sabato 26 ottobre 2013

Un mondo di persone tenuta in schiavitù



La coppa del mondo di calcio in Qatar del 2022 si giocherà grazie agli «schiavi». Lavori forzati, stipendi e documenti trattenuti, ma pure niente acqua nel deserto sono gli abusi scoperti da un'inchiesta del giornale britannico Guardian.

Circa 30 milioni di persone nel mondo vivono in una condizione di schiavitù, secondo un nuovo rapporto del Global slavery index 2013 che prende in considerazione 162 paesi.

La Mauritania ha la più alta percentuale di schiavi in rapporto alla popolazione. In condizioni di schiavitù vive il 4 per cento dei mauritani. Nel paese africano la schiavitù ha profonde radici culturali, infatti è una condizione che si eredita dai propri antenati.

Il rapporto è stato compilato dall’associazione australiana Walk free foundation e si basa su una definizione di schiavitù più ampia di quella adottata da altre istituzioni che tiene conto anche degli schiavi per debiti economici, delle persone vittime di tratta e dei matrimoni forzati. La stima delle persone che vivono in schiavitù denunciata dal rapporto, è più alta di quella proposta da altri organismi come l’International labour organisation. Secondo quest’ultima istituzione infatti gli schiavi nel mondo sarebbero 21 milioni, mentre per il Global slavery index sarebbero 29,8 milioni.

In termini assoluti i paesi con più persone che vivono in schiavitù sono India, Cina, Pakistan e Nigeria. Mentre in termini relativi cioè in proporzione alla popolazione i paesi peggiori sono Mauritania, Haiti, Pakistan, India e Nepal.

Ritorniamo in Qatar, per fabbricare le infrastrutture necessarie nell'emirato molti operai stranieri vengono sottoposti ad una moderna schiavitù. Solo dal 4 giugno all'8 agosto, 44 nepalesi, i più poveri e maltrattati, sono morti per la durezza del lavoro. Ufficialmente di infarto o in incidenti nonostante fossero tutti giovani e forti. Maya Kumari Sharma, l'ambasciatore del Nepal a Doha, si è spinto a definire l'emirato come «una prigione a cielo aperto» per i migranti in cerca di lavoro.

La lista di abusi è impressionante. Nel cantiere più vasto per la coppa del mondo ci sono prove, secondo il quotidiano britannico, di lavori forzati. Ad alcuni operai sono stati trattenuti mesi di paghe per evitare che scappino. In molti casi vengono confiscati i passaporti dei lavoratori stranieri e rifiutato il rilascio di un documento d'identità trasformandoli di fatto in clandestini. I disgraziati per non finire in galera o deportati accettano qualsiasi condizione. Anche la più inumana, come una stanza dove dormono in 12 senza aria condizionata con i 50 gradi dell'emirato.

Testimonianze parlano di lavori forzati nella calura del deserto senza acqua potabile da bere. La situazione è talmente drammatica, che una trentina di nepalesi ha trovato rifugio nelle loro ambasciata denunciando le brutali condizioni di lavoro. «Non stiamo parlando del rischio che le infrastrutture della coppa del mondo del 2022 vengano costruite grazie ai lavori forzati. Sta già accadendo» ha denunciato Aidan McQuade, direttore dell'associazione Internazionale contro la schiavitù fondata nel 1839.

Il Qatar, che ha mandato i suoi corpi speciali per abbattere il regime di Gheddafi in Libia e finanzia i ribelli siriani, investirà 100 miliardi di dollari per preparare l'emirato alla coppa del mondo di calcio. Il Paese piccolo ma ricchissimo, grazie a gas e petrolio, sta costruendo una nuova città, Lusail city, che ospiterà 200mila persone in vista del grande appuntamento del 2022. Per la prima volta un Paese del Medio Oriente ospiterà la coppa del mondo ed il giovane emiro, Tamim bin Hamad Al Thani, che fa finta di ammiccare all'Occidente, si gioca la faccia. A Lusail city, dove si sono verificati gran parte degli abusi venuti alla luce, verrà costruito lo stadio da 90mila persone che ospiterà la finale.

Il «Comitato supremo» che sovrintende ai grandi piani in vista della coppa del mondo garantisce che le regole di rispetto dei lavoratori impiegati sono ferree ed il governo sta svolgendo un'inchiesta sugli abusi. Il problema è che in Qatar vivono solo 300mila autoctoni, ma il Paese va avanti grazie ad una forza di lavoro straniera di 1 milione e 200mila persone. In gran parte reclutati in Asia, dal Nepal al Bangladesh, da approfittatori che li mandano a lavorare nell'Emirato in condizioni disumane trattenendo, in cambio, parte dello stipendio. Pochi osano parlare, come Rama Kumar Mahara, 27 anni, che denuncia l'obbligo di «lavorare per 12 ore al giorno senza cibo». Se qualcuno protesta viene picchiato e secondo la stampa tedesca la paga dei più derelitti è di 78 centesimi di euro all'ora.

Il sistema per schiavizzare gli operai si chiama kafala. I lavoratori sono legati al loro datore di lavoro, che deve concedere l'autorizzazione per farli tornare a casa.




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