sabato 15 marzo 2014

Invasioni ex URSS ora Russia una scuola d'azione contro



Passano gli anni e gli accordi internazionali i cambiamenti politici e geopolitici ma la storia è sempre la stessa ingerenza negli affari interni, invasione territoriale, attentato alla sovranità nazionale.

La memoria dell’agire politico-militare della Russia di oggi va a Budapest nel 1956, a Praga nel 1968, ma visti gli eventi attuali il riferimento alla Georgia del 2008 è il più rispondente alla presente storia dello Zar Putin.

Quello che si sta verificando in Crimea è il riflesso dell’impero: che sia sovietico o russo non da la sua importanza. Infatti, quando gli interessi strategici vitali sono minacciati, scatta la risposta militare come abitudine sovietica e adesso russa. Forse nel XX secolo c’era da tenere le redini del regime comunista sull’Europa orientale e dei paesi aderenti al Patto di Varsavia, adesso si tratta di mantenere lo spazio geopolitico dell’ex URSS nell’orbita della Russia, per consentire di continuare ad essere  grande potenza globale e non solo uno Stato-nazione.

Sembra che la Guerra fredda a l’intenzione di tornare, probabilmente con qualche differenza rispetto alla metà del XX secolo. Infatti, il cordone di protezione intorno alla Madre Russia non è più di ferro, ma resta un confine d’influenza per Mosca invalicabile: Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Georgia. E che la Russia faccia sul serio, quando qualcuno non rispetta le convenzioni della geopolitica, lo dimostra la guerra di Georgia del 2008: i territori russofoni sottratti a Tblisi con le armi, non le sono stati restituiti.

Ma l’accento  va ora posto sugli strumenti per evitare un conflitto in Europa: di morire per Kiev, non ha voglia nessuno; ma morire a Kiev si può e s’è appena visto. Il motto dell’integrità territoriale dell’Ucraina, cui per ora s’attengono Ue e Usa, Nato e Onu, non è assoluto. Il totem della scelta europea dell’Ucraina è un falso idolo.

Da quando il presidente Yanukovich è fuggito dall’Ucraina e a Kiev si è insediato un governo provvisorio, l’attenzione dei media internazionali si è concentrata sulla Crimea. In questa regione era più probabile infatti che si sviluppasse un qualche movimento indipendentista, a causa della sua posizione geografica, della presenza di un’importante base militare russa e della composizione della sua popolazione.

La Crimea è una penisola che si trova sul Mar Nero ed è abitata da circa due milioni di persone. È una repubblica autonoma all’interno dell’Ucraina. Già territorio russo, venne donata nel 1954 da Nikita Kruschev all’Ucraina (si racconta che quel giorno fosse ubriaco), col sottinteso che la flotta sovietica continuasse a tener lì le sue basi. I russi ottennero poi che nelle repubbliche ex sovietiche i russofoni continuassero ad avere la doppia cittadinanza.

La Crimea è considerata una delle regioni più filo-russe dell’Ucraina e nel 2009 la sua popolazione ha votato in maniera massiccia per Yanukovich Per quanto riguarda l’Ucraina esiste poi il memorandum del 1994, sottoscritto a Budapest: Stati Uniti, Gran Bretagna e Russia si impegnano a garantire l’integrità del Paese. In cambio Kiev rinunciò alle testate nucleari ereditate dall’Urss. Ma se ora Mosca attaccasse, assicura il leader del partito nazionalista Svoboda Oleg Tyahnybok, «basterebbero 3-6 mesi» per dotarsi di un arsenale nucleare. Sempre che le casse vuote di uno stato prossimo alla bancarotta possano sostenere la spesa per la bomba atomica.

Oggi Kiev ha circa 15 miliardi di dollari di debiti da pagare. Le riserve valutarie in autunno si aggiravano sui 22, mentre il Pil nazionale vale circa una settantina di miliardi. Mosca ha già prestato tre miliardi di dollari e accordato un forte sconto sul gas. In totale in un anno i miliardi sarebbero stati 15, ma sono stati bloccati. Il nuovo primo ministro Yatseniuk ha chiesto al Fondo monetario 15 miliardi in prestito .

Lo spettro della rivoluzione di Kiev turba i sonni di Putin per motivi non soltanto strategici. Quello che è accaduto in queste settimane nella capitale ucraina potrebbe avere la sua replica a Mosca. L’economia russa è entrata in stallo, i prezzi energetici sono in calo, insomma il modello di petro-Stato su cui Putin aveva costruito il consenso al suo potere sta scricchiolando. Il Paese sta entrando in una fase di “stagnazione brezneviana”: quella che fu il preludio al disfacimento del regime sovietico. Il colpo di coda dell’Urss fu l’invasione dell’Afghanistan, quello del putinismo sembra essere l’intervento in Ucraina.


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