venerdì 6 gennaio 2017

Israele: condannato il soldato israeliano Elor Azaria



Il 24 marzo 2016, periodo in cui in Cisgiordania gli attacchi palestinesi si susseguivano a ritmo serrato, Sharif e un altro palestinese di nome Ramzi al-Qasrawi accoltellavano un soldato israeliano in un quartiere di Hebron, Tel Rumeida. I militari israeliani reagivano sparando e ferendo i due assalitori. Il palestinese Abd Fatah al Sharif fu ucciso dopo aver aggredito con un coltello un soldato israeliano. Un tribunale militare israeliano ha riconosciuto il sergente Elor Azaria colpevole dell’omicidio per aver sparato ad Al Sharif senza un valido motivo, quando l’uomo era già stato ferito e immobilizzato. Il processo ha profondamente diviso l’opinione pubblica israeliana, ma la corte marziale ha respinto le tesi della difesa. Azaria rischia fino a vent'anni di carcere, ma è probabile che la pena sarà più leggera.

Poco dopo cominciava a circolare un video, realizzato da un residente dall’ong israeliana B’Tslem, che mostrava i due giovani a terra, incoscienti. Poco dopo, mentre un’ambulanza si allontanava con il soldato ferito, un altro militare carica il fucile e spara alla testa di uno dei giovani, uccidendolo. Quel soldato era Azaria: “Merita di morire”, avrebbe detto a un suo commilitone. Negli ultimi mesi, la famiglia di Azaria e politici di destra avevano criticato l’esercito per aver portato il giovane soldato a processo, mentre i vertici delle forze armate hanno sottolineato che non è accettabile una violazione delle regole di condotta come sparare a freddo a una persona inerme. Diversi politici di destra, definendo Azaria “figlio di ognuno di noi”, hanno già invitato il presidente israeliano, Reuven Rivlin, a concedere la grazia al soldato.

Critico il ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman: “La prima cosa che dobbiamo fare, sia quanti sono soddisfatti della sentenza e sia chi, come me, è molto meno soddisfatto, tutti dobbiamo rispettare la decisione dei giudici”, ha detto il ministro, che ha anche difeso il capo di stato maggiore, Gadi Eisenkot, che è stato oggetto di aspre critiche da parte di esponenti politici di destra per la gestione del processo Azaria.

La sentenza non piace nemmeno all’Autorità Nazionale Palestinese: il processo è “una farsa” il cui scopo reale è di sfuggire alla minaccia di tribunali internazionali, è stato il primo commento del ministero degli esteri dell’Anp, secondo l’agenzia di stampa ufficiale Wafa. Il ministero afferma poi che “importanti funzionari israeliani, inclusi il premier Benyamin Netanyahu e il suo ministro della difesa si sono mobilitati a favore della campagna per la liberazione di Azaria”. Secondo il ministero sul banco degli imputati non doveva esserci solo il soldato Azaria “bensì l’intero regime israeliano, che consente la uccisione di palestinesi”.

Durante la lettura della sentenza si sono verificati scontri fra dimostranti di estrema destra e reparti della polizia nelle vicinanze del ministero della difesa israeliano di Tel Aviv. Gli agenti hanno compiuto alcuni fermi, dopo che centinaia di persone avevano bloccato il traffico stradale e alcuni avevano scandito cori contro Eisenkot: “Gady, Gady – fa’ attenzione, Rabin cerca un amico”. Rischia cioè di essere anch’egli abbattuto da un attentatore di destra. Da parte sua la emittente Canale 10 ha riferito che su alcune reti sociali circolano minacce esplicite nei confronti della giudice Maya Heller, e del capo della pubblica accusa Nadav Weissman. Entrambi, ha aggiunto la emittente, dovranno probabilmente essere adesso protetti da scorte.

Il giudice Heller, ha stabilito che è stato lo sparo ad uccidere il giovane palestinese e che il soldato era cosciente che il suo atto ne avrebbe provocato la morte. La pena sarà determinata nel prossimo futuro. Fuori dalla sede dell'esercito, a Tel Aviv, centinaia di israeliani manifestavano contro la possibile condanna del militare. I cittadini israeliani divisi tra chi difendeva il soldato e chi lo riteneva responsabile di un gesto immorale e contrario al codice militare.

Una parte dell’opinione pubblica israeliana continua ad appoggiare la condotta di Azaria, mentre altri affermano che la giustizia ha fatto il suo corso. Chi condanna il verdetto è preoccupato perché teme che i militari possano esserne influenzati, temendo di essere in futuro chiamati in giudizio. In realtà, “molta gente all’interno dell’esercito non teme questo perché i militari sono sottoposti ad un addestramento di un certo tipo”, ha detto ad “Agenzia Nova”, Judah Ari Gross, giornalista del quotidiano israeliano “Times of Israel”. A livello più generale, gran parte della popolazione israeliana non teme per la propria sicurezza e non è preoccupata di eventuali impatti che l’episodio di Azaria potrebbe avere sulle future regole d’ingaggio dell’esercito ebraico.

Le regole d’ingaggio cambiano a seconda che ci sia uno scenario di guerra in senso stretto o che si tratti di mantenimento dell’ordine pubblico. L’episodio relativo al sergente Azaria ricade in questo secondo caso, dal momento che in Cisgiordania non si deve sparare per uccidere, ma neutralizzare la minaccia. “Fermare la minaccia senza uccidere, ma certe volte per fermare la minaccia bisogna uccidere”, ha affermato Gross. Il giornalista israeliano ha evidenziato la necessità di analizzare ogni caso “come un caso a sé stante”.

Una parte della stampa israeliana ha definito il verdetto contro Elor Azaria, "una rara vittoria per i diritti umani, le Forze di difesa e lo stato di diritto". Il tribunale militare che ha emesso sentenza non ha espresso alcun dubbio né concesso attenuanti: una risolutezza che secondo il quotidiano “Haaretz” ristabilisce un pò della fiducia nel sistema giudiziario israeliano intaccato  negli ultimi anni, ed ha sorpreso molti israeliani. Le reazioni sono state istantanee e molto dure, evidenzia il quotidiano israeliano. Il ministro dell'Istruzione, Naftali Bennett, ha contestato la correttezza dell'iter processuale e ha chiesto la grazia immediata per Azaria. Il ministro della Cultura, Miri Regev, ha descritto i giudici di Azaria come un tribunale privo di obiettività, influenzato dai media.

Secondo "Haaretz", però, a prescindere dalla reazione della destra israeliana più reazionaria, la sentenza dimostra che "il sistema funziona ancora": l'Esercito "è ancora in grado di resistere alla politicizzazione". I pubblici ministeri e i giudici "possono ancora resistere alla schiacciante pressione politica". I giudici "sono ancora in grado di rendere i verdetti senza paura e il sistema legale rispetta ancora i dettami del diritto, anziché la loro perversione". Il primo ministro Benjamin Netanyahu da parte sua ha chiesto concedere la grazia al sergente israeliano, nonostante all'indomani dell’episodio lo avesse condannato fermamente. Probabilmente in questo sua cambiamento di posizione è stato influenzato da un sondaggio secondo cui la maggioranza degli israeliani sosteneva Azaria. In questo caso specifico, tuttavia, il premier non può fare nulla e le sue parole non hanno un impatto rilevante sulla questione poiché soltanto il capo dello Stato, Reuven Rivlin, può stabilire se concedere la grazia.

L’episodio della reazione del militare israeliano contro l’assalitore palestinese ha provocato un acceso dibattito nel panorama politico e militare israeliano. L’ex ministro della Difesa Moshe Ya’alon ha definito la condotta di Azaria “immorale”. Secondo alcuni osservatori sarebbe stato proprio il caso di Azaria ad aver spinto Ya'alon alle dimissioni lo scorso maggio 2016, anche se il ministro ha sempre giustificato il gesto come "una pausa dalla vita politica". Tuttavia, ricordando i disaccordi con il premier Netanyahu proprio riguardo al caso Azaria, Ya'alon aveva detto: "Ho combattuto con tutto me stesso contro le manifestazioni di estremismo, violenza e razzismo nella società israeliana che stanno minacciando la sopravvivenza del paese e si stanno diffondendo all'interno delle Forze di difesa".

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