venerdì 21 giugno 2013

Articoli della stampa europea del 20 giugno 2013



Germania: “Saldati”
“Gli Stati Uniti e la Germania mostrano di voler serrare i ranghi nonostante le divergenze sullo spionaggio informatico”, sottolinea Die Welt, all’indomani della visita di Barack Obama a Berlino.
In occasione dell’atteso discorso davanti alla porta di Brandeburgo riservato a qualche migliaio di invitati, cinquant’anni dopo quello di John F. Kennedy, il presidente americano ha dichiarato che “l’Europa e gli Stati Uniti possono servire da modello, e fare insieme cose per cui gli altri paesi non sono pronti”.
Angela Merkel ha risposto sottolineando che “nel ventunesimo secolo il partenariato transatlantico è ancora la chiave per garantire la libertà, la prosperità e la sicurezza per tutti”, ma ha anche criticato il programma di spionaggio americano Prism: “lo sforzo per difendersi dal terrorismo deve essere portato avanti in modo misurato nonostante l’importanza dell’argomento”.
Nel suo discorso Obama ha anche annunciato la riduzione di un terzo dell’arsenale nucleare e ha invitato la Russia a fare altrettanto.

“L’Fmi chiede un’altra riforma per abbassare i salari e le indennità”
Il 18 giugno il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha rilasciato un comunicato finale al termine della sua missione in Spagna chiedendo al governo di affrontare i livelli di disoccupazione “inaccettabili” riformando il mercato del lavoro per renderlo più “job-friendly e inclusivo”.
Secondo l’Fmi l’Europa dovrebbe avere un ruolo più attivo alleggerendo i termini dell’adeguamento fiscale della Spagna, e Madrid dovrebbe aumentare la flessibilità degli stipendi e le tasse indirette come l’iva. Il comunicato del Fondo ribadisce infine la necessità di completare le riforme strutturali attese da tempo. Secondo El País
L’Fmi gradisce le riforme avviate dal governo, ma chiede un altro passo avanti in quelle del mercato del lavoro.

Austria: “2,6 miliardi di euro: Alpine è il più grande fallimento della Seconda repubblica”
Alpine, la seconda azienda di costruzioni e lavori pubblici del paese, filiale del gruppo spagnolo Fcc, ha presentato il suo bilancio il 19 giugno e ha chiesto un piano di risanamento giudiziario.
Vittima della crisi e della congiuntura difficile in Europa orientale (Alpine è molto presente in Polonia e Romania), la società ha accumulato un passivo di 2,56 miliardi di euro: si tratta del più grande fallimento dal dopoguerra, ricorda Der Standard.
La sezione più rilevante del gruppo, con 15mila dipendenti, dovrà essere chiusa o venduta. Soltanto la parte austriaca sarà mantenuta, permettendo di salvare 4.600 posti di lavoro.

Disoccupazione: “I giovani bussano alla porta, ma Bruxelles non ha una soluzione”
La disoccupazione giovanile, che ad aprile ha raggiunto il 23,5 per cento, è ormai la priorità principale per l’Europa, ma i progressi sono lenti e ostacolati dalla crisi economica mondiale, sottolinea Delo, aggiungendo che il 19 giugno la Commissione europea ha chiesto la realizzazione tempestiva dei progetti per stimolare l’occupazione. Il budget Ue per il periodo 2014-2020 per contrastare la disoccupazione giovanile ammonta a 6 miliardi di euro.
Nel frattempo il 20 giugno il governo sloveno dovrebbe proporre una nuova legge per combattere la disoccupazione giovanile, che prevedrebbe un sistema di sussidi per i datori di lavoro che assumono giovani di età inferiore ai 30 anni.

Siria: “Le tracce dei combattenti danesi in Siria”
Secondo i servizi segreti danesi circa 65 persone hanno lasciato il paese e per unirsi ai ribelli in Siria e almeno cinque sono rimaste uccise, riporta Politiken.
Il dato inquieta il governo, che spera di impedire nuovi casi. I servizi segreti informeranno le autorità danesi di tutte le partenze per la Siria e verificheranno l’origine dei fondi utilizzati.
Copenaghen prepara sanzioni per i combattenti che torneranno in patria, come la sospensione delle indennità per gli immigrati e processi penali per terrorismo.

Ungheria: “Gyula Horn è morto”
L’ex primo ministro socialista ungherese Gyula Horn è morto all’età di 81 anni a Budapest dopo una lunga malattia. La sua ultima apparizione in pubblico risaliva al 5 luglio 2007, per il suo settantacinquesimo compleanno, ricorda Népszabadság.
Nell’ultimo governo comunista in Ungheria, nel 1989, era stato ministro degli esteri e aveva giocato un ruolo di primo piano nel processo che alla fine degli anni ottanta avevano portato alla caduta del comunismo in Europa dell’Est e alla riunificazione della Germania.
Il suo nome è direttamente associato alla caduta della cortina di ferro: il 27 giugno 1989 aveva tagliato simbolicamente il filo spinato che separava l’Ungheria dall’Austria insieme al suo omologo austriaco Alois Mock, aprendo il passaggio tra l’est e l’ovest.

20 giugno 2013 la giornata mondiale del rifugiato

Quello di rifugiato politico è uno status giuridico: che individua chi, a causa di persecuzione razziale, politica o religiosa, subita nel proprio Paese d’origine, è volutamente o coercitivamente approdato in un altro Paese, dove, in base alle Convenzioni internazionali, ha diritto civile di chiedere asilo politico. Spesso infatti, a causa di guerre o regimi dittatoriali o integralisti al potere, taluni cittadini non solo sono privati dei normali diritti civili, ma vengono fatti vittime di discriminazioni e persecuzioni.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stato creato in seno alle Nazioni Unite un apposito organismo a tutela dei rifugiati politici: l’Alto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR, dall’acronimo inglese). Le Convenzioni internazionali sanciscono che, una volta ottenuto il riconoscimento giuridico, il rifugiato gode del diritto di soggiorno nel Paese ospitante, con diritto di studio, di esercitare un lavoro, di ricongiungimento familiare, di iscrizione al sistema sanitario, di richiesta della cittadinanza e degli altri diritti civili ed assistenziali.

Il diritto del rifugiato ad essere accolto e protetto, si scontra oggi con il dovere spesso non compiuto da parte di numerosi governi europei, che non mettono in atto le necessarie politiche di integrazione e riconoscimento dello status. Il respingimento incondizionato degli immigrati, prima ancora che possano approdare sulle nostre coste, è sicuramente una delle violazioni di questo diritto che la Giornata mondiale del rifugiato di oggi ricorda.

L’apolide è una persona che non ha la cittadinanza di nessun paese (convenzione di New York del 1954 relativa allo status degli apolidi).

Migrante/immigrato  e chi decide di lasciare volontariamente il proprio paese d’origine per cercare un lavoro e condizioni di vita migliori. A differenza del rifugiato, un migrante non è un perseguitato nel proprio paese e può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza.

Immigrato regolare/irregolare altresì è l’immigrato regolare risiede in uno stato con un permesso di soggiorno rilasciato dall’autorità competente. Il migrante irregolare è una persona che:
è entrato in un paese evitando i controlli di frontiera;
è entrato regolarmente in un paese, per esempio con un visto turistico, ma ci è rimasto anche quando il visto è scaduto;
non ha lasciato il paese di arrivo anche dopo che questo ha ordinato il suo allontanamento dal territorio nazionale.

Profugo è un termine generico che indica chi lascia il proprio paese a causa di guerre, invasioni, rivolte o catastrofi naturali. Un profugo interno non oltrepassa il confine nazionale, restando all’interno del proprio paese.

La condizione di rifugiato è definita dalla convenzione di Ginevra del 1951, un trattato delle Nazioni Unite firmato da 147 paesi. Nell’articolo 1 della convenzione si legge che il rifugiato è una persona che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese”.

Dal punto di vista giuridico-amministrativo è una persona cui è riconosciuto lo status di rifugiato perché se tornasse nel proprio paese d’origine potrebbe essere vittima di persecuzioni. Per persecuzioni s’intendono azioni che, per la loro natura o per la frequenza, sono una violazione grave dei diritti umani fondamentali, e sono commesse per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale. L’Italia ha ripreso la definizione della convenzione nella legge numero 722 del 1954.
L’anno scorso nel mondo ci sono stati più di 45,2 milioni di rifugiati.

Un richiedente asilo è una persona che, avendo lasciato il proprio paese, chiede il riconoscimento dello status di rifugiato o altre forme di protezione internazionale. Fino a quando non viene presa una decisione definitiva dalle autorità competenti di quel paese (in Italia è la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato), la persona è un richiedente asilo e ha diritto di soggiornare regolarmente nel paese, anche se è arrivato senza documenti d’identità o in maniera irregolare.

Chi beneficia della protezione umanitaria non è individuato come rifugiato, perché non è vittima di persecuzione individuale nel suo paese ma ha comunque bisogno di di protezione e/o assistenza perché particolarmente vulnerabile sotto il profilo medico, psichico o sociale o perché se fosse rimpatriato potrebbe subire violenze o maltrattamenti. Le norme europee definiscono questo tipo di protezione “sussidiaria”.

La protezione sussidiaria è una forma di protezione internazionale prevista dall’Unione europea riconosciuta a chi rischia di subire un danno grave se rimpatriato, a causa di una situazione di violenza generalizzata e di conflitto. Inoltre può ottenere la protezione sussidiaria chi corre il pericolo di subire tortura, condanna a morte o trattamenti inumani o degradanti per motivi diversi da quelli previsti dalla convenzione di Ginevra.

domenica 16 giugno 2013

Elezioni 2013 in Iran vittoria della rivoluzione moderata

Hassan Rohani è stato eletto presidente dell'Iran, ha detto il ministro dell'Interno alla tv iraniana. Ha avuto circa il il 53% dei voti. Un risultato che esclude il ricorso ad un ballottaggio

E' "una vittoria della moderazione sull'estremismo" questo il commento a caldo di Hassan Rohani appena eletto nuovo presidente della Repubblica Islamica dell'Iran. Il candidato moderato, che aveva raccolto il consenso del fronte riformista, ha oltrepassato la soglia del 50% dei voti e ha vinto la corsa presidenziale al primo turno.

L'Iran ora deve giocare un ruolo costruttivo all'interno della comunità internazionale: è il messaggio del segretario generale dell'Onu, Ban ki-Moon, a Hassan Rohani, vincitore delle elezioni presidenziali. Ottimismo tra i leader internazionali, scettiscismo in Israele.

A sorpresa il candidato moderato appoggiato dai riformisti ha vinto già al primo turno. Il mondo, tranne Israele, guarda all'Iran del dopo-Ahmadinejad e spera in una svolta dopo il trionfo di Hassan Rohani, il religioso moderato sostenuto dai riformisti che ha sbaragliati i rivali nella corsa alla presidenza della Repubblica Islamica.

Rohani ha ottenuto il 50,68% dei voti, pari a 18,6 milioni di schede (hanno votato in tutto 36,7 milioni di aventi diritto, pari al 72,7% dell'elettorato" e subito ha tenuto a lanciare la parola d'ordine della "moderazione", che ha celebrato "la vittoria contro l'estremismo".

La Germania guarda con speranza al risultato elettorale in Iran e considera la vittoria del moderato Hassan Rohani come il frutto di "un voto per le riforme e per una politica estera costruttiva". Lo afferma stasera il ministro degli Esteri, Guido Westerwelle. Secondo Westerwelle, "vi ‚ da sperare che il nuovo vertice del Paese collabori per arrivare a risolvere le questioni internazionali e regionali" aperte: a partire - lascia intendere il ministro tedesco - dal dossier nucleare.

Il nuovo presidente della Repubblica islamica Hassan Rohani è stato eletto con il 50,70 per cento di preferenze. Lo ha reso noto il ministro degli Interni iraniano Mostafa Mohammad Najjar, precisando che Rohani ha ottenuto 18.613.329 voti su un totale di 36.704.156. Netto il divario con il suo principale rivale, il sindaco di Teheran Mohammad Qalibaf, che ha potuto contare solo su 6.077.292 preferenze.

Al terzo posto il capo dei negoziatori per il nucleare Saeed Jalili con 4.168.946 voti, seguito dal leader dal leader dei pasdaran Mohsen Rezaei con 3.884.412 preferenze, dal Consigliere per gli affari internazionali della Guida Suprema Ali-Akbar Velayati con 2.268.753 voti e infine dall'indipendente Mohammad Gharazi con 446.015 preferenze.

Subito dopo l'annuncio della vittoria di Hassan Rohani, a Teheran - ad esempio sul lunghissimo viale Vali-e Asr che spacca da nord a sud la città - sono scattati caroselli di auto che suonano il clacson.

"Sono state le elezioni più democratiche del mondo". Parola di Hashemi Rafsanjani, che aveva appoggiato il nuovo presidente Hassan Rohani nella sua corsa elettorale in Iran. "I nemici dell'Iran non potranno dubitarlo", ha scritto su Twitter l'ex presidente della Repubblica, "e adesso spero che il presidente eletto mantenga le promesse fatte e risolva i problemi del popolo".

Hassan Rohani è il nuovo presidente dell'Iran, il successore del "falco" Ahmadinejad. Il candidato moderato-riformista (unico dopo che l'altro candidato ammesso, Mohamamd Reza Aref, si è ritirato) ha vinto al primo turno le elezioni presidenziali superando di un soffio la soglia necessaria del 50% che gli consente di evitare il ballottaggio. L'annuncio ufficiale è venuto dal ministro degli Interni di Teheran alla fine di una giornata che ha visto Rohani saldamente in testa fin dalle prime schede scrutinate. Rohani ha salutato «la vittoria dell'intelligenza, della moderazione e del progresso sull'estremismo» in un messaggio letto alla televisione di Stato iraniana. Il neo presidente ha ottenuto il 50,68% dei voti, pari a 18,6 milioni di schede. Hanno votato in tutto 36,7 milioni di aventi diritto, pari al 72,7% dell'elettorato. A Teheran e in diverse parti del Paese sono subito cominciate le celebrazioni per la vittoria del candidato moderato.

La Casa Bianca accoglie in modo positivo l'esito del voto e si congratula col coraggio degli iraniani che sono andati a votare «nonostante la censura e l'intimidazione». L'amministrazione Obama auspica che sia l'ora delle «scelte responsabili per un futuro migliore», con un nuovo governo che rispetti la volontà del popolo. Gli Stati Uniti - conclude la nota - sono pronti a un dialogo diretto con Rohani.

Il neo presidente è stato per 16 anni segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale. Attualmente guida il centro di ricerca strategica ed è membro del Consiglio del Discernimento e dell'Assemblea degli Esperti. Nel 2003 fu nominato capo negoziatore sul nucleare. Le principali forze politiche che lo sostengono sono 'Mosharekat' (Condivisione), i Mojahedin della Rivoluzione Islamica, 'Kargozaran' e l'Associazione del Clero Combattente. Rohani è appoggiato da personalità di spicco quali gli ex presidenti Ali Akbar Hashemi Rafsanjani e Seyyed Mohammad Khatami e dall'hojatoleslam Hassan Khomeini, nipote del defunto leader della Rivoluzione Islamica, l'ayatollah Ruhollah Khomeini. In politica estera, il programma dello schieramento moderato-riformista prevede un'apertura verso l'Occidente, in particolare nei confronti degli Stati Uniti, con l'obiettivo di risolvere la questione nucleare. Prospettive che non convincono Israele, che resta scettico e giudicherà Rohani dalle «sue azioni in materia di nucleare e terrorismo». Lo afferma il portavoce del Ministero degli Esteri sottolineando che «fino a oggi sul programma nucleare iraniano ha deciso la Guida Suprema Ali Khamenei, non il presidente».
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Venerdì gli elettori avevano la possibilità di votare anche all'estero: seggi sono stati allestiti a Dubai, Londra e negli Stati Uniti. L'alta partecipazione al voto suggerisce che le elezioni, per le quali un tempo era considerata scontata la vittoria dell'establishment, siano viste dai riformisti come un'opportunità per tornare a far sentire la propria voce dopo anni di repressione. Tra i sei candidati l'unico riformista era proprio Hassan Rohani, 64 anni, l’unico religioso fra tanti candidati ufficialmente laici, l’unica colomba rimasta fra tanti falchi, l’unico a sperare nel ballottaggio con gli ultraconservatori. La sua vittoria è considerata una piccola battuta d'arresto per l'establishment, ma si tratta comunque di una sfida minore rispetto a quella costituita quattro anni fa dal movimento riformista verde, sul quale fu attuata una brutale repressione nelle proteste che seguirono le ultime elezioni.

PRISM: Le spie americane sono a casa loro in Europa

Lo scandalo rivelato dal Guardian e dal Washington Post è solo l’ultimo dei molti incidenti occorsi tra Usa e Ue su privacy e sorveglianza, dovuti soprattutto all’inettitudine europea.
Lunedì 10 giugno la Commissione europea ha ripetuto di essere "preoccupata" per il caso Prism, il programma americano di sorveglianza elettronica diretto dall'Agenzia nazionale di sicurezza (Nsa) che gli permette di accedere ai dati esteri e in particolare europei.
Insolitamente discreta, la commissaria alla giustizia Viviane Reding non ha criticato gli Stati Uniti, con i quali – ha spiegato la sua portavoce – parla "sistematicamente" dei diritti dei cittadini europei. Reding sembra soprattutto irritata con i paesi dell'Unione europea, che il 6 giugno hanno bloccato a Lussemburgo il suo progetto di protezione dei dati personali.
In discussione da 18 mesi e dopo 25 riunioni, il dossier Dpr (Data Protection Regolation, regolamentazione della protezione dei dati) è oggetto di tremila emendamenti e divide l'Unione. I ministri della giustizia dei

Ventisette si sono riuniti poche ore prima delle rivelazioni dell'ex dipendente della Cia Edward Snowden sul quotidiano inglese The Guardian, che forse avrebbero permesso di avvicinare i diversi punti di vista. Londra e l'Aia considerano la bozza di Reding troppo penalizzante per le imprese, Parigi vuole maggiore attenzione per le reti sociali e Berlino considera i testi troppo vaghi. Ma di fronte alle rivelazioni su Prism anche le capitali europee affermano di essere "preoccupate".
Del resto questo era proprio il termine utilizzato dalla Commissione nel 2000, quando furono svelate le attività europee di Echelon, una rete anglosassone di sorveglianza globale delle telecomunicazioni. L'Nsa dirigeva queste intercettazioni allo scopo di ottenere informazioni economiche, commerciali, tecnologiche e politiche. La legislazione degli stati membri dell'Unione era stata violata, così come i diritti fondamentali dei cittadini.
All'epoca Londra aveva approfittato del suo rapporto privilegiato con Washington per spiare i rivali europei. Le due capitali hanno negato e i dirigenti europei hanno preferito dimenticare che il responsabile della crittografia delle comunicazioni della Commissione aveva dichiarato di essere "in buoni rapporti con l'Nsa", che in questo modo avrebbe avuto libero accesso alle informazioni confidenziali dell'esecutivo europeo. In seguito l'interessato ha "rettificato" le sue dichiarazioni in una lettera al suo superiore.
Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 – che Echelon non è riuscita a prevenire – in nome della lotta al terrorismo gli europei hanno concesso – a volte di propria volontà, spesso costretti – un numero consistente di dati alle autorità americane. Ma nel 2006 l'Europa avrebbe scoperto che Washington aveva segretamente accesso da cinque anni alle informazioni di Swift, una società belga che crittografa i flussi finanziari tra le banche di tutto il mondo.
Una volta passata la sorpresa e dopo aver avviato un difficile negoziato, nel 2010 è stato firmato un accordo. Gli europei hanno ottenuto la possibilità di valutare la pertinenza delle richieste americane per esercitare un controllo, la procedura ed eventuali incidenti sono oggetto di una valutazione semestrale e così via.
Il caso dei dai personali dei paesseggeri aerei (Pnr, Passenger name record) è stato altrettanto complesso e ci sono voluti nove anni di trattative e quattro versioni del testo per permettere finalmente di arrivare a un accordo nell'aprile 2012. Preoccupati soprattutto di evitare la firma di accordi bilaterali che avrebbero offerto poche garanzie, gli europei hanno finito per accettare la trasmissione di 19 dati riguardanti tutti i viaggiatori dell'Ue che vanno negli Stati Uniti o che li sorvolano. Washington aveva inserito nel negoziato la liberalizzazione delle autorizzazioni di accesso al territorio americano. I dati raccolti sono resi anonimi dopo sei mesi, conservati per cinque anni su una banca dati "attiva" e poi per dieci anni in una banca dati "dormiente".

Gli europei però non sono riusciti a risolvere una questione fondamentale: tre delle quattro compagnie mondiali che conservano i dati di prenotazione della maggior parte delle compagnie mondiali sono negli Stati Uniti e sono quindi sottoposte alla legislazione di questo paese. In caso di problemi le leggi europee non avrebbero alcun potere su di esse. Come nel caso di Prism, l'Unione è costretta a riconoscere non solo di essere sistematicamente in ritardo sugli avvenimenti, ma anche che la sua capacità di azione è limitata.
Attualmente l'Ue cerca di negoziare con gli Stati Uniti la possibilità per i cittadini europei di far correggere attraverso una procedura giudiziaria dei dati personali errati in possesso di società private americane. I cittadini americani che vivono in Europa godono già di questo diritto.
L'eurodeputata liberale Sophie in't Veld spera che le rivelazioni sulle pratiche dell'Nsa risveglino la coscienza degli europei e li costringa a mostrarsi più esigenti. Ma il parere di un alto funzionario di Bruxelles è molto diverso: "Questo caso conferma ancora una volta che gli Stati Uniti sono i leader in materia di antiterrorismo e che molti stati membri non oseranno contrastarli". Secondo questa fonte è del resto "molto probabile" che il Regno Unito e altri paesi abbiano tratto vantaggio da informazioni ottenute da Prism. La cancelliera tedesca Angela Merkel sarà molto probabilmente la prima a sollevare direttamente la questione con Barack Obama, visto che il presidente americano si recherà a Berlino il 18 e 19 giugno.
La questione è molto delicata, soprattutto in un paese molto attento alla vita privata, e visto che le rivelazioni del Guardian hanno messo in evidenza come la Germania sia stata uno dei paesi più colpiti dalle intercettazioni. Secondo un esperto di Bruxelles questo potrebbe indicare che le autorità americane farebbero anche dello spionaggio industriale – cosa che Washington negava già ai tempi di Echelon. Nel frattempo lunedì 10 giugno un portavoce del ministero della Giustizia tedesco ha fatto sapere che l'amministrazione sta verificando "possibili ostacoli ai diritti dei cittadini tedeschi".

Le nuove frontiere di Schengen

Da DILEMA VECHE  

Dopo mesi di stallo i paesi membri e le istituzioni europee hanno trovato un accordo sulla libera circolazione interna. Fare chiarezza era necessario, ma i passi indietro sono molti.

Il 29 maggio il Parlamento europeo e il Consiglio hanno finito per trovare un accordo sul nuovo pacchetto legislativo su Schengen. In questo modo la nuova gestione dello spazio di libera circolazione ha ricevuto il via libera dopo un blocco durato un anno e mezzo a causa delle divergenze fra le due istituzioni.
Tuttavia resta da capire se il nuovo sistema rappresenti un passo avanti o uno indietro. Questo ovviamente dipende dalla prospettiva in cui ci si pone, ma anche dal modo in cui i governi europei considereranno il recente compromesso.
Facciamo un rapido excursus storico: nel 1985 sette paesi della Comunità europea firmavano nella cittadina lussemburghese di Schengen un accordo per abolire le frontiere interne, il che in pratica sarebbe stato fatto solo dieci anni dopo. Nel frattempo molti stati vi hanno aderito, compresi alcuni non membri dell'Unione come la Norvegia, l'Islanda, la Svizzera e il Liechtenstein. Oggi lo spazio Schengen conta 30 membri, di cui 27 applicano effettivamente l'accordo mentre gli altri sono in fase di transizione.
Tutto andava bene fino a che negli ultimi anni la presenza massiccia di immigrati ha cominciato a infastidire gli autoctoni. Una cosa alla quale i politici non potevano rimanere indifferenti. La situazione si è aggravata con la crisi economica, e così è diventato necessario introdurre nuove regole nello spazio Schengen.
Nel frattempo alcuni stati membri hanno deciso in modo unilaterale di sospendere l'accordo. Per esempio la Francia e l'Italia nella primavera del 2011, citando la pressione di alcune migliaia di immigrati nordafricani. O la Danimarca nello stesso anno, per motivi elettorali. Ma nonostante il risalto mediatico dato alla sospensione dell'accordo il governo di centrodestra aveva perso lo stesso le elezioni. In ogni modo né la Francia, né l'Italia né la Danimarca sono state sanzionate dalla Commissione europea.
Il nuovo sistema di gestione dello spazio Schengen è il risultato dello scontro di due punti di vista
contrapposti. Quello dei governi (il Consiglio), che volevano maggiore libertà per gli stati per poter reintrodurre i controlli di frontiera ogni volta che lo avessero ritenuto necessario. E quello del Parlamento, che voleva imporre delle condizioni più rigorose alla sospensione unilaterale dell'accordo, per difendere il diritto dei cittadini europei alla libera circolazione.
Alla fine il Consiglio e il Parlamento hanno trovato una soluzione intermedia. Gli stati membri potranno reintrodurre dei controlli alle frontiere per un periodo massimo di due anni se si ritengono minacciati da un'ondata massiccia di immigrazione. Le formalità di entrata nello spazio Schengen per i cittadini non appartenenti all'Ue saranno rese più rigorose (anche per chi non ha bisogno di visto) e i viaggiatori dovranno iscriversi online, sulla base del modello già adottato dagli Stati Uniti. La Commissione sorveglierà la reintroduzione dei controlli per evitare abusi. Il nuovo sistema entrerà in vigore dal primo gennaio 2014.
L'eurodeputata romena Renate Weber [Alde, liberali], che ha condotto i negoziati per conto del Parlamento europeo per il [Codice di attraversamento delle frontiere Schengen]1, ha detto che l'accordo ha il merito di definire delle regole comuni per la reintroduzione dei controlli solo in circostanze eccezionali.
Ma a chi spetterà decidere sulla natura della situazione eccezionale? Ai governi, almeno in un primo tempo. E in questo caso il pericolo è che la decisione non sia sempre basata su considerazioni tecniche ma politiche.

Le minacce possono essere "esagerate" per motivi elettorali, come nel caso dell’“invasione romena” nel
Regno Unito (che peraltro non fa parte dello spazio Schengen) o di quello delle “cornacchie” contro l'entrata della Svizzera nello spazio Schengen.
Questa primavera l'Associazione delle città tedesche si è lamentata presso il governo federale che gli immigrati – in particolare quelli provenienti dalla Romania – incidono pesantemente sul sistema previdenziale locale e comportano una spesa eccessiva per i comuni. Ma possiamo considerare questo caso come una situazione eccezionale?
Quasi ingovernabili
Secondo il commissario all'energia Günther Oettinger la Romania è insieme alla Bulgaria e all'Italia un “paese quasi ingovernabile” – affermazione ovviamente esagerata (al limite siamo un paese governato male), ma che il governo di Berlino non ha smentito. E un paese “quasi ingovernabile” non genera instabilità regionale, anche per quanto riguarda i flussi di immigrati?
Si tratta ovviamente di semplici speculazioni, ma questo esercizio dell'immaginazione mostra che il recente compromesso sulle nuove regole dello spazio Schengen può essere considerato un passo avanti o un passo indietro, tutto dipende dalla buona volontà dei governi degli stati membri.
L'accordo prevede che Romania e Bulgaria non siano considerate stati candidati allo spazio Schengen, perché hanno già i requisiti tecnici per farne parte. Inoltre il nuovo meccanismo di valutazione non fa più riferimento a criteri come la corruzione o il crimine organizzato, spesso invocati da alcuni paesi per bloccare l'accesso della Romania e della Bulgaria allo spazio Schengen.
L'adesione dei due paesi potrebbe essere agevolata grazie a questo compromesso e probabilmente gli stati membri, grazie al meccanismo che autorizza la reintroduzione dei controlli di frontiera, saranno più disponibili nei loro confronti. Ma dipenderà anche dai calcoli politici nelle capitali europee – e poco o niente dalla Commissione o dal Parlamento europeo.

Rassegna stampa quotidiani europei giugno 2013



AMBIENTE: “Malta va contro la tendenza europea sulle emissioni di CO2”
Secondo un nuovo rapporto dell’International energy agency Malta non sta rispettando le richieste dell'Ue per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica.
Il governo della Valletta non sta rispettando l’impegno preso nel 2010 da tutti i paesi Ue a ridurre le emissioni almeno del 20 per cento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020. Secondo il quotidiano The Malta Independent per Malta rispettare l’obiettivo significherebbe dimezzare le sue emissioni. Tuttavia questa riduzione drastica non è ancora stata avviata, e secondo le stime pubblicate da Eurostat il mese scorso Malta è uno dei quattro paesi Ue che ha registrato un aumento delle emissioni tra il 2011 e il 2012. In proporzione l’aumento stimato del 6,3 per cento è di gran lunga il maggiore tra i paesi Ue.


TRASPORTO AEREO: “Un unico cielo per l’Europa”

“Bruxelles tenta di creare un cielo comune per l’Europa”, scrive Rzeczpospolita. L’11 giugno il commissario europeo ai trasporti Siim Kallas avvertirà i 27 che intende avviare una procedura legale contro la mancata sostituzione delle attuali regioni dello spazio aereo (divise secondo i confini nazionali) con un numero inferiore di zone più estese, conosciute con il nome di “blocchi di spazio aereo funzionali”.
Il piano fa parte del progetto Single European Sky (Ses), nato per riformare i sistemi di controllo del traffico aereo in Europa. Rzeczpospolita sottolinea che
attualmente i cieli dell’Ue sono controllati da 27 agenzie nazionali che supervisionano 60 centri di controllo del traffico aereo. Negli Stati Uniti uno spazio aereo con un numero di voli e aeroporti paragonabile è controllato da un unico centro. Il monitoraggio del traffico aereo negli Stati Uniti costa la metà rispetto all’Europa. […] Ogni anno l’economia europea perde 5 miliardi di euro a causa della cattiva gestione dello spazio aereo.
PRISM: "L’Europa chiede risposte a Obama sulla sorveglianza da parte degli Stati Uniti"
Lunedì i leader politici europei hanno criticato le operazioni Prisma, create per sorvegliare le comunicazioni telefoniche e via internet di tutto il mondo, definendole inaccettabili e chiedendo ulteriori dettagli sulla natura del programma al presidente Obama.
Lo scandalo è stato rivelato dall’ex agente della Cia Edward Snowden, 29 anni, e ha innescato quella che il Guardian, che ha pubblicato per primo la storia, ha descritto come “una delle più esplosive fughe di documenti sulla sicurezza nazionale nella storia degli Stati Uniti”.
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha promesso di fare pressione su Obama per apprendere i dettagli del programma in occasione del vertice di Berlino della prossima settimana, mentre il vicepresidente della Commissione europea Viviane Reding si è impegnata a predtere chiarimenti ai funzionari Usa in occasione del vertice di Dublino in programma venerdì.
PRISM: “Lo spionaggio di stato, nuova minaccia per le banche svizzere?”
Secondo le rivelazioni fatte al Guardian dall’ex tecnico della Cia Edward Snowden, nel 2007 l’Agenzia nazionale per la sicurezza (Nsa) avrebbe incastrato un banchiere svizzero per ottenere “informazioni bancarie segrete”.
Le Temps s’interroga sul rischio di spionaggio di stato delle istituzioni finanziarie, che “non sembra essere identificato dalle banche come una minaccia specifica”. Tuttavia il quotidiano sottolinea che
i servizi segreti svizzeri, ridicolizzati l’anno scorso per aver permesso a un informatico di sottrarre milioni di dati, oggi possono sorridere pensando alle disavventure dei loro omologhi americani.

REPUBBLICA CECA: “Prime stime dei danni: 20 miliardi”
Mentre il livello dell’acqua comincia a scendere, le autorità locali e le compagnie assicurative cominciano a stimare i danni dell’alluvione fonte giornalistica Mladá Fronta DNES .
Secondo le valutazioni preliminari il totale si aggira attorno ai 20 miliardi di corone (800 milioni di euro). Le inondazioni hanno colpito il paese il 2 giugno dopo quasi una settimana di piogge torrenziali.
Gli esperti avvertono che il costo dei danni alle proprietà non assicurate potrebbe rivelarsi particolarmente alto, perché le compagnie hanno imparato dal passato e si sono rifiutate di assicurare abitazioni ed edifici pubblici nelle zone a rischio.

POLONIA: “La grande fuga dei giovani”
Più del 70 per cento dei 2 milioni di emigrati polacchi ha meno di 40 anni, rivela Rzeczpospolita dopo la pubblicazione delle ultime cifre dell’Ufficio centrale di statistica (Gus).
“I dati sono allarmanti. È un’emorragia di persone”, sottolinea Krystyna Iglicka, professore di demografia e direttrice dell’università Lazarski. Secondo Iglicka il fenomeno costituisce “un esodo senza precedenti” di giovani polacchi in un momento in cui il tasso di nascita è pericolosamente basso.
Altri esperi sottolineano che la partenza di giovani geni creativi “che non hanno conosciuto il socialismo e rappresentavano la nostra speranza” significa “meno crescita economica, meno consumi, un calo del potenziale di sviluppo e un aumento delle spese sociali”.

venerdì 7 giugno 2013

Il Grande Fratello Obama spia, intercetta milioni di telefonate. La fine della privacy

L'amministrazione Obama spia non solo i cellulari ma anche la rete: si allarga lo scandalo attorno all'operato della National security agency (Nsa) e l'Fbi. Dopo lo scoop del Guardian sulle utenze Verizon intercettate, il Washington Post rivela che il governo ha accesso anche ai server dei giganti della web attraverso il programma Prism.

Il Guardian ha rivelato che Verizon deve fornire all'Agenzia di sicurezza nazionale (Nsa) "in maniera continuativa, quotidianamente" i dati relativi a tutte le chiamate effettuate attraverso i suoi sistemi, sia domestiche che tra gli Stati Uniti e altri Paesi, fornendo all'amministrazione i numeri di telefono delle due parti della chiamata, dati sulla localizzazione, l'ora e la durata della chiamata, ma non i suoi contenuti.

L'ennesima rivelazione al termine di una delle giornate più difficili per l'inquilino della Casa Bianca, attaccato su tutti i fronti, paragonato perfino a George W. Bush. Tanto che su Twitter c'e' chi, approfittando della coincidenza con l'anniversario dello sbarco in Normandia, parla di Dday per la difesa del diritto di privacy. George W. Obama.

Nella sintesi dell'Huffington Post tutta la rabbia, il sarcasmo e la disillusione dei media liberal che si sentono traditi dall'attuale presidente: lui, l'uomo che ha messo fine all'era Bush, non chiude Guantanamo, uccide con i droni e ora spia anche milioni di americani con un Grande Fratello che monitora telefonate e attività sul web. George W. Obama. Nella sintesi spietata dell'Huffington Post tutta la rabbia, il sarcasmo e la disillusione dei media liberal che si sentono traditi dall'attuale presidente: lui, l'uomo che ha messo fine all'era Bush, non chiude Guantanamo, uccide con i droni e ora spia anche milioni di americani con un Grande Fratello che monitora telefonate e attività sul web

Spietato il New York Times: "Poche ore dopo la rivelazione che le autorità federali regolarmente raccolgono i dati sulle telefonate di cittadini americani, indipendentemente dal fatto che abbiano alcuna attinenza con indagini antiterrorismo, l'amministrazione ha risposto con lo stesso luogo comune che ha offerto ogni volta che il presidente Obama è stato pizzicato in un uso troppo disinvolto dei suoi poteri: i terroristi sono una minaccia reale e dovete fidarvi di noi, perché abbiamo meccanismi interni (dei quali non abbiamo intenzione di parlare) per assicurarci che non violino i vostri diritti". Insomma, è l'assenza totale di trasparenza la colpa imperdonabile del presidente: "L'amministrazione ha ormai perso ogni credibilità su questo tema".

"Un giorno, una giovane ragazza guarderà negli occhi di suo padre e chiederà: 'Papà, cosa è la privacy?' Il padre probabilmente non se lo ricorderà. Temo che abbiamo già dimenticato che ci fu un tempo in cui le telefonate di un cittadino degli Stati Uniti erano affar suo e di nessun altro", ha scritto Eugene Robinson sul Washington Post, andando dritto al cuore del problema, il rapporto fra potere e diritti individuali, fra lotta al terrorismo e tutela della privacy.

E' in ballo il curriculum di Obama quale diefnsore delle libertà civili, non si lascia sfuggire il Wall Street Journal, mai tenero con il presidente democratico. Ma poi riconosce: "Grazie per il monitoraggio dei data, la sorveglianza della NSA sui 'metadati' è legale e necessaria".

E il quotidiano conservatore non è l'unica voce in difesa del presidente: molti deputati repubblicani difendono l'efficacia del programma, il presidente della Commissione intelligence alla Camera, Mike Rogers, rivela che la raccolta dei dati sulle telefonate ha permesso di sventare un attacco terroristico negli Stati Uniti. Ma non precisa quale. Per Obama, un assist avvelenato: la difesa dei media repubblicani accentua il nervosismo dei media liberal, che intensificano le critiche fino al parallelo dell' Huffington Post: Obama come Bush, appunto.
E' il caso portato alla luce dal Washington Post: grazie a Prisma, programma top secret del 2007, National Security Agency e l'Fbi hanno 'gettato le reti' nei server di Microsoft, Yahoo, Google, Facebook, PalTalk, Aol, Skype, YouTube, Apple: da qui pescano audio, video, fotografie, e-mail, documenti e contatti 'sospetti'.

Il direttore della National Security Agency James R. Clapper ha definito le "informazioni raccolte grazie a questo programma tra le più importanti informazioni di intelligence ottenute, usate per proteggere la nostra nazione da una grande varietà di minacce". Di più, "la diffusione non autorizzata di informazioni su questo programma importante e interamente legale mette a rischio tutele essenziali per la sicurezza degli americani".

Altre fonti dell'amministrazione Obama cercano di ridimensionare la portata degli scoop: la raccolta di informazioni sulle comunicazioni di cui parlano Guardian e  Washington Post riguarda "procedure specificatamente approvate dalla Corte per assicurare che solo i cittadini non americani fuori dagli Stati Uniti vengano presi di mira". E oltre tutto queste procedure "riducono al minimo l'acquisizione, la conservazione e la diffusione di informazioni accidentalmente acquisite relative a cittadini americani". Il via libera è stato confermato anche in tempi recenti dal Congresso, con il consenso bipartisan di repubblicani e democratici.