martedì 6 gennaio 2015

Iraq, le celebrazioni di un esercito in grande difficoltà



L’omaggio al monumento ai militi ignoti, nella “zona verde” fortificata di Baghdad è stato il culmine delle celebrazioni per la giornata delle forze armate irachena.

Il primo ministro Haider al-Abadi ha deposto una corona di fiori in ricordo dei caduti.

Una cerimonia in tono minore. L’esercito è impegnato a combattere il sedicente “Stato islamico”. Tra carenze di mezzi e organizzazione, messe a nudo lo scorso anno dagli estremisti.

Come non ha mancato di sottolineare il ministro della Difesa, Khaled al-Obeidi, che ha affermato: “siamo ancora all’inizio e contiamo, con un duro lavoro, di completare la razionalizzazione delle risorse, sia finanziare che materiali. Alcune le conoscete, altre rimarranno segreti militari”.

Negli anni dell’intervento in Iraq, gli Stati Uniti hanno speso circa 30 miliardi di dollari per addestrare ed equipaggiare l’esercito iracheno, che davanti all’avanzata dell’Isis si è precipitosamente ritirato, lasciando molto spesso anche le armi in loro possesso in mano agli estremisti.

Le divisioni tra sunniti e sciiti e l’elevata corruzione all’interno delle forze armate le hanno rese deboli ancor prima che l’organizzazione che ora controlla parte del territorio iracheno e quello siriano portasse la sua offensiva.

La sfida jihadista alle istituzioni irachene ha fatto anche martedì nuove vittime. Almeno 23 persone, tra militari e combattenti tribali che si sono uniti all’esercito, sono rimaste uccise in uno scontro con i miliziani nel governatorato di al Anbar, 180 chilometri a nordovest di Baghdad.

E’ bene ricordare che lo Stato Islamico (Is) ha reclutato un esercito di centinaia di migliaia di uomini, di gran lunga più grande delle precedenti stime della CIA, secondo quanto dichiarato da un importante leader curdo, Fuad Hussein, capo di gabinetto del presidente curdo Mas'ud Barzani, in un’intervista esclusiva al quotidiano inglese The Independent. La capacità dell’Isis di attaccare su fronti ampiamente separati in Iraq e in Siria contemporaneamente dimostra che il numero di combattenti militanti è almeno di 200.000, sette o otto volte più grande rispetto al numero stimato dai servizi segreti stranieri.

Hussein ha stimato che l’Isis comandi su un terzo dell’Iraq e su un terzo della Siria con una popolazione compresa tra i 10 e i 12 milioni di persone che vivono in un’area di 250.000 chilometri quadrati, la stesse dimensioni della Gran Bretagna. Questo fornisce ai jihadisti un vasto bacino di potenziali reclute.

La prova che l’Isis ha creato un grande esercito è che ha lanciato attacchi contro i curdi nell’Iraq settentrionale e contro l’esercito iracheno vicino a Baghdad nello stesso tempo in cui combatte in Siria.

L’alta cifra per le forze combattenti dell’Isis è importante perché sottolinea quanto sarà difficile eliminare l’Isis anche con gli attacchi aerei degli Stati Uniti. A settembre la CIA ha prodotto una stima dei numeri dell’Isis in base ai quali il movimento aveva tra i 20.000 e i 30.000 combattenti. La sottovalutazione delle dimensioni dell’esercito che l’Isis può schierare può spiegare perché gli Stati Uniti e gli altri governi stranieri siano stati ripetutamente colti di sorpresa negli scorsi 5 mesi quando l’Isis ha inflitto una serie di sconfitte all’esercito iracheno, all’esercito siriano, ai ribelli siriani e ai peshmerga curdi.

In un’intervista che ha abbracciato vari argomenti, Hussein ha spiegato chiaramente il nuovo equilibrio del potere in Iraq subito dopo l’offensiva d’estate dei militanti islamici e il nuovo coinvolgimento degli Stati Uniti. Il Governo regionale del Kurdistan affronta ora le unità dell’Isis lungo un fronte di 650 miglia che taglia l’Iraq del nord tra Iran e Siria. Hussein ha detto che l’intervento dell’aviazione statunitense aveva messo in grado i curdi di resistere quando l’assalto inaspettato dell’Isis in agosto aveva sconfitto i peshmerga ed era arrivato quasi a impadronirsi della capitale curda, Irbil: “Combattevano con una strategia della paura che aveva influito sul morale di tutti, compresi i peshmerga.”

Così come terrorizza i suoi avversari pubblicizzando le sue atrocità, l’Isis ha anche sviluppato un efficace cocktail di tattiche che comprendono attentati suicidi, mine, cecchini e l’uso dell’equipaggiamento statunitense preso all’esercito iracheno, come gli Humvee (veicoli militari fuoristrada con quattro ruote motrici.n.d.t.), artiglieria, e carri armati. Per combattere l’Isis Hussein dice che i curdi hanno bisogno di elicotteri Apache e di armamenti pesanti come carri armati e artiglieria.

I capi curdi sono ora molto più rilassati riguardo all’Isis perché hanno una garanzia dagli Stati Uniti per la loro sicurezza. La triste esperienza degli Stati Uniti nel vedere il crollo del governo e dell’esercito a Baghdad, che gli americani avevano favorito a costi elevatissimi, va anche a favore dei curdi.

Un segno della professionalità militare dell’Isis è la rapidità con cui hanno imparato a impadronirsi dei carri armati statunitensi, dell’artiglieria e di altro equipaggiamento pesante preso dopo la caduta di Mosul avvenuta il 10 giugno. La stessa cosa è accaduta in Siria dove l’Isis si è impadronita delle armi di fabbricazione russa che ha rapidamente cominciato a usare. La spiegazione più probabile di questo fatto è che nei ranghi dell’Isis ci siano ancora molti ex soldati iracheni e siriani le cui abilità sono state riconosciute dall’Isis. Hussein dice che durante i combattimenti i peshmerga erano stati colpiti dall’addestramento e dalla disciplina dell’Isis.

“Combatteranno fino alla morte, e sono pericolosi perché sono addestrati così bene,” ha detto Hussein. “Per esempio, hanno i cecchini migliori, ma per essere un bravo cecchino c’è bisogno non soltanto dell’addestramento per saper sparare, ma la disciplina di stare immobili  fino a 5 ore in modo da poter colpire il proprio obiettivo.”

C’è una prova che supporta l’alta stima dei numeri di militanti dell’Isis fatta da Hussein. Uno studio condotto dall’Ufficio di Baghdad del Consigliere per la Sicurezza Nazionale prima dell’offensiva dell’Isis,dimostrava che, quando 100 jihadisti arrivavano in un distretto, di solito reclutavano un numero di persone 5 o 10 volte superiore al loro numero originario. Ci sono rapporti che parlano di molti giovani uomini che si sono offerti volontariamente di combattere per l’Isis quando il movimento era nel pieno del successo dell’estate. Questo entusiasmo forse è rifluito quando gli Stati Uniti hanno iniziato gli attacchi aerei e la  serie  di vittorie dell’Isis è finita con la mancata conquista di Kobane, nella Siria settentrionale, malgrado un lungo assedio.

In una regione impoverita e con pochi posti di lavoro, anche la paga dell’Isis di 400 dollari (250 sterline) al mese è allettante. Inoltre, Hussein dice che nei luoghi che ha conquistato, l’Isis sta rimodellando la società a sua immagine, con l’obiettivo di educare le persone ad accettare la sua ideologia.

I curdi hanno recuperato la loro autostima in campo militare sapendo di essere appoggiati dagli Stati Uniti e dall’Iran. I peshmerga si sono ripresi alcune città che avevano perduto in agosto, in particolare Zumar, vicina al confine siriano, ma non Tal Afar e Sinjar, dove 8.500 Yazidi sono ancora sotto assedio in cima alla loro montagna. Ci sono però dei limiti riguardo al punto fino al quale i curdi sono disposti ad avanzare. Hussein dice che i curdi possono aiutare un esercito iracheno, supponendo che se ne crei uno non-settario, ma “i curdi non possono liberare le zone arabe sunnite.”

Questo è il grosso problema che deve affrontare una controffensiva contro l’Isis da parte di Baghdad o dei curdi: i 5 o 6 milioni di arabi sunniti in Iraq la considereranno diretta contro tutta la loro comunità. Finora gli Stati Uniti hanno sperato di ripetere il loro successo ottenuto tra il 2006 e il 2008 quando hanno messo molti sunniti contro al-Qaida in Iraq. Hussein elenca i motivi per cui ripetere questo successo sarà molto difficile: gli Americani allora avevano 150.000 soldati in Iraq per appoggiare i capi tribali contrari ad al-Qaida. L’Isis punirà selvaggiamente chiunque si opponga. “Abbiamo visto che cosa è successo ad Anbar alla tribù Albu Nimr [che era insorta contro l’Isis]. Hanno resistito coraggiosamente ai terroristi, ma 500 sono stati uccisi. E’ stato un disastro.”

Nel complesso, Hussein dice che non vede alcun segno convincente di opposizione da parte degli arabi sunniti. Molti di loro forse sono scontenti, specialmente a Mosul, ma questo non si traduce in un’opposizione efficace. Non è neanche chiaro quale forza esterna potrebbe organizzare la resistenza. L’esercito iracheno potrebbe essere accettabile nelle zone sunnite, ma solo se verrà ricostituito in modo da non essere dominato dagli sciiti.



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