venerdì 31 ottobre 2014

I missili russi Iskander ai confini con l’Europa a Kaliningrad



Mosca conferma di aver dislocato vicino ai confini con l’Europa una serie di batterie di missili a corto raggio Iskander. Secondo un portavoce del ministero della difesa russo il nuovo scenario non contraddice gli accordi internazionali.

Per molti osservatori però si tratta di una risposta al programma di scudo antimissile avviato dalla Nato, che prevede nuove infrastrutture in Polonia, alle porte della Russia.

Il progetto di guerre stellari, annunciato da George Bush e non cancellato da Obama, divide le due superpotenze, e rischia di far tornare sull’Europa un clima da guerra fredda.

Per il Cremlino lo scudo antimissile è “difensivo solo a parole”. “La corsa degli Stati Uniti verso nuovi armamenti – ha detto il presidente Putin in tv – rischia di “ridurre a niente” gli attuali accordi sul disarmo atomico”.

La Russia ha pubblicato il piano per schierare i missili Iskander alla sua frontiera occidentale – nella regione di Kaliningrad o nei territori dei paesi confinanti, ma il processo per sondare la reazione di Washington è chiaramente troppo lungo. In politica, non saper apprezzare l’importanza dell’azione rapida crea sempre problemi, la situazione di cui sopra ne è un esempio lampante. Gli Iskander sono un’arma straordinariamente potente, ma sembra che Mosca rischi di giocare la carta come elemento secondario nel gioco diplomatico. Si ha l’impressione che la minaccia di dispiegare i missili nella regione di Kaliningrad, sia stata trasmessa troppo a lungo affinché la NATO nel suo complesso, o anche per la Polonia e la Repubblica Ceca, la prendano sul serio.

Se questo è il caso e la potente arma è svalutata a causa della evidente mancanza di volontà di usarla, l’avversario ha motivo di ritenere che la minaccia sia inesistente. In altre parole, la NATO si sente libera espandersi a est, in linea con la sua strategia, e di disprezzare le obiezioni della Russia come verbosità.

Recentemente, il ministro russo della Difesa e veemente fautore della riforma dell’esercito, A. Serdjukov, ha involontariamente contribuito alla decisione della NATO di farsi strada nello spazio geopolitico post-sovietico. Ha detto in Finlandia, il 19 febbraio, che se l’Europa non pone rischi alla Russia, non ci saranno Iskander nella regione di Kaliningrad – e sarebbero dispiegati solo se emergessero delle minacce.

Che cosa significa il ‘se’ di Serdjukov? La questione è di quali nuove minacce, provenienti da Occidente, il ministro della difesa russa abbia bisogno per muoversi. Gli Stati Uniti hanno affermato, con estrema chiarezza, che le infrastrutture della loro difesa anti-missilistica dovrebbero essere localizzate in Polonia, Romania e Bulgaria. Altri paesi – Georgia e Turchia – potrebbero ospitarle in futuro. E non basta? Dobbiamo aspettarne altre? Le minacce sono elencate dalla dottrina militare ufficiale della Russia. Washington spiega audacemente che i piani per i siti dello scudo antimissile, in prossimità dei confini della Russia, sono volti a neutralizzare la minaccia posta dai missili della Corea del Nord e dell’Iran. Gli autori di tali “spiegazioni” devono voler prendere in giro la Russia.

E nei giorni scorsi la Nato è stata all'inseguimento di aerei russi, la guerra fredda è resuscitata ieri nei cieli d'Europa. Le tensioni tra Russia e Occidente che dall'Ucraina si sono proiettate sul Baltico - e non solo - hanno toccato il culmine quando l'Alleanza atlantica ha fatto sapere che tra martedì e mercoledì più di 20 aerei militari russi, tra cui sei bombardieri nucleari, hanno condotto «manovre militari significative» ai limiti dello spazio aereo europeo e della Nato. Un'attività «insolita» che ha fatto alzare in volo aerei di otto Paesi Nato, oltre alla forza di monitoraggio dell'Alleanza sul Baltico. Incursioni che, fa notare la Nato, costituiscono un potenziale rischio per l'aviazione civile, dal momento che gli aerei russi interessati non hanno presentato piani di volo, hanno spento i radar e non hanno risposto a chiamate radio da controllori di volo civili o militari.

Gli apparecchi russi - caccia, bombardieri e aerei cisterna - sono stati avvistati sul Mar Baltico, sul Mare del Nord e sul Mar Nero. Un'operazione che segue di una settimana la violazione dello spazio aereo estone, secondo la Nato la prima seria provocazione nei confronti di un Paese dell'Alleanza dalla caduta del muro di Berlino.

Da quattro diverse località aerei portoghesi, turchi, britannici e norvegesi sono decollati ieri per intercettare i caccia. La Nato non precisa se la missione si sia conclusa. L'operazione più significativa è avvenuta sul Mare del Nord, dove una pattuglia di otto aerei russi - quattro bombardieri strategici nucleari Tu-95 accompagnati da quattro rifornitori - sono stati intercettati mentre volavano in formazione sopra il Mar di Norvegia, provenienti dalla Russia.

L'aeronautica norvegese ha inviato F-16 a intercettarli, e quando due bombardieri russi hanno proseguito verso il Mare del Nord, è intervenuta la Raf con i suoi Typhoons, seguita da bombardieri portoghesi una volta che i russi si sono avvicinati alla penisola iberica.

L'avventura continuava intanto su un altro fronte, sul Baltico: dove i jet della missione aerea della Nato di base in Lituania si sono alzati in volo per intercettare una pattuglia di sette caccia russi, tra cui due MiG-31 Foxhounds, due Su-34 Fullbacks, un Su-27 Flanker e due Su-24 Fencers. Dall'altra parte dell'Europa, la Turchia ha scortato due bombardieri strategici russi che si stavano avvicinando al suo spazio aereo attraverso il Mar Nero. Il giorno precedente jet tedeschi, danesi, finlandesi e svedesi avevano partecipato a un'operazione simile sul Baltico, dopo aver intercettato una formazione simile a quella che si è alzata in volo ieri. Anche se in questo caso, spiega la Nato, i jet russi avevano comunicato i propri piani di volo e lasciato accesi i radar, pur mantenendo il silenzio radio con i controllori di volo.

La prova di forza russa è proseguita anche dal mare, dove il sommergibile nucleare Jurij Dolgorukij ha testato ieri con successo il lancio del missile balistico Bulava. Come comunica il ministero della Difesa russo, il lancio è stato eseguito nel Mare di Barents, e l'obiettivo è stato colpito in un poligono russo della Kamchatka, nell'Estremo Oriente russo.

A sottolineare il clima di tensione, martedì scorso la Polonia aveva comunicato che intende rafforzarsi sui confini orientali, verso l'énclave russa di Kaliningrad e verso l'Ucraina. «È un piano che verrà attuato nel corso di alcuni anni - ha spiegato alla radio nazionale il ministro della Difesa, Tomasz Siemoniak -. Sarà una serie di iniziative connesse alle unità all'Est, e ci saranno anche investimenti in infrastrutture. Ovviamente, tutto questo ha un collegamento con quanto sta avvenendo in Ucraina. È parte di un processo che trae conclusioni da quella crisi». E dall'inizio della crisi ucraina la Polonia insiste perché la Nato stabilisca basi militari permanenti sul suo territorio: in violazione degli impegni presi al momento dell'ingresso nell'Alleanza dei Paesi confinanti con l'ex Urss.



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