E' la chiave della longevità, una specie di centrale di controllo, che stabilisce la velocità dell'invecchiamento. Si tratta dell’ipotalamo, struttura del sistema nervoso che agisce grazie a un piccolo gruppo di cellule staminali neuronali. Sono queste infatti a modulare la velocità con cui compaiono i primi segni dell'età. A seconda di come sono 'dosate', un po' come i pedali dell'auto, possono dare un'accelerata o al contrario una frenata alla comparsa dei sintomi dell'età, ma anche allungare la vita. Lo hanno dimostrato i test fatti sui topi dai ricercatori dell'Albert Einstein College of Medicine, descritti sulla rivista Nature.
L'ipotalamo, oltre a regolare crescita, sviluppo, riproduzione e metabolismo, riesce a controllare l'invecchiamento grazie ad piccolo gruppo di cellule staminali neuronali, il cui compito è formare nuovi neuroni. "Il loro numero cala durante il normale corso della vita, con un'accelerazione nell'invecchiamento", ha precisato Dongsheng Cai, che coordina la ricerca. Gli effetti di questa perdita non sono però irreversibili, anzi secondo Cai, "rifornendo di nuovo queste cellule, o le molecole da loro prodotte è infatti possibile rallentare, e perfino annullare, alcuni effetti dell'invecchiamento sul corpo".
Sono le cellule staminali dell’ipotalamo a modulare la velocità con cui compaiono i segni dell’età. A seconda del loro equilibrio possono accelerare o frenare la comparsa dei sintomi dell'età, ma anche allungare la vita. Poiché nel corso degli anni tendono ovviamente a diminuire, "Rifornendo di nuovo queste cellule, o le molecole da loro prodotte, è possibile rallentare, e perfino annullare, alcuni effetti dell'invecchiamento nel corpo".
A seconda di come sono 'dosate', un po' come i pedali dell’auto, possono dare l'accelerata o una frenata alla comparsa dei sintomi dell’età, ma anche allungare la vita.
«I ricercatori in questo caso non solo hanno dimostrato il ruolo dell’ipotalamo, ma hanno anche capito qual è il meccanismo con cui lo fa», ha commentato Giuseppe Novelli, genetista dell’università Roma Tor Vergata.. Lo 'strumento' con cui agisce sono i microRna, «delle piccole molecole che funzionano da interruttori dell’attività dei geni, accendendoli o spegnendoli», prosegue. Molecole che in futuro, conclude Novelli, «potrebbero essere usate in farmaci per terapie, facili da inoculare, contro le demenze. Un risultato importante, se si pensa che entro il 2050 si stima che nel mondo 130 milioni di persone saranno colpite da queste malattie».
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