sabato 23 marzo 2013

Caso marò e la mancata diplomazia italiana

Dopo la vicenda dei marò romanzata dal ministro Terzi. Rimangono in Italia.. devono partire…. l’aereo è pronto al decollo..... C’è la netta sensazione che sul caso marò il governo dei tecnici e la sua diplomazia abbia perso la strada della ragione e delle minime idee legate alla diplomazia e all’arre diplomatica.

Infatti è incredibile che il governo abbia rimandato in India i marò. Prima aveva deciso di tenerli in Italia, dove erano rientrati grazie a un permesso elettorale di quattro settimane concesso dagli indiani.
I due militari sono stati accompagnati dal sottosegretario agli Esteri, Staffan De Mistura. «La parola data per un italiano è cosa sacra» ha esordito De Mistura, dopo che per un anno gli indiani ci hanno presi a pesci in faccia.

«La decisione di sospendere il ritorno era basata sul silenzio indiano a una nostra richiesta chiara: la corte non può nemmeno contemplare una pena capitale. Abbiamo ricevuto oggi una dichiarazione scritta, sia sul trattamento dei marò, che su questa questione», ha continuato il sottosegretario. In pratica l'India ci assicura che non manderà Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sul patibolo e noi ringraziamo rimandandoli indietro: «Manteniamo la parola, ma restiamo fermi sulla posizione che vanno giudicati in Italia e che chiediamo un arbitrato internazionale. Tornano a Delhi, ma in ambasciata come uomini liberi di circolare.

Una decisione difficile ma onorevole». E forse un po' folle rispetto a quella dell'11 marzo, quando è stata annunciata con tanto di note ufficiali al governo indiano, che i marò restavano in Italia.

A New Delhi tirerà un respiro di sollievo l'ambasciatore Daniele Mancini, che la Corte suprema aveva bloccato e voleva punire per l'aver firmato sul rientro dei marò. Le famiglie dei marò hanno spiccicato poche parole, frastornate: «Una cosa troppo grande» e «morale a zero».
I fucilieri di Marina hanno aderito a tale valutazione". Il sottosegretario De Mistura precisa che il governo indiano ha garantito che non ci sarà la pena di morte nei confronti dei due militari italiani. Poi precisa: "La parola data da un italiano è sacra: noi avevamo sospeso" il loro rientro "in attesa che New Delhi garantisse alcune condizioni". E la battaglia per il rispetto del diritto internazionale? Nel cestino.

La vicenda dei marò "sta sempre più assumendo i toni di una farsa". A sostenerlo è il Capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, il quale auspica che "si concluda quanto prima" e che i due militari italiani "siano al più presto riconsegnati alla giurisdizione italiana". In una nota il Capo di Stato Maggiore della Difesa, "a nome ed insieme a tutto il personale delle Forze Armate, si stringe affettuosamente ai nostri Fucilieri di Marina, Latorre e Girone, ammirandone l'esempio, il coraggio, la disciplina e il senso dello Stato".

Le autorità giudiziarie indiane hanno disposto la costituzione di un tribunale ad hoc per esaminare il caso dei due marò ritornati ieri a New Delhi. E’ quanto hanno riferito i media indiani. L'Alta Corte di New Delhi ha emanato ieri sera un'ordinanza per formare uno speciale organo giudicante come stabilito nella sentenza della Corte Suprema del 18 gennaio. La decisione è stata presa dopo l'autorizzazione del ministro della Giustizia.

Il governo indiano non ha dato al governo italiano "nessuna garanzia" sulla sentenza che sarà pronunciata dal tribunale ad hoc istituito dalla Corte suprema di New Delhi sul caso dei due marò italiani. Così il ministro della Giustizia indiano, Ashwani Kumar, in un'intervista all'emittente Tv Ibn, la Cnn indiana.


Comunque l’Italia ha fatto una pessima figura sul piano internazionale, infatti è palese che oltre alla parola disattesa il governo, il inistro dehli esteir ha sottovalutato la reazione del governo indiano e le possibili conseguenze.  Pacta sunt servanda. Cosi’, in latino, il politologo Edward Luttwak ha commentato in un’intervista al Corriere della Sera la decisione italiana di non far tornare in India i marò: “I patti si rispettano, l’episodio compromette la credibilità del Paese”.

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