sabato 12 ottobre 2013

Generale Giap morto a 102 anni




Eroe dell’indipendenza, combatté Usa e Francia. Sue le famose vittorie a Dien Bien Phu contro i francesi nel 1954 e del Tet nel 1968 contro gli Usa. Finita la guerra appoggiò la pacificazione con gli ex nemici.

Negli ultimi anni, era sempre vicino a scomparire dentro la sua divisa da cameriere stellare  in una qualche Guerra planetaria (giacca bianca, cravatta nera, medaglie di tutti gli Ordini comunisti possibili appuntate sul petto) nessuno avrebbe detto che quell'omarino era proprio lui, il leggendario generale Giap: lo stesso che circa quaranta anni prima, in Vietnam, aveva inflitto agli Usa la più cocente, e insieme anche l'unica, sconfitta militare della loro storia.

Alto poco più del metro e cinquanta, una complessione fisica piccola, la bestia nera degli statunitensi sembrava fatto apposta per essere preso sottogamba dagli avversari. Così fecero, sbagliando, i giapponesi, i francesi, i cambogiani e da ultimo i marines del generale Westmoreland, cresciuti con tanto di vitamine e non solo. Furono sorci verdi per tutti. Mai che nessuno dei suoi nemici avesse capito per tempo che quell'omino - grande tattico, ma ancor più grande stratega militare- era spinto da un invisibile motorino straordinario.

Vo Nguyen Giap, morto alla veneranda età di 102 anni, era nato il 25 agosto 1911, l'anno del Cane, in una capanna illuminata da tre lumicini sempre accesi davanti all'altarino degli antenati in un piccolo villaggio dell'Annam. Entrato nel 1929 nel Partito comunista aveva un solo mito: Ho Chi Minh. Ma giusto perché era vietnamita. Fosse nato un po' più in là, sulla carta geografica, il suo mito sarebbe stato Mao Tse Tung.

«La lotta armata popolare è la scuola migliore», rispondeva a chi gli obiettava la sua scarsa preparazione bellica. Ma di notte,si dice che leggeva e rileggeva i resoconti delle campagne napoleoniche, i testi di von Clausewitz e gli insegnamenti dei condottieri vietnamiti che si erano opposti nel corso di duemila anni ad ogni tentativo di occupazione. Guerriglia, guerra di movimento, la vecchia tattica del mordi e fuggi. Il suo credo militare era riassunto in questi tre concetti.

Sbaragliati i francesi a Dien Bien Phu, il generale Giap si concentrò sugli americani, quando a Washington decisero che quella spina comunista ad Hanoi doveva essere cancellata. Contro la superpotenza, Giap giocò d'astuzia, inventando una ragnatela di cunicoli sotterranei e di «santuari» nella giungla attraverso cui passavano armi e rifornimenti ai vietcong. Come la «pista di Ho Chi Minh» in Laos e in Cambogia: una fitta serie di strade in terra battuta, di sentieri e di guadi percorsa da secoli dalle tribù nomadi e dai contrabbandieri di oppio.

Poco prima dell'offensiva del Tet, all'inizio del 1968, quella che segnò l'inizio della fine per l'avventura statunitense in Indocina, Giap diede un'intervista al quotidiano francese Le Monde. «Gli americani perderanno, e sa perché? - disse al giornalista che lo aveva raggiunto nella giungla -. Perderanno perché fanno la guerra con l'aritmetica. Interrogano i loro computer, fanno somme e sottrazioni e su quelle agiscono. Ma qui l'aritmetica non è valida: se lo fosse, ci avrebbero già sterminato». Si chiamava Giap. Vo Nguyen Giap.

Negli ultimi anni, nonostante la tarda età, Giap aveva espresso più volte la sua contrarierà allo sfruttamento delle miniere di bauxite nel centro del Paese, citando preoccupazioni ambientali e di sicurezza nazionale.


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