venerdì 31 agosto 2018

Unione europea tra ora solare o legale



Il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, per mezzo di un tweet di una delle sue portavoci, annuncia che la Commissione è pronta a fare quello che vogliono milioni di europei: abolire il passaggio tra ora legale e ora solare. Non ci sarebbe più l’obbligo per tutti i Paesi Ue di spostare le lancette nelle stagioni intermedie. La Commissione Ue presenterà "prossimamente" una proposta legislativa "per abolire il cambio d'ora due volte l'anno" da quella solare a quella legale, in modo che venga mantenuta la stessa ora tutto l'anno senza però dare indicazioni di scelta fra una o l'altra. "Spetta" però "agli stati membri decidere se restare all'ora solare o all'ora legale", in quanto "la scelta del fuso orario resta una competenza nazionale". E' quanto ha precisato un portavoce della Commissione Ue dopo le dichiarazioni del presidente Jean-Claude Juncker.

C'è stato un sondaggio pubblico, hanno risposto in milioni e c'è la volontà che l'orario estivo sarà quello usato tutto l'anno in futuro. Quindi sarà così». In un'intervista alla tv tedesca Zdf, il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, ha confermato la volontà di dire addio all'ora solare. «Le persone vogliono questo, stiamo facendo questo», ha aggiunto. La proposta definitiva della Commissione Ue, ha quindi spiegato, arriverà oggi, poi la misura dovrà essere approvata successivamente dal Parlamento europeo e dai capi di Stato e di governo, il Consiglio europeo.

La questione è ora nelle mani della Commissione Ue, che ne pubblicherà a breve i risultati ufficiali e presenterà poi le sue raccomandazioni sul da farsi. «Non è un referendum, è una consultazione, e terremo conto nella nostra analisi in modo debito di tutti gli aspetti legati ai contributi ricevuti» oltre ad altri studi e rapporti, ha assicurato il portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas, ricordando che anche il Parlamento europeo dovrà esprimersi.

Il tema intanto è finito anche sul tavolo del 'conclave' dei commissari a Genval, dove è in corso il seminario annuale del Collegio dopo la pausa estiva per preparare il discorso sullo stato dell'Unione (previsto il 12 settembre) e il programma di lavoro, in questo caso gli ultimi del mandato della Commissione Juncker.

L'esecutivo comunitario ha condotto la consultazione su richiesta dell'Europarlamento. Il dossier è stato aperto in seguito alle richieste di alcuni Paesi tra cui Finlandia e Lituania a cui si sono aggiunti Estonia, Svezia e Polonia, ed è sostenuto anche da alcuni eurodeputati liberali tedeschi che a febbraio avevano presentato una risoluzione. La direttiva Ue che armonizza il passaggio ora solare-legale è del 2000, ma nella maggior parte dei Paesi questo veniva applicato già prima ed è stato usato per la prima volta durante la Prima guerra mondiale.

La direttiva Ue che armonizza il passaggio ora solare-legale è del 2000, ma nella maggior parte dei Paesi questo veniva applicato già prima ed è stato usato per la prima volta durante la Prima guerra mondiale.

La proposta definitiva della Commissione dovrà essere approvata successivamente dal Parlamento europeo e dai capi di Stato e di governo, il Consiglio europeo.




mercoledì 29 agosto 2018

Canale della Manica: scontri fra pescatori



Dopo alcuni anni di tregua, è riesplosa la cosiddetta "guerra delle capesante", aspra contesa tra i pescatori inglesi e francesi che operano nel Canale della Manica. Alcune imbarcazioni dei due Paesi si sono infatti scontrate in alto mare, al largo della Normandia, in una vera e propria battaglia navale; in un video ripreso e diffuso sui social da un membro di un peschereccio francese infatti è possibile vedere scene di grande tensione tra gli equipaggi. La schermaglia si è svolta a oltre 12 miglia nautiche dalla costa. Secondo le norme europee, i britannici non possono pescare entro 12 miglia dalla costa francese, ma possono dragare per le capesante nel tratto di 40 miglia di acqua internazionale conosciuta come la Baie de Seine.

Circa 35 pescherecci francesi nella notte hanno circondato cinque imbarcazioni britanniche lanciando sassi e fumogeni. I britannici, rientrati poi nelle proprie acque territoriali senza feriti ma con i pescherecci danneggiati, hanno chiesto la protezione della Royal Navy.

Speronamenti, lanci di pietre, insulti. Il motivo del conflitto è dovuto a una legge nazionale che permette ai francesi di pescare le capesante solo nel periodo tra novembre e febbraio per permettere ai molluschi di riprodursi. Le leggi britanniche invece non porrebbero queste restrizioni: i pescherecci del Regno Unito possono quindi rastrellare i fondali con un vantaggio di due mesi sui francesi.

"Se li lasciamo fare, deprederanno il settore. Devono pescare a ottobre, come tutti noi", dice Anthony Quesnel, comandante di una delle navi che nella notte tra lunedì e martedì ha organizzato una spedizione che hanno contrastato cinque pescherecci britannici al largo della Normandia. "Se ne sono andati", commenta al termine dello scontro Quesnel. "Ma abbiamo vinto la battaglia, non la guerra".

Sulla vicenda è intervenuta anche l'Unione europea, nonostante Bruxelles non possa essere coinvolta direttamente nella contesa. "La pesca alle capesante è regolata a livello nazionale e negli ultimi anni sono state concordate misure di gestione comune tra Francia, Regno Unito e Irlanda - ha affermato il portavoce Daniel Rosario- . E' nell'interesse primario dei pescatori che questi accordo siano in vigore. Invitiamo le autorità nazionali a risolvere ogni disputa in maniera amichevole come in passato". L'Unione europea ha chiesto ai Paesi di chiudere con urgenza la disputa in maniera amichevole, come peraltro fatto in passato.

"È necessario discutere la questione intorno ad un tavolo e non in alto mare, dove qualcuno potrà farsi male", ha dichiarato la Federazione britannica delle organizzazioni dei pescatori.

Le ostilità legate alle "coquilles Saint-Jacques" (questo il nome francese del pregiato mollusco) proseguono da tempo, ma negli ultimi anni era stata raggiunta una sorta di tregua tra le fazioni. Tregua clamorosamente saltata negli ultimi giorni; secondo ricostruzioni confermate dalla stessa Marina transalpina, sarebbero stati gli inglesi ad avere la peggio negli scontri, anche perché in forte inferiorità numerica a livello di barche. Dimitri Rogoff, capo dell'agenzia per la pesca della Normandia, ha spiegato che "i francesi sono andati a contattare gli inglesi per dire loro di smettere di lavorare e si sono scontrati". I britannici si sono quindi dati alla fuga.


lunedì 27 agosto 2018

Addio a John McCain, eroe di guerra e grande accusatore della politica di Trump



Il senatore repubblicano John McCain è morto all'età di 81 anni. Il decesso è avvenuto in Arizona, alle ore 16.28 minuti. McCain combatteva da tempo contro un aggressivo tumore maligno al cervello e aveva annunciato solo lo scorso venerdì di aver deciso di sospendere le cure. Avvezzo a mille battaglie,  McCain ha perso l’ultima. Il senatore repubblicano, tra i più influenti leader di più d'una generazione e fino all'ultimo grande avversario politico e morale del presidente Donald Trump nel movimento conservatore.

Parole sobrie che diventano anche un testamento di quella rara dignità e franchezza con le quali ha sempre combattuto, militare prima e politico poi. Repubblicano ma soprattutto un cosiddetto “maverick”, indipendente per vocazione, spesso scomodo al suo stesso partito anche se incuteva rispetto.

L'ultima campagna politica, quella contro Trump, è stata forse la più dura e ha le sue radici nella campagna elettorale del 2016: McCain denunciò Trump come inadatto alla Casa Bianca per carattere e capacità e pericoloso per la sicurezza nazionale. Trump attaccò con toni scioccanti, per gli stessi repubblicani, McCain, apostrofandolo come falso eroe di guerra; ridicolizzando, lui che mai ha fatto il servizio militare, gli anni di prigionia e torture subite da McCain in Vietnam. «È un eroe perché è stato catturato. A me piace chi non viene catturato», aveva detto Trump.

Nelle sue recenti memorie McCain mette in chiaro tutto ciò che lo divide da Trump: denuncia, ad esempio, l’ammirazione del presidente per i dittatori e il suo disprezzo invece per immigrati e rifugiati. Nel dicembre 2017, già malato, tornò inoltre in Senato e con il suo voto bocciò la legge che avrebbe cancellato la riforma sanitaria Obamacare. Nella prima metà dell'anno scorso, agli inizi della presidenza Trump, viaggiò per oltre centomila chilometri in giro per il mondo, in 15 nazioni, per incontrare alleati preoccupati della imprevedibile politica estera di America First per cercare di rassicurali che l’America non era solo Trump. In discorsi appassionati criticò poi «l'isolazionismo, il protezionismo, il nativismo». In una conferenza a Monaco parlò di «tempi pericolosi». Difese la stampa dagli assalti del presidente che la apostrofa come «nemica del popolo».

Seppure ormai a casa da dicembre scorso, fu ancora in grado di condannare i toni amichevoli del recente summit di Trump con Vladimir Putin a Helsinki affermando che «nessun presidente si è mai prostrato così davanti a un tiranno». E Trump subito dopo nel firmare una legge sul budget militare intitolata a McCain ha evitato accuratamente di fare il suo nome.

McCain aveva conquistato un posto di rilievo nella politica statunitense, era considerato uno degli ultimi veri leoni del Senato, che difendeva come istituzione da rispettare davanti alla fede di partito, capace di azioni bipartisan quando ci credeva come dimostrato creando un gruppo misto di otto senatori sulla riforma dell’immigrazione. O esprimendosi chiaramente contro l’uso della tortura quando altri tacevano. Mai scevro di ambizione, contando su questa immagine, per due volte aveva anche tentato, senza riuscirvi, di diventare presidente nonostante i rapporti complessi con numerosi suoi colleghi.

John Sidney McCain III era nato il 29 agosto 1936 in una base navale a Panama, figlio e nipote di ammiragli a quattro stelle e erede di una famiglia in cui la tradizione militare risale alla guerra d'Indipendenza. Da padre, nonno e bisnonni, ma anche dalla madre Roberta che gli è sopravvissuta, John non aveva ereditato solo la passione per la divisa, ma anche quella per la battuta graffiante e la polemica. In gioventù amava le donne e l'alcool. All'Accademia navale di Annapolis era noto per essere sempre in punizione. In Florida, dove si addestrò al volo, si lanciò in una torrida relazione con una spogliarellista nota come "Marie the Flame of Florida". Il fatto che nel 2008, a 72 anni, fosse ancora un vigoroso aspirante presidente ha del miracoloso, guardando al passato di pilota di caccia della Navy. Da allievo, sopravvisse alla caduta di un jet in addestramento. Nel 1967 in Vietnam il suo aereo prese fuoco mentre si preparava al decollo da una portaerei. Pochi mesi dopo fu abbattuto dai nordvietnamiti nel cielo di Hanoi. McCain, ripescato da un laghetto nel centro della città dove ancora oggi una lapide ricorda l'evento, sopravvisse di nuovo, con le gambe e un braccio a pezzi. I vietnamiti lo catturarono, lo colpirono ripetutamente con le baionette e lo chiusero nell'ex prigione francese, dove trascorse anni da incubo.

Al ritorno negli Usa entrò in politica, ma negli anni '70 ebbe difficoltà a costruire una seria carriera. Solo negli anni Ottanta, al tempo di Ronald Reagan, John cominciò a farsi conoscere, anche come protagonista di iniziative spesso non condivise dal suo stesso partito come le leggi di riforma del finanziamento elettorale e contro le torture. Nel 2000 tentò una prima volta la corsa alla Casa Bianca, con una campagna fuori dagli schemi. Dato politicamente per morto dopo la sconfitta alle primarie contro George W. Bush, era resuscitato a sorpresa come candidato GOP nel 2008: al suo fianco Sarah Palin come vice, ma alla fine Barack Obama risultò un osso troppo duro.

Un suo atto di coraggio politico però resta assai più significativo in quelle elezioni, ancor più oggi quando l'attuale presidente, Trump, è prono ad aggressioni tinte di razzismo ed è l'ex capofila mai davvero pentito del movimento che mise in dubbio la nascita di Obama negli Stati Uniti. Durante un rally a favore di McCain, una donna apostrofò Obama come un “arabo” e non un autentico americano. McCain la mise a tacere rispondendo che Obama era un cittadino che amava gli Stati Uniti come lui con il quale «mi capita di avere disaccordi su questioni fondamentali». Chissà se McCain riuscirà adesso nell'ultima, grande impresa: quella di lasciare in eredità alla politica del futuro, con il suo esempio, un duraturo antidoto da riscoprire al clima avvelenato sotto la presidenza Trump.




giovedì 16 agosto 2018

Il gene zombie difende gli elefanti dai tumori



I tumori si sviluppano a causa di mutazioni del DNA delle cellule, che ne causano una riproduzione incontrollata. Gli animali più grandi, i cui corpi contengono una quantità più elevata di cellule, dovrebbero quindi contrarre queste patologie con maggiore frequenza. In realtà, sembra che le dimensioni dell’organismo incidano sulle probabilità di contrarre il cancro solo all'interno dei membri della stessa specie. Questa differenza però perde di importanza quando si paragonano tra loro due esservi viventi diversi: una balena non ha più possibilità di sviluppare un tumore di un gatto.

Sembra anzi che le specie di taglia più grossa corrano un rischio inferiore di contrarre la malattia.

La ricerca scientifica ha, tuttavia, dimostrato che per la grande maggioranza dei mammiferi, le probabilità di morire di cancro variano tra l’uno e il dieci percento, a prescindere dalla loro dimensioni.

Questa apparente contraddizione prende il nome di paradosso di Peto ed è stata descritta per la prima volta negli anni ‘70 dall’epidemiologo inglese Richard Peto. Da allora, numerosi scienziati hanno cercato di risolverla, proponendo spiegazioni riguardanti il tasso metabolico dei grandi mammiferi, inferiore a quello degli animali più piccoli, o la probabilità che negli organismi più grandi i tumori necessitino di una maggiore quantità di tempo per diventare letali.

Il segreto che difende gli elefanti dai tumori è in un gene zombie, da tempo non più attivo in moltissimi altri mammiferi. Negli elefanti si è risvegliato per distruggere le cellule danneggiate. Il gene è stato identificato dai ricercatori delle università americane di Chicago e dello Utah, che hanno pubblicato la ricerca sulla rivista Cell Reports.

Il risultato è il frutto di una scoperta precedente degli stessi ricercatori, i quali tre anni fa avevano scoperto che negli elefanti sono presenti 20 copie di un gene chiamato p53, che è presente in una sola copia anche nell'uomo. Mentre studiavano p53 negli elefanti, i ricercatori guidati da Vincent Lynch, dell'università di Chicago, hanno individuato un gene chiamato Lif6, che da tempo non è attivo in molti mammiferi. E' stato visto che questo gene viene attivato da p53 per uccidere le cellule che hanno il Dna danneggiato e che possono provocare i tumori. La sua funzione consiste nel produrre una proteina che crea dei fori nelle centraline energetiche delle cellule, i mitocondri, causando la morte della cellula. In questo modo, ha rilevato Lynch, il gene "può prevenire i tumori".

Secondo Lynch questo gene è un "trucco dell'evoluzione" e sarebbe stato risvegliato negli antenati degli elefanti circa 25-30 milioni di anni fa, quando questi pachidermi hanno cominciato a evolversi da animali più piccoli grandi quanto le marmotte. "Gli animali di grandi dimensioni e longevi devono aver sviluppato meccanismi robusti per sopprimere o eliminare le cellule tumorali, in modo da poter raggiungere l'età adulta", ha detto Juan Manuel Vazquez, del Laboratorio di Lynch. Gli animali più grandi, infatti, hanno un numero molto maggiore di cellule e tendono a vivere più a lungo, rispetto agli animali più piccoli, ma questo significa anche più tempo e opportunità per accumulare mutazioni che causano il cancro.

Il genoma umano contiene una sola copia di p53, ma quello degli elefanti ne ha ben venti. Non si tratta però dell’unico gene in grado di combattere i tumori. Di recente, Juan Manuel Vazquez, un allievo di Lynch ha dimostrato che gli elefanti contengono anche LIF, una particella cromosomica non più attiva in moltissimi mammiferi, ma che nei pachidermi è “tornata in vita” circa 25 o 30 milioni di anni fa. LIF viene attivata da p53 e uccide le cellule il cui DNA è stato danneggiato creando una proteina che causa la perforazione dei mitocondri.






venerdì 3 agosto 2018

Elon Musk vende anche i surf, e vanno a ruba




Non solo auto elettriche, tunnel per il trasporto sotterraneo e voli nello spazio. Tra i tanti progetti di Elon Musk, l’imprenditore che ha fondato Tesla, The Boring Company e SpaceX, ci sono anche strani gadget e merchandising. Come i 20mila lanciafiamme Boring Company, già venduti a 500 dollari l’uno, o i “Lego” a grandezza naturale finora solo annunciati in un paio di tweet. L’ultimo prodotto a fare il tutto esaurito è una tavola da surf, a marchio Tesla.

Dopo il lanciafiamme Elon Musk si cimenta con la vendita del surf. La tavola, rinforzata in fibra di carbonio, è stata disponibile online per poche ore al prezzo di 1500 dollari ed è frutto della collaborazione tra Tesla Design Studio e Lost Surfboards.

Le tavole presentano un "mix della stessa finitura opaca e lucida di alta qualità utilizzata su tutte le nostre auto", si legge nella descrizione del prodotto. Le tavole da surf, come i lanciafiamme, sono andate sold out, quelle in vendita erano solo 200. Chi è riuscito ad accaparrarsele le sta rivendendo su eBay a 4mila dollari.

Le escursioni in mondi diversi dal suo business primario, non sono una novità per Tesla. Oltre al lanciafiamme della Boring Company, società legata a Musk, lo stravagante imprenditore ha messo in vendita anche mattoni giganti simil-Lego realizzati con i materiali di scarto della roccia trivellata.

Sold out per la folle scommessa di Elon Musk, il lanciafiamme a prova di "apocalisse zombie" pubblicizzato pochi giorni fa. Il business, lanciato tramite la compagnia Boring, avrebbe fruttato un incasso di 10 milioni di dollari. Ogni dispositivo era in vendita a 500 dollari al netto di tasse e costi di spedizione. A dare notizia del tutto esaurito è stato su Twitter lo stesso Musk.
Le consegne dei lanciafiamme, secondo quanto si legge sul sito della Boring Company, sono previste in primavera. Ogni dispositivo, ha aggiunto Musk su Twitter, arriverà insieme a un estintore gratuito e ad un numero di serie. Un regalo, visto che inizialmente l'aggiunta costava 30 dollari.

La stagione è quella giusta, dunque perché non “differenziare”? Avrà pensato questo Elon Musk, nel proporre al pubblico la sua nuova tavola da surf, progettata dal Tesla Design Studio e realizzata in collaborazione con Lost Surfboards. Come spiega lo stesso Musk, la tavola è rinforzata in fibra di carbonio e presenta un “mix della stessa finitura opaca e lucida di alta qualità utilizzata su tutte le nostre auto”. Dopo il lanciafiamme, proposto qualche tempo fa dalla sua Boring Company, anche queste tavole sono andate a ruba in poche ore: ne sono state messe in vendita solo 200 e costano 1.500 dollari l’una, ma i fortunati che sono riusciti ad accaparrarsele stanno già cominciando a rivenderle su eBay a prezzo triplicato.

Sulllo shop online dell’azienda di auto sono in vendita cappelli, modellini in scala, macchine per bambini. E, per poche ore, i clienti hanno potuto pre-ordinare anche la tavola da surf in edizione limitata, a 1500 dollari. I 200 pezzi sono andati subito sold out. Gli acquirenti dovranno aspettare da 2 a 10 settimane per ricevere l’ordine a casa. Ma già qualcuno ha messo in vendita la tavola super richiesta su eBay, a un prezzo più alto.

Come si legge sul sito, la tavola, rinforzata in fribra di carbonio, rossa e nera, è stata progettata dal dipartimento design di Tesla insieme a Lost Surfboards e Matt “Mayhem” Bioloso. La descrizione specifica anche che, per le sue dimensioni, può essere trasportata sia all’interno che all’esterno delle Tesla Model S, X e 3.


Iran, proposto bando ginecologi: "Contatto uomo-donna è peccato"



Un deputato iraniano, Nasrollah Pejmanfar, ha proposto che nella Repubblica islamica gli uomini non possano esercitare le professioni di ginecologo, infermiere o tecnico di laboratorio. Il motivo? Secondo il deputato, questi lavori sono "inappropriati" in un Paese islamico e comparabili al "peccato" perché espongono al contatto tra donne e uomini.

Secondo l'agenzia di stampa semiufficiale Tasnim, Pejmanfar si è spinto anche oltre. Agli uomini, ha chiarito il deputato, non dovrebbe essere permesso di assistere negli ospedali a nascite o ad aborti, sostenendo che ciò "promuove il processo di normalizzazione del peccato in entrambi i generi".

Dal 1979, anno della rivoluzione islamica, in Iran sono state promulgate leggi che hanno imposto la segregazione nei sessi negli ambienti pubblici. La separazione dei sessi avviene nelle scuole, sui pullman e in metropolitana, dove ci sono vagoni per uomini e donne.

In Iran tutto è ambivalente, dentro ogni verità ha messo radici una bugia e tu la abiti come se indossassi scarpe troppo strette o troppo larghe, sei scomoda, ma ti ci abitui, cammini lo stesso. Hai imparato a mentire a scuola, alle maestre che ti chiedevano se i tuoi genitori frequentavano la preghiera del venerdì e alle compagne che si informavano se avevi un fidanzato. A poco a poco hai assorbito le regole del gioco. Ti sei accorta che, intorno a certe linee rosse, si può anche danzare e, all’insegnante che esigeva il tuo compito di algebra, hai detto che è morto tuo fratello, è diventato uno shahid, un altro martire della guerra Iran-Iraq, è volato in Paradiso dall’Imam Hussein, beato lui, ma il dolore ti ha risucchiato in un vortice, non sei riuscita a concentrarti sulle equazioni. La tua performance da Actors Studio è stata accolta con un mormorio, in classe sanno tutte che non hai un fratello, lo sa anche la maestra che ha storto gli angoli della bocca mentre guardava la tua faccia da schiaffi e poi ha fatto finta di niente.

Più diamo voce alla parte femminile della società, più possiamo sperare in una società capace di perdonare, pazientare e accogliere», tanto più necessario oggi ad un mondo che «ha bisogno di perdono». Ne è convinta Shahrazad Houshmand, teologa iraniana, membro della Consulta femminile nata nel giugno del 2015 presso il Pontificio consiglio della Cultura e presentato oggi alla stampa alla vigilia della festa delle donne.

«Abbiamo aspettato un po’ per incontrarvi perché volevamo che il gruppo fosse un vero gruppo», ha spiegato ai giornalisti la coordinatrice Consuelo Corradi, prorettore alla ricerca e ai rapporti internazionali della università Lumsa, nel meeting point presentato in Sala Stampa vaticana dalla vice-direttrice Paloma Ovejero: «In questo anno e mezzo ci siamo conosciute, sono nati gruppi tematici, abbiamo lavorato insieme».

«C’è un poeta persiano che si chiama Ferdowsi, che ha vissuto mille anni fa ed è il padre della lingua persiana, che ha scritto: se il governo del mondo era affidato alle donne, tutte queste guerre potevano essere evitate. Paolo VI diceva che la pace non è la mancanza della guerra, Papa Francesco dice che la pace è la costruzione giorno dopo giorno di una cultura che sia a favore della comunità globale. Anche noi, con le nostre diversità, vogliamo essere questo messaggio: la costruzione di una pace stabile, che non sia solo la mancanza della guerra ma una nuova cultura di accoglienza, perdono, pazienza e anche sapienza».

Basti pensare alla fatwa che era stata emessa del religioso sciita, Seyyed Youssef Tabatabi-nejad, che aveva indicato nel modo di vestire "immorale", ovvero senza il velo islamico, la causa della crisi idrica del Zayandeh-rud, il più grande fiume dell'Iran centrale. "Il mio ufficio ha ricevuto foto di donne accanto al letto asciutto dello Zayandeh-rud vestite come se fossero in Europa. Sono questo genere di cose a prosciugare ulteriormente il fiume". l'ayatollah si è, quindi, rivolto al governo chiedendo che vengano processati quei "network" che incoraggiano le donne dell'Iran all'"indecenza". Tabatabi-nejad, che è membro dell'Assemblea degli Esperti (l'organo che ha il potere di nominare la Guida Suprema ed eventualmente revocarle i poteri), non è il primo religioso in Iran ad affermare che il modo di vestire "immorale" delle donne può causare disastri naturali. Quando nel 2010 l'allora presidente, Mahmoud Ahmadinedjad, mise in guardia dal rischio di un gravissimo sisma nel Paese, l'hojatoleslam Kazem Sedighi spiegò:"Molte donne che non vestono con modestia portano i giovani fuori strada, corrompono la loro castità e diffondono l'adulterio nella società e ciò aumenta i terremoti".