lunedì 29 settembre 2014

Hong Kong rilasciato leader diciassettenne, nasce una nuova Tienanmen



La folla di manifestanti nelle strade di Hong Kong continua a crescere. Dal distretto finanziario la protesta ha raggiunto Kowloon e Causeway bay. La polizia usa gas lacrimogeni e spray urticante, e presto arriveranno anche i proiettili di gomma. Non è la fine del mondo, ma si tratta comunque della protesta più imponente organizzata in Cina da quando il movimento per la democrazia di piazza Tienanmen è stato soffocato nel sangue 25 anni fa.

Naturalmente Hong Kong è una realtà molto diversa dal resto della Cina, e la regione non è sottoposta alla stessa dittatura arbitraria che incombe sul resto del paese. Nonostante sia rimasta sotto il controllo del regime comunista di Pechino da quando il Regno Unito ha restituito i suoi territori al governo cinese nel 1997, l’accordo siglato da Londra garantiva che per 50 anni Hong Kong avrebbe mantenuto il suo sistema sociale, inclusi la libertà di espressione e lo stato di diritto.

L’accordo “uno stato, due sistemi” prevedeva inoltre che “la regione amministrativa speciale di Hong Kong” sarebbe diventata più democratica con il passare del tempo. Al momento della partenza dei britannici esisteva già un consiglio legislativo eletto, ma Pechino aveva promesso che entro il 2017  sarebbe stato eletto democraticamente. Attualmente la carica è assegnata da una “commissione elettorale”, formata da 1.200 persone e filocinese.

La verità è che le elezioni libere sono una concessione troppo democratica per il regime cinese, preoccupato che il resto della Cina possa avanzare simili rivendicazioni. Per questo motivo il governo ha deciso di non mantenere la sua promessa. Il mese scorso l’assemblea nazionale del popolo ha dichiarato che a contendersi la poltrona di leader politico potranno essere solo tre candidati, che avranno inoltre bisogno dell’approvazione di una commissione nominata da Pechino.

Li Fei, vicesegretario della commissione cinese che ha redatto la nuova regola, ha dichiarato che l’aumento delle candidature creerebbe una “società caotica” e ha sottolineato che Hong Kong dev’essere governata da una persona che “ama il paese e ama il partito”. Questo tipico approccio comunista ha lasciato ai democratici di Hong Kong solo due alternative: protestare o arrendersi. Oggi per le strade di Hong Kong ci sono migliaia di manifestanti, ma come evolverà la situazione?

La tempistica non è favorevole al movimento filodemocratico di Hong Kong, perché il nuovo leader supremo di Pechino, il presidente Xi Jinping, non può permettersi di fare concessioni.

Da quando è salito al potere due anni fa, Xi ha lanciato una massiccia campagna anticorruzione che gli ha procurato diversi nemici. Almeno trenta alti funzionari (insieme a centinaia di parenti e collaboratori) sono stati indagati o incarcerati. Se la purga si estenderà potrebbero essere arrestati migliaia di funzionari.

La campagna contro la corruzione è assolutamente necessaria, ma incontra una feroce opposizione da parte di quelli che temono di poterne pagare le conseguenze, come la famiglia e i collaboratori degli ex presidenti Hu Jintao e Jiang Zemin. La rabbia nei confronti del governo è alimentata anche dal fatto che la famiglia e i collaboratori del presidente Xi Jinping sono stati magicamente risparmiati dalla purga.

Molti esponenti di spicco della gerarchia comunista sarebbero felici di vedere Xi indebolito o almeno costretto a fermare la sua campagna anticorruzione. Se il presidente si arrendesse alle proteste di Hong Kong, offrirebbe un pretesto ai suoi nemici per schierarsi contro di lui a difesa del monopolio di potere del Partito comunista, e non solo dei loro interessi personali.

Anche un eccessivo uso della forza per sedare la protesta e un eventuale massacro provocherebbero un’ondata di critiche nei confronti di Xi, ma in questo caso gli attacchi arriverebbero solo dall’estero. Come abbiamo constatato ai tempi di piazza Tiananmen nel 1989, i quadri comunisti hanno la tendenza ad appoggiare l’uso della forza per difendere i loro poteri e privilegi.

Per quanto riguarda l’opinione pubblica cinese, gli eventi di Hong Kong sono descritti dai mezzi d’informazione statali come azioni antipatriottiche di persone manipolate dalle potenze straniere. Molti cinesi non credono a questa versione, ma allo stesso tempo non intendono ribellarsi per sostenere il popolo di Hong Kong, che considerano privilegiato e viziato.

Senza dubbio Xi Jinping preferirebbe vincere lo scontro con il movimento democratico di Hong Kong in modo pacifico, ma è pronto a usare tutta la violenza che sarà necessaria per reprimere la protesta. Un bagno di sangue danneggerebbe profondamente le relazioni tra la Cina e il resto del mondo, ma il presidente ha ben chiare le sue priorità.

Intanto il leader degli studenti di Hong Kong, Joshua Wong, 17 anni, è stato rilasciato dopo due giorni trascorsi in prigione. Lo ha annunciato lo stesso Wong in un messaggio su twitter. La magistratura dell'isola oggi ne aveva ordinato la liberazione. Wong era una delle 78 persone fermate nei giorni scorsi, secondo la polizia di Hong Kong.

Il governo cinese è "fermamente contrario ai movimenti illegali" lanciati dagli studenti e dai gruppi democratici di Hong Kong. Lo ha affermato un portavoce a Pechino in un comunicato nel quale si ribadisce anche il "pieno sostegno" di Pechino al governo del territorio. Intanto la polizia di Hong Kong è intervenuta con lanci di lacrimogeni e facendo uso di spray al pepe per disperdere i dimostranti che manifestano per un pieno regime democratico

In un altro tweet una studentessa afferma che Joshua Wong avrebbe detto di stare bene ma di aver perso in una colluttazione con gli agenti durante il suo arresto gli occhiali e le scarpe. Wong era una delle 78 persone fermate nei giorni scorsi, secondo la polizia di Hong Kong. Tra i fermati ci sono anche tre deputati al Legislative Council, il Parlamento di Hong Kong. Secondo gli ultimi tweet che alcuni dei manifestanti riescono a inviare nonostante il blocco di internet imposto dalla polizia nei quartieri centrali di Hong Kong, migliaia di persone sono ancora nelle strade.

Il governo cinese è "fermamente contrario ai movimenti illegali" lanciati dagli studenti e dai gruppi democratici di Hong Kong. Lo ha affermato oggi un portavoce a Pechino in un comunicato. Si ribadisce anche il "pieno sostegno" di Pechino al governo del territorio, che dal 1997 e' una Speciale Regione Amministrativa della Cina.

La polizia di Hong Kong sta cercando di bloccare Internet nella zona di Admiralty, dove sono concentrati i manifestanti pro-democrazia. Lo affermano gli stessi manifestanti su Twitter. Altri sostengono che le vetture della metropolitana hanno cominciato a non fermarsi all'omonima stazione. Admiralty è il quartiere di Hong Kong nel quale si trovano gli uffici del governo locale e la sede del Legislative Council, il Parlamento del territorio. Le foto diffuse indicano che migliaia di persone sono ancora nelle strade.

Pechino però ha voluto mettere dei forti paletti alla libertà con cui i cittadini di Hong Kong potranno eleggere il loro leader, promettendo sì un voto per persona, ma escludendo la possibilità di candidature indipendenti dalla volontà del governo centrale.

Le proteste di questi giorni dunque si incentrano proprio sulla questione della libertà di candidatura, e chiedono a Pechino di ritirare il progetto di riforma presentato al momento, e al governo locale di accettare il dialogo con studenti e manifestanti.

Invece, il Capo dell'Esecutivo di Hong Kong, CY Leung, non ha dato alcun segnale dalla settimana scorsa, quando ha rifiutato di prendere una lettera da parte di una delegazione studentesca, dicendo che la situazione era ''troppo caotica''. Mentre si avvicina la giornata nazionale, celebrata il primo ottobre con parate proprio dove si trova ora il concentramento dei manifestanti, l'intera città assiste con il fiato sospeso agli sviluppi della campagna di disobbedienza civile lanciata per ottenere elezioni libere e aperte.

In due quartieri commerciali di Hong Kong sono in corso scontri tra i manifestanti del movimento Occupy central e i cittadini contrari alla protesta. Questi ultimi stanno smantellando alcune delle barricate con cui da giorni i manifestanti hanno bloccato le strade dei quartieri centrali della città.

Secondo i corrispondenti stranieri non è ancora chiaro se si tratta di commercianti esasperati dall’interruzione delle loro attività o di persone assoldate dalle autorità cinesi per mettere fine alle proteste senza l’intervento della polizia.

I dimostranti contrari alle proteste sono sempre più numerosi e stanno circondando uno degli accampamenti dei manifestanti nel quartiere di Mongkok, dove la situazione sta diventando tesa.


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