lunedì 9 gennaio 2017

Zygmunt Bauman, il teorico della «società liquida»



A darne notizia è stato il quotidiano di Varsavia "Gazeta Wyborcza". Zygmunt Bauman si è occupato di analisi della modernità e postmodernità, del ruolo degli intellettuali, fino ai più recenti studi sulle trasformazioni della sfera politica e sociale indotti dalla globalizzazione.

Il filosofo di origine polacca Zygmunt Bauman è morto oggi a Leeds, in Inghilterra, dove viveva e insegnava, all’età di 92 anni. Era era nato a Poznan, in Polonia, il 19 novembre 1925 da una famiglia di origini ebree. Proclamato come uno dei più noti e influenti intellettuali del mondo, a lui si deve la folgorante definizione della " società liquida", di cui è uno dei più acuti osservatori. Era professore emerito di sociologia nelle Università di Leeds e Varsavia. Di formazione marxista, ha studiato il rapporto tra modernità e totalitarismo, con particolare riferimento alla Shoah (Modernità e Olocausto, edito dal Mulino) al passaggio dalla cultura moderna a quella postmoderna (Modernità liquida, Laterza). Considerato il teorico della postmodernità, Bauman è autore di moltissimi libri, famosi anche in Italia, nei quali si è occupato di temi rilevanti per la società e la cultura contemporanea: dall'analisi della modernità e postmodernità, al ruolo degli intellettuali, fino ai più recenti studi sulle trasformazioni della sfera politica e sociale indotti dalla globalizzazione. Alcuni titoli: "Vita liquida", "Consumo dunque sono", "L'arte della vita", "Il demone della paura", Amore liquido" “Sulla fragilità dei legami affettivi” (Laterza), "Capitalismo parassitario", "L'etica in un mondo di consumatori", "Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone", "Danni collaterali. Diseguaglianze sociali nell'età globale", "Paura liquida", "La società sotto assedio", "Sesto potere", "Stranieri alle porte", Vita liquida (Laterza); La solitudine del cittadino globale (Feltrinelli); La società dell’incertezza (Il Mulino); Stato di crisi (Einaudi); La cultura nell'età dei consumi (Laterza); Stranieri alle porte (Laterza).

In seguito all'invasione del suo Paese da parte delle truppe naziste all'inizio della Seconda guerra mondiale, Bauman fugge, adolescente, con i genitori in Unione Sovietica e si arruola in un corpo di volontari per combattere contro i nazisti. Finita la guerra, torna nel suo Paese e inizia a studiare sociologia all'Università di Varsavia dove si laurea in pochi anni. Nel 1968, è costretto di nuovo a emigrare in seguito a un'epurazione antisemita messa in atto dal governo polacco e si rifugia prima in Israele, dove ha insegnato all'Università di Tel Aviv, poi nel Regno Unito dove, dal 1971 al 1990.

“Il consumismo e la globalizzazione hanno incrinato le sicurezze e contribuito allo sviluppo di una vita liquida ”.

Il filosofo era stato, lo scorso mese di settembre, tra gli ospiti dell'incontro interreligioso per la pace organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio e dai frati di Assisi. Ad Assisi Bauman parlò della necessità del dialogo come la via per l'integrazione tra i popoli. Citò, nel suo intervento alla sessione inaugurale, tre consigli dello stesso Papa: «una cultura del dialogo» e «l'equa distribuzione dei frutti della terra e del lavoro»; in terzo luogo - ricordò il sociologo - «Papa Francesco dice che questo dialogo deve esser al centro dell'educazione nelle nostre scuole, per dare strumenti per risolvere conflitti in maniera diversa da come siamo abituati a fare». Bauman ha partecipato a diversi incontri ispirati al cosiddetto “Spirito d'Assisi” e organizzati da Sant'Egidio, tra i quali quello di Anversa nel 2014.

'Siamo di fronte ad una nebbia informativa, una cortina impenetrabile di notizie ed informazioni in eccesso che non ci permette di sapere cosa c'e' oltre. Siamo in una modernità di bambagia che ci impedisce di fare cio' che vogliamo, che sviluppa in noi un senso di ignoranza, di inadeguatezza e di frustrazione, e che provoca uno stato di impotenza e di instabilità'': così aveva parlato Bauman nel 2011 al Festival della Mente, di Sarzana. ''In questo contesto di precarietà' e di legami che si dissolvono, sta crescendo la necessita' di qualcosa di solido - aveva spiegato - che può essere ricercato nella comunità''. Sarebbe proprio questo desiderio la ragione del successo dei social network: ''E' un mondo dove c'e' la necessita' di partecipazione ma al tempo stesso c'e' il desiderio di autonomia'' da parte di chi frequenta il social network, ''dove c'e' la necessita' di crearsi un'identità e di ottenere un riconoscimento''. Più in generale Bauman sosteneva: ''siamo in una fase di interregno, di passaggio, dove tutto e' ancora incerto. Stiamo assistendo a un divorzio tra le istituzioni pubbliche, che non sono più in grado di offrire certezze, e il cittadino, che si è accorto di queste mancanza e quindi protesta''. Bauman parlò di ''un divorzio tra il potere e la politica'', due settori ''che fino a sessanta anni fa, invece, coincidevano, e che oggi si sono divisi''. ''Il potere e' emigrato - ha spiegato - ed e' al di fuori della portata di qualunque nazione, compreso gli Stati Uniti che sono un ex impero e una ex potenza mondiale''. In questo cambiamento planetario, Bauman vedeva di buon occhio ''i movimenti popolari arabi, perché formati da persone intelligenti che hanno capito che lo stato nazionale non poteva più garantire loro alcuna certezza e sono scesi in piazza con la volontà di creare nuove forme di potere politico''.

Chi lo ha conosciuto e con lui ha lavorato, come lo scrittore e giornalista Wlodek Goldkorn, anche lui polacco, sottolinea la sua "curiosità verso il mondo" e i tratti fondamentali di un carattere che ha reso Bauman uno dei punti di riferimento per chi voglia decifrare il presente contemporaneo e al tempo stesso migliorarlo: era, racconta Goldkorn, "un uomo di estrema gentilezza, coraggioso, eterodosso ed eclettico. Era molto curioso dei giovani e loro lo erano di lui". "Leggeva tutto e stava molto in Internet - prosegue - ma era critico verso i social media poiché, a suo dire, non creano comunità". Zygmunt Bauman è stato uno degli ultimi grandi intellettuali del ventesimo secolo, la cui biografia in gran parte coincide con il Secolo breve, che secondo la definizione ha un inizio con la Prima Guerra Mondiale (1914) e una fine individuata nel crollo dell’Unione Sovietica, ma lo supera inventando il concetto di "modernità liquida", un contesto in cui le relazioni sono esclusivamente improntate al consumo.



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