L’organizzazione internazionale ha pubblicato il suo rapporto annuale sulla situazione dei diritti umani in 160 paesi del mondo tra il 2014 e il 2015 e ha pubblicato il suo rapporto annuale sullo stato dei diritti umani nel mondo. Ecco le cifre principali contenute nel documento.
160: i paesi nei quali Amnesty International ha svolto ricerca o ricevuto informazioni da fonti credibili su violazioni dei diritti umani nel corso del 2014.
18: i paesi nei quali sono stati commessi crimini di guerra o altre violazioni delle leggi di guerra.
Almeno 35: i paesi nei quali gruppi armati hanno commesso abusi, oltre il 20 per cento dei paesi esaminati.
Oltre 3.400: il numero dei rifugiati e dei migranti annegati nel mar Mediterraneo mentre cercavano di raggiungere l’Europa.
4 milioni: il numero dei rifugiati fuggiti dal conflitto della Siria, il 95 per cento dei quali ospitati nei paesi confinanti.
119: i paesi nei quali i governi hanno arbitrariamente limitato la libertà d’espressione, tre su quattro dei paesi esaminati da Amnesty.
62: i paesi i cui governi hanno messo in carcere prigionieri di coscienza, cioè le persone che avevano solamente esercitato i loro diritti e le loro libertà. Si tratta di più di un terzo dei paesi esaminati.
93: i paesi nei quali si sono svolti processi iniqui, il 58 per cento dei paesi esaminati.
131: i paesi nei quali ci sono stati maltrattamenti e torture, l’82 per cento dei paesi esaminati.
28: i paesi che vietano completamente l’aborto, anche in caso di stupro e quando è a rischio la salute o la vita della donna (fonte: Centro per i diritti riproduttivi).
78: i paesi in cui sono in vigore leggi usate per criminalizzare le relazioni sessuali consensuali tra adulti del medesimo sesso (fonte: International lesbian, gay, bisexual, trans and intersex association).
È un giudizio durissimo sui leader mondiali quello contenuto nel rapporto 2014: “La risposta globale alle atrocità degli Stati e dei gruppi armati è stata vergognosa e inefficace, denuncia l’organizzazione non governativa. Che lancia anche un appello ai cinque stati permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: rinunciare al loro diritto di veto nei casi di genocidio o di altre atrocità di massa.
La richiesta parte da una constatazione molto semplice: anche a causa del diritto di veto, il Consiglio di Sicurezza non ha agito di fronte alle varie crisi in Siria, Iraq, Gaza, Israele e Ucraina, neanche quando sono stati commessi crimini orrendi contro la popolazione civile da parte degli stati o dei gruppi armati, per proprio tornaconto o interessi politici. Un immobilismo che la comunità internazionale non può più permettersi, soprattutto di fronte alle barbarie sempre più frequenti di Daesh (parola araba che indica lo Stato islamico). Perché, di questo passo, la prospettiva per i diritti umani nel periodo 2015-2016 non potrebbe essere più tetra, con popolazioni civili sempre più costrette a vivere sotto il controllo quasi statale di brutali gruppi armati e sottoposte ad attacchi, persecuzioni e discriminazioni.
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