domenica 15 dicembre 2013

La Cina ammorbidisce la politica sul figlio unico e abolisce i campi di lavoro



La svolta sulla politica demografica arriva dalla riunione del comitato centrale del Partito comunista. Se uno dei genitori è figlio unico, potrà avere un secondo figlio. Ma non è l'unica novità sul fronte dei diritti umani.

In questi campi venivano destinati “capitalisti”, “controrivoluzionari”, persone considerate una minaccia per la sicurezza nazionale o semplicemente ritenute non produttive per un periodo anche fino a tre anni e, in alcuni casi, senza aver commesso crimini specifici. I detenuti venivano fatti lavorare in campagna o nelle fabbriche.

Ma non è l'unica novità che arriva dal Partito comunista. Secondo l’agenzia Nuova Cina, saranno ridotti gradualmente i crimini soggetti alla pena di morte. Verranno anche migliorate le leggi che regolano il sistema carcerario e il Paese si impegnerà a vietare l’estorsione di confessioni con la tortura e i maltrattamenti fisici.

Maggiori garanzie arriveranno anche nella difesa legale dei cittadini, che vedrà gli avvocati giocare un ruolo importante nella tutela di diritti e interessi dei privati e delle società nel rispetto della legge.

Ammorbidita la politica demografica del figlio unico. Contrariamente alle aspettative, dalla riunione del comitato centrale del Partito, arrivano anche passi in avanti sul fronte della pluridecennale politica demografica del figlio unico, che obbliga le famiglie ad avere un solo figlio. Non verrà abbandonata ma sarà "ammorbidita" per promuovere “uno sviluppo equilibrato a lungo temine della popolazione in Cina”.

La novità consiste nella possibilità, se uno dei genitori è figlio unico, di avere un secondo figlio. Prima d'ora, solo se entrambi i genitori erano figli unici, la coppia poteva avere due figli.

Anche sul piano economico, si ammorbidisce la linea del Partito. Innanzitutto, con la promessa di un allentamento di alcune barriere poste ai competitor privati nei mercati controllati dalle compagnie di Stato. Resta fermo, però, il ruolo dell'industria di Stato come cuore dell'economia cinese.

Tra le novità all'orizzonte, anche la creazione di banche di proprietà privata e un freno ai limiti posti agli investimenti stranieri in alcuni settori come l'e-commerce.

La riforma fa parte del pacchetto di innovazioni approvate dal terzo plenum del comitato centrale del Partito comunista cinese, che si è svolto a Pechino dal 9 al 12 novembre. Alla fine del congresso dei dirigenti del Partito comunista cinese è stato annunciato un piano decennale di riforme economiche e sociali. Tra le riforme approvate c’è anche l’abolizione dei campi di lavoro.

La concorrenza e il mercato avranno un “ruolo decisivo” nel futuro del paese e il sistema giudiziario sarà più indipendente, assicurano i mezzi d’informazione locali che riportano le misure stabilite dal plenum.

Gli obiettivi del partito. Il testo del comunicato diffuso alla fine della riunione, il 12 novembre, riporta a grandi linee le scelte politiche del partito, ma è piuttosto vago sui particolari. L’unica decisione concreta è l’istituzione di due nuovi enti: uno avrà il ruolo di attuare le riforme e l’altro di garantire la sicurezza del paese.

Al terzo plenum hanno partecipato 204 funzionari del comitato centrale del Partito comunista e 169 sostituti. Il plenum è stato il primo sotto la direzione del presidente Xi Jinping e del primo ministro Li Keqiang. “Il tono del comunicato finale è coraggioso in termini di riforme economiche e conservatore sul fronte politico-istituzionale”, scrive il South China Morning Post. Non si prevede nessuna riforma democratica in senso occidentale, mentre l’annuncio di una maggiore indipendenza del sistema giudiziario e di un rafforzamento delle misure contro la corruzione sembra orientato a legittimare la permanenza al potere del Partito comunista.

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