domenica 27 aprile 2014

Osservatori Ocse rapiti in Ucraina



Uno degli 8 osservatori dell'Osce trattenuti dai separatisti filorussi da venerdì nella città di Sloviansk, nell'est dell'Ucraina, è stato rilasciato. Lo ha constatato un giornalista dell'Afp. Si tratta dell'osservatore svedese che ha lasciato il luogo della sua detenzione accompagnato da due negoziatori dell'Osce.

Gli otto osservatori dell'Osce rapiti venerdì scorso da militanti filorussi avevano fatto sapere di «essere trattati bene, date le circostanze». Gli osservatori hanno avuto un incontro con la stampa a Sloviansk, nell'est dell'Ucraina. I ribelli filorussi della città di Slavyansk li hanno mostrati oggi, considerandoli «prigionieri di guerra».

Tutti i membri del team internazionale sono apparsi senza mostrare segni di violenza. Gli otto sono stati portati nella principale sala del palazzo del comune della città dell'est dell'Ucraina occupata dagli insorti, dove erano radunati circa 60 giornalisti. Parlando a nome del gruppo, un ufficiale tedesco ha ribadito di avere uno status di diplomatico: il colonnello tedesco, Oberst Axel Schneider, ha dichiarato che lui e i suoi colleghi non si considerano «prigionieri», ma «ospiti» dell'autoproclamato sindaco della città ucraina.

L'autoproclamato sindaco di Slavyansk, Ponomaryov stamane ha incontrato un piccolo gruppo di giornalisti, ha confermato che l'autista del gruppo, che era stato fermato con tutti gli altri venerdì, è stato rilasciato; dunque attualmente nelle mani dei miliziani ribelli ci sono 12 componenti del team: 8 europei e i quattro militari dell'esercito ucraino che li accompagnavano. «Sono prigionieri di guerra», ha precisato Ponomaryov. «Nella nostra città, dove la guerra é in corso, tutti i militari che non hanno autorizzazione sono considerati prigionieri di guerra».

Il leader ribelle, che portava una pistola in una fondina ed era scortato da due guardie del corpo armate, ha ripetuto che il gruppo sarà rilasciato solo in caso del rilascio, da parte di Kiev, di miliziani filo-russi arrestati. Quanto alla promessa della Russia di fare il possibile per convincere i separatisti ucraini a liberare il gruppo, Ponomaryov ha detto di non aver alcun contatto diretto con Mosca.

I miliziani filorussi in Ucraina orientale hanno catturato nella notte tre ufficiali dell'intelligence Ucraina. Lo ha reso noto l'autoproclamato sindaco di Slavyansk, Vyacheslav Ponomaryov, e le immagini dei tre sono stati mostrate dal sito web del quotidiano russo «Komsomòlskaya Pravda». I tre, tra cui un tenente colonnello, si trovano nella sede dei servizi segreti a Slavyansk, la città controllata da tre settimane dai miliziani filorussi. Con gli occhi bendati, scalzi, in calzoncini e camicia, gli arrestati sono stati esibiti dinanzi alle telecamere. Secondo i miliziani filorussi, la missione degli agenti era di catturare uno dei leader delle proteste contro il governo di Kiev nella regione di Donetsk.

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha detto che le nuove sanzioni internazionali contro Mosca pronte ad entrare in vigore intendono mandare il messaggio che la Russia deve fermare «le sue provocazioni» nell'est dell'Ucraina. «È importante per noi fare altri passi e mandare il messaggio alla Russia che questo tipo di attività di destabilizzazione che si sta portando avanti in Ucraina deve fermarsi», ha affermato Obama in una conferenza stampa durante la sua visita in Malaysia.

Miliziani filorussi hanno preso il controllo dell'edificio del canale televisivo regionale di Stato a Donetsk. I miliziani hanno sfondato il portone d'ingresso e fatto irruzione nel cortile, dove è stata issata la bandiera dell'autoproclamata «Repubblica popolare di Donetsk». Le presa della sede della tv è arrivata al termine di una manifestazione in piazza Lenin a sostegno del referendum autonomista convocato unilateralmente per il prossimo 11 maggio.



venerdì 25 aprile 2014

Il mito di Ayrton Senna, 20 anni dopo



Tributo di Imola dall'1 al 4 maggio al pilota morto nello schianto della sua Williams

A rendere immortale il mito di Senna, oltre ai grandi successi in pista (41 vittorie e 80 podi in 161 Gp), resterà anche il suo lascito in tema di sicurezza. Dopo quell'1 maggio la F1 ha compiuto notevoli progressi per rendere le macchine e i tracciati più sicuri: da allora nessun incidente mortale.

Storico "tempio dei motori", Imola si appresta a ospitare ai primi di maggio il tributo a un mito dello sport, il pilota brasiliano Ayrton Senna, a vent'anni dallo schianto mortale dopo il cedimento del piantone dello sterzo della Williams. Fu, quello dell'1 maggio 1994, Gp infausto: gli incidenti della Jordan di Barrichello alla variante bassa, l'impatto della Lotus di Lamy sulla Benetton di Letho con nove spettatori feriti, le morti dell'austriaco Roland Ratzenberger alla curva Villeneuve e di Senna al volante alla curva del Tamburello.

C’è una targa di bronzo in un immenso giardino, sopra la tomba numero 11. A San Paolo del Brasile, nel cimitero di Morumbi, riposa Ayrton Senna da Silva, campione del mondo di Formula 1, morto a Imola 20 anni fa durante il Gran premio di San Marino.

L’epitaffio: “Nada pode me separar do amor de Deus”. Poi il nome, la data di nascita (21 marzo 1960) e di morte (1 maggio 1994), una piccola bandiera brasiliana.

Da vent’anni quest’angolo verde della pace eterna è meta di un continuo pellegrinaggio di tifosi, tanti italiani, che lasciano un biglietto, una foto con dedica, un mazzo di fiori. Così come accade al circuito di Imola, sotto la statua di bronzo che ritrae il campione seduto sul muretto. Ha l’aria pensierosa di chi scruta la curva in cerca della traiettoria migliore, o di chi ha il presentimento che all’indomani, in gara, qualcosa andrà storto perché così sta scritto nel libro della vita. Ayrton Senna è tornato a casa chiuso in un bara, con un volo di sola andata da Bologna a San Paolo, la metropoli dov’era nato.

Lo definirono il signore della pioggia, il re delle pole position. Tre campionati del mondo con la McLaren. Una carriera sfolgorante, iniziata con i kart e le formule minori.

Debuttò in F1 nel 1984 in Brasile, con la Toleman Hart, ma fu nel Gp di Montecarlo e l’anno successivo all’Estoril che iniziò a brillare la sua stella, sempre sotto la pioggia.
Quando la pista si allagava e le condizioni meteo diventavano proibitive lui volava sull’asfalto. Più che signore, mago della pioggia.

Seguirono gli anni con la Lotus, la monoposto più bella del circus: nera con le scritte in oro dello sponsor John Player Special. Imbattibile in qualifica, più fragile in corsa.
Ayrton Senna sfruttò l’occasione per farsi notare e passare a un top team: la McLaren.

Il bilancio fu trionfale: tre titoli malgrado la guerra fratricida con il compagno di squadra Alain Prost, il professore. Aveva ripetuto più volte di essere felice solo quando si sentiva al limite: “Sono un ragazzo che ha sacrificato tanto della propria esistenza per le corse. Ho pensato a questo mestiere fin da quando ero bambino, ho dato tutto me stesso e ritengo di amarlo più di chiunque altro. Per questo fino a quando continuerò a correre lo farò solo per vincere. Mi ritirerò solo il giorno in cui mi accorgerò di essere andato un decimo più lento rispetto alle mie possibilità».

Appariva spesso pensieroso, triste. Ma al volante si trasformava, diventava un duro, spietato. Il suo talento non sfuggì all’occhio vigile di Frank Williams che se lo fece scappare in gioventù, ma non quando Ayrton Senna, all’apice della carriera, decise di cambiar aria.

Eccoci dunque al 1994, la tuta bianca e blu aveva sostituito quella rossa. Il talento era lo stesso, la voglia di vincere anche maggiore. Amava l’Italia e veniva ricambiato. A Imola era di casa. Quel Gran premio fu maledetto: in prova l’incidente mortale di Roland Ratzenberger funestò la vigilia. Senna era più scuro in volto del solito quella domenica che coincideva con la festa dei lavoratori. Si accesero i motori, il semaforo diventò verde.

Dopo pochi giri alla curva del Tamburello la sua Williams non seguì la traiettoria, tagliò la curva e si disintegrò contro il muretto di cemento: la monoposto rimbalzò all’indietro e il casco picchiò a destra e a sinistra. Anche lo spettatore incollato alla tv capì che l’incidente era grave. Arrivarono i soccorritori, l’eliambulanza scese in pista e portò via Ayrton Senna.

La gara non si fermò: vinse Michael Schumacher sulla Benetton davanti a Nicola Larini sulla Ferrari, ma tutti i tifosi avevano il pensiero a Bologna, in ospedale, dove stavano cercando di coinvincere un corpo ferito a non cedere, un cuore a non fermarsi. La telecronaca della Rai diventò affannosa, in studio Clay Regazzoni tenne in pugno la situazione senza cadere nell'ovvietà. Verso sera, davanti alla telecamere dei tg, la dottoressa Maria Teresa Fiandri annunciò che Ayrton Senna era morto. Migliaia di persone non riuscirono a trattenere le lacrime.

Lo stesso dolore del maggio 1982, a Zolder, quando si staccò il sedile della Ferrari e Gilles Villeneuve volò via fino a schiantarsi contro un palo della recinzione del circuito.

Il Brasile proclamò tre giorni di lutto nazionale. Ai funerali a San Paolo un intero popolo seguì il corteo in quello che il presidente definì uno dei giorni più tristi della storia. La bara fu accompagnata dai colleghi: in prima fila Emerson Fittipaldi, Gerhard Berger, Alain Prost, Michele Alboreto. Tutti commossi. A distanza di anni, in uno studio della Rai, Rubens Barrichello - nel frattempo passato alla Ferrari - non riuscì a trattenere le lacrime quando Lucio Dalla intonò con Luca Carboni la canzone dedicata all’amico.

“Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota, corro veloce per la mia strada, anche se non è più la stessa strada, anche se non è più la stessa cosa”.
“E ho deciso una notte di maggio, in una terra di sognatori, ho deciso che toccava forse a me.
Ho capito che Dio mi aveva dato il potere, di far tornare indietro il mondo, rimbalzando nella curva insieme a me.
Mi ha detto: chiudi gli occhi e riposa e io ho chiuso gli occhi”.



mercoledì 2 aprile 2014

La Nato avverte: pronti a invadere l'Ucraina




Il comandante militare della Nato ha detto che le forze russe potrebbero invadere vaste aree dell'Ucraina nei prossimi 3-5 giorni. I russi sarebbero ammassati vicino al confine, in stato di allarme e pronti all'azione. Secondo i leader della Nato ogni incursione sarebbe un «errore storico».

La presenza di ben 40mila soldati lungo il confine orientale dell'Ucraina sta alimentando la preoccupazione che la Russia sia pronta ad invadere, con il pretesto di voler proteggere gli abitanti di lingua russa a est e a sud del Paese. Sostenuto dai media statali, il presidente Vladimir Putin dice che il governo con sede a Kiev è influenzato dagli estremisti russofobici e non ha fatto abbastanza per impedire la loro avanzata.

«Abbiamo visto un massiccio appostamento di militari russi lungo i confini ucraini», ha detto il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, al termine di una riunione di due giorni con i ministri degli Esteri a Bruxelles. «Sappiamo anche che queste forze armate militari russe sono pronte all'azione». In un'agenzia Bloomberg.

La Nato ha promesso ieri di potenziare il sostegno alle nazioni orientali innervosite dalle azioni della Russia. Oggi Rasmussen ha ribadito che l'alleanza non ha visto segni di una significativa riduzione delle forze militari russe lungo il confine dell'Ucraina. «Questa situazione genera davvero una grave preoccupazione», ha detto. «Se la Russia dovesse intervenire ulteriormente in Ucraina, non esiterei a definirlo un errore storico».

L'alto comandante militare dell'Alleanza , il generale Philip Breedlove, ha fatto eco alle preoccupazioni di Rasmussen in un'intervista con Reuters e il Wall Street Journal. I militari russi sono «pronti a entrare e pensiamo che potrebbero raggiungere i loro obiettivi tra tre e cinque giorni», ha detto Breedlove. «Si tratta di forze molto potenti e capaci di elevata prontezza».


martedì 1 aprile 2014

La tour Eiffel compie 125 anni, ma niente celebrazioni



 E' il monumento simbolo di Parigi e della Francia, tra i più visitati al mondo, e compie 125 anni.

Tuttavia, non é prevista nessuna cerimonia ufficiale: "Abbiamo festeggiato i 120 anni", spiega Jean-Bernard Bros, assessore al Turismo di Parigi e presidente della Sete, la Società che gestisce la Tour Eiffel.

La "dama di ferro" intanto si sta rifacendo il look (é già il terzo lifting dalla sua costruzione ad opera di Gustave Eiffel) per rendere più moderno e attraente il primo piano e puntare sull'ecologia. La realizzazione del progetto è stata affidata all'architetto Alain Moatti, capo dello studio Moatti-Riviere: un pavimento di vetro traslucido ricoprirà il primo piano, a circa 60 metri d'altezza, con installazioni trasparenti che mettono in luce la struttura di ferro dell'edificio. Oltre a negozi, una sala per gli spettacoli, un caffé e persino un piccolo museo. Ma soprattutto ci saranno le toilette più invidiate al mondo con un panorama mozzafiato sulla capitale. La Torre Eiffel continua anche la sua rivoluzione ecologica: dopo la pittura a acqua, 50 tonnellate di vernice per i suoi 18.038 pezzi di ferro forgiato, lo scintillio di mezzanotte passato da 10 a 5 minuti, e la raccolta differenziata, con il restauro del primo piano arrivano quattro pannelli solari e pale eoliche che copriranno la metà del fabbisogno energetico e di acqua calda della torre. L'acqua piovana sarà recuperata e l'illuminazione si farà con lampade a basso consumo.

Il 31 marzo 1889 a Parigi veniva inaugurata la tour Eiffel, il monumento diventato il simbolo della capitale francese. Alta 307 metri (324 con l’antenna) la torre, disegnata dall’ingegnere Gustave Eiffel, all’epoca era il monumento più alto del mondo. Perse il suo primato solo nel 1930, quando fu costruito il Crystal building di New York.

La torre è formata da 16mila travi d’acciaio, 18.038 pezzi di ferro, 2 milioni e mezzo di bulloni. Per raggiungere la sommità, se non si prendono gli ascensori, si devono salire 1.710 scalini.

La torre pesa ottomila tonnellate.

Alla realizzazione dell’opera hanno partecipato trecento operai, i lavori sono durati solo due anni, un tempo irrisorio per l’epoca. In 125 anni la torre è stata visitata da 250 milioni di visitatori.

Guerra del gas tra Ucraina e Russia Mosca alza i prezzi




Sullo sfondo infuria la guerra del gas tra Mosca e Kiev. L'ad di Gazprom, Alexiei Miller, ha annunciato un aumento del prezzo del metano per l'Ucraina. La nuova tariffa è di 385,5 dollari per mille metri cubi. Finisce quindi lo sconto concesso a dicembre all'Ucraina del deposto presidente Viktor Ianukovich che aveva portato il prezzo da circa 400 a 268,5 dollari. Miller ha giustificato l'aumento del prezzo con il mancato pagamento da parte di Kiev del gas fornito nel 2013 sottolineando che l'Ucraina ha un debito con Mosca per il gas di 1,7 miliardi di dollari. Lo sconto concesso da Mosca era in realtà per molti analisti una sorta di premio al governo ucraino per non aver siglato un accordo di associazione con l'Ue a fine novembre.

Il popolo ucraino "dal primo maggio pagherà il gas il 50% in più. Il governo non aumenterà gli stipendi, la situazione è difficile, la popolazione deve capire": così l'ambasciatore ucraino in Italia, Yevhen Perelygin in conferenza stampa.

"La difesa comincia con la deterrenza, quindi faremo i passi necessari per chiarire al mondo che nessuna minaccia contro un alleato della Nato avrà successo". Lo dice il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, prima della ministeriale esteri aggiungendo che "le azioni della Russia sono inaccettabili" e"purtroppo non posso confermare che la Russia stia ritirando le sue truppe. Non è questo quello che abbiamo visto". Lo dice il segretario generale della Nato rispondendo a chi chiede conferma del ritiro di truppe annunciato da Mosca.

I ministri degli Esteri della Nato hanno deciso di sospendere la cooperazione «materiale» con la Russia sia nei suoi aspetti civili sia militari, lasciando però aperto il canale politico «a livello di ambasciatori e superiore». E’ quanto si legge nella dichiarazione pubblicata oggi dopo la prima riunione ministeriale dell’Alleanza atlantica a Bruxelles. I ministri si sono impegnati anche a «rivedere le relazioni della Nato con la Russia a giugno, nel prossimo incontro» dei ministri degli Esteri.

La Nato aveva fatto sapere che le «relazioni con la Russia non potranno continuare come al solito» e arrivano ora le prime conseguenze. La decisione di rivedere le relazioni con la Russia è stata presa, si legge, dopo che Mosca «ha violato le leggi internazionali e ha agito in contraddizione con i principi e gli impegni del documento di base della partnership euro-atlantico di base, dell’atto istitutivo Nato-Russia e della Dichiarazione di Roma. La Russia ha gravemente violato la fiducia su cui la nostra cooperazione deve basarsi». 

La Rada Suprema, il Parlamento monocamerale di Kiev, ha approvato intanto un disegno di legge che autorizza l’ingresso sul territorio dell’Ucraina di unità delle forze armate di Paesi stranieri, in particolare della Nato e dell’Unione Europea, così da potervi tenere esercitazioni militari congiunte già nel corso del 2014. La legge prevede il coinvolgimento di un massimo di 2.500 militari ucraini, e di un egual numero complessivo per quelli degli Stati partner, tra i quali primeggiano Polonia, Stati Uniti e Romania. Le manovre si svolgeranno fra maggio e novembre nella regione meridionale di Mikolayiv, sul Mar Nero, e in quelle occidentali di Leopoli e della Transcarpazia.