mercoledì 29 novembre 2017

Brexit: il conto per uscire dall'Europa



I quotidiani inglesi non parlano d'altro: è stato raggiunto l'accordo finanziario tra il Regno Unito e l'Unione Europea con il quale il primo si assume la responsabilità di pagare fino a 100 miliardi di euro per uscire dall'Europa, anche se il costo per la Brexit oscilla tra i 44 e i 55 miliardi di euro.

Il costo del divorzio tra Londra e Bruxelles ammmonterà fra i 45 e i 55 miliardi di euro. Una fattura che il Regno Unito dovrà pagare all'Europa per poter uscire dall'Unione. L'accordo sulla cifra sarebbe stato già raggiunto. La notizia è rimbalzata questa mattina sulle prime pagine di diversi quotidiani britannici ed è stata confermata dalla televisione di Stato. Ma come si arriva a questa cifra?

30 miliardi
Ogni anno il budget europeo prevede degli stanziamenti pluriennali per il finanziamento di diversi progetti. Al momento dunque Londra deve saldare almeno 30 miliardi di euro per i progetti a venire.

20 miliardi
Ma Londra sarà costretta a versare nelle casse dell'UE almeno 20 miliardi per gli impoegni legali assunti per il periodo 2014-2020. Poi ci sono altri impegni economici assunti nel passato che il Regno Unito dovrà rispettare.

Gli altri 'spiccioli'
Bruxelles vorrebbe anche almeno 7 miliardi di euro per pagare una parte delle pensioni dei funzionari europei, oltre al contributo per la politica migratoria o quella relativa agli investimenti strategici.

Secondo alcuni analisti in realtà la somma totale potrebbe facilmente superare i 100 miliardi di euro. Il prossimo 4 dicembre è previsto un incontro tra il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, il capo dei negoziati per la Brexit Michel Bernier e la premier britannica Theresa May.

Si tratta di una prima importante fase prodromica a quella dei negoziati necessari per definire gli accordi commerciali tra la Gran Bretagna e l'Unione Europea.

Come ha affermato, cautamente, il capo negoziatore dell'Ue, Michel Barnier “ci stiamo ancora lavorando duramente, spero di poter annunciare presto un'intesa”, sebbene tale tipologia di accordo si configuri certamente come una sconfitta per il Regno Unito.

Sulla base di tale preliminare accordo la premier britannica Theresa May e il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Junker si incontreranno a pranzo lunedì 4 dicembre, sue giorni prima che la Commissione discuta sullo stato dei negoziati.

Non vi sono commenti a tale accordo né dal governo britannico né tantomeno dalla Commissione europea, ma quello che è certo è che intanto il prezzo della sterlina sale a 1,33 dollari e nei confronti dell'euro a 0,89.

Il calcolo viene effettuato in questo modo: 10 miliardi all'anno per i due anni di transizione dopo Brexit chiesti da Londra tra il 2019 e il 2021, (che i Ventisette sono pronti a concederle), a cui bisogna aggiungere 20-30 miliardi che sono gli impegni finanziari promessi ma non ancora versati inclusi nel bilancio comunitario 2014-2020. A questo totale bisogna sommare alcuni miliardi fuori bilancio per pagare tra le altre cose le pensioni dei funzionari europei.

Oltre al nodo finanziario, su cui si stanno facendo progressi, restano aperte due altre questioni: il diritto dei cittadini e il rapporto tra la Repubblica d'Irlanda e l'Irlanda del Nord. Quest'ultimo aspetto è diventato particolarmente difficile da risolvere dopo che il governo irlandese ha deciso di alzare la posta, chiedendo specifiche garanzie a Londra. Dublino vuole che nell'Ulster ci sia nei fatti uniformità regolamentare per preservare i vantaggi del mercato unico sull'intera isola. «Vogliono una soluzione che valga per l'intera isola, tale da preservare gli strettissimi scambi commerciali sui due lati della frontiera», nota un diplomatico nazionale. Per il Regno Unito, la richiesta irlandese appare difficile da accettare. In ballo, c'è la sovranità stessa della Gran Bretagna. «D'altro canto – spiega ancora l'esponente comunitario –, dietro a Brexit c'è proprio la volontà di staccarsi dall'Unione, abbandonare l'assetto regolamentare comunitario».

Molti diplomatici ammettono che il governo irlandese ha deciso di fare la voce grossa, nel timore che rinviando la questione all'accordo definitivo Dublino rischi di dover accettare la posizione inglese. Ufficialmente, l'Irlanda può contare sull'appoggio dei suoi partner, ma nella sostanza la posizione irlandese è molto particolare. Agli altri governi preme soprattutto trovare una soluzione sulle finanze e sui diritti dei cittadini. «La questione irlandese è tale: prettamente irlandese», ammette un altro diplomatico.

Per Londra, garantire l'unità regolamentare sull'intera isola significherebbe avere due regimi in uno stesso paese. Sarebbe anche interpretato come un primo passo verso una clamorosa riunificazione dell'isola. In un recente vertice europeo l'allora premier Enda Kenny aveva ottenuto che fosse precisata la possibilità per l'Irlanda del Nord, una volta eventualmente inglobata nella Repubblica d'Irlanda, di aderire direttamente all'Unione, come la DDR in occasione della riunificazione tedesca.


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