione ucraina, convogli carichi di uomini armati hanno tentato di infiltrarsi per dare man forte ai “fratelli dell’est”. Blindati e militari armati di tutto punto hanno accerchiato il perimetro esterno della città, per impedire l’afflusso di volontari e miliziani pronti a difendere Donetsk a ogni costo. Ma molti, forse qualche centinaia, sono già arrivati nelle ultime 48 ore. Anche loro sono bene equipaggiati, fucili automatici, rpg a spalla, e zaini che sembrano carichi di esplosivo.
La tensione è alle stelle: ne hanno fatto le spese i quattro osservatori Osce fermati ieri sera, e ora nelle mani dei ribelli. Preoccupata attesa anche a Sloviansk, roccaforte della rivolta, dove al tramonto si teme l’inizio di nuovi bombardamenti che ieri sono costati la vita a 4 civili. Le foto dei cadaveri, a terra in un bagno di sangue, hanno fatto il giro del mondo. La fragile tregua registrata nella giornata di oggi ha consentito il recupero delle salme di Andrea Rocchelli e Andrey Mironov, uccisi sabato alle porte della città. Quella di Andrea dovrebbe arrivare a Kiev nella notte, via Kharkov. E rompere la tragedia nella tragedia della famiglia, distrutta da tre giorni di lutto e dall’attesa di poter dare l’ultimo saluto a un giovane di 30 anni, che come tanti cronisti voleva raccontare l’ennesima guerra civile in un nuovo secolo dominato da stragi e guerra estesa, anche a colpi di gas Sarin come in Siria. Alcune ong russe fanno appello per l’apertura di corridoi umanitari per evacuare bambini, donne e anziani, già costretti a lasciare le proprie case nelle zone `calde´ della città. La speranza è appesa a un filo. E la comunità internazionale ha un’ultima occasione per far scoppiare la pace, ora che il conflitto nell’est dell’Ucraina gira l’ultima curva prima del bivio che porterà solo allo spargimento di altro sangue.
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