giovedì 29 marzo 2018

Boom dell’e-commerce, la corsa di Amazon



Diecimila dollari investiti su Amazon nel 1997, anno della quotazione, oggi equivalgono a 7,5 milioni di dollari. Pochi anni prima, nel 1994 Jeff Bezos lascia New York e la sua poltrona di vice presidente del fondo di investimento hi-tech D.E. Shaw per trasferirsi sulla costa orientale, a Bellevue, stato di Washington. Nel garage della sua nuova casa fonda la sua start up per vendere e spedire libri negli Stati Uniti. Il nome deve cominciare con la A, perché è la prima lettera dell'alfabeto. Deve essere conosciuto e facilmente ricordato. Apre il vocabolario e comincia a sfogliare le pagine fino alla A di Amazon, il fiume del Brasile. Un nome che tutti conoscono e che ricorda qualcosa di esotico. I primi soldi Bezos li trova dai genitori, che non sanno che cosa sia Internet, ma si fidano di lui e gli affidano 300mila dollari, i risparmi di una vita. Oggi Amazon è una delle principali società del pianeta. Ma come ha fatto la startup di Bezos a passare dai primi ordini spediti dal garage di casa a 177,8 miliardi di ricavi? Questi grafici, in modo esemplificativo, spiegano l'incredibile corsa di questa società diventata - nel bene e nel male - il negozio del mondo. Simbolo dei nostri tempi.

Nel 1999 Bezos intervistato da una tv americana raccontava che la sua giovane società, nata come start up aveva circa 2.100 occupati. Oggi Amazon dà lavoro a 566mila persone. Una città grande quasi quanto Firenze e Bologna messe assieme. La grande base occupazionale del colosso dell'e-commerce ha due ragioni: l'espansione della società per l'enorme allargamento del suo raggio di azione nel mondo e la incredibile velocità con cui questa crescita è avvenuta. Significativa è anche tutta la partita che si sta giocando tra le principali città americane per aggiudicarsi la seconda nuova sede di Amazon, per la quale sono previsti 5 miliardi di investimenti e altri 50mila nuovi posti di lavoro.

Le vendite sulla piattaforma di Amazon continuano a crescere a un ritmo impressionante. Nel 2017 sono aumentate del 30,8% rispetto all'anno prima. Le previsioni dell'azienda di Seattle per il trimestre in corso parlano di un ulteriore salto in avanti tra il 34% e il 42%. L'azienda è ormai un colosso mondiale e gran parte del fatturato viene prodotta fuori dagli Stati Uniti, vanno molto bene anche tutti i servizi internet venduti con il marchio Amazon (cosiddetti Aws) che utilizzano la nuvola. I profitti di questo segmento stanno conoscendo un vero e proprio boom. Bene anche lo streaming video e audio.

Il motivo per cui Amazon riesce a consegnare qualsiasi cosa alla porta di casa dei suoi clienti in due giorni, spesso anche un po' meno, è la crescente diffusione in tutto il mondo dei suoi centri logistici che ha implicato miliardi di investimenti. Per ogni altra società di e-commerce è diventato impossibile competere con la velocità di Amazon nelle consegne. In Italia il 18 novembre di otto anni fa è partito il sito Amazon.it, la versione italiana del sito americano con un catalogo enorme. Poco dopo la società è stata costretta ad aprire il centro di smistamento di Castelsangiovanni, in provincia di Piacenza, per riuscire ad evadere nei tempi promessi il numero di ordini che arrivano ogni giorno dal paese, e nell’ultimo anno i centri di Passocorese (Ri) e Vercelli. Non è escluso che nel prossimo futuro Amazon non apra un altro centro di smistamento nel centro-sud Italia.

Il servizio Amazon Prime è stato lanciato per la prima volta negli Stati Uniti nel 2005. In Italia è arrivato da qualche tempo. Prime ha rivoluzionato il mercato dell'e-commerce dimezzando i tempi di consegna. Da tre-quattro giorni per far arrivare un prodotto a casa, Amazon Prime ha abbattuto i tempi con la garanzia della spedizione in un giorno. Con un abbonamento annuale che in Italia costa 19,99 euro all'anno si entra a far parte del club dei clienti Prime di Amazon. L'azienda di Seattle non rende noti i dati ufficiali degli abbonati nel mondo, ma le stime degli analisti a fine 2017 parlavano di un numero vicino ai 90 milioni di persone. In media gli abbonati al servizio Prime spendono almeno il doppio di quello che avrebbero speso sul sito di Bezos senza essere membri del club. Non è tutto. Amazon per le metropoli sta testando un nuovo ulteriore servizio, Amazon Prime Now, che garantisce la consegna entro le due ore.

Trasportando due chili alla volta, è difficile pensare che si possa risolvere il problema delle consegne cittadine. Da tempo si parla dell’uso dei droni da parte di Amazon per il recapito della merce ordinata, ma le potenzialità del sistema appaiono piuttosto limitate, almeno per ora. I dati di un test svolto a Londra dicono infatti che il carico massimo trasportabile è, appunto, di due chili soltanto e che inoltre l’autonomia di un drone è di soli 15 chilometri.

A favore del mini-apparecchio resta la velocità, supersonica se confrontata con quella del traffico urbano: oltre 80 chilometri all’ora. Visto che questa non è, almeno a breve, una soluzione praticabile su larga scala, per accelerare le consegne nei centri urbani non resta che aumentare la disponibilità dei centri logistici di prossimità, in modo da ridurre la percorrenza media dei mezzi di trasporto e i tempi di ricezione dei pacchi da parte dei clienti.

Delle consegne con i droni si parla in una recente ricerca di Cushman Wakefield e P3 Logistic Parks incentrata sulla necessità, imposta dallo sviluppo dell’e-commerce, di nuovi spazi logistici nelle grandi città europee. In base al modello elaborato dai ricercatori, entro il 2021 serviranno superfici più ampie del 69%.

Non è un caso che Amazon per testare il proprio originale sistema di consegne abbia scelto la capitale britannica, perché in termini di popolazione e potere d’acquisto è Londra il più importante e maturo mercato urbano dell’e-commerce in Europa. Oggi per la logistica servono nella città 870 mila metri quadrati, ma la previsione è che nel giro di quattro anni lo spazio necessario toccherà gli 1,2 milioni di metri quadrati con un incremento del 42 per cento.



sabato 17 marzo 2018

Trump e i dazi all'Europa


Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha deciso di imporre dazi del 25% sulle importazioni di acciaio e del 10% su quelle di alluminio,  la decisione a tutela dell’industria siderurgica statunitense, sostenendo che queste importazioni mettono in pericolo la sicurezza nazionale: acciaio e alluminio vengono impiegati dall’industria bellica e la dipendenza da Paesi stranieri - questo il ragionamento dell’Amministrazione Usa - metterebbe il Paese nella impossibilità di difendersi in caso di conflitto armato. Per introdurre i dazi ha fatto ricorso a una legge varata nel 1962 (in piena Guerra Fredda). Le misure entreranno in vigore in 15 giorni.

Donald Trump ha minacciato la Ue di tassare le auto europee ed altri prodotti se non abbasseranno le loro barriere e tariffe. "L'Unione europea, Paesi meravigliosi che trattano gli Usa molto male sul commercio, si stanno lamentando delle tariffe su acciaio e alluminio. Se lasciano cadere le loro orribili barriere e tariffe su prodotti Usa in entrata, anche noi lasceremo cadere le nostre. Il monito del presidente è arrivato nel primo giorno di negoziati a Bruxelles tra Ue e Usa per l'esenzione dai dazi americani su acciaio e alluminio: l'approccio iniziale non è servito per ora a chiarire le prospettive per superare una eventuale guerra commerciale.

Il presidente statunitense aveva ribadito la sua decisione di imporre i dazi anche in una telefonata avuta con il presidente francese Emmanuel Macron durante la quale i due leader "hanno discusso delle alternative per rispondere alle preoccupazioni degli Stati Uniti". La commissaria europea al Commercio Cecilia Malmstroem invece, dopo un colloquio a Bruxelles definito "franco" con il rappresentante americano al Commercio, Robert Lighthizer, aveva twittato: "Come stretto partner commerciale e nel settore della sicurezza degli Stati Uniti, l'Ue deve essere escluso dalle misure annunciate". "Nessuna chiarezza immediata sull'esatta procedura americana per un'esenzione (dai dazi), dunque le discussioni continueranno", aveva concluso Malmstroem.

Prima del bilaterale con il rappresentante americano, la commissaria europea aveva avuto un incontro congiunto con lui e con il ministro dell'Economia e dell'Industria giapponese Hiroshige Seko, nell'ambito della cooperazione tra Bruxelles, Washington e Tokyo lanciata a margine della ministeriale del Wto del dicembre scorso per affrontare temi come le pratiche commerciali distorsive che portano a sovracapacità in settori come quelli dell'acciaio. Nel corso dell'incontro, la Malmstroem e Seko hanno sottolineato "la loro forte preoccupazione" per i dazi annunciati dal presidente Trump, esprimendo l'auspicio che le esportazioni europee e quelle giapponesi verso gli Stati Uniti siano esentate dall'applicazione di tariffe più alte.

Il tema preoccupa le diplomazie internazionali: Unione Europea e Giappone, ad esempio, cercano di svincolarsi dalle annunciate misure protezionistiche di Trump. Le tariffe annunciate dalla Casa Bianca ammontano a rincari del 25% dei prezzi dell’acciaio e del 10% dell’alluminio, con l’esclusione di paesi come Australia, Canada e Messico. Dalle dichiarazioni ufficiali si indovina la possibilità che altri paesi possano essere esentati dall’applicazione di questi dazi ma la possibilità, Eventualità che l’amministrazione Trump intende vagliare caso per caso, evitando di coinvolgere organismi internazionali come il Wto, l’organizzazione mondiale del commercio, protagonista negli ultimi 25 anni di un processo di abbattimento delle barriere doganali, che ha aumentato fortemente il commercio internazionale.

Preoccupata la Cina. Il ministro cinese del Commercio Zhong Shan sulle tensioni con Washington ha detto «che non ci sarà alcun vincitore da una guerra commerciale che «porterà disastri a Cina, Usa e al resto del mondo: la Cina non vuole una guerra commerciale e non sarà quella che ne comincerà una». «Detto questo, siamo in grado di affrontare ogni sfida. Difenderemo con forza gli interessi del Paese e della sua gente», ha aggiunto Zhong, in una conferenza stampa a margine della sessione parlamentale. La guerra commerciale «non genera benefici a favore di alcuno».

Anche Tokyo sta cercando di aprire qualche spiraglio in più nelle trattative con Washington. Il ministro giapponese dell'Economia e del Commercio Hiroshige Seko ha chiesto direttamente al rappresentante del commercio Usa, Robert Lighthizer, un'esenzione dai dazi su acciaio e allumininio, senza successo.«Le esportazioni giapponesi di acciaio e alluminio non hanno un impatto sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, e contribuiscono in forte misura all'occupazione Usa e la loro crescita economica», ha ribadito Seko nel corso della conferenza che ha seguito il suo incontro a Bruxelles col segretario Usa e il commissario europeo per il commercio Cecilia Malmstrom. Tuttavia, Seko ha indicato che Lighthizer si è limitato a spiegare la tempistica e la procedura per l'implementazione delle nuove tariffe. Sull'intenzione dell'Ue di adottare contromisure, Seko ha aggiunto: «I provvedimenti che si basano sulle rappresaglie non servono gli interessi di nessuna nazione», ha detto il ministro nipponico, ritenendo che sia più opportuno riferirsi ai principi dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), «per evitare di scatenare una guerra che si fonda sulle ritorsioni commerciali».




lunedì 12 marzo 2018

Cina il nuovo Mao, Xi Jinping presidente a vita



L'Assemblea nazionale del Popolo in Cina ha ritirato i limiti del mandato presidenziale, spianando la strada al presidente Xi Jinping per governare a tempo indefinito. Su 2.963 delegati all'Assemblea nazionale del popolo a Pechino, la sessione parlamentare annuale, 2.958 hanno votato sì al cambiamento della costituzione che poneva il limite di due mandati per il presidente e per il suo vice. Tre si sono astenuti e due hanno votato contro. La decisione afferma Xi Jinping come il leader cinese più potente degli ultimi decenni. Dopo l'era di Mao Zedong era stata introdotta la regola dei due mandati quinquennali, proprio per non ricadere nel rischio di un uomo solo al potere, a vita. Un salto nel passato.

L’emendamento alla Costituzione era stato proposto circa un mese fa dal Partito Comunista della Repubblica Popolare Cinese, al fine di consentire al suo segretario, nonché attuale presidente del Paese Xi, di poter prolungare la sua permanenza al vertice anche oltre i 10 anni, che scadrebbero, nel suo caso, nel 2023.

Xi Jinping, 64 anni, è presidente dal marzo del 2013, allora era stato eletto dal Congresso con un solo voto contrario e tre astensioni: 99,86 per cento di consensi. I numeri oggi non sono cambiati. Xi siede anche sulla poltrona di segretario generale del Partito comunista, di presidente della Commissione centrale militare e di un’altra dozzina di organismi di governo, alcuni costituiti sotto suo ordine.

«La campanella suona nella Grande Sala del Popolo, dalle 28 urne rosse è uscito il risultato della votazione sulla riforma costituzionale», ha annunciato eccitata la anchorwoman della televisione di Stato cinque minuti prima delle 16 ora locale, le 8,55 del 11 marzo del 2018 in Italia. Grande applauso in aula, sotto lo sguardo inespressivo della leadership schierata al completo. Che cosa significa questa riforma che permette a Xi Jinping di restare capo dello Stato oltre il 2023, quando finirà il suo secondo mandato di cinque anni? Ci sono state polemiche anche in Cina dopo l’annuncio della riforma «proposta» al Congresso, il 25 febbraio. Sul web sono circolate critiche, giochi di parole su «Xi Zedong» subito censurati e anche lettere aperte di intellettuali che mettevano in guardia contro il rischio di un nuovo maoismo. Sostiene Wang Chenguang, professore di Diritto della prestigiosa università Tsinghua: «Non si tratta di presidenza a vita, perché sono stati aboliti solo i limiti temporali per la carica presidenziale, non quelli del Congresso che dovrà rieleggerlo». Solo la storia futura della Cina potrà dire se oggi è stato «eletto» un nuovo presidente di lungo termine o un nuovo imperatore a vita.

La preoccupazione dei Paesi Occidentali si è manifestata quasi immediatamente, anche in un clima in cui la democrazia liberale sembra messa in crisi su più fronti. Secondo l’Osservatorio internazionale dei Diritti Umani, il 2017 è stato l’anno in cui la democrazia e le libertà individuali hanno subito un calo notevole di percezione. È il 12esimo anno di fila che questi indici di riferimento sono in calo.

Gli esempi, d’altronde, sono molteplici anche in paesi limitrofi all’Europa. In Turchia, secondo gli osservatori istituzionali, Erdogan sta seguendo lo stesso percorso, e prospettano un simile programma anche in Ungheria, oltre al portabandiera degli spauracchi antidemocratici, Vladimir Putin in Russia, che tuttavia attraverserà la quarta prova elettorale della sua carriera il prossimo 18 marzo, con la staffetta del 2008 con il suo delfino politico Dmitry Medvedev.

Erano tuttavia 40 anni che in Cina era stato introdotto il vincolo di due mandati, risalente al periodo successivo alla morte di Mao Tsetung, proprio per evitare di ripetere l’esperienza fallimentare della rivoluzione maoista, rimpiazzata da leader illuminati come Chou en Lai e Deng Xiaoping.



domenica 4 marzo 2018

Record del mondo per Giovanni Soldini



Venti contrari, freddo pungente, mareggiate, temporali e la rottura di un timone: ma Giovanni Soldini arriva lo stesso al traguardo che si prefiggeva, aggiungendo un altro record al suo ricco carnet. Il navigatore italiano raggiunge il ponte di Queen Elizabeth sul Tamigi alle 13:20 ora di Londra, in attesa di rimettere piede a terra un po' più tardi al molo di St Catherine Dock, sotto il Tower Bridge, nel cuore della capitale.

Ce l’ha fatta Soldini. Su Maserati Multi 70 ha battuto il record sulla rotta Hong Kong-Londra coprendo oltre 15 mila miglia (la rotta teorica è invece di 13.000) in 36 giorni, 2 ore, 37 minuti e due secondi cinque giorni meno del primato precedente con l’approdo nella capitale inglese venerdì nel primo pomeriggio. Il trimarano italiano ha percorso 15.083 miglia a una velocità media di 17,4 nodi.

E quello fu stabilito, nel 2008 da Lionel Lemonchois, su un maxi catamarano di 32 metri con dieci uomini di equipaggio: mentre il 52enne skipper milanese realizza l'impresa su una barca più piccola, il Maserati Multi 70, un trimarano di 21 metri, con quattro formidabili compagni di viaggio, un italiano, due spagnoli e un francese, più un meteorologo a terra in costante contatto con lui.Una cartografia online ha permesso agli appassionati di seguire in diretta ogni momento della traversata. Anche su Facebook. L'arrivo è stato un tripudio di "mi piace" e cuoricini, con un urlo di gioia dell'equipaggio.  "Siamo super felici ma anche stanchi", dice il velista allo sbarco. "Le ultime 48 ore sono state molto toste. Nella Manica di bolina con tanto vento, tanto mare e un freddo tremendo. Il record è andato benissimo, siamo molto contenti della nostra rotta. La parte più difficile è stata l'ultima: con condizioni meteo più favorevoli in Atlantico avremmo potuto guadagnare altri 3 o 4 giorni, ma va bene così. Anzi non poteva andare meglio, tecnicamente la barca è perfetta. Dall'ultimo cantiere, abbiamo fatto 19.000 miglia ed è tutto a posto, sicuramente c'è il lavoro di preparazione del team. Un ottimo equipaggio".

Dopo aver risalito il Tamigi, dopo 36 giorni di navigazione 2 ore e 38 minuti, e quasi 15.000 miglia percorse, il Maserati multi 70 ha superato il precedente record del 2008 di Lionel Lemonchois, che con un maxi-catamarano di 32,50 metri impiegò 41 giorni, 21h26' a coprire la distanza. Record raggiunto cinque giorni prima del primo marzo. Cinque giorni prima del previsto. Soldini era partito lo scorso 18 gennaio da Hong Kong. Momento più complesso della traversata è stata la rottura del timone, avvenuta nell’Oceano Indiano, e risolta rapidamente dall’equipaggio di Maserati con la sostituzione della pala.

Le gare su questo tracciato cominciarono allora: celebre fu la Great Tea Race del 1866 che vide affrontarsi cinque tra i più moderni e veloci velieri dell'epoca, suscitando un grande seguito sui giornali e concludendosi con i tre primi concorrenti che risalirono il Tamigi insieme, attraccando ai dock Londra a poche ore di distanza l'uno dall'altro.

Ma allora ci vollero 99 giorni di navigazione: Soldini ha impiegato circa un terzo del tempo per il suo mezzo giro del mondo di 13 mila miglia marine, il terzo percorso marino riconosciuto più lungo dopo la circumnavigazione del pianeta e la New York-San Francisco.

La corsa di questa Maserati dei flutti ha ripetuto la mitica rotta dei clipper che trasportavano il tè dalla Cina all'Inghilterra nella seconda metà del diciannovesimo secolo.

Tra Hong Kong e lo Stretto della Sonda, porta d'ingresso nell'Oceano Indiano tra Giava e Sumatra, la navigazione attraverso il mar di Cina del Sud e il mar di Giava somiglia a uno slalom tra isole coralline in una zona dove il traffico marittimo è intenso. Per di più, in questa prima parte del viaggio, si deve attraversare l'Equatore, quindi una zona con poco vento e di grande instabilità meteorologica.

Maserati Multi 70 entra nella Manica prima dell’alba del 22 febbraio. Inizia il trentacinquesimo giorno di navigazione tra la Cornovaglia britannica e la Bretagna e prosegue verso il Sud dell’Inghilterra, prima di riprendere il bordeggio sotto costa, con un freddo pungente. Il giorno seguente si presenta di prima mattina nello Stretto di Dover e gira l’estremità sud orientale dell’Inghilterra per risalire l’estuario del Tamigi poi il fiume fino al ponte.