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martedì 26 luglio 2016

Convention democratica le parole di Michelle Obama


Si è aperta a Filadelfia  la convention democratica che attribuirà ufficialmente Hillary Clinton come candidata del partito per le prossime elezioni presidenziali americane dell'8 novembre. Michael Bloomberg ha annunciato che sosterrà l'ex segretario di Stato nella corsa alla Casa Bianca -
Hillary Clinton ''deve essere presidente''. Michelle Obama e Bernie Sanders cercano di unire il partito democratico dietro a Clinton.

Le parole di Michelle hanno riscosso un enorme successo al La FargoArena di Filadelfia con un discorso appassionato, caldo: «Sono qui questa notte perché in questa elezione c’è una sola persona di cui mi fido: la nostra amica Hillary Clinton. Non è solo una scelta tra democratici e repubblicani, questa elezione riguarda chi avrà il potere di incidere sulla vite dei nostri figli nei prossimi quattro o otto anni. Hillary sa che la presidenza significa lasciare di meglio ai nostri figli. So che tipo di presidente sarebbe ed è per questo che in questa elezione sono con lei. Ci sono stati tanti momenti in cui avrebbe potuto ritenere questo lavoro troppo duro ma lei, ed è ciò che ammiro di più, non sceglie mai la strada più facile. Hillary Clinton nella sua vita non si è mai arresa. È quello che voglio. Voglio qualcuno che ha dimostrato la forza della perseveranza». E ancora ''Credo che sia veramente qualificata per essere presidente degli Stati Uniti'' dice Michelle, accolta con un'ovazione dal pubblico. Con indosso un abito blu di Christian Siriano, la First Lady dipinge Hillary come una persona che ''non molla, anche se avrebbe potuto farlo'' in passato. ''Sono qui perché' so il tipo di presidente che Hillary sara'. Ed e' per questo che sto con lei'' mette in evidenza Michelle, dicendosi stupita che siano già passati otto anni da quando e' salita sul palco della convention democratica per spiegare agli americani perché suo marito aveva battuto Hillary e perché' avrebbero dovuto votarlo.
''In questa elezione, cosi' come nel 2008, dobbiamo bussare a ogni porta e conquistare ogni voto''. Michelle esce travolta dagli applausi.

Ad applaudirla da casa anche il presidente Barack Obama: ''un discorso incredibile da parte di una donna incredibile. Non potrei essere più orgoglioso, il nostro paese e' fortunato ad averla come First Lady''. Michele è seguita da Elizabeth Warren, la senatrice paladina anti-Wall Street che Sanders avrebbe voluto vice presidente di Hillary. Anche la senatrice, che all'inizio della campagna elettorale sembrava volersi candidare, si schiera con lei, senza se e senza ma. Un endorsement completo. Sanders.

Di Hillary Clinton ha detto inoltre: «È una donna che non si è mai arresa, ha dimostrato la sua forza nella perseveranza. Grazie a lei ora le mie figlie danno per scontato che una donna può diventare presidente»

Poi le note sulla famiglia: «Non posso credere che siano passati già otto anni. Non dimenticherò mai quella mattina d’inverno quando guardai le nostre ragazze, allora solo di 7 e 10 anni, salire su dei Suv neri con tanti uomini armati, con i loro volti schiacciati sui finestrini. Cosa abbiamo fatto, pensai. Abbiamo spiegato loro che quando qualcuno è crudele e si comporta come un bullo, noi non ci abbassiamo al suo livello. No, il nostro motto è che contro i colpi bassi noi voliamo alti». E ancora: «Mi sveglio ogni giorno in una casa che è stata costruita da schiavi e guardo le mie figlie, giovani ed intelligenti donne di colore, giocare con il loro cane nel giardino della Casa Bianca. Grazie a Hillary, le mie figlie e tutti i nostri ragazzi ora danno per scontato che una donna può diventare presidente degli Stati Uniti. Perciò non consentite a nessuno di dire che questo Paese non è grande e che dobbiamo in qualche modo renderlo di nuovo grande perché al momento è il più grande Paese della terra». Sono passati otto anni da quando Michelle disse di Hillary che «una donna che non sa badare alla sua famiglia non può badare alla Casa Bianca». Ora sono «buone amiche», e dall’alto dei suoi indici di popolarità stratosferici, Michelle prova a dare una mano all’ex rivale, appena superata dal tycoon nei sondaggi. L’effetto, almeno alla Convention, è significativo.

Sondaggio della Cnn: Trump stacca di 5 punti Hillary Clinton Nel giorno in cui si apre la convention democratica a Filadelfia, la Cnn annuncia i risultati di un sondaggio a livello nazionale in base al quale il candidato repubblicano ha un vantaggio di 5 punti (44% contro 39%) rispetto alla rivale democratica. La rete sottolinea però che si tratta ancora di un effetto rimbalzo della convention repubblicana di Cleveland chiusasi la settimana scorsa. Più significativi saranno i risultati al termine della kermesse dell'Asinello.

mercoledì 21 gennaio 2009

Obama: il viaggio è iniziato “sfide senza precedenti”


"L'America ha bisogno di una nuova dichiarazione di indipendenza da ideologie, pregiudizi ed egoismo. Con questi ideali, gli stessi che hanno ispirato la nostra nazione, dobbiamo affrontare sfide senza precedenti". Parole di Barack Obama. Sulle orme dei padri fondatori, Obama ha deciso di iniziare il suo cammino presidenziale ripercorrendo il viaggio compiuto da Lincoln nel 1861, non dimenticando le sfide, difficilissime, che lo aspettano: le guerre in corso, una tregua sofferta, i problemi finanziari mondiali, il riscaldamento globale. “Sfide senza precedenti” ammette. “Ma se i problemi che ci troviamo davanti sono nuovi - aggiunge - non è nuovo quello di cui abbiamo bisogno per superarli” assicura. Per affrontarli e vincerli, dice Obama, bisogna tornare allo spirito con cui i Padri fondatori si riunirono a Filadelfia e firmarono la Dichiarazione d'Indipendenza.

Le sfide che dovrà affrontare in campo internazionale sono molteplici ed alcune al limite dell’arte diplomatica.

Cominciamo con il “cortile di casa”; Cuba rimane da sempre il grosso problema dei presidenti statunitensi, ma c’è una novità: Fidel Castro non è al potere e, per la per la prima volta, si incontrano due nuovi presidenti, Raul Castro e Barack Obama. Entrambi sono delle vere incognite su come vorranno gestire i rapporti tra USA e Cuba e distinguersi dai loro predecessori: dialogo o ostinazione? Ma Cuba ha trovato sulla strada alcuni nuovi alleati, Venezuela e Russia su tutti, e sicuramente questo potrebbe cambiare l’approccio della nuova amministrazione statunitense. Il Los Angeles Times ha auspicato che “Obama potrà beneficiare delle stesse condizioni propizie che hanno mosso Kennedy, Ford, Carter e Clinton verso migliori relazioni con Cuba”. Ed è doveroso sottolineare che questo mese segna sia il 50mo anniversario della rivoluzione cubana che quello della rottura formale delle relazioni tra Washington e l’Avana.

Altra sfida sono le relazioni con un continente ormai indirizzato verso una visione sovietica della politica, e critico nei confronti dell’indirizzo neoliberista dell’ormai ex Presidente USA. La politica dell’amministrazione USA ha forse inconsapevolmente indirizzato Argentina, Brasile, Cile, Uruguay, Paraguay, Bolivia, e Nicaragua verso posizioni populiste di sinistra. Il neo Presidente dovrà fare attenzione alla volontà dei paesi sudamericani, come era successo nel settembre scorso, di allontanare gli ambasciatori USA per creare un rovente clima da guerra fredda.

Le sfide di Obama in Africa sono varie e gli africani probabilmente si aspettano tanto dal nuovo presidente-antenato. Primo fra tutti, la gestione dei conflitti presenti e, al contempo, il dover prevenire quelli futuri: Congo, Somalia, Sudan e altre nazioni a rischio quali la Nigeria. Infine il problema dello Zimbabwe di Mugabe. Come relazionarsi con questo “mostro” della decolonizzaziione ormai isolato da tutti, riuscire ad aprire una reale mediazione internazionale cercando di coinvolgere le nazioni africane, e soprattutto il popolo della Zimbabwe.

Una altra sfida, quella diplomatica per ricucire alcune delle relazioni con paesi dell’Unione Europea quali Spagna, Francia e Germania e soprattutto con la Russia. Come rapportarsi con il risorgere dell’aggressività russa, scegliere la linea della vecchia amministrazione USA o cercare la via diplomatica per reintegrare il paese dello Zar Putin specie in vista delle problematiche da trattare. La posizione di Bush su scudo spaziale; il sostegno sui paesi dell’est europeo rinfocolando la rivalità con la Russia; ambiziose annessioni alla Nato e all’UE di Ucraina e Georgia. La verità è che nell’epoca della globalizzazione il regime russo putiniano si sta risvegliando dalla propria dissoluzione determinata dalla storia politica e ha il desiderio di reintegrare, il territorio ex sovietico sotto il dominio del Cremlino.

In Medio Oriente ci sono in sospeso le questioni più bollenti, per lo più frutto della guerra preventiva e al terrorismo. Lo stesso Obama ha detto che Al Qaeda ed il suo leader “restano la minaccia numero uno” per gli Stati Uniti.
I conflitti in Iraq e Afghanistan  costituiscono il nodo cruciale sui cui si potrà ricucire tutto il rapporto internazionale. Ormai solo con la Gran Bretagna come alleato sul terreno, la presenza in Iraq costituisce un fattore di perdita economica nonostante i successi nella sicurezza ormai un ritiro si impone. Ma se sull’Iraq la strada del ritiro sembra già avviata, rimane l’incognita sul cosa fare con l’Afghanistan e sul dopo Iraq e le conseguenze aperte da questo conflitto probabilmente si manterranno ancora per anni.

Il conflitto tra Israele e Hamas, rappresenta uno dei nodi più difficile ed è l’area attualmente più a rischio nonostante gli sforzi della diplomazia internazionale per la soluzione del problema di Gaza con gli accordi raggiunti Sharm El Sheikh Sharm.

Una sfida di primo ordine è la corsa nucleare iraniana che si potrebbe “bloccare” con una politica internazionale volta al dialogo e non con la minaccia della guerra che ha spinto il regime di Teheran a pensare che l’arma nucleare possa dissuadere gli Stati Uniti dall’intervento militare. Barack Obama dovrà aprire una trattativa per due ragioni: stabilizzare l’area in vista del futuro ritiro dall’Iraq, riallacciare, con grande difficoltà, le trattative in Palestina con i movimenti estremisti di Hamas ed Hezbollah, finanziati e sostenuti dal regime di Teheran.

Altro nodo sarà come relazionarsi su possibili situazioni di crisi come il conflitto in Kashmir tra India e Pakistan, o la Birmania che costituisce uno dei fallimenti della diplomazia internazionale. Infine i rapporti con la Cina, i quali dovranno fare un salto di qualità passando da semplice cooperazione economica e finanziaria ad una maggiore convergenza politica. La Cina è una superpotenza in maturazione, ed nuove vertice mondiale si rende ormai necessario

Obama sembra consapevole delle difficoltà delle sfide che da affrontare, ma è fiducioso di risolverli anche se ci vorrà “più di un mese o di un anno”.
Barack Obama è il 44mo presidente degli Stati Uniti. Il primo presidente nero nella storia statunitense ha giurato sulla Bibbia di Abramo Lincoln, nel discorso d'insediamento, il neo presidente chiama l'America “a una nuova era di responsabilità” che poggi su valori antichi, come la speranza e la virtù. Resta difficile leggere, nel primo atto della presidenza Obama, percorsi di politica estera, perché non vi sono citazioni di dirette  tranne l'apertura con monito al mondo islamico: “i vostri popoli vi giudicheranno per quello che costruite, non per quello che distruggete” e un riferimento a Iraq e Afghanistan, le guerre da chiudere.

Comunque le sfide del nuovo presidente USA saranno: in primis deve trovare una sua collocazione nel processo di pace in Medio Oriente e poi i rapporti con l’Iran che ha ribadito non solo esporta il terrorismo attraverso le fazioni integraliste islamiche ma sta tentando di ottenere un’arma nucleare che potenzialmente potrebbe scatenare una corsa agli armamenti in Medio Oriente.
Auguriamo un benvenuto al nuovo presidente Usa.