giovedì 28 marzo 2013

A Spamhaus è comparsa la cyber war il più grande attacco della storia

Internet sotto attacco per lo spam. Un vasto attacco informatico ha colpito Spamhaus: è un'organizzazione internazionale che compila gli elenchi dei filtri per bloccare i mittenti di email spazzatura. L'offensiva sta causando effetti a catena. E potrebbe aver rallentato la navigazione su internet in alcune regioni.

A lanciare l'allarme sono i siti della Bbc e del New York Times.Causa della battaglia è lo scontro tra un gruppo che combatte le mail "spazzatura" e un provider olandese accusato di diffondere messaggi spam on line.

Stando alle prime informazioni l'ondata di dati ha raggiunto picchi di 300 Gigabit per secondo, equivalenti a 300 miliardi di bit al secondo. Per la Bbc è il più grande attacco informatico mai avvenuto. Potrebbe aver reso difficili le connessioni degli utenti a piattaforme online. Al momento in cui viene scritto questo articolo il sito web di Spamhaus risulta di nuovo raggiungibile. I sospetti sull'origine dell'offensiva digitale sono indirizzati verso il gruppo di web hosting CyberBunker.

A dare luce su quanto è avvenuto è l’interpretazione presente nel blog della società di sicurezza informatica CloudFlare che in queste ore cerca di fermare l'offensiva. Ha scritto che Spamhaus ha iniziato a sperimentare verso la metà di marzo attacchi di tipo Ddos diventati insostenibili per le sue risorse: sono valanghe di dati che arrivano da più sorgenti, viaggiano verso un singolo sito web e impediscono l'accesso congestionandolo.

L'assalto contro Spamhaus era all'inizio di circa 10 Gigabit al secondo. Come se da più città fossero partite automobili dirette in massa verso un solo casello autostradale: il traffico intenso rallenta l'ingresso per tutti.
La strategia adottata per difendere Spamhaus ha portato alla dispersione dell'ondata dei pacchetti di dati.

La congestione del web e i problemi che questa sta causando a essenziali infrastrutture nel mondo è legata ad uno scontro fra l'organizzazione no profit Spamhaus e il server olandese Cyberbunker, che trae il proprio nome dal suo quartier generale, un ex bunker della Nato. Spamhaus, nelle ultime settimane, ha aggiunto alla sua lista nera, quella dei server che ospitano contenuti non chiari, Cyberbunker. La società di hosting olandese si è difesa: sul sito vengono ospitati tutti i contenuti tranne - riporta il New York Times - quelli legati alla "pedopornografia e al terrorismo".

Un chiarimento che non è servito a cambiare la posizione di Spamhaus e che ha scatenato la vendetta, sotto forma di attacco spam, perpetrato da Cyberbunker inondando i server dell'organizzazione no profit con 'Distributed denial of service' (Ddos), cioé risposte a false richieste inviate dal sito che non si vuole lasciare in condizione di operare. Un attacco con flussi di dati di 300 miliardi di bit al secondo indirizzati verso il sito dell'organizzazione.

"E' un numero reale. Si tratta del maggiore attacco mai denunciato pubblicamente dalla storia di internet" ha affermato Patrick Gilmore del provider di contenuti Akamai Networks, descrivendo tali tipi di attacchi come sparare sulla folla con un mitra avendo come unico obiettivo quello di uccidere una sola determinata persona. A Cyberbunker "sono matti, dovrebbero essere catturati e fermati: ritengono che sia loro permesso di inondare con lo spam" aggiunge Gilmore.

sabato 23 marzo 2013

Caso marò e la mancata diplomazia italiana

Dopo la vicenda dei marò romanzata dal ministro Terzi. Rimangono in Italia.. devono partire…. l’aereo è pronto al decollo..... C’è la netta sensazione che sul caso marò il governo dei tecnici e la sua diplomazia abbia perso la strada della ragione e delle minime idee legate alla diplomazia e all’arre diplomatica.

Infatti è incredibile che il governo abbia rimandato in India i marò. Prima aveva deciso di tenerli in Italia, dove erano rientrati grazie a un permesso elettorale di quattro settimane concesso dagli indiani.
I due militari sono stati accompagnati dal sottosegretario agli Esteri, Staffan De Mistura. «La parola data per un italiano è cosa sacra» ha esordito De Mistura, dopo che per un anno gli indiani ci hanno presi a pesci in faccia.

«La decisione di sospendere il ritorno era basata sul silenzio indiano a una nostra richiesta chiara: la corte non può nemmeno contemplare una pena capitale. Abbiamo ricevuto oggi una dichiarazione scritta, sia sul trattamento dei marò, che su questa questione», ha continuato il sottosegretario. In pratica l'India ci assicura che non manderà Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sul patibolo e noi ringraziamo rimandandoli indietro: «Manteniamo la parola, ma restiamo fermi sulla posizione che vanno giudicati in Italia e che chiediamo un arbitrato internazionale. Tornano a Delhi, ma in ambasciata come uomini liberi di circolare.

Una decisione difficile ma onorevole». E forse un po' folle rispetto a quella dell'11 marzo, quando è stata annunciata con tanto di note ufficiali al governo indiano, che i marò restavano in Italia.

A New Delhi tirerà un respiro di sollievo l'ambasciatore Daniele Mancini, che la Corte suprema aveva bloccato e voleva punire per l'aver firmato sul rientro dei marò. Le famiglie dei marò hanno spiccicato poche parole, frastornate: «Una cosa troppo grande» e «morale a zero».
I fucilieri di Marina hanno aderito a tale valutazione". Il sottosegretario De Mistura precisa che il governo indiano ha garantito che non ci sarà la pena di morte nei confronti dei due militari italiani. Poi precisa: "La parola data da un italiano è sacra: noi avevamo sospeso" il loro rientro "in attesa che New Delhi garantisse alcune condizioni". E la battaglia per il rispetto del diritto internazionale? Nel cestino.

La vicenda dei marò "sta sempre più assumendo i toni di una farsa". A sostenerlo è il Capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, il quale auspica che "si concluda quanto prima" e che i due militari italiani "siano al più presto riconsegnati alla giurisdizione italiana". In una nota il Capo di Stato Maggiore della Difesa, "a nome ed insieme a tutto il personale delle Forze Armate, si stringe affettuosamente ai nostri Fucilieri di Marina, Latorre e Girone, ammirandone l'esempio, il coraggio, la disciplina e il senso dello Stato".

Le autorità giudiziarie indiane hanno disposto la costituzione di un tribunale ad hoc per esaminare il caso dei due marò ritornati ieri a New Delhi. E’ quanto hanno riferito i media indiani. L'Alta Corte di New Delhi ha emanato ieri sera un'ordinanza per formare uno speciale organo giudicante come stabilito nella sentenza della Corte Suprema del 18 gennaio. La decisione è stata presa dopo l'autorizzazione del ministro della Giustizia.

Il governo indiano non ha dato al governo italiano "nessuna garanzia" sulla sentenza che sarà pronunciata dal tribunale ad hoc istituito dalla Corte suprema di New Delhi sul caso dei due marò italiani. Così il ministro della Giustizia indiano, Ashwani Kumar, in un'intervista all'emittente Tv Ibn, la Cnn indiana.


Comunque l’Italia ha fatto una pessima figura sul piano internazionale, infatti è palese che oltre alla parola disattesa il governo, il inistro dehli esteir ha sottovalutato la reazione del governo indiano e le possibili conseguenze.  Pacta sunt servanda. Cosi’, in latino, il politologo Edward Luttwak ha commentato in un’intervista al Corriere della Sera la decisione italiana di non far tornare in India i marò: “I patti si rispettano, l’episodio compromette la credibilità del Paese”.

Storico incontro tra Papi a Castel Gandolfo il 23 marzo 2013

Il Papa emerito nell'incontro con il Papa, vestiva con la talare bianca. E' il primo incontro di persona ma Francesco 'ha già rivolto molte volte il suo pensiero' a Ratzinger. L'emerito ha già fatto atto di obbedienza al nuovo papa

All'eliporto c'è stato un "abbraccio bellissimo tra il Papa e il papa emerito" ha detto padre Lombardi. E quando si sono recati nella cappella di Castel Gandolfo per pregare, Benedetto XVI voleva che il Papa si sedesse sull'inginocchiatoio d'onore, ma il Papa ha voluto che si sedessero insieme sullo stesso banco a pregare. "Siamo fratelli", ha detto, secondo quanto ha riferito padre Federico Lombardi.  Il papa emerito nell'incontro con il Papa, vestiva con la talare bianca. Lo ha riferito padre Federico Lombardi conversando con i giornalisti all'esterno del palazzo apostolico di Castel Gandolfo.

Il colloquio privato tra il Papa e il papa emerito è durato "tra i 40 e i 45 minuti". Lombardi ha ricordato che si è trattato del primo incontro di persona, ma che il Papa "ha già rivolto molte volte il suo pensiero al Papa emerito". Ha anche ricordato che l'emerito ha già fatto atto di obbedienza al nuovo papa.

Hanno passeggiato, entrambi molto emozionati, si danno del "lei", sentono di essere protagonisti di un evento senza precedenti nella storia. Poi le immagini del Centro Televisivo Vaticano mostrano Francesco e Benedetto a colloquio, seduti in un salottino. Sul tavolo basso che li divide è poggiata una cassetta bianca con all'interno documenti e su questa c'è una busta chiusa. Si sono inginocchiati davanti all'immagine della Madonna e hanno pregato insieme.

Immagini difficili da ideare fino a poche settimane fa: due uomini vestiti di bianco conversano come "fratelli". Francesco ha incontrato a Castel Gandolfo Benedetto XVI. Dopo brevi saluti anche alle altre persone presenti (il vescovo di Albano e il direttore delle Ville Pontificie, Petrillo) sono saliti in macchina. Francesco è salito alla destra, quindi nel posto classico del Papa, mentre Benedetto si è posto alla sinistra. Vi era anche sulla stessa macchina monsignor Georg Gänswein, che è Prefetto della Casa Pontificia. E così, la macchina si è portata poi agli ascensori e quindi i due protagonisti dello storico incontro sono saliti nell’appartamento e si sono recati subito alla cappella per un momento di preghiera.

domenica 17 marzo 2013

Caso marò: decisione politica tardiva e poco diplomatica



Tensione ancora molto alta fra India e Italia sul caso dei marò. Ieri la Corte suprema indiana ha invitato l'ambasciatore italiano, Daniele Mancini a non lasciare il Paese e a fornire una spiegazione, entro il 18 marzo, sul mancato rientro in India dei due marò, accusati di aver ucciso due pescatori indiani.

La Corte suprema indiana può ''teoricamente ordinare l'arresto'' dell'ambasciatore d'Italia Daniele Mancini ritenendolo responsabile del non ritorno dei marò in India. Lo sostiene Harish Salve, l'avvocato che fino all'11 marzo ha difeso gli interessi italiana per poi rinunciare in disaccordo con la decisione di Roma.

Intervistato nel programma 'Devil's Advocate' della tv CNN-IBN, Salve, che non ha condiviso la decisione di trattenere in Italia Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ha sostenuto che Mancini non rispettando la dichiarazione giurata depositata presso la Corte Suprema si e' reso responsabile di ''oltraggio alla Corte''.

Secondo Salve l'ambasciatore non potrebbe far valere una immunità diplomatica perché ''la nostra Costituzione stabilisce che tutti agiscano in aiuto e secondo gli orientamenti della Corte Suprema''.

Dopo essersi detto certo che i giudici del massimo tribunale ''agiranno'' nei confronti di Mancini (una udienza e' stata fissata per domattina a New Delhi, ndr.), Salve ha ribadito che ''teoricamente'' il diplomatico potrebbe ''andare in prigione''.

Sul piano pratico, ha concluso, ''dipende da come (i giudici) vorranno regolarsi con lui. Ma possono, se vogliono, mandarlo in carcere''
Pacta sunt servanda. Cosi’, in latino, il politologo Edward Luttwak commenta in un’intervista al Corriere della Sera la decisione italiana di non far tornare in India i marò: “I patti si rispettano, l’episodio compromette la credibilità del Paese”.

“E’ mille volte peggio del caso Ruby – spiega l’analisi di geopolitica – E’ inutile che il governo Monti adotti patetiche scuse giuridiche, quei marinai devono tornare in India. Spero che il presidente della Repubblica intervenga e rovesci la decisione del governo ristabilendo il rispetto delle regole base della vita internazionale”.

“Facciamo un passo indietro – aggiunge al Corriere della Sera – il governo italiano ha chiesto agli indiani di rilasciare i due marò e i giudici hanno detto di sì. La corte del Kerala aveva stabilito una cauzione molto alta ma la Corte Suprema ha detto che i marinai dovevano essere rilasciati perché lo Stato italiano garantiva per loro, dava la sua parola. Se la cauzione fosse stata pagata allora il non ritorno dei marinai poteva avere conseguenze diverse perché’ i soldi potevano essere considerati una sorta di riscatto. Ma così non c’è scampo”.

Agendo in questo modo, aggiunge Luttwak, “il governo italiano ha compromesso lo Stato italiano, la sua credibilita”. La scelta ha conseguenze anche sull’ambasciatore italiano in India: “Per questa Corte suprema se l’Italia non rida’ indietro i marinai si mette fuori dalla legge. Siccome lo Stato è fuorilegge non esiste più l'immunità’ per l’ambasciatore perché’ rappresenta un Paese illegale”.

L'India sta valutando l’ipotesi di ridimensionare la sua missione diplomatica in Italia. Ieri New Delhi ha bloccato l’arrivo a Roma dell’ambasciatore indiano designato, Basant Kumar Gupta. La decisione "è di fatto una riduzione della missione diplomatica a Roma", ha detto oggi all’Ansa una fonte autorevole indiana. Sempre ieri un portavoce del ministero degli Esteri indiano, Syed Akbaruddin, ha dichiarato alla stampa che l’India sta riconsiderando "l’intera gamma dei nostri rapporti" con l’Italia, sottolineando che Roma dovrebbe rispettare gli accordi sottoscritti dal suo ambasciatore con le autorità giudiziarie indiane.

L’Unione europea "prende nota delle discussioni in corso fra Italia e India" sul caso dei due militari italiani "e continua a sperare che una soluzione accettabile reciprocamente possa essere trovata attraverso un negoziato". È quanto dichiara a Bruxelles la portavoce dell’alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea