martedì 26 gennaio 2016

Addio Marvin Minsky, padre dell'intelligenza artificiale



È morto Marvin Minsky, il pioniere dell'intelligenza artificiale. Aveva 88 anni e ha lavorato a lungo al Massachusetts Institute of Technology (Mit), esplorando i possibili impatti che avrebbe avuto sulla società l'arrivo di macchine capaci di pensare in modo simile a quello umano. Parlano chiaro i titoli dei suoi libri più celebri, da 'La società della mente' del 1985 a 'The emotion machine' del 2006.

''L'idea di intelligenza artificiale che abbiamo oggi la dobbiamo a Marvin Minsky'', osserva Daniela Rus, direttore del laboratorio di intelligenza artificiale del Mit, che Minsky ha contribuito a fondare nel 1959. ''Molte delle sfide che lui ha lanciato - ha aggiunto - stanno ancora guidando e ispirando la ricerca sulle macchine intelligenti''.

Il papà dell'intelligenza artificiale considerava il cervello come una macchina che può essere studiata e il suo funzionamento può essere replicato in un computer. Questo, a sua volta, poteva rivelare i meccanismi del cervello umano.

Nato a New York il 9 agosto 1927, Minsky aveva studiato matematica nell'università di Harvard, dopo aver prestato servizio nella Marina durante la Seconda Guerra Mondiale. nel 1950, subito dopo la laurea, ha frequentato l'università di Princeton per il dottorato e in quel periodo ha costruito il primo simulatore di una rete neurale. Il passaggio dalla matematica all'informatica è stato breve e nel 1958 Minsky ha cominciato a lavorare a questa disciplina allora pionieristica. Lo ha fatto nel Mit, dove ha continuato a lavorare a lungo, sviluppando nuovi sistemi di programmazione e gli antenati dei robot intelligenti, fatti di una telecamera e un braccio meccanico capace di 'giocare' con le costruzioni dei bambini.

Per le sue ricerche all'avanguardia ha ricevuto numerosi premi, tra cui l'AM Turing Award ', il più alto riconoscimento nell'informatica.
"L'idea di intelligenza artificiale che abbiamo oggi la dobbiamo a Marvin Minsky" ha detto Daniela Rus, direttore del laboratorio di intelligenza artificiale del Mit, che Minsky ha contribuito a fondare nel 1959. "Molte delle sfide che lui ha posto - ha aggiunto - stanno ancora guidando e ispirando la ricerca sulle macchine intelligenti". Il papà dell'intelligenza artificiale considerava il cervello come una macchina che può essere studiata e il suo funzionamento può essere replicato in un computer. Questo, a sua volta, può rivelare i meccanismi del cervello umano.

Considerando possibili forme di vita extraterrestre, Minsky era convinto che queste avrebbero pensato in modo simile all'uomo e che sarebbe stata quindi possibile comunicare con civiltà aliene. In questa chiave ha collaborato con Arthur Clarke, come consulente per "2001 Odissea nello spazio".

Sono celebri anche le invenzioni di Minsky, come quella del cursore tartaruga per disegnare figure geometriche nel linguaggio di programmazione Logo, o come il microscopio a scansione confocale, che illumina un campione e ne rivela l'immagine con una scansione punto a punto. Minsky è stato anche un pianista di talento e alla musica ha regalato invezioni destinate a lasciare una traccia importante. Per esempio, con Ed Fredkin, ha inventato il sintetizzatore 'Muse'.

Per questi e altri risultati, il papà dell'intelligenza artificiale ha ricevuto numerosi premi, tra cui l'Am Turing Award ', il più alto riconoscimento nell'informatica. Ma Minsky non è stato solo il pioniere dell'intelligenza artificiale, è stato anche pianista di talento e 'inventore'. Con Ed Fredkin, a esempio, ha inventato il sintetizzatore di musica elettronica 'muse', ed è stato fra gli inventori del cursore tartaruga per disegnare figure geometriche, nel linguaggio di programmazione logo. Si deve a lui, inoltre, il primo microscopio a scansione confocale, che illumina un campione e ne rivela l'immagine con una scansione punto a punto.


domenica 24 gennaio 2016

Il panda Tian Tian si rotola sulla neve


Mentre l'intera East cost si fermava a causa della bufera 'Jonas' , che ha letteralmente paralizzato le città di Washington e New York, lui si divertiva a sprofondare nella neve, quasi incredulo di quello che stava succedendo.

Tian Tian è il maschio adulto del National Zoological Park. E' nato nel Centro di ricerca e conservazione dei panda giganti in Cina il 27 agosto 1997.  

Il panda gigante Tian Tian (tee-YEN tee-YEN) si è svegliato nello Smithsonian's zoo di Washington DC e ha trovato tantissima neve. Si è talmente entusiasmato che ha cominciato a giocare e a rotolarsi nella neve. Nessun timore del freddo. I panda giganti hanno un pelo folto che li protegge dal freddo nelle montagne nevose della Cina.

Tian Tian è il maschio adulto del National Zoological Park. E' nato nel Centro di ricerca e conservazione dei panda giganti in Cina il 27 agosto 1997.

 E' il panda Tian Tian, ospite dello Smithsonian's National Zoo di Washinton: svegliatosi con il suo habitat imbiancato, si è sentito un po' più a casa (sui monti della Cina dove vivono i panda giganti la neve non manca) e si è divertito a fare l'"angelo della neve" come un bambino.

Tian Tian è il panda gigante che, nella giornata in cui la bufera Jonas paralizza la costa Est degli Stati Uniti, fa decisamente festa. Nel buffo filmato il panda si rotola felice, si mette le zampe sulla testa più volte, incredulo, per la presenza di così tanta neve. Un filmato condiviso migliaia di volte su twitter.


domenica 17 gennaio 2016

La Cia compie 70 anni


Negli Stati Uniti il potere esecutivo si rafforza nel corso del XX secolo. Il primo grande cambiamento avviene con Franklin D. Roosevelt che affronta la Depressione causata dalla grande crisi del 1929 con il suo “NewDeal”, un programma di intervento pubblico nell’economia, e con la creazione di nuove strutture al servizio della presidenza, vero motore del sistema politico-istituzionale. Ma è con la seconda guerra mondiale e il suo generale Ike Eisenhower che viene completamente superata la Depressione: grazie all’enorme meccanismo militare e alla produzione industriale bellica l’economia si rimette in moto. Il potere oscilla dunque sempre di più dalla parte della presidenza, alla cui diretta responsabilità fanno capo l’esercito più potente del mondo, un eccellente apparato di “intelligence” e il delicato sistema scientifico-militare che ruota attorno alla bomba atomica. Ed è con la CIA (Central Intelligence Agency) che dal 1946 entra in funzione un potentissimo sistema di controllo spionistico internazionale: un organo che coordina i sevizi segreti con le nuove responsabilità militari globali degli USA.

Creata da Harry Truman nel '46. La CIA è l'agenzia di spionaggio per l'estero degli Stati Uniti, responsabile dell'ottenimento e dell'analisi delle informazioni sui governi stranieri, sulle società, sugli individui e sulla segnalazione di tali informazioni ai vari rami del governo degli USA.
Dispone inoltre di un ampio apparato militare segreto, che durante la guerra fredda è stato responsabile di diverse campagne clandestine contro governi stranieri.

E’ stata sempre sulla ribalta della cronaca, anche se storicamente più nel male che nel bene, come confermano anche gli ultimi scandali di fine 2015: dalle presunte false informazioni ad Obama sull'Isis all'imbarazzante divulgazione da parte di Wikileaks di dati personali del suo potente capo, John Brennan, dopo l'hackeraggio del suo account di posta elettronica.

La Cia è stata artefice di falliti colpi di Stato, dall'Iran a vari Paesi sudamericani, uccisioni e tentati omicidi di leader politici stranieri, spionaggio interno come quello del Watergate. L'agenzia di intelligence non si è risparmiata neppure uno scandalo rosa, quando quattro anni fa il suo direttore, il generale David Petraeus, si è dimesso ufficialmente a causa di una storia extraconiugale con l'autrice della sua biografia, anche se sulla vicenda si è allungata l'ombra delle accuse di inefficienza alla Cia per la gestione della rivolta di Bengasi dell'11 settembre 2012, quando fu ucciso l'ambasciatore americano Chris Stevens: un episodio che ha messo non poco in difficoltà Barack Obama durante la sua seconda campagna elettorale e che continua a tormentare l'allora segretario di Stato Hillary Clinton nella sua corsa verso la Casa Bianca.

La Cia di fatto sorse sulle ceneri dell'Office of Strategic Services (Oss) e si trasformò in una micidiale arma politico-militare nell'epoca della guerra fredda, quando il suo principale nemico fu il Kgb sovietico. Una delle sue missioni principali, in gran parte fallita, fu quella di contenere il comunismo in Europa dell'est sostenendo i gruppi anti comunisti, infiltrando e sabotando, soprattutto in Ucraina, Bielorussia e Polonia. La Cia ebbe più successo nei suoi sforzi di limitare l'influenza del comunismo in Francia e in Italia, soprattutto nelle elezioni italiane del 1948: un'ombra che è arrivata sino al sequestro di Aldo Moro.

Tra le numerose critiche rivolte alla Cia del dopoguerra - in parte confermate da documenti riservati statunitensi e britannici de secretati - vi è quella di aver aiutato, reclutato e perciò protetto alcuni esponenti nazifascisti di alto grado, tra cui il maggiore Karl Hass, condannato all'ergastolo con Erich Priebke per l'Eccidio delle Fosse Ardeatine e coinvolto in diverse indagini relative alla Strategia della tensione. Famigerate sono rimaste le operazioni clandestine, a partire dagli anni Cinquanta, per ribaltare governi nemici o pericolosi per gli Usa: nel 1953 in Iran fu deposto, insieme ai servizi segreti britannici, il governo democraticamente eletto di Mohammad Mosadeq, l'anno dopo toccò al presidente del Guatemala Jacovo Arbenz Guzman, che aveva toccato interessi legati direttamente all'allora Segretario di stato Usa John Foster Dulles, fratello di Allen Dulles, capo della Cia. Un intervento, quest'ultimo, che produsse una lunghissima guerra civile. Tra l’attività cospirativa nei primi anni Settanta contro il presidente socialista cileno Salvatore Allende, deposto dal dittatore Augusto Pinochet, e negli anni Ottanta il sostegno ai Contras contro la giunta sandinista marxista, con l'amministrazione Reagan che violò il divieto del Congresso. Tra i fallimenti più imbarazzanti invece l'operazione per sbarcare alla Baia dei Porci a Cuba nel 1961. Dopo lo scandalo spionistico del Watergate nel 1972, che costrinse il presidente Richard Nixon a dimettersi, il Congresso tento' di limitare poteri ed eccessi dell'agenzia. Ma nuovi scandali sono emersi anche recentemente: dal Cia-gate del 2003, che coinvolse alcuni funzionari del governo di George Bush colpevoli di aver rivelato notizie riservate sull'agente coperto Valerie Plame, alle "extraordinary renditions" seguite all'11 settembre. Tra queste il rapimento dell'imam egiziano Abu Omar, avvenuto a Milano nel 2003 con la collaborazione dei servizi segreti militari italiani. Nel 2013 la Cia è stata risparmiata dalla bufera dell'Nsa-gate scatenata dalle rivelazioni di Edward Snowden, ma il contractor della national secury agency era pur sempre un dipendente dell'agenzia di Langley.

I coltissimi agenti dei servizi segreti americani capirono che quella con il comunismo era una battaglia culturale. Così sovvenzionarono Pollock, De Kooning, Rothko e tanti altri.

L'arte astratta fu davvero l'arma segreta degli americani durante la guerra fredda? La risposta è sì, anche se finora pochi conoscono la storia straordinaria e quasi incredibile che vede la Cia comportarsi come un principe italiano del Rinascimento, o un Papa, per promuovere l'arte astratta e battere i sovietici e il loro realismo socialista che imbarazzava quasi tutti gli intellettuali e persino artisti occidentali di fede comunista.

La notizia è del 1995 quando che la giornalista inglese Frances Stonor Saunders presentò i risultati della sua inchiesta in The Cultural Cold War (la guerra fredda della cultura) basato sulle rivelazioni dei vecchi dirigenti della Cia che avevano ideato l'operazione. Erano proprio quegli uomini a paragonarsi ai principi e ai papi italiani del Rinascimento: «salvo il dettaglio della segretezza, noi siamo papi in incognito».

Senza la Cia, niente Jackson Pollock, Willem De Kooning, Mark Rothko e tutti gli artisti che imposero New York come capitale mondiale dell'arte, surclassando Parigi. Chi era il loro papa? La Cia. Scopo? Battere i russi nella conquista degli intellettuali, specialmente francesi e italiani. Secondo un principio di senso gramsciano: chi ha dalla sua parte gli intellettuali, gli artisti, i giornalisti, vince la guerra della comunicazione. E del consenso.

Gli intellettuali europei, durante e dopo la guerra, specialmente in Italia e Francia, erano passati in blocco al Partito comunista. In Italia il trasferimento fu totale. Tutti cercarono di cancellare il loro passato fascista che arrivava almeno fino alle leggi razziali, e in molti casi oltre. Soltanto Carlo Levi era stato fin dall'inizio antifascista. L'adesione al Partito comunista era stata così massiccia da diventare un problema per il segretario del PCI Palmiro Togliatti. Antonello Trombadori, critico d'arte del partito, fu incaricato di visitare gli artisti diventati comunisti per costruire (a posteriori) la storia del tormentato distacco dal fascismo. Ne nacquero liti e perfino qualche scazzottatura tra gli amici di Corrado Cagli e Renato Guttuso ma l'operazione fu condotta in porto. Questo imponente «travaso» di intellettuali e artisti nelle file comuniste allarmò la Cia fin dal momento dalla sua nascita, nel 1947.

venerdì 8 gennaio 2016

Aiuti umanitari nella città di Madaya


I bambini che mangiano le foglie dagli alberi. Altri che, raccontano gli attivisti, si cibano di cani e gatti. Gli oltre 40mila civili intrappolati da mesi a Madaya, località a ovest di Damasco circondata dalle milizie sciite di Hezbollah, continuano a patire la fame e il freddo, mentre l'Onu annuncia di aver ottenuto dal governo siriano l'assicurazione che un convoglio umanitario potrà raggiungere l'area sottoposta a un assedio medievale da parte del regime siriano sostenuto da Russia e Iran. Melissa Fleming, portavoce dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr), ha detto che il governo siriano si è impegnato a "permettere alle organizzazioni umanitarie di raggiungere Madaya.

Il regime siriano autorizza gli aiuti umanitari nella città di Madaya. Il governo di Assad ha dato all’Onu il permesso di consegnare nei prossimi giorni aiuti alla città occupata dai ribelli, che si trova a circa venticinque chilometri da Damasco, dove secondo le organizzazioni umanitarie molti residenti stanno morendo di fame. Il regime ha dato il via libera anche all’arrivo degli aiuti umanitari nei villaggi sciiti di Al Foua e Kefraya.

L’ultima volta che convogli hanno potuto varcare i confini di questa città risale al 18 ottobre dello scorso anno. A Madaya sono morte almeno 10 persone a causa della mancanza di cibo e di medicamenti di base. Tredici altre sono state uccise nel tentativo di fuggire alla ricerca proprio di rifornimenti alimentari.

Il governo siriano si è impegnato a "permettere alle organizzazioni umanitarie di raggiungere Madaya, dove è previsto l'arrivo dei primi aiuti nei prossimi giorni" ha detto Melissa Fleming, portavoce dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr), in merito alla cittadina siriana assediata dalle forze lealiste dove decine di migliaia di civili sono ridotti alla fame. "Speriamo di arrivare prima che altre persone muoiano di fame", ha aggiunto la portavoce, in un'intervista alla televisione panaraba Al Jazira.

A Madaya, cittadina siriana sulle montagne al confine con il Libano, i bambini per sopravvivere mangiano le foglie dagli alberi e altri civili si cibano di cani e gatti. È assediata da sei mesi dalle forze governative di Damasco e dalle milizie libanesi sciite di Hezbollah. Qui i morti per fame sarebbero finora almeno 17. Secondo vari testimoni, a causa del mancato approvvigionamento di generi alimentari, il cibo a Madaya ha raggiunto prezzi esorbitanti, toccando le 15mila lire siriane (70 dollari) per un chilo di riso.

Circa 40mila civili stanno cercando di sopravvivere come possono in questa località, un tempo luogo di villeggiatura, dove la neve caduta in questi giorni rende ancora più difficile le condizioni della popolazione. Ai residenti si sono aggiunti centinaia di profughi provenienti dalla vicina Zabadani, a lungo teatro di feroci combattimenti tra miliziani ribelli sunniti e forze lealiste. Recentemente, una tregua è stata raggiunta a Zabadani che ha permesso l'evacuazione di centinaia di ribelli e delle loro famiglie, nell'ambito di uno scambio che ha portato alla partenza di civili sciiti assediati da forze anti-regime in due località nella provincia nord-occidentale di Idlib, Fuaa e Kafraya.

Già lo scorso settembre era stato

raggiunto un accordo per consentire la distribuzione di aiuti umanitari e l'evacuazione di civili e feriti, ma Madaya ha ricevuto aiuti una sola volta in tre mesi e la situazione sarebbe catastrofica, stando alle testimonianze degli abitanti.



lunedì 4 gennaio 2016

Due nuovi pianeti nell'orbita di Plutone


Ci sono due pianeti grandi come Nettuno al di là di Plutone? L'annuncio della scoperta e le perplessità di molti ricercatori.

Sono decenni che gli astronomi scrutano il cielo alla ricerca di un ipotetico pianeta x che esisterebbe al di là di Plutone. Questo perché l’orbita del pianeta nano sembra perturbata, probabilmente da un oggetto che sta molto al di là della sua orbita.

Una ricerca che ha i suoi perché e i suoi riscontri. Quando per lo stesso motivo si cercava "qualcosa" oltre Urano, per esempio, si scoprì Nettuno (1846); e quando si cercò che cosa alterava l’orbita di quest’ultimo, si scoprì Plutone (1930). Ma erano altri tempi, e gli strumenti erano molto meno sofisticati di quelli odierni.

Negli ultimi anni la ricerca di oggetti oltre Plutone ha portato alla scoperta di un migliaio di pianetini (e si pensa che possano essere 100.000), alcuni grandi più o meno come Plutone (cioè del diametro di circa 2000 km) che formano la Cintura (o Fascia) di Kuiper, una regione che si estende da 30 a 50 UA dal Sole (la distanza Sole-Terra è, per convenzione, 1 unità astronomica).

Finora non si sono osservati pianeti di grandi dimensioni, ma proprio in questi giorni ricercatori svedesi e messicani hanno sottoposto alla prestigiosa rivista Astronomy & Astrophysics i risultati di una serie di osservazioni che sembrano indicare l'esistenza di ben due pianeti x. La rivista non ha ancora pubblicato la ricerca (che adesso è al vaglio di una commissione di esperti), ma intanto l'annuncio sta facendo il giro del mondo, rilanciato da pubblicazioni di buon livello.

Uno dei "candidati x", chiamato Gna (dal nome di una dea nordica), sarebbe stato osservato in un'area del cielo in direzione di W Aquilae (stella variabile nella costellazione dell'Aquila), mentre l'altro, ancora senza nome, sarebbe in direzione di Rigel (Alpha Centauri: vedi Il cielo del mese su Focus.it). Lo strumento usato per rilevarli è l’Atacama Large Millimeter Array (Alma), un radiotelescopio che si trova nel deserto di Atacama, in Cile.

Prima ancora di essere ufficialmente validata, la scoperta è già sottoposta a numerose critiche, in particolare perché i due oggetti in questione sarebbero stati "visti" solamente un paio di volte e si muoverebbero ad una elevata velocità. In base ai dati noti al momento attuale, Gna potrebbe essere un pianeta grande come Nettuno, una stella bruna grande come Giove oppure... un oggetto di circa 200 chilometri di diametro tra Saturno ed Urano. E questo vale anche per il secondo oggetto x.

Per capire se si tratta di piccoli oggetti vicini o di grandi oggetti lontani, se non addirittura di un rumore non ancora identificato - e magari prodotto dal radiotelescopio stesso - sarebbero necessarie ancora molte osservazioni, a meno che la ricerca non sia più completa di quanto anticipato e che Astronomy & Astrophysics non la giudichi perciò sufficiente a dimostrare l’esistenza dei due pianeti. Per adesso è dunque ancora un "mistero", ma se la scoperta venisse confermata... bisognerebbe proprio andarci, per osservarli da vicino.





domenica 3 gennaio 2016

Iran, il 2016 sarà l'anno della svolta



Nonostante l’embargo economico, l'Iran è stata la base industriale più estesa del Medio Oriente  affermandosi nell’industria siderurgica, del cemento e in quella automobilistica. Leader nel campo della ricerca scientifica in medicina e in ingegneria dopo Turchia e Israele, l’Iran ha ricevuto credito a livello mondiale per le sue realtà accademiche. Ricorda il Premio Nobel per la matematica Maryam Mirzakhani. Ciò di cui ha bisogno ora l’Iran è la tecnologia occidentale e il proprio capitale. Le sanzioni occidentali hanno fatto si che gli unici paesi a interagire economicamente con l’Iran fossero Cina, India e Russia. Questi lo hanno fatto in maniera opportunistica e hanno contribuito all’isolamento del paese.

È indubbio che, dal punto di vista economico, l'Iran sia certamente un Paese ricco, con abbondanza di gas e petrolio, ma il loro sfruttamento è stato penalizzato grazie alle sanzioni dal non trasferimento di know-how e, inoltre, dalle condizioni estremamente svantaggiose imposte dalle leggi locali ai possibili investitori stranieri. Con la revoca delle sanzioni l'Iran modificherà in  maniera significativa le condizioni contrattuali.

Nel frattempo, la popolazione deve oggi convivere con una inflazione vicina al 40%, anche se e nonostante la quale, per cercare di rilanciale almeno gli investimenti interni, il governo ha imposto alla banca una netta riduzione dei tassi di interesse.

L'anno della svolta, è quello che si apre che in realtà celebra la millenaria tradizione del Capodanno persiano il 21 marzo - con l'ormai prossima piena entrata in vigore dello storico accordo sul nucleare del 14 luglio scorso a Vienna. Per l' 'implementation day' di quell'intesa si attende la revoca delle sanzioni che hanno frenato l'economia iraniana soprattutto negli ultimi anni, escludendola in particolare dai circuiti finanziari internazionali e riducendone l'export del petrolio. Le sfide che l'economia iraniana si trova di fronte si chiamano però anche ammodernamento del suo sistema produttivo e rilancio dell'imprenditoria privata, nell'ambito di un sistema ancora dominato dal settore pubblico nelle sue varie forme.

Ma le prove per l'Iran nel 2016 sono molte altre ancora. Il 26 febbraio si terranno le elezioni per il nuovo Parlamento, ora dominato dagli ultraconservatori, e che il fronte del presidente Hassan Rohani, con le ali moderate di riformisti e conservatori, punta a riconquistare. Le quasi 12 mila candidature registrate per i 290 seggi del Majlis andranno al vaglio del Consiglio dei Guardiani, l'organo che ha l'ultima parola sull'idoneità dei candidati: anche qui dominano i conservatori, che hanno già lanciato i primi segnali contro chi sarà riconosciuto come troppo vicino ai sedizionisti del movimento Verde del 2009, e il loro verdetto darà la misura di quanto reale sarà la contesa elettorale. Certo è comunque che il numero delle candidature è oltre il doppio di quelle di quattro anni fa, e segnala un rinnovato interesse degli iraniani per la competizione politica.

Con i nuovi deputati gli iraniani eleggeranno anche la nuova Assemblea degli esperti: l'organo di 88 membri potrà decidere nei prossimi anni la successione, nel ruolo di Guida suprema, di Ali Khamenei, 76 anni, la massima carica religiosa e politica della Repubblica islamica. Il grande manovratore della politica iraniana, l'ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, ha lanciato un sasso nello stagno, riaprendo il dibattito sulla possibilità di un collegio al posto di un singolo come Guida, e di un controllo degli Esperti sulla sua attività.

Il tema non è un dettaglio, perché riguarda il principio fondante di quel singolare ibrido tra democrazia e teocrazia nato dalla rivoluzione del 1979, ma per ora resta sullo sfondo, nel rispetto della Guida in carica. Intanto alla nuova Assemblea si sono candidati non solo gli stessi Rohani e Rafsanjani, ma anche Hassan Khomeini, nipote del fondatore della Repubblica islamica, che porta in dote il prestigio di un nome ma anche una nota vicinanza ai riformisti.

Il voto di febbraio sarà la nuova arena dello scontro tra forze riformatrici e ultraconservatrici nella Repubblica islamica: un sistema che, nonostante l'accesa dialettica interna, può comunque vantare - nell'epoca dell'Isis e di una instabilità diffusa in tutto il Medio Oriente - di essere l'unico Paese stabile della regione. Rispetto alla quale l'Iran si è visto riconosciuto, dopo l'accordo sul nucleare, anche un ruolo di attore sui tavoli della diplomazia internazionale. Gli ultraconservatori - fra cui le potenti Guardie della rivoluzione ed i sostenitori dell'ex presidente Mahmud Ahmadinejad - hanno osteggiato fino all'ultimo quell'accordo, pur sostenuto ed avallato anche da Khamenei. E tengono in vita l'anti-americanismo che ritualmente echeggia negli slogan di ogni organizzata manifestazione di piazza.  Ma, soprattutto, gli ultraconservatori continuano a tenere in scacco il governo Rohani e il suo programma riformatore, in un gioco di veti dove ha un ruolo di grande peso la magistratura.

Anche in questo quadro vanno letti i nuovi, recenti arresti di attivisti, artisti e giornalisti, gli ormai quasi cinque anni di arresti domiciliari per gli ex candidati presidenti Mir Hossein Mussavi e Mehdi Kharrubi, e il numero record di impiccagioni con cui il 2015 si chiude. Provvedimenti giudiziari su cui pesano leggi severe contro il traffico di droga ma anche norme del codice penale lontane anni luce dalla cultura giuridica occidentale. Certo è che anche sui diritti umani, e sulla capacità dei moderati di allentare la pressione su una società civile giovane e vicina ai modelli occidentali, la Repubblica islamica gioca il suo futuro.

La Russia potrebbe concedere all'Iran un prestito per un importo di 5 miliardi di dollari nel 2016. Lo ha detto il ministro russo dell'Industria e del Commercio Denis Manturov. "Stiamo parlando di concedere un prestito di stato, naturalmente sotto garanzia del governo iraniano... Penso che se tutte le formalità saranno concordate nel primo trimestre del 2016, l'anno prossimo potrà essere parzialmente erogato" ha dichiarato il ministro ai giornalisti nella capitale iraniana.



venerdì 1 gennaio 2016

Putin: “La Nato è primo il nemico”



Mosca aggiorna il suo piano strategico nazionale - come promesso nei mesi scorsi - e si attrezza per le sfide del futuro, a partire dal primo gennaio del 2016.

Il presidente russo aggiorna la strategia di sicurezza nazionale con la graduatoria delle minacce alla Russia. Al primo posto gli Stati Uniti e i loro alleati. «Il terrorismo? La nascita e il consolidamento dell’Isis sono il frutto della politica dei doppi standard di alcuni Paesi»

Anno nuovo, idee nuove. Vladimir Putin ha accompagnato i russi nel 2016, con il tradizionale messaggio sullo sfondo del Cremlino che precede i rintocchi di mezzanotte, facendo gli auguri ai militari che «combattono il terrorismo internazionale». E il suo decreto n. 683 del 31 dicembre dichiara entrata in vigore la nuova Strategia della sicurezza nazionale russa. Il documento stabilisce la graduatoria delle minacce principali alla Russia per i prossimi sei anni. Al primo posto si trova la Nato, in particolare la sua espansione verso i confini russi. E il nemico principale sono gli Stati Uniti e i loro alleati.

Il terrorismo internazionale, che Mosca dichiara di combattere in Siria, è visto come una subordinata di questo confronto: il documento strategico afferma che «la nascita e il consolidamento dell’Isis sono il frutto della politica dei doppi standard di alcuni Paesi». Una conferma nero su bianco di quello che era già stata la politica e la retorica del Cremlino nell’ultimo anno, ma con la revisione della Strategia ordinata da Putin nel luglio dell’anno scorso, diventa ufficiale. La minaccia principale è l’Occidente, in primo luogo gli Usa, che «insieme ai loro alleati vogliono conservare un ruolo dominante nelle vicende internazionali» e cercano perciò di «contrastare la politica interna ed internazionale autonoma della Federazione Russa». Da questo scontro nascono «nuove minacce alla sicurezza nazionale che hanno un carattere complessivo e interconnesso». Non solo militari: accanto all’espansione della Nato, il documento cita come minaccia le «rivoluzioni colorate» ispirate nei Paesi dell’ex blocco sovietico dagli Usa e dall’Ue, e la «militarizzazione e la corsa agli armamenti nei Paesi limitrofi». Una nota a parte è dedicata alla condanna del «colpo di Stato anticostituzionale sostenuto da Usa e Ue».

E’ la visione in sintesi del mondo visto dal Cremlino: la Russia vuole avere le sue sfere d’influenza e intervenire nei conflitti internazionali, oltre a «prevenire lo scontro militare grazie al contenimento nucleare». Nel farlo entra in rotta di collisione con le ambizioni americane e tutto il resto è una conseguenza. Putin aveva già bollato l’Isis come «fenomeno secondario», descrivendo nella sua conferenza stampa di fine anno gli jihadisti come «carne da macello» utilizzata per occultare una lotta per le risorse lanciata altrove. E la sua strategia in Siria ha puntato non tanto a ridimensionare l’Isis quanto a consolidare il potere di Bashar Assad, sfidando la determinazione di Washington di costringerlo alle dimissioni. Del resto, esattamente un anno fa entrò in vigore la nuova Dottrina militare della Russia, un documento in buona parte simmetrico alla Strategia, che già collocava al primo posto tra le minacce a Mosca l’espansione della Nato, seguita da «destabilizzazione», «aumento dei contingenti militari» e «ingerenze esterne» nei Paesi limitrofi. Il terrorismo internazionale era collocato soltanto al decimo posto nella lista delle minacce, mentre ampio spazio veniva dedicato ai rischi provenienti da movimenti di opposizione interni.

Detto questo, anche la crisi che attanaglia il Paese, frutto pure «delle sanzioni che ne destabilizzano l'economia», pone i suoi rischi e il Cremlino si propone di reagire varando misure che sostengano il rublo, mettano in sicurezza i conti pubblici e riducano l'inflazione. Se poi l'Europa continuerà a guardare altrove, Mosca punterà a stringere i suoi rapporti con la Cina - e più in generale l'area asiatica - e a varare nuovi rapporti di cooperazione con l'America Latina e l'Africa.

Il piano prevede infine l'uso della forza militare «solo se ogni altra misura risulta inefficace». In questo senso, la prevenzione di conflitti militari viene affidata al mantenimento «a un giusto livello» del «deterrente nucleare» così come di un «giusto grado di prontezza al combattimento delle forze armate».

Intano è entrato in vigore l’accordo di libero scambio tra Ucraina e Unione europea. L’accordo determina relazioni commerciali più intense tra Bruxelles e l’ex repubblica sovietica. Sempre oggi entra in vigore l'embargo sui beni alimentari, imposto dalla Russia all’Ucraina. In Crimea intanto c’è stato un nuovo black out, dovuto a un’esplosione sulla linea elettrica in Ucraina.