martedì 16 gennaio 2018

Venezuela: confermata la morte di Óscar Pérez



Il ministro degli Interni venezuelano, Nestor Reverol, ha confermato che Oscar Perez - l'ex poliziotto che si era alzato in armi contro il governo di Nicolas Maduro - è morto ieri insieme ad altre otto persone, durante un'operazione della polizia a El Junquito, nella periferia ovest di Caracas.

Prima dell'annuncio della morte di Pérez, il ministero dell'Interno aveva riferito dell'uccisione di "membri di una cellula terroristica che ha opposto resistenza", mentre cinque componenti sono stati arrestati. Dopo l'irruzione all'alba delle forze di sicurezza nel quartiere di El Junquito, l'attore ha diffuso un video annunciando un negoziato con le autorità e assicurando di non cercare lo scontro. Più tardi, però, in un secondo video l'ex agente appare con la faccia sporca di sangue: "ci stanno uccidendo", mentre in sottofondo si udivano rumori simili a esplosioni. 

Gli ultimi proclami di Pérez  "Prendiamone coscienza. Il momento è ora, non domani. Il momento di svegliarsi è ora. Rimaniamo fermi nelle strade", dichiarò a più riprese Pérez nelle fasi successive all'assalto alla Corte Suprema. L'accusa di colpo di stato dal governo venezuelano terminò con la richiesta all'Interpol di emettere un mandato d'arresto internazionale. Secondo le autorità locali, Perez il 28 giugno sarebbe stato alla guida dell'elicottero da cui furono lanciate le granate contro gli edifici che ospitano il Ministero dell'Interno e il Tribunale Supremo. Una accusa che trovò conferme, almeno sull'azione, da quanto dichiarò l'attore puntando il dito contro la telecamera: "Abbiamo danneggiato soltanto gli edifici. Non ci sono stati danni collaterali perché era quello che avevamo programmato, perché non siamo assassini come lei, signor Maduro".  Circa un anno fa, molti leader dell'opposizione dichiararono di 'sentire puzza di bruciato': alcuni di loro ipotizzarono che Pérez fosse stato ingaggiato dallo stesso governo per giustificare la repressione delle manifestazioni che andavano avanti da tre mesi. Ma ora che il giustiziere è morto, quei dubbi sulla natura di una azione sovversiva pilotata decadono.

Perez stesso aveva pubblicato su Instagram un video dei momenti finali della sua vita, assediato. "Ci stanno sparando con granate, lanciagranate, cecchini, ci sono dei civili qui dentro, abbiamo detto che ci saremmo consegnati, ma non vogliono permetterci di farlo. Vogliono ucciderci", le sue ultime parole, con il volto ferito.

Secondo il ministro, le informazioni fornite dai leader dell'opposizione che hanno partecipato ai negoziati con il governo del presidente Nicolás Maduro hanno permesso di localizzare Pérez, che si trovava in una casa popolare. Era entrato in clandestinità dal giugno scorso quando attaccò da un elicottero rubato alla polizia forense, con delle granate, due edifici del governo a Caracas: la Corte Suprema di Giustizia e il Ministero dell'Interno.

I parenti dell'ex poliziotto ribelle avevano chiesto al governo venezuelano la prova che questi fosse ancora in vita dopo la massiccia operazione lanciata per catturarlo.

Nessun commento:

Posta un commento