domenica 27 maggio 2018

Rivoluzione silenziosa: svolta Irlanda, sì all'aborto



Il timbro a "una rivoluzione silenziosa" - nelle parole del premier liberale Leo Varadkar - che mette fine all'eccezione irlandese. Non è stata solo una vittoria quella suggellatai sull'isola verde dai sì al referendum sull'aborto libero. E' stata una valanga, annunciata dagli exit poll e marcata dai dati ufficiali con il 66,4% di voti favorevoli contro il 33,6%. Valanga di 'Sì' in Irlanda al referendum per la liberalizzazione dell'aborto. Secondo un exit poll dell'Irish Times, il 68% degli elettori ha votato a favore della cancellazione dell'ottavo emendamento della Costituzione in base al quale sia la madre che il feto hanno "pari diritto alla vita".

Un altro rilevamento dell'emittente nazionale Rte segnala una percentuale ancora più alta di favorevoli, con il 69,4%. I risultati ufficiali arriveranno nel pomeriggio, ma il primo ministro Leo Varadkar, favorevole al 'Sì', ha già twittato: "Sembra che abbiamo fatto la storia".

"Oggi abbiamo assistito al culmine di una rivoluzione tranquilla che è avvenuta in Irlanda - ha poi dichiarato microfoni dell'emittente pubblica Rte - E' stato un grande esercizio di democrazia, il popolo si è espresso e ha detto che vuole una moderna Costituzione per una moderna nazione. Abbiamo fiducia nelle donne, rispettiamo le loro decisioni legittime in relazione alla loro salute".

Anche gli antiabortisti hanno riconosciuto la sconfitta. "I bambini non ancora nati non hanno più il riconoscimento del diritto alla vita da parte dello Stato" ha detto John McGuirk, portavoce del gruppo 'Save the 8th'. "Presto verrà approvata una legge che permetterà di uccidere i bambini nel nostro Paese" ha aggiunto, preannunciando l'impegno a battersi contro la futura legislazione.

Il voto ha profondamente diviso l'Irlanda cattolica, dove l'interruzione di gravidanza è possibile solo nei casi in cui la vita della madre è in pericolo, ma non in caso di stupro e incesto. Secondo i fautori del 'Sì', l'ottavo emendamento ostacolava le interruzioni di gravidanza anche quando vi erano gravi rischi per la madre.

La partita si chiude con un risultato che non lascia spazio a discussioni, almeno per ora. Una sonante abrogazione dell'articolo 8 della Costituzione: ossia del principio di equiparazione fra diritto alla vita del nascituro e della madre che finora aveva di fatto vietato le interruzioni di gravidanza, salvo rare eccezioni, costringendo le donne che intendevano abortire comunque (e potevano farlo) a viaggiare all'estero. Il primo ministro (in lingua gaelica taoiseach) Varadkar, promotore di una consultazione preparata da lungo tempo da varie organizzazioni femministe e sostenuta ora da quasi tutto l'establishment politico di Dublino, esulta. Si è trattato del compimento di una "rivoluzione silenziosa" iniziata 10 se non 20 anni fa, afferma oggi, aggiungendo di puntare ora - rafforzato - all'approvazione di una legge sull'aborto libero entro fine anno. Il testo è già pronto. Non prevede ostacoli o requisiti di sorta per mettere fine a una gravidanza nei primi tre mesi e lascia spazio anche ad aborti tardivi purché motivati.

Sul livello di permissività delle nuove norme, il fronte pro-life è pronto a riprendere la battaglia. Ma gli animi sono a terra e la delusione è palpabile. Gli accenni a un'ipotetica 'rimonta', evocata sulla base di qualche sondaggio giusto un po' più cauto dai media per 'vendere' la storia e dagli attivisti pro-choice per evitare l'unico vero rischio (sventato), quello d'una bassa affluenza, si son rivelati inconsistenti. I numeri consolidano anzi quelli già certificati dal referendum sul matrimonio gay del 2015, con un rapporto di due terzi a un terzo fra quella parte di Paese ormai secolarizzata, in scia al resto d'Europa, e la trincea della tradizione. Tanto che al portavoce della campagna 'Save The 8th', John McGuirk, non è rimasto che riconoscere la disfatta prim'ancora del conteggio completo.



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