sabato 12 maggio 2018

Per l'egemonia nel medio oriente è scontro Iran-Israele



Sale la tensione in Medio Oriente fra Israele e Iran dopo la decisione degli Stati Uniti di uscire dall’accordo sul nucleare con Teheran. Si teme lo scoppio di un conflitto dalle proporzioni immani, che avrebbe come scenario di guerra la già martoriata Siria, dove Israele punta a rovesciare il regime nemico di Bashar Al Assad protetto invece dall’Iran. Nelle ultime ore si sono viste reciproche provocazioni.

Molti analisti attribuiscono la tensione crescente tra Israele e Iran al ritiro degli Stai Uniti dall'accordo sul nucleare annunciato da Trump giorni fa. I germi dello scontro dietro al recente 'attacco dì in Siria, esistevano già. A sostenerlo nella sua interessante tesi, Lina Khatib sulle pagine del Guardian, in cui spiega che la decisione degli Stati Uniti sul Jcpoa, già critici dell'intesa, è arrivata in un momento in cui il contrasto era già in corso.

Fino a che mancherà un progetto concreto d'intervento in Siria da parte degli Usa e degli alleati occidentali, continua Khatib, Israele e Iran non smetteranno di sfidarsi. Il controllo della terra di Assad per l'Iran è cruciale per mantenere l'egemonia nel Levante ovvero il corridoio sciita che collega l'Iran al mediterraneo passando per Iraq, Siria e Libano dove è sempre più forte il dominio di Hezbollah, la milizia-partito dopo il recente successo alle legislative.

Le immagini diffuse dall'esercito israeliano mostrano i siti militari controllati dall'Iran in Siria, per chiarire "di non tollerare la minaccia armata di Teheran vicino ai propri confini". Le basi corrispondono ad un'area a nord di Damasco tra Palmira e Deir el Zor a circa 700 chilometri da Gerusalemme.

Il pretesto di Israele per la risposta armata, ovvero un attacco da parte di Teheran con 20 missili nelle alture del Golan, è un ennesimo di una lunga serie. Simbolico il pezzo di drone iraniano, abbattuto dalle forze israeliane, sollevato da Netanyahu durante la conferenza sulla sicurezza a Monaco lo scorso febbraio.

E poi ancora l'attacco alla base aerea T4 in Siria nella provincia di Homs, il 9 aprile condotto dall'esercito israeliano, secondo Russia, Iran e Siria in cui sono morti 7 iraniani. Alla fine dello stesso mese, il raid contro la Brigata 47, le truppe pro-assad, 26 i morti quasi tutti iraniani. per l'Osservatorio dei diritti umani è molto probabile che si sia trattato di nuovo dell'intervento delle forze israeliane.

In Medio Oriente a guidare il gioco non sono gli Stati Uniti ma Israele. Sono stati gli israeliani a scatenare la tensione e Trump, per ovvie ragioni di tenuta interna, non può che seguirli. In pratica Israele ha aperto le ostilità sapendo perfettamente che Trump non potrà non intervenire al fianco di Tel Aviv in una guerra contro l’Iran dalle proporzioni che potrebbero essere enormi. Israele del resto ha già attaccato le postazioni iraniane in Siria, e sarà proprio il territorio siriano il terreno dello scontro. Per altro Israele ha motivato gli attacchi a scopo preventivo per scongiurare di essere a sua volta attaccato dall’Iran. Ma non esistono prove che Teheran voglia attaccare. Piuttosto è Israele a voler cacciare gli iraniani dalla Siria, qui di prove ce ne sono tante.

Siamo ancora nel campo delle ipotesi. Ma le affermazioni di un alto funzionario del Cremlino riguardo la Russia e la Siria vanno comunque prese in considerazione per comprendere le mosse del Cremlino nei confronti dell’escalation fra Iran e Israele.

Come scrive Reuters, secondo il quotidiano Izvestia, che cita Vladimir Kozhin assistente di Vladimir Putin, la Russia non è in trattative con il governo siriano per la fornitura di missili terra-aria S-300 e non pensa che siano necessari. Una notizia che, arrivata dopo la visita del premier israeliano Benjamin Netanyahu a Mosca e l’incontro con il presidente russo, assume un particolare significato.

Il mese scorso, la Russia, dopo gli attacchi alla Siria, aveva detto di essere pronta a fornire immediatamente il nuovo sistema al governo siriano. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, in un incontro successivo ai raid occidentali e israeliani, aveva sostenuto che Mosca non aveva più alcuna reticenza a fornire alla Siria questo supporto fondamentale per la protezione del suo spazio aereo. E quelle frasi furono duramente condannate dal governo israeliano, che considera da sempre la consegna di questo sistema come un pericolo per la sua libertà di manovra nei cieli siriani.

I commenti di Kozhin, che devono chiaramente essere confermati poi dalla realtà dei fatti, suggeriscono che le pressioni di Israele sulla Russia stanno avendo dei buoni risultati. “Per ora, non stiamo parlando di consegne di nuovi sistemi” ha detto Kozhin al quotidiano russo. Ma c’è una postilla a queste dichiarazioni che va presa in considerazione. Il consigliere di Putin ha infatti ricordato che l’esercito siriano ha già “tutto il necessario”.

Israele ha compiuto ogni genere di sforzo per persuadere Mosca a non vendere gli S-300 in Siria. Questo sistema, di fatto, ostacolerebbe (o renderebbe quasi impossibile) all’aviazione israeliana il colpire le postazioni iraniane, siriane o di Hezbollah. L’ombrello sulla Siria non riuscirebbe a garantire l’incolumità dei piloti israeliani. Ma soprattutto metterebbe la parola “fine” alla superiorità aerea di Israele sulla regione.

L’attacco di giovedì mattina, in cui Israele ha dichiarato di aver distrutto quasi tutta l’infrastruttura militare iraniana in Siria, con il sistema S-300 russo sarebbe stato praticamente impossibile. Il sistema missilistico, originariamente sviluppato dall’esercito sovietico, abbatte aerei militari e missili balistici a corto e medio raggio. E questo complicherebbe notevolmente i piani di Israele.

Attualmente, come riporta l’agenzia Reuters, “la Siria fa affidamento su una miscela di sistemi antiaerei meno avanzati di fabbricazione russa per difendere il proprio spazio aereo”. Ma sono comunque sistemi che stanno dando dei risultati discreti, visto che i recenti attacchi contro molte postazioni siriane hanno ricevuto una pronta risposta da parte della contraerea di Damasco.

La decisione del Cremlino, se confermata, potrebbe essere fondamentale per capire le prossime mosse di Putin in Siria. Probabilmente, il vertice di Mosca fra lui e Netanyahu è stato dirimente. I raid israeliani hanno dato una svolta alla guerra e la Russia ora deve riuscire nel difficile intento di mediare fra i desiderata di Israele e dell’Iran. Che seguono due linee diametralmente opposte.

La Russia ha un solo obiettivo: proteggere la Siria, Bashar al Assad e la sua presenza in territorio siriano. Non vuole entrare nella questione fra Teheran e Tel Aviv. E, se non consegnerà gli S-300 a Damasco, probabilmente ha preteso delle garanzie. Ora bisognerà capire fino a che punto le garanzie israeliane siano convincenti e, soprattutto, fino a che punto gli iraniani siano concordi con Mosca.



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