venerdì 26 dicembre 2014

USA-Cuba: relazioni Obama Raul Castro. Visto da Yoani Sanchez



Dopo oltre 50 anni di rottura ufficiale delle relazioni diplomatiche, il 17 dicembre Stati Uniti e Cuba hanno posto una svolta ai propri rapporti riaprendo un canale di dialogo ufficiale.

Crolla un altro muro e comincia una nuova era dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba. "L'isolamento non ha funzionato", è giunto il momento di "un nuovo approccio" tra i due Paesi che porti anche alla fine dell'embargo: con una mossa storica, che a sorpresa archivia mezzo secolo di tensioni.

Il primo atto della svolta è stata la liberazione del contractor americano Alan Gross da una prigione a Cuba. Collaboratore di Usaid (l’agenzia americana per lo sviluppo internazionale che fa parte del Dipartimento di Stato Usa) Gross era stato arrestato 5 anni fa mentre distribuiva materiale elettronico alla comunità ebrea all’Avana con l'obiettivo di creare una rete informatica alternativa e condannato a 15 anni di prigione per spionaggio. Per il rilascio di Gross , gli Usa hanno accettato di liberare per motivi umanitari 3 agenti cubani detenuti negli Stati Uniti, meglio noti come i Miami Five, dopo un processo controverso che li ha condannati per spionaggio nei confronti di gruppi anti-Castro a Miami.

In pratica per il momento il disgelo si traduce nella normalizzazione delle relazioni e nell’apertura di una sede diplomatica statunitense a L'Avana. Ma successivamente in prospettiva arriverà la fine dell'embargo e la cooperazione tra i due paesi su varie questioni, compresa la lotta al crimine e l'eliminazione di Cuba dalla lista nera degli stati terroristi. Da subito, gli Usa si impegnano a facilitare l'accesso alle telecomunicazioni e a internet dei cubani. «Siamo separati da 90 miglia di acqua ma speriamo entrambi in un futuro migliore per Cuba», si legge nel comunicato stampa della Casa Bianca in cui però non viene fatto nessun cenno alla base di Guantanamo.

“Il castrismo ha vinto, anche se il risultato positivo è che Alan Gross è uscito vivo da una prigione che rischiava di diventare la sua tomba” è il primo commento della blogger dissidente Yoani Sanchez sul sito 14y Medio, prima ancora degli attesi discorsi di Raul Castro e Barack Obama. Secondo la Sanchez lo scambio di Gross per gli ultimi tre dei “Miami Five” agenti dell’intelligence cubano condannati negli USA –dimostra che “nel gioco della politica i totalitarismi riescono sempre ad imporsi sulle democrazie”. Questo scrive la blogger, perché controllano l’opinione pubblica all’interno dei loro paesi, determinano i risultati legali a loro piacere e possono mantenersi tre lustri spendendo le risorse di tutta una nazione per ottenere la liberazione delle loro talpe, inviate del terreno dell’avversario, mentre “le democrazie finiscono per cedere perché devono dare una risposta ai loro cittadini, convivere con una stampa incisiva che può rimproverare ai governanti se prendono o non prendono determinate decisioni e sono obbligate a fare tutto il possibile per riportare a casa i loro vivi e i loro morti”.

La presa di posizione della blogger testimonia della sorpresa e dello stordimento di buona parte degli esuli cubani in Florida. Si tratta di un’opposizione che ha anche consolidati rapporti, anche economici con gli Stati Uniti. E che è sempre stata trattata duramente dal castrismo. Infatti a pochi giorni fa la notizia dell’arresto a Cuba di una ventina di militanti dell’organizzazione Damas de Blanco colpevoli di partecipare ad una marcia silenziosa di protesta.

La fine dell’embargo non sarà la fine del dolore. Basta pensare il tempo per capire che la Rivoluzione del 1 gennaio del 1959 non avrebbe liberato Cuba, ma semplicemente sostituito un odiato dittatore con un altro di cognome Castro.

La blogger è stata a Perugia nell’aprile 2013, al Festival internazionale del giornalismo,  e con queste parole espresse il suo pensiero sulla politica castrista: “assaporare la libertà, rendermi conto che in ogni luogo dove sono stata non avevo la polizia alle calcagna, che nessuno mi avrebbe chiesto di mostrare i documenti, che non mi avrebbero mai domandato il motivo per cui mi trovavo  in quel posto. Ecco, questa è stata una scoperta straordinaria: sentirmi libera.
A Cuba provo a comportarmi da libera cittadina, ma devo sopportare tutte le conseguenze negative. Quel che mi manca è tornare a Cuba, ma lo farò presto, perchè la mia vita non è altrove ma in un altra Cuba.

Sta cambiando qualcosa per la generazione Y?
La generazione Y sta cambiando Cuba, non il contrario. Le riforme di Raul Castro sono briciole. Quel che sta cambiando è l’atteggiamento dei cubani, che si stanno togliendo la maschera dell’apatia e dell’indifferenza per chiedere a gran voce un cambiamento sociale ed economico.

Come sono i giovani cubani di oggi?
I giovani cubani è un concetto astratto, una generalizzazione che non mi appartiene. I giovani sono giovani a ogni latitudine, non solo a Cuba. I giovani cubani non sono un’entità monocolore e uniforme come pretenderebbe  il governo. Ci sono giovani comunisti che sostengono il regime, ci sono giovani contestatari, ci sono giovani apatici che pensano solo alla fuga, ci  sono giovani rapper e rockettari… La speranza è che un numero sempre maggiore di giovani prenda coscienza che il cambiamento di Cuba è nelle loro mani, quindi che abbandonino il sogno della fuga per restare in una terra che senza il loro apporto non ha futuro.

C’è un conflitto generazionale a Cuba? In che settori?
La mia generazione è apatica, non crede all’utopia del passato, che ha fallito il suo scopo. I giovanissimi sono ancora più indifferenti alla politica, sono cresciuti con l’idea che “occuparsi di politica” procura guai. A parte questo, vale il discorso che ho fatto prima. Non tutti sono uguali. Ci sono giovani brillanti che formano

Pensi mai alla morte di Fidel? Cambierà qualcosa oppure no?
C’è stato un periodo in cui pensavo che la morte di Fidel avrebbe contribuito a cambiare le cose. Adesso non ci penso più di tanto. Fidel fa parte del passato. Io penso al futuro. Certo, una volta scomparsa la sua pesante ombra verdeoliva su di noi, ci sentiremo tutti più liberi.

Lo stesso senso del giornalismo che muove la Sanchez , che intende il giornalismo come il contrario di quello dell’entomologo: «Noi non possiamo stare lontani dalla realtà, osservare dall’alto la vita delle formiche, usando la lente di ingrandimento per avere l’illusione di essere vicini. Noi dobbiamo invece assumere il punto di vista delle formiche, stare con i piedi ben ancorati a terra: essere cronisti del reale».





Nessun commento:

Posta un commento