lunedì 26 gennaio 2015

La robustezza curda manda via l’Isis da Kobane



Nuovo appello del portavoce dell'Isis, Muhammad al Adnani, che ha esortato i lupi solitari a colpire in Europa. «Die in your rage» (Muori nella tua furia), è il titolo del nuovo messaggio.

"Colpite i crociati nel loro territorio e ovunque si trovino": è il nuovo appello ai jihadisti dell'Isis in Europa che arriva in un nuovo messaggio del portavoce dello Stato islamico, Abu Muhammad al Adnani. Lo riferisce il Site. Il messaggio si intitola "Die in your rage" (muori nella tua furia). «In effetti avete visto cosa un singolo musulmano è stato in grado di fare con il Canada e il suo Parlamento, e cosa i nostri fratelli hanno fatto in Francia, Australia e Belgio», ha ggiungto Adnani.

«Presto questa campagna crociata sarà sconfitta e dopo, se Dio vuole, ci incontreremo a Gerusalemme, poi l'appuntamento è a Roma. Ma prima gli eserciti della croce saranno sconfitti a Dabiq», in Siria. E' la nuova minaccia del portavoce dell'Isis, Abu Muhammad al Adnani, nell'ultimo audio messaggio diffuso sul web.

L’appello giunge proprio nel giorno in cui le truppe irachene hanno ripreso il controllo della provincia di Diyala dagli jihadisti sunniti dello Stato islamico (Isis). Lo ha riferito il generale Abdulamir al-Zaidi, annunciando «la liberazione» della provincia orientale irachena. «Le forze irachene hanno il completo controllo di tutte le città e dei distretti della provincia di Diyala», ha aggiunto.

Durante gli scontri, le forze di sicurezza irachene hanno ucciso il comandante militare dello Stato islamico a Ramadi, nella provincia occidentale di Anbar, insieme ad altri quattro jihadisti. È quanto ha riferito ai media una fonte militare locale, secondo cui il leader ucciso sarebbe di nazionalità siriana.

I combattenti curdi hanno strappato Kobane all'Isis dopo 4 mesi scontri. E’ quanto ha affermato l'osservatorio siriano per i diritti umani, basato a Londra. L'Ong segnala sporadici combattimenti in due sobborghi, dove c'è una residua presenza dei jihadisti. Gli attivisti pubblicano su Twitter le foto della bandiera curda sulla collina di Kobane.

I curdi stanno per riconquistare Kobane dopo mesi d'assedio. In questi giorni in cui parla tanto d'Europa, questo modesto e dimenticato borgo siriano è il vero centro della resistenza europea, non soltanto perché al confine della Turchia, Paese cardine della Nato, ma anche perché uomini e donne della resistenza curda hanno difeso i valori dell'Europa, di libertà, di indipendenza e laicismo contro l'oscurantismo delle orde del Califfato. Non dimentichiamo che i curdi stanno ancora combattendo contro tutto e contro tutti, anche se nelle ultime settimane i raid della coalizione internazionale anti-Isil si sono rivelati finalmente efficaci nell'indebolire le postazioni del Califfato.

Il governo islamico della coppia Erdogan-Davutoglu ha bastonato duramente i curdi per impedire che passassero la frontiera provocando nei mesi scorsi un'ondata nazionale di proteste con 35 morti. Poi anche il governo turco ha ceduto alle pressioni interne e internazionali lasciando che andassero a farsi massacrare nella trincea di Kobane. Il messaggio di Ankara ai curdi è stato questo: fatevi pure ammazzare contro il Califfato ma non sperate di ottenere nulla, né autonomia né tanto meno indipendenza.

La Turchia ha come obiettivo la caduta di Assad e contenere i curdi, non eliminare lo Stato Islamico. Washington e l'Occidente devono decidere chi deve combattere sul campo: i riluttanti alleati degli americani non hanno nessuna voglia di farlo. I curdi non vanno bene alla Turchia, le milizie sciite sono troppo filo-iraniane e ostili ai sunniti. E allora chi mandiamo? Eserciti che per ora sono soltanto sulla carta?

Per vincere la guerra al Califfato bisogna essere convinti non soltanto della retorica sui valori occidentali che abbiamo sentito dopo gli attentati di Parigi. Serve anche un progetto per rimettere insieme i pezzi dell'Iraq e della Siria o per disegnare nuovi confini ed entità politiche nel vuoto lasciato da stati falliti. I curdi stanno salvando se stessi e il loro destino ma intanto ci stanno dando una lezione.

La gendarmeria algerina ha smantellato una rete di 'reclutatori' di combattenti per l'Isis che agiva in cinque città del Paese, tra cui la capitale, facendo opera di proselitismo soprattutto tra i giovani. I 'reclutatori', organizzati in due distinte reti, agivano, oltre che ad Algeri, anche a Tlemcen, Ghardaïa, Guelma e Oued Souf, dove sono state arrestate complessivamente 27 persone. Tra esse c'è anche una ragazza di 22 anni, studentessa dell'Università di Tlemcen, che secondo l'accusa indottrinava dei colleghi per convincerli ad arruolarsi nelle file dell'Isis. Il ''cervello' della rete sarebbe stato individuato in Marocco, dove sarebbe stata organizzata la creazione di quattro cellule di reclutamento anche in altri Paesi oltre all'Algeria. Secondo quello che oggi anticipano alcuni media algerini, il reclutamento vero e proprio era preceduto da un indottrinamento fatto grazie al web e che aveva come principali destinatari i giovani algerini, sia studenti che tra i ragazzi meno abbienti e quindi più permeabili alla incessante propaganda islamista.

Stando alle indagini dell'intelligence algerina, l'opera di ''formazione'' dei combattenti avrebbe attecchito soprattutto tra i giovani della minoranza mozabita,da tempo contrapposta alla maggioranza araba, tanto che la sua rabbia sfocia spesso in dure proteste. I giovani mozabiti, in particolare, sarebbero stati indirizzati verso le formazioni combattenti dell'Isis in Siria. Il califfato proclamato da Abu Bakr al Baghdadi è già presente in Algeria con il gruppo Djound El Khilafa, che ha rivendicato il rapimento e la decapitazione del turista francese Hervé Gourdel. Dopo l'uccisione dell'ostaggio (che fu l'occasione per il gruppo di proclamare la sua affiliazione all'Isis) l'Esercito algerino ha scatenato una offensiva che ha portato alla decimazione degli effettivi della milizia, con l'uccisione del suo capo, Abdelmalek Gouri.



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