giovedì 13 luglio 2017

Liu Xiaobo, Nobel per la pace e dissidente cinese



Il premio Nobel per la Pace cinese e oppositore Liu Xiaobo è morto a 61 anni. La sua colpa? Essere il primo firmatario del movimento "Charta 08". Dopo un anno dietro le sbarre fu condannato a 11 anni di prigione. L'8 ottobre 2010 ricevette il Premio Nobel per la pace "per il suo impegno non violento a tutela dei diritti umani in Cina".

Liu Xiaobo da tempo era ricoverato in un ospedale di Shenyang, nella provincia settentrionale di Liaoning, dove era stato trasferito dal carcere dopo che il 23 maggio gli era stato diagnosticato un cancro al fegato in fase terminale. La condanna a 11 anni Lo scrittore, professore e attivista era stato arrestato nel 2009 per incitamento alla sovversione del potere statale ed era stato condannato a 11 anni di carcere. I suoi familiari avrebbero rifiutato la richiesta di intubarlo.

La comunità internazionale aveva rivolto diversi appelli a Pechino per permettere al premio Nobel di ricevere cure all’estero. La Germania e gli Stati Uniti si erano detti pronti a ospitarlo e curarlo, chiedendo a Pechino di dare priorità agli aspetti umanitari. Lo stesso domenica scorsa aveva chiesto ai medici stranieri (uno statunitense e uno tedesco) di potere lasciare il Paese per farsi curare. Ma questi disperati appelli non sono stati accolti. "E' un "affare interno - ha sempre risposto il regime -. La Cina è un paese in cui vige lo stato di diritto, tutti sono uguali davanti alla legge e ci auguriamo che gli altri Paesi rispettino la nostra sovranità giudiziaria e non utilizzino un singolo caso per interferire con i nostri affari interni della Cina".

Nato nel 1955 a Changchun (Nord della Cina), era cresciuto in Mongolia, proseguì il suo percorso di studi in Europa e poi negli Stati Uniti. Nel 1989 lasciò la tranquillità della Columbia University (New York) per lottare con gli studenti di Piazza Tienanmen. Finì male, con i carri armati che spazzarono via la protesta, uccidendo nella culla il sogno della libertà. Finì in carcere, ai lavori forzati. Nonostante le sue proteste sempre pacifiche, subì numerosi arresti e limitazioni della libertà. Persino il suo nome era censurato, per evitare che i cinesi potessero leggere i suoi scritti e le sue critiche al pensiero unico.

L'ultima sfida fu Charta 08, un manifesto pubblico che si ispirava alla famosa Charta 77, scritta dai dissidenti di Praga negli Anni Settanta. Per la pubblicazione di Charta 08 Liu Xiaobo,  scelse una data simbolica, il 60º anniversario della proclamazione della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Charta 08 in buona sostanza fu un grande appello alla libertà di espressione, al rispetto dei diritti umani e alle libere elezioni libere. Liu Xiaobo chiedeva riforme democratiche e il rispetto dei diritti umani, compresa, ovviamente, la libertà di pensiero. Una sfida davvero troppo alta per il regime di Pechino. Che gliela fece pagare chiudendolo in prigione.

Era stato insignito del premio Nobel "per la sua lunga e non violenta battaglia per i diritti fondamentali in Cina", ma non poté andare a ritirarlo: fu rappresentato simbolicamente da una sedia vuota alla cerimonia. Ma venne letto un suo testo, datato dicembre 2009, uno dei suoi ultimi scritti ad essere stato pubblicato: "Credo fermamente che l'ascesa politica della Cina non si fermerà e, pieno di ottimismo, attendo con impazienza l'avvento di una Cina libera". "La Cina finirà per diventare uno Stato di diritto, dove regneranno i diritti umani", aveva aggiunto nel testo di quattro pagine. Quindi, rivolgendosi alla moglie, la poetessa Liu Xia, agli arresti domiciliari dal 2010, disse di non avere "rimpianti per le scelte" fatte, aspettando il "futuro con ottimismo". "Spero di essere l'ultima vittima dell'infinita inquisizione letteraria cinese e che nessuno venga più processato per le sue parole", aveva auspicato l'ex professore di letteratura i cui libri sono vietati in Cina. . "Niente può fermare la ricerca della libertà". Il 'testamento' di Liu Xiaobo "Nessuna forza può fermare la ricerca dell'uomo della libertà": questo aveva scritto Liu Xiaobo poco prima di essere condannato nel 2009 per "sovversione" e che oggi può essere letto come il testamento del Nobel cinese, morto dopo otto anni di detenzione.

Il governo cinese ha una "responsabilità pesante" per la morte "prematura" del dissidente Liu Xiaobo. L'atto di accusa è arrivato dal comitato per il Premio Nobel. Lo riferisce la Deutsche Welle su Twitter. La morte di Liu Xiaobo, oppositore e intellettuale cinese scomparso a 61 anni, è la prima di un Nobel per la Pace avvenuta in stato di detenzione da quella del pacifista tedesco Carl von Ossietzky, deceduto in un ospedale nazista nel 1938.



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