venerdì 26 dicembre 2014

25 dicembre 1914: la Tregua di Natale fra britannici e tedeschi



Il 25 dicembre del 2014 le truppe tedesche e i britanniche che si combattevano aspramente dall'agosto del 1913 sul fronte occidentale uscirono allo scoperto e concordarono una tregua all'insaputa dei rispettivi comandi. Era il primo Natale della Grande guerra, ed i soldati delle trincee nemiche smisero di spararsi addosso e stabilirono una breve tregua,venendosi reciprocamente incontro nella cosiddetta "terra di nessuno" tra le due trincee. Per alcune ore britannici e tedeschi uscirono dalle trincee e fraternizzarono. Poi riprese la carneficina.

Ad iniziarla furono i soldati tedeschi. Dalle trincee del Corpo di Spedizione Britannico (BEF) si cominciarono ad intravvedere piccoli lumi provenire dalle trincee nemiche. Erano candele e piccoli ceri che i soldati del Kaiser avevano acceso lungo la linea da loro difesa e sugli alberi. Poi cominciarono a levarsi i primi canti natalizi in tedesco, dai soldati radunati attorno a piccoli fuochi di legna. I Britannici risposero con messaggi urlati a gran voce, quindi presero anch'essi a cantare.

La mattina di Natale i due eserciti combattenti si incontrarono nella "terra di nessuno". Molti furono gli episodi di fraternizzazione e di scambio di piccoli doni. Addirittura furono improvvisate sfide di calcio sul terreno fangoso e reso duro dal gelo.

La piccola tregua fu anche l'occasione per entrambi gli schieramenti di poter seppellire i propri morti, rimasti per giorni tra le due trincee.

Le testimonianze raccontano che o per iniziativa di qualche soldato coraggioso o per delle candele accese nella notte o per un canto natalizio intonato a Natale lungo molte trincee del fronte occidentale soldati tedeschi e dell’Intesa posarono le armi per attraversare la terra di nessuno ed incontrare quello che era (e sarebbe ridiventato all’indomani) il nemico.

Dato il carattere spontaneo dell'episodio e limitato al solo fronte occidentale, la stampa di guerra sottoposta a censura minimizzò e in alcuni casi condannò la fraternizzazione tra combattenti.

Fu un’iniziativa presa dal basso, dai soldati in trincea, che il 25 dicembre di cento anni fa uscirono spontaneamente allo scoperto in alcune zone del fronte occidentale per andare a salutare e a fare gli auguri ai «nemici» senza che ci fosse, da parte dei comandi, alcun via libera. Quando la notizia si diffuse grazie alle lettere dei soldati alle famiglie, i vertici militari di entrambi i contendenti si affrettarono a proibire altre iniziative simili: il generale Horace Smith Dorrien, comandante del secondo corpo d’armata della Bef, la forza di spedizione britannica in Francia, arrivò a minacciare la corte marziale per chi si fosse reso colpevole di fraternizzazione.

Il caporale Leon Harris del 13esimo battaglione del London Regiment in una lettera scritta ai genitori che stavano a Exeter (riprodotta sul sito www.christmastruce.co.uk interamente dedicato a quanto successe cento anni fa): «È stato il Natale più meraviglioso che io abbia mai passato. Eravamo in trincea la vigilia di Natale e verso le otto e mezzo di sera il fuoco era quasi cessato. Poi i tedeschi hanno cominciato a urlarci gli auguri di Buon Natale e a mettere sui parapetti delle trincee un sacco di alberi di Natale con centinaia di candele. Alcuni dei nostri si sono incontrati con loro a metà strada e gli ufficiali hanno concordato una tregua fino alla mezzanotte di Natale. Invece poi la tregua è andata avanti fino alla mezzanotte del 26, siamo tutti usciti dai ricoveri, ci siamo incontrati con i tedeschi nella terra di nessuno e ci siamo scambiati souvenir, bottoni, tabacco e sigarette. Parecchi di loro parlavano inglese. Grandi falò sono rimasti accesi tutta la notte e abbiamo cantato le carole. È stato un momento meraviglioso e il tempo era splendido, sia la vigilia che il giorno di Natale, freddo e con le notti brillanti per la luna e le stelle». Il riferimento al tempo non è di poco conto: «La vigilia — scrive Alan Cleaver nella prefazione al libro La tregua di Natale che raccoglie molte lettere dei soldati dell’epoca — segnò la fine di settimane di pioggia battente, e una gelata rigida e tagliente avvolse il paesaggio. Gli uomini al loro risveglio si trovarono immersi in un Bianco Natale».

Non si sa dove fosse schierata l’unità del caporale Harris ma gli eventi da lui descritti con tanta vivacità si ripeterono più o meno identici in molti punti del fronte. In una lettera alla famiglia del 28 dicembre, il bavarese Josef Wenzl racconta di essere rimasto incredulo quando uno dei soldati cui la sua unità stava dando il cambio gli disse di aver passato il giorno di Natale scambiando regali con i britannici. Ma quando spuntò l’alba del 26 dicembre vide con i suoi occhi i soldati britannici uscire dalle trincee e cominciare a parlare e scambiarsi oggetti ricordo con lui e con i suoi compagni. Poi ci furono canti, balli e bevute. «Era commovente — si legge nella lettera — tra le trincee uomini fino a quel momento nemici feroci stavano insieme intorno a un albero in fiamme a cantare le canzoni di Natale. Non dimenticherò mai questa scena. Si vede che i sentimenti umani sopravvivono persino in questi tempi di uccisioni e morte».

In seguito le alte sfere militari fecero di tutto per scoraggiare il ripetersi di questi episodi, anche se continuarono per tutto il conflitto, in forma isolata e sporadica e coinvolgendo un numero esiguo di soldati. All'avvicinarsi del Natale 1915, i rispettivi comandi generali diedero ordine di ruotare le truppe e aprire un fuoco di artiglieria lungo tutto il fronte. Disposizione ripetuta anche nel 1916 e nel 1917. Nessuno uscì più dalle trincee e quell'ultimo gesto di umanità in un conflitto che causerà 35 milioni di morti e dispersi tra militari e civili, rimase come una sorta di unica isolata «Fiaba di Natale» in quel grande massacro che fu la «Grande Guerra».

Alla fin fine, comunque, pare che il mito avesse ragione e gli storici scettici torto: è stata scoperta una lettera del generale Walter Congreve (decorato con la Victoria cross, la più alta decorazione britannica al valor militare) che racconta alla moglie della tregua e della partita di calcio anche se ammette di non averla vista con i propri occhi ma di averlo saputo da testimoni oculari. Ma poiché era un generale, non si faceva illusioni e sapeva i bei momenti sarebbero finiti.




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