martedì 15 settembre 2015

Lo straniero comunitario non ha sempre diritto a talune prestazioni sociali



Secondo l'avvocato generale Melchior Wathelet ai cittadini dell'Unione che si spostano verso uno Stato membro del quale non hanno la cittadinanza per cercarvi lavoro possono essere negate talune prestazioni sociali.


Uno Stato membro può escludere da talune prestazioni sociali, di carattere non contributivo, cittadini dell'Unione che vi si recano per trovare lavoro. Questo il principio contenuto nella sentenza emessa dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C-67/14 (sentenza Dano).


Il caso riguarda la Germania dove per l’appunto gli stranieri che vi giungono per ottenere un aiuto sociale o il cui diritto di soggiorno è giustificato solo dalla ricerca di un lavoro sono esclusi dalle prestazioni dell'assicurazione di base tedesca. Tali prestazioni sono invece garantite ai cittadini dello Stato membro ospitante che si trovino nella stessa situazione.


E la Corte di giustizia ha confermato che una tale esclusione è altresì legittima per i cittadini di uno Stato membro che giungono nel territorio di un altro Stato membro senza la volontà di trovarvi un impiego.


In conclusione la Corte ricorda che, per poter accedere a prestazioni di assistenza sociale come quelle in oggetto, un cittadino dell'Unione può richiedere la parità di trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro ospitante solo se il suo soggiorno sul territorio dello Stato membro ospitante rispetta i requisiti di cui alla direttiva sulla cittadinanza dell'Unione.


Venendo infine al caso in oggetto, nel dettaglio la Corte constata che vi sono due possibilità per conferire un diritto di soggiorno:


- se un cittadino dell'Unione che ha beneficiato di un diritto di soggiorno in quanto lavoratore si trova in stato di disoccupazione involontaria dopo aver lavorato per un periodo inferiore a un anno e si è fatto registrare in qualità di richiedente lavoro presso l'ufficio di collocamento, egli conserva lo status di lavoratore e il diritto di soggiorno per almeno sei mesi. Per tutto questo periodo, può avvalersi del principio della parità di trattamento e del diritto a prestazioni di assistenza sociale;


- se un cittadino dell'Unione non ha ancora lavorato nello Stato membro ospitante o il periodo di sei mesi è scaduto, questo cittadino, in quanto richiedente lavoro, non può essere allontanato da tale Stato membro fintantoché possa dimostrare che continua a cercare lavoro e che ha reali possibilità di essere assunto. In tal caso, lo Stato membro ospitante può tuttavia rifiutare qualsiasi prestazione di assistenza sociale.


Gli stranieri che giungono in Germania per ottenere un aiuto sociale o il cui diritto di soggiorno è giustificato solo dalla ricerca di un lavoro sono esclusi dalle prestazioni dell’assicurazione di base tedesca. Nella sentenza Dano2 , la Corte di giustizia ha constatato di recente che una tale esclusione è legittima per i cittadini di uno Stato membro che giungono nel territorio di un altro Stato membro senza la volontà di trovarvi un impiego.


Nella presente causa, la Corte federale del contenzioso sociale chiede se una tale esclusione sia legittima anche per quanto riguarda cittadini dell'Unione che si siano recati nel territorio di uno Stato membro ospitante per cercare lavoro e che vi abbiano già lavorato per un certo tempo, laddove tali prestazioni sono garantite ai cittadini dello Stato membro ospitante che si trovino nella stessa situazione.


Tale questione è sorta nell'ambito di una controversia che oppone il Jobcenter Berlin Neukölln a quattro cittadini svedesi: la sig.ra Alimanovic, nata in Bosnia, e i suoi tre figli Sonita, Valentina e Valentino, nati in Germania, rispettivamente, nel 1994, nel 1998 e nel 1999. La famiglia Alimanovic ha lasciato la Germania nel 1999 per recarsi in Svezia e vi ha fatto ritorno nel giugno 2010. Dopo il loro rientro, Nazifa Alimanovic e sua figlia maggiore Sonita hanno svolto, sino al maggio 2011, diversi lavori di breve durata o hanno avuto solo opportunità di lavoro di durata inferiore a un anno.


Da allora non hanno più svolto alcuna attività lavorativa. Alla famiglia Alimanovic sono state poi
accordate prestazioni di assicurazione di base durante il periodo compreso tra il 1° dicembre 2011 e il 31 maggio 2012, vale a dire, da un lato, per Nazifa Alimanovic e sua figlia Sonita, contributi di sussistenza per disoccupati di lungo periodo, e, dall’altro, per i figli Valentina e Valentino, prestazioni sociali per beneficiari inabili al lavoro. Nel 2012, l’autorità competente (Jobcenter Berlin Neukölln) ha infine cessato il pagamento delle prestazioni, ritenendo che la sig.ra Alimanovic e la sua figlia maggiore fossero escluse dal beneficio degli assegni di cui trattasi in quanto persone in cerca di lavoro straniere il cui diritto di soggiorno era giustificato unicamente dalla ricerca di un lavoro. Di conseguenza, tale autorità ha escluso anche gli altri figli dai rispettivi assegni. In risposta alle domande del giudice tedesco, la Corte dichiara, con la sentenza odierna, che il fatto di rifiutare ai cittadini dell'Unione, il cui diritto di soggiorno nel territorio di uno Stato membro ospitante è giustificato unicamente dalla ricerca di un lavoro, il beneficio di talune «prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo»3 , le quali sono altresì costitutive di una «prestazione d’assistenza sociale», non è contrario al principio della parità di trattamento.


La Corte ha constatato che le prestazioni sociali controverse sono volte a garantire mezzi di sussistenza a persone non in grado di farvi fronte da sole e che sono oggetto di un finanziamento non contributivo mediante prelievo fiscale, anche se fanno parte di un regime che prevede altresì prestazioni volte ad agevolare la ricerca di un impiego. Essa sottolinea che, come nella causa Dano, tali prestazioni devono essere considerate alla stregua di «prestazioni d’assistenza sociale». A tale riguardo, la Corte ricorda che, per poter accedere a prestazioni di assistenza sociale come quelle oggetto della presente causa, un cittadino dell’Unione può richiedere la parità di trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro ospitante solo se il suo soggiorno sul territorio dello Stato membro ospitante rispetta i requisiti di cui alla direttiva sulla cittadinanza dell’Unione.

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