venerdì 28 luglio 2017

Nel cervello la centralina dell'invecchiamento



E' la chiave della longevità, una specie di centrale di controllo, che stabilisce la velocità dell'invecchiamento. Si tratta dell’ipotalamo, struttura del sistema nervoso che agisce grazie a un piccolo gruppo di cellule staminali neuronali. Sono queste infatti a modulare la velocità con cui compaiono i primi segni dell'età. A seconda di come sono 'dosate', un po' come i pedali dell'auto, possono dare un'accelerata o al contrario una frenata alla comparsa dei sintomi dell'età, ma anche allungare la vita. Lo hanno dimostrato i test fatti sui topi dai ricercatori dell'Albert Einstein College of Medicine, descritti sulla rivista Nature.

L'ipotalamo, oltre a regolare crescita, sviluppo, riproduzione e metabolismo, riesce a controllare l'invecchiamento grazie ad piccolo gruppo di cellule staminali neuronali, il cui compito è formare nuovi neuroni. "Il loro numero cala durante il normale corso della vita, con un'accelerazione nell'invecchiamento", ha precisato Dongsheng Cai, che coordina la ricerca. Gli effetti di questa perdita non sono però irreversibili, anzi secondo Cai, "rifornendo di nuovo queste cellule, o le molecole da loro prodotte è infatti possibile rallentare, e perfino annullare, alcuni effetti dell'invecchiamento sul corpo".

Sono le cellule staminali dell’ipotalamo a modulare la velocità con cui compaiono i segni dell’età. A seconda del loro equilibrio possono accelerare o frenare la comparsa dei sintomi dell'età, ma anche allungare la vita. Poiché nel corso degli anni tendono ovviamente a diminuire, "Rifornendo di nuovo queste cellule, o le molecole da loro prodotte, è possibile rallentare, e perfino annullare, alcuni effetti dell'invecchiamento nel corpo".

A seconda di come sono 'dosate', un po' come i pedali dell’auto, possono dare l'accelerata o una frenata alla comparsa dei sintomi dell’età, ma anche allungare la vita.

«I ricercatori in questo caso non solo hanno dimostrato il ruolo dell’ipotalamo, ma hanno anche capito qual è il meccanismo con cui lo fa», ha commentato Giuseppe Novelli, genetista dell’università Roma Tor Vergata.. Lo 'strumento' con cui agisce sono i microRna, «delle piccole molecole che funzionano da interruttori dell’attività dei geni, accendendoli o spegnendoli», prosegue. Molecole che in futuro, conclude Novelli, «potrebbero essere usate in farmaci per terapie, facili da inoculare, contro le demenze. Un risultato importante, se si pensa che entro il 2050 si stima che nel mondo 130 milioni di persone saranno colpite da queste malattie».




giovedì 27 luglio 2017

Dossier "Piccoli Schiavi Invisibili 2017". Tratta, una vittima su quattro è minorenne



Il fenomeno della tratta e dello sfruttamento di minori nel mondo è largamente sommerso, ma i dati disponibili in 106 Paesi sono preoccupanti. Su 63.251 casi rilevati, ben 17.710 (uno su 4) riguardano bimbi o adolescenti, con una larga prevalenza femminile (12.650). E' quanto emerge dal dossier "Piccoli Schiavi Invisibili 2017" di Save the Children. Il fenomeno è radicato anche nell'UE, dove risultano almeno 15.846 vittime, di cui le donne sono il 76% e i minori il 15%.

Le principali forme di sfruttamento sono la prostituzione (67%) e il lavoro (21%) soprattutto in ambito agricolo, manifatturiero, edile, domestico e nella ristorazione. In Italia, nel 2016, le vittime di tratta censite e inserite in programmi di protezione sono state 1.172, di cui 954 donne e 111 bambini e adolescenti, in gran parte femmine (84%). Le vittime under 18 sono soprattutto nigeriane (67%) e lo sfruttamento sessuale rappresenta la maggioranza dei casi, con un andamento crescente.

Questi alcuni dei dati che fotografano la tratta e lo sfruttamento dei minori nel mondo e in Italia. Il dossier, approfondisce in particolare i dati e i profili dei gruppi più vulnerabili ed esposti in Italia, i ruoli e le responsabilità degli sfruttatori o offender che gestiscono il traffico e la tratta verso e nel nostro Paese, e l’allarme destato in particolare da alcuni territori.

Il fenomeno si dimostra ben radicato nei paesi dell’Unione Europea, dove nel 2016, segnatamente ai dati raccolti tra il 2013 e il 2014, risultano almeno 15.846 vittime accertate o presunte, di cui le donne rappresentano il 76% e i minori il 15% (pari a 2.375), mentre le forme di sfruttamento principali emerse sono la prostituzione forzata (67%) e lo sfruttamento lavorativo (21%) soprattutto in ambito agricolo, manifatturiero, edile, nei servizi domestici e nella ristorazione.

In Italia, nell'intero 2016, le vittime di tratta effettivamente censite e inserite in programmi di protezione sono state complessivamente 1.172, di cui 954 donne e 111 bambini e adolescenti, in gran parte di genere femminile (84%). Le vittime under 18 sono soprattutto di nazionalità nigeriana (67%) e rumena (8%), e, anche se lo sfruttamento in economie illegali come lo spaccio (10% circa), lo sfruttamento lavorativo (5,4%) e l’accattonaggio (3,6%) sono abbastanza frequenti, lo sfruttamento sessuale rappresenta quasi la maggioranza dei casi (50%), con un andamento purtroppo crescente. Una tendenza confermata dai rilevamenti degli operatori delle unità di strada del progetto nazionale Vie d’Uscita di Save the Children per il contrasto dello sfruttamento sessuale in alcuni territori chiave della tratta, che hanno registrato tra gennaio 2015 e aprile 2016, 356 contatti con vittime o potenziali tali, un numero poi cresciuto di quasi 4 volte tra maggio 2016 e marzo 2017, quando i contatti hanno raggiunto quota 1.313, di cui 237 vittime minorenni e 1.076 neo-maggiorenni. In una sola sera, nel maggio 2017, un’ampia rete di attori pubblici e privati della Piattaforma nazionale anti-tratta, ha rilevato circa 3.280 persone in strada vittime di tratta o presunte tali di cui almeno 167 sarebbero bambine o adolescenti (5,1%).

Il bacino dei minori stranieri non accompagnati giunti via mare in Italia, più che raddoppiato nel 2016 (25.846) rispetto all’anno precedente e ulteriormente cresciuto nei primi mesi del 2017, si conferma come uno dei gruppi di bambini e adolescenti maggiormente esposti alle diverse forme di tratta e sfruttamento nel nostro Paese. Il numero sempre maggiore di ragazzine nigeriane condotte qui con l’inganno e costrette a prostituirsi, insieme a un numero crescente di minori dell’Europa est, di ragazzi bengalesi vittime dello sfruttamento lavorativo, e di minori che si considerano “in transito” in Italia e si riconsegnano nelle mani di trafficanti e passeurs per proseguire il viaggio verso il nord Europa, sono infatti il volto più frequente tra le vittime di un business criminale che nel mondo muove un giro d’affari di 32 miliardi di dollari (seconda fonte di reddito per le organizzazioni criminali dopo il traffico di droga), e in Europa conta almeno 12.760 adulti offender sospetti o incriminati (di cui 3.187 femmine).


martedì 25 luglio 2017

Golfo Persico: nave Marina Usa esplode colpi di avvertimento



Una nave della Marina militare statunitense USS Thunderbolt, nave di pattuglia di classe Cyclone coinvolta in un esercizio nel Golfo Persico, ha sparato un colpo di avvertimento verso un’imbarcazione iraniana, probabilmente dei Guardiani della rivoluzione, in pattugliamento in acque internazionale nella parte settentrionale del Golfo. È quanto riferito da due funzionari della Difesa statunitense all’emittente “Cnn”. Secondo Washington, i colpi sono stati esplosi quando l'imbarcazione iraniana si è avvicinata navigando a grande velocità a soli 150 metri dalla nave statunitense. Le fonti citate dalla “Cnn” riferiscono che gli iraniani non hanno risposto a nessuno degli avvertimenti lanciati dalla nave statunitensi, compresi gli avvisi via radio, l’esplosione di cinque salve di avvertimento, i principali segnali riconosciuti a livello internazionale per segnalare il pericolo. In seguito al comportamento dell’imbarcazione iraniana, la nave della Marina militare statunitense ha esploso dei colpi di avvertimento in acqua per segnalare la possibilità di una collisione. Secondo i funzionari citati dalla “Cnn”, la nave iraniana ha cessato le sue azioni provocatorie, ma è rimasta in zona per alcune ore. Nelle immediate vicinanze dell’incidente vi erano altre navi della Marina militare Usa che svolgevano operazioni di pattuglia di routine in acque internazionali.

La piccola unità iraniana ha ignorato gli avvisi via radio, sonori, ed acustici dell’unità americana e ha continuato ad avvicinarsi alla nave Usa. Il comandante americano ha quindi ordinato di sparare in acqua raffiche di mitragliatore pesante. Dopo questo “ultimo avviso”, l’unità militare iraniana ha interrotto il suo avvicinamento ma non è rientrata alla base per altri 40/60 minuti.

I due paesi hanno frequenti scambi nel Golfo Persico. I colpi di avvertimento provengono da tensioni tra i due paesi, aumentate in parte dalla retorica anti-iraniana del presidente Donald Trump.

Il Presidente USA ha recentemente espresso avvertimenti per l'Iran in occasione di una controversia in corso tra Washington e Teheran sui cittadini americani che sono detenuti in Iran. Il governo iraniano ha criticato gli Stati Uniti per aver tenuto i cittadini iraniani nelle sue prigioni.

Ci saranno "gravi conseguenze" a meno che l'Iran non rilascia i prigionieri americani e smette di usare "l'assunzione di un ostaggio come strumento di politica statale", ha detto recentemente Trump.

Il preesidente USA Donald Trump ha criticato un accordo raggiunto tra il suo predecessore e il governo iraniano, che ha facilitato le sanzioni per promuovere la trasparenza dal programma nucleare iraniano. Tuttavia, anche se il sig. Trump aveva promesso di "strappare" l'accordo con l'Iran, la sua amministrazione ha già ricertificato l'accordo, dimostrando che l'Iran ha rispettato l'accordo finora. Il signor Trump, tuttavia, si è dimostrato imprevedibile e potrebbe decidere che l'accordo non funziona più in nessun momento e potrebbe rifiutarsi di ricercare l'accordo che è richiesto ogni 90 giorni.

giovedì 13 luglio 2017

Liu Xiaobo, Nobel per la pace e dissidente cinese



Il premio Nobel per la Pace cinese e oppositore Liu Xiaobo è morto a 61 anni. La sua colpa? Essere il primo firmatario del movimento "Charta 08". Dopo un anno dietro le sbarre fu condannato a 11 anni di prigione. L'8 ottobre 2010 ricevette il Premio Nobel per la pace "per il suo impegno non violento a tutela dei diritti umani in Cina".

Liu Xiaobo da tempo era ricoverato in un ospedale di Shenyang, nella provincia settentrionale di Liaoning, dove era stato trasferito dal carcere dopo che il 23 maggio gli era stato diagnosticato un cancro al fegato in fase terminale. La condanna a 11 anni Lo scrittore, professore e attivista era stato arrestato nel 2009 per incitamento alla sovversione del potere statale ed era stato condannato a 11 anni di carcere. I suoi familiari avrebbero rifiutato la richiesta di intubarlo.

La comunità internazionale aveva rivolto diversi appelli a Pechino per permettere al premio Nobel di ricevere cure all’estero. La Germania e gli Stati Uniti si erano detti pronti a ospitarlo e curarlo, chiedendo a Pechino di dare priorità agli aspetti umanitari. Lo stesso domenica scorsa aveva chiesto ai medici stranieri (uno statunitense e uno tedesco) di potere lasciare il Paese per farsi curare. Ma questi disperati appelli non sono stati accolti. "E' un "affare interno - ha sempre risposto il regime -. La Cina è un paese in cui vige lo stato di diritto, tutti sono uguali davanti alla legge e ci auguriamo che gli altri Paesi rispettino la nostra sovranità giudiziaria e non utilizzino un singolo caso per interferire con i nostri affari interni della Cina".

Nato nel 1955 a Changchun (Nord della Cina), era cresciuto in Mongolia, proseguì il suo percorso di studi in Europa e poi negli Stati Uniti. Nel 1989 lasciò la tranquillità della Columbia University (New York) per lottare con gli studenti di Piazza Tienanmen. Finì male, con i carri armati che spazzarono via la protesta, uccidendo nella culla il sogno della libertà. Finì in carcere, ai lavori forzati. Nonostante le sue proteste sempre pacifiche, subì numerosi arresti e limitazioni della libertà. Persino il suo nome era censurato, per evitare che i cinesi potessero leggere i suoi scritti e le sue critiche al pensiero unico.

L'ultima sfida fu Charta 08, un manifesto pubblico che si ispirava alla famosa Charta 77, scritta dai dissidenti di Praga negli Anni Settanta. Per la pubblicazione di Charta 08 Liu Xiaobo,  scelse una data simbolica, il 60º anniversario della proclamazione della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Charta 08 in buona sostanza fu un grande appello alla libertà di espressione, al rispetto dei diritti umani e alle libere elezioni libere. Liu Xiaobo chiedeva riforme democratiche e il rispetto dei diritti umani, compresa, ovviamente, la libertà di pensiero. Una sfida davvero troppo alta per il regime di Pechino. Che gliela fece pagare chiudendolo in prigione.

Era stato insignito del premio Nobel "per la sua lunga e non violenta battaglia per i diritti fondamentali in Cina", ma non poté andare a ritirarlo: fu rappresentato simbolicamente da una sedia vuota alla cerimonia. Ma venne letto un suo testo, datato dicembre 2009, uno dei suoi ultimi scritti ad essere stato pubblicato: "Credo fermamente che l'ascesa politica della Cina non si fermerà e, pieno di ottimismo, attendo con impazienza l'avvento di una Cina libera". "La Cina finirà per diventare uno Stato di diritto, dove regneranno i diritti umani", aveva aggiunto nel testo di quattro pagine. Quindi, rivolgendosi alla moglie, la poetessa Liu Xia, agli arresti domiciliari dal 2010, disse di non avere "rimpianti per le scelte" fatte, aspettando il "futuro con ottimismo". "Spero di essere l'ultima vittima dell'infinita inquisizione letteraria cinese e che nessuno venga più processato per le sue parole", aveva auspicato l'ex professore di letteratura i cui libri sono vietati in Cina. . "Niente può fermare la ricerca della libertà". Il 'testamento' di Liu Xiaobo "Nessuna forza può fermare la ricerca dell'uomo della libertà": questo aveva scritto Liu Xiaobo poco prima di essere condannato nel 2009 per "sovversione" e che oggi può essere letto come il testamento del Nobel cinese, morto dopo otto anni di detenzione.

Il governo cinese ha una "responsabilità pesante" per la morte "prematura" del dissidente Liu Xiaobo. L'atto di accusa è arrivato dal comitato per il Premio Nobel. Lo riferisce la Deutsche Welle su Twitter. La morte di Liu Xiaobo, oppositore e intellettuale cinese scomparso a 61 anni, è la prima di un Nobel per la Pace avvenuta in stato di detenzione da quella del pacifista tedesco Carl von Ossietzky, deceduto in un ospedale nazista nel 1938.



mercoledì 12 luglio 2017

Antartide: si è staccato Larsen C, gigantesco iceberg



Si chiama A68 ed è uno dei più grandi iceberg mai visti: è il risultato del distacco di un gigantesco pezzo di ghiaccio dalla piattaforma di ghiaccio Larsen C, lungo la costa orientale della penisola antartica.

A dare la notizia sono stati i ricercatori dell'università inglese di Swansea che monitorava il fenomeno dal 2014. Il distacco era atteso da tempo, gli ultimi 13 km della frattura sono avvenuti negli ultimi 30 giorni. Adesso resta da capire dove fluttuerà.

L'iceberg, la cui deriva verrà monitorata dai ricercatori, pesa circa 1000 miliardi di tonnellate con una superficie di 5.800 km quadrati e uno spessore di 200 metri. Adrian Luckman, ricercatore della Swansea University, ha detto che i ricercatori continueranno a "monitorare il destino di questo enorme iceberg" che emerge dalla superficie dell'oceano per circa 30 metri: l'acqua che contiene è pari a tre volte quella del lago di Garda ed equivale all'acqua consumata in media nel mondo nell'arco di cinque anni, e la sua estensione di 5800 chilometri quadrati è più ampia della Liguria e analoga all’isola di Cipro.

Ma nonostante questi numeri importanti, "non si tratta di un iceberg da record", osserva Massimo Frezzotti, glaciologo dell'Enea e presidente del Comitato glaciologico italiano. "Il distacco di questo iceberg è un segnale significativo di un processo avviato anni fa - ha rilevato l'esperto - e continua a fare della piattaforma Larsen un vero e proprio sorvegliato speciale".

La piattaforma si trova sulla penisola antartica ed è la più meridionale di tre piattaforme indicate con le lettere A, B e C: la prima si è staccata nel 1995, la seconda è parzialmente crollata nel 2002 e dalla Larsen C è appena nato il nuovo iceberg, probabilmente fra il 10 e il 12 luglio.

Per Frezzotti questo distacco "di per sè non è un evento catastrofico, ma è il segnale significativo di un processo che si è avviato da tempo e bisognerà vedere l'andamento della situazione nei prossimi anni". La formazione dell’iceberg cambia il profilo della piattaforma, il distacco che è avvenuto finora corrisponde infatti a circa il 10% dell'intera piattaforma di ghiaccio, della quale restano ancora integri circa 50.000 chilometri quadrati.

Nei giorni scorsi il satellite Cryosat dell’Esa aveva misurato la taglia dell’iceberg che si stava formando emergendo dalle acque per 30 metri e con uno spessore complessivo di 200 metri.

Data la sua profondità, secondo i ricercatori, potrebbe trovare possibilità di incaglio con il fondale e richiedere alcuni giorni prima di liberarsi. Tuttavia nella zona è presente una corrente che dovrebbe favorire il movimento. Non si esclude, inoltre, come è avvenuto in altri casi, che possa rimanere dove si trova, pur staccato dalla piattaforma, creando una vicinissima isola di ghiaccio. Naturalmente l’evoluzione sarà attentamente controllata per stimare eventuali rotte ed evitare che costituisca un pericolo per la navigazione. Gli scienziati del Midas confermano che anche l’eventuale scioglimento non comporterebbe un aumento del livello dei mari.

Il più grande iceberg che sia formato nell’era dei satelliti è il B-15 e risale al 2000. Si era staccato dalla piattaforma di Ross ed aveva una superficie di 11 mila chilometri quadrati, quasi il doppio dell’attuale. Tuttavia un iceberg sempre più grande dell’attuale si era separato dalla stessa piattaforma Larsen C nel 1986 e la superficie era di 9 mila chilometri quadrati.

I ricercatori pur valutando l’impatto del riscaldamento climatico globale sono prudenti e ancora non si pronunciano con precisione circa le cause dell’attuale fenomeno i cui primi segni erano emersi ancora nel 2004 e da allora seguiti sino all’epilogo finale. Il grande spessore del ghiaccio potrebbe comunque ostacolare la deriva dell’iceberg. Le acque intorno alla Penisola Antartica sono relativamente basse, quindi l’enorme massa di ghiaccio si potrebbe incagliare sul fondale e restare a lungo bloccata a poca distanza dal punto in cui si è staccata. Grazie alle rilevazioni satellitari, i ricercatori conoscono l’andamento del fondale marino intorno alla Penisola e possono quindi prevedere quanto lontano potrà andare l’icerbeg, a seconda della sua deriva. Succede spesso che gli iceberg si incaglino, restino fermi per un po’, ruotando lievemente su loro stessi, prima di riuscire a superare le asperità del fondale e raggiungere acque più profonde. Un iceberg di dimensioni così grandi potrebbe impiegare molti mesi prima di riuscire ad andare oltre i bassi fondali del Mare di Weddell.


martedì 11 luglio 2017

La cannabis legale è arrivata in Italia



L’hanno ribattezzata “la marijuana che non sballa”. THC inferiore a limiti imposti per legge. Stupefacente? 'No, rilassante', La cannabis con contenuti di Thc sotto il limite di legge non è più illegale: si tratta di cannabis senza effetti psicoattivi (il Thc contenuto è inferiore allo 0,04%). Luca Marola, titolare di Canapaio Ducale a Parma, insieme a L’erbavoglio, azienda produttrice di canapa nelle Marche, ha deciso di riproporre al mercato una varietà di canapa già usata in Italia fino agli anni Trenta, Eletta Campana, che presenta un contenuto di THC inferiore ai limiti di legge e un alto valore (fino al 4%) di cannabidiolo (CBD), principio contenuto nella cannabis che non ha effetti psicoattivi, ma sedativi.

Si chiama Indica Sativa Trade, ed è una varietà di cannabis (Eletta Campana) con un valore di THC (tetraidrocannabinolo, principio psicoattivo della marijuana) inferiore allo 0,6 per cento, il limite di legge consentito.

Dopo le discussioni e i pareri discordanti sulla legalizzazione della cannabis, a dare l’idea a Easyjoint, azienda emiliana che la distribuisce, è stato il boom registrato in Svizzera della “canna light”, che da qualche mese viene venduta in pacchetti come fosse semplice tabacco. Oltralpe il contenuto di THC, però, è quasi pari allo zero, ma il limite di legge è dell’1 per cento, superiore a quello italiano.

“È la prima marijuana commerciabile”, ha spiegato Andrea, collaboratore commerciale di Easyjoint. “In autunno, tempo del raccolto, lanceremo altre varietà che andranno ad allargare la gamma del prodotto. Nei tre giorni di Indica Sativa Trade lo scorso fine settimana la vendita è stata positiva per l’effetto novità e per aver recuperato una qualità di canapa esistente seguendo la tendenza della vicina Svizzera”, conclude Andrea. Questo tipo di canapa quindi non è fuori legge, ma «è importante tenerla sempre nella sua confezione originale. Invitiamo i consumatori a usarla in modo responsabile”, precisa l’azienda.

Le proprietà mediche della cannabis terapeutica sono da anni al centro della ricerca scientifica, con studi volti a dimostrarne i molteplici effetti terapeutici come la prevenzione delle infiammazioni del cervello e del midollo spinale e il potenziale curativo sui malati di sclerosi multipla; Tuttavia, come dimostra lo studio in questione, non c’è unanimità sugli effetti positivi della marijuana: altre ricerche sostengono che la cannabis indurrebbe ansia e depressione e altri effetti collaterali sulla salute.

Il preparato made in Italy che viene commercializzato in molti negozi e farmacie, è composto da una somiglia di canapa con un THC dello 0,091, valore che rientra nei limiti di legge. Gli inventori del prodotto hanno precisato che in Italia è illegale la vendita non della canapa in generale, ma della molecola contenuta al suo interno, il THC, se questo supera determinati tipi di valori.




domenica 9 luglio 2017

Isola di Pasqua Rapa Nui e il mistero dei moai




L’Isola di Pasqua, conosciuta anche come Rapa Nui, è immersa nell'Oceano Pacifico e si trova al largo delle coste del Cile. Il suo nome è dovuto al fatto che l’isola è stata scoperta il giorno di Pasqua del 1722 dall'esploratore Olandese Jacob Roggeveen.

Questa terra, data la sua posizione, è la più sperduta del mondo in quanto si trova a circa 3500 chilometri di distanza dalle coste del Cile e circa 2075 km ad est delle isole Pitcairn, immersa tra le celestiali acque dell’Oceano Pacifico.

Questo piccolo pezzo di terra emersa rappresenta uno dei più grandi enigmi dell’antropologia e dell’archeologia moderna.

Nonostante la posizione remota, la convinzione abituale degli antropologi è che poco prima del 1200 d.C., alcuni gruppi polinesiani abbiano navigato verso l’isola per stabilirsi lì.

Si ritiene che la popolazione sia cresciuta rapidamente, rimanendo fiorente per centinaia di anni, fino a raggiungere la ragguardevole cifra di 20 mila persone.

Secondo i ricercatori, la fertilità del terreno avrebbe garantito alla popolazione raccolti abbondanti, permettendo la nascita di una cultura molto ricca e concedendo loro il tempo di scolpire ed erigere i famosi busti di pietra detti Moai.

Secondo la teoria comunemente accettata, intorno al 1200, gli abitanti cominciarono a tagliare le foreste subtropicali dell’isola in maniera crescente, per la costruzione di canoe e il trasporto dei Moai. La deforestazione selvaggia distrusse la fauna selvatica naturale e compromise la fertilità della terra.

Innanzitutto, la presenza dei famosi ed enigmatici Moai, grandi busti antropomorfi scolpiti nella roccia. Sull’isola se ne contano ben 638. Nonostante le ricerche condotte negli ultimi anni, il loro scopo non è tuttora noto con certezza. Secondo la ricerca alternativa, i coloni polinesiani giunti sull’isola intorno a 1100 d.C. non hanno fabbricato i Moai ma li hanno trovati lì.

Secondo la leggenda, infatti, Rapa Nui sarebbe l’ultimo lembo di terra un tempo appartenuto al continente perduto di Mu, sede della prima civiltà umana sorta sul nostro pianeta circa 50 mila anni fa. Dunque, i Moai sarebbero le reliquie di una civiltà arcaica perduta tra le onde dell’Oceano Pacifico.

All’indomani del cataclisma globale avvenuto 12 mila anni fa, che avrebbe sprofondato il continente sul fondo del Pacifico, buona parte dei superstiti di Mu riparò fondando colonie sulle nuove terre emerse, mentre una piccola parte rimase su Rapa Nui.

Il suo aspetto remoto la rende un gioiello incontaminato, un luogo che fa molto gola ai turisti desiderosi di scoprire cosa si nasconde dietro quelli che si possono definire i veri e propri padroni di casa ovvero i moai, statue di pietra ricavate da un unico blocco di tufo vulcanico, alte anche fino a 23 metri il cui peso può raggiungere le 86 tonnellate.

Nell’immaginario collettivo viene identificata con le statue dei moai, enormi busti monolitici sparsi lungo l’intero territorio. Se ne contano ben 638. Nonostante le ricerche condotte negli ultimi anni il loro scopo non è tuttora noto con certezza. Secondo alcuni studi recenti, le statue rappresenterebbero capi tribù indigeni morti e, secondo la credenza popolare, avrebbero permesso ai vivi di prendere contatto con il mondo dei morti.

Alcune statue possiedono sulla testa un cilindro (pukao) ottenuto da un tipo di tufo di colore rossastro, interpretato come un copricapo oppure come l’acconciatura un tempo diffusa tra i maschi. I moai sono alti tra i  2,5 e i 10 metri. Ne esiste uno, incompleto, alto 21m. Quelli di 10 m pesano tra le 75 e le 86 tonnellate.

Una leggenda dell’Isola di Pasqua narra che dal cielo giunsero degli uomini uccello (Tangata manu) che potevano volare. Il loro capo si chiamava Makemake e, secondo la mitologia locale, era il creatore dell’umanità, il dio della fertilità e la divinità principale del culto dell’uomo uccello. La sua immagine è stata scolpita su alcune rocce presenti sull’isola. I colossi di pietra si muovevano grazie a una forza misteriosa che solo due sacerdoti erano in grado di controllare. Un giorno, però, i due sacerdoti scomparvero e da lì il lavoro di costruzione delle statue fu sospeso. E’ il motivo per cui una schiera di statue è rimasta incompiuta. Gli studiosi fanno coincidere questo momento con l’anno 1500.

Il territorio dell’isola è ricoperto da quattro vulcani, Poike, Rano Kau, Rano Raraku e Terevaka. Per questo motivo l’Isola di Pasqua è molto selvaggia e non si trovano molti animali, se non cavalli, pecore, mucche e maiali importati dalla terraferma. Il mare non è caratterizzato dalla barriera corallina come altre isole del Pacifico. Tuttavia, nelle sue acque vive una grande colonia di capodogli che possono essere osservati dai visitatori dell’isola. Per chi ama praticare trekking ed escursionismo è la meta ideale.

Verso la fine degli anni sessanta è stato ampliato l’aeroporto di Mataveri. Da allora il numero di turisti è aumentato, ma non è ancora una meta molto gettonata. Uno dei motivi è il costo di una vacanza sull’isola, che è piuttosto elevato. L’Isola di Pasqua può essere raggiunta durante tutto l’anno esclusivamente dal Cile. I voli decollano da Santiago del Cile (ogni tanto anche da Tahiti, in Polinesia) e la durata del volo si aggira intorno alle 5 ore. Chi decide di trascorrere una vacanza sull’Isola di Pasqua può scegliere tra diversi alberghi e resort che si collocano in un’ampia fascia di prezzi.

Il clima è caldo e umido in estate e mite in inverno. La temperatura media, che è piuttosto costante, è di 23 gradi da gennaio a marzo, con massime di 26-26 gradi che a volte oltrepassano i 30. In questo periodo ci sono 10 ore di sole al giorno. Da luglio a settembre ci sono 18 gradi, che possono scendere a 10 di minima. Le piogge, piuttosto abbondanti, cadono tutto l’anno soprattutto da aprile e maggio, con ondate di maltempo da giugno ad agosto.