martedì 29 luglio 2014

100 anni fa nasceva Marcel Bich fondatore della dinastia industriale Bic



A lui si devono tre inventive geniali: penna biro, rasoio e l'accendino senza ricarica. Oggetti di uso quotidiano, di largo consumo, il cui successo è rimasto inalterato nei decenni.

Negli anni’40, epoca degli sforzi dell’inventore per produrre in serie la sua penna a sfera, non era ancora disponibile una tecnologia adeguata per rendere il prodotto perfetto, semplice e soprattutto economico per sfondare nel mercato di largo consumo che in occidente dopo la seconda guerra mondiale era ripartito con una crescita apparentemente senza fine.

E fu qua, in un momento di difficoltà per lo scoraggiato Bíró che Bich acquistò il brevetto della penna e riprese il lavoro incompiuto, ovvero perfezionare quello che era ancora grezzo e gettarsi nell’arena. Va detto che lo sfortunato Bíró morirà poi a Buenos Aires, povero, senza aver nemmeno annusato quelle immense ricchezze accumulate da chi aveva comprato le sue fatiche, Marcel per l’appunto.

Nacque 100 anni fa a Torino, in una palazzina di corso Re Umberto, e morì nel 1994 a Parigi all’età di 79 anni. Lasciò un impero titanico, con filiali ovunque sul pianeta. Ebbe sempre orrore di finanzieri, tecnocrati e giornalisti. Quando qualcuno tentava di strappargli un intervista, la sua fedele segretaria giapponese lo freddava con: “Il barone lavora, non ha tempo da perdere”.

Come si legge su una targa commemorativa sotto la casa natia, "semplificò la quotidianità della scrittura", ma lo stesso può valere anche per la rasatura e per l'accensione delle sigarette. Originaria di Siena (i Bicchi), la sua famiglia nel 1370, durante la guerra tra guelfi e ghibellini, fuggì in Valle d'Aosta e si stabilì nella selvaggia Valtournenche. Il giovane Marcel si formò in collegio dai dominicani e nel 1930 venne 'naturalizzato' francese. Dopo una difficile esperienza universitaria a Parigi, si lanciò nel mondo del lavoro prima come fattorino, poi come rappresentante di lampade e di insegne luminose, infine come imprenditore.

La sua biro era "il prodotto perfetto, a un prezzo così basso da essere comprabile da tutti". Ancora oggi se ne vendono oltre 14 milioni di esemplari al giorno. Persino Kruscev, in visita in Francia nel 1959, sottolineò l'efficacia della penna Bic. Un successo che il barone riuscì a replicare nel 1973 con gli accendini e nel 1976 con i rasoi, che in breve tempo si affermarono sul mercato mondiale.

L'attività della fabbrica di Clichy, alla periferia di Parigi, è sempre stata intensa. Lui, elegantissimo, seguiva di persona gli affari, monitorando le borse mondiali. Agli undici figli ha lasciato un impero che vale miliardi di euro, frutto dei successi inanellati in 40 anni. Unica macchia in carriera fu il profumo Bic, che non riuscì a fare breccia nei gusti dei consumatori. Cercò di rifarsi con la vela, una grande passione, tentando invano di vincere l'America's cup per tre volte. Il giorno della scomparsa fu ricordato sui giornali con l'immagine di un accendino e la frase "Une flamme s'est eteinte".

Il gruppo Bic è un colosso mondiale con vendite in 160 paesi, in tutti i continenti, in mercati sia sviluppati che emergenti. 3,2 milioni di punti vendita e 9.700 dipendenti in giro per il mondo. E ogni giorno in tutto il mondo sono acquistati con quel marchio 25 milioni di prodotti di cancelleria.

II 1953, fu l’anno della svolta. Quell’anno per il barone fu il momento cruciale. Quando incontrò László József Bíró, un inventore e giornalista ungherese che portava con sé la soluzione al problema delle macchie d’inchiostro lasciate dalle penne stilografiche, ancora in quei tempi le regine indiscusse del mercato della scrittura a mano. Nel suo prototipo, osservando che l’inchiostro era poco fluido, inserì una piccola pallina metallica che permetteva così di far nascere lettere e parole su carta in maniera omogenea, pulita e veloce.

L’idea all’ungherese gli si accese in testa come una lampadina quando osservò dei bambini giocare a biglie sulla strada. Ipnotizzandosi su una biglia che uscita da una pozzanghera lasciava una scia d’acqua sul marciapiede, ecco scoccare il lampo di genio.

Fu un prodotto industriale che diventò uno di quei beni di consumo che si radicò nella storia dell’umanità recente, contribuendo e modificando gli usi e costumi del mondo, al pari della Coca Cola o dei jeans.

Era la rivoluzione dell’usa e getta, del consumo perpetuo. Dalle penne a sfera la multinazionale Bic, sempre saldamente governata dal padre-barone, si allargò ad altre genialità: l’accendino usa e getta, che sconvolgeva l’idea dell’accendino classico, costoso al pari d’un orologio, e i rasoi di plastica, comodi, pratici e reperibili ovunque (un duro colpo per le sedie dei barbieri).

Non fece mai ricorso a finanziamenti esterni per gli investimenti che la sua gigantesca società richiedevano di anno in anno, ma ricorse sempre a risorse aziendali, interne. Di temperamento riservato e schivo, dedicò le rimanenti energie alla vela agonistica, sua grande passione nonché croce e delizia, perché con la sua barca “France” non riuscì mai a vincere la Coppa America, pallino su cui si era impuntato.

L’impronta che Bich, torinese naturalizzato francese, ha lasciato nella storia della grande industria recente è indelebile. Non si tratta solo di leggere su un industriale fortunato e abile commerciante, si tratta di capire qualcosa di più profondo, che ha influenzato masse e comportamenti.

A tal fine basterebbe porsi le domande: Ma quanti miliardi di sigarette sono state accese con gli accendini di plastica colorata? Ma quante guance sono state rasate dalle lame Bic? Ma quanti milioni di chilometri di inchiostro sono stati sputati dalle biro?


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