Gli ultimi due leader dei Khmer rossi ancora in vita sono stati condannati all’ergastolo per crimini contro l’umanità. Un verdetto storico, che arriva 35 anni dopo la caduta di un regime che causò la morte di circa due milioni di persone tra il 1975 e il 1979.
Due ex leader dei Khmer rossi, Nuon Chea e Khieu Samphan, sono stati condannati all’ergastolo da un tribunale cambogiano sostenuto dall’Onu per crimini contro l’umanità. Nuon Chea, 88 anni, era considerato l’ideologo del regime maoista cambogiano guidato da Pol Pot ed è soprannominato “il fratello n.2″, proprio per la sua vicinanza al leader comunista. Khieu Samphan, 83 anni, è stato il presidente del Presidium di stato della Cambogia dal 1976 al 1979. Il leader Pol Pot è morto nel 1998. Nuon Chea e Khieu Samphan devono ancora affrontare un altro processo, dove sono accusati di genocidio.
In Cambogia almeno 1,8 milioni di persone, circa un quarto della popolazione, sono state vittime dei campi della morte del regime guidato da Pol Pot dal 1975 al 1979. In quegli anni il regime, nel tentativo di ricreare un’utopia agraria, ha svuotato le città e costretto i suoi abitanti a lavorare nelle campagne. Molte delle persone deportate sono morte di fame e di stenti. I Khmer rossi hanno anche ucciso tutte le persone che venivano considerate nemiche della rivoluzione: intellettuali, minoranze etniche ed ex funzionari del partito.
Molti hanno criticato la lentezza della giustizia cambogiana. Il tribunale speciale, formato da giudici locali e da giuristi internazionali, è stato formato nel 2006 dopo un accordo con l’Onu. Da quel momento ha condannato solo un imputato, il direttore del carcere Kaing Guek Eav, condannato all’ergastolo nel 2011.
Il tribunale speciale delle Nazioni Unite per la Cambogia ha aperto il 17 ottobre a Phnom Penh il processo per genocidio contro due alti esponenti del regime dei Khmer rossi.
Ora sono accusati di genocidio nei confronti della minoranza vietnamita e di quella musulmana di etnia cham, e di aver costretto milioni di persone a trasferirsi dalle città per lavorare nelle campagne, nel tentativo del regime di ricreare un’utopia agraria. Durante i quattro anni in cui i Khmer rossi sono stati al potere, sono stati uccisi circa mezzo milione di cham e ventimila vietnamiti.
Nuon Chea e Khieu Samphan devono anche rispondere di crimini contro l’umanità e di crimini di guerra in relazione alle esecuzioni e alle torture inflitte nei campi di prigionia come il famigerato Tuol Sleng a Phnom Penh. Sono anche accusati di stupro di massa per la politica di matrimonio forzato attuata dal regime.
Il tribunale speciale, formato da giudici locali e da giuristi internazionali, è stato formato nel 2006 dopo un accordo con l’Onu. Nel 2011 ha condannato all’ergastolo un altro imputato, il direttore del carcere Kaing Guek Eav.
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