lunedì 16 ottobre 2017

Unesco: Usa e Israele lasciano l'organizzazione motivo «Pregiudizi su Israele»



Sembra che l'Unesco non possa più fare proprio tutto quello che gli pare, assegnare la tomba a Hebron dei patriarchi ebrei Abramo, Isacco e Giacobbe al patrimonio islamico come ha fatto quest'anno in luglio, o dichiarare che Gerusalemme, compreso il muro del Pianto, è tutta quanta araba e appartiene all'islam anch'essa.

Gli Stati Uniti e Israele lasciano l'Unesco. La decisione degli Stati Uniti sarà effettiva dalla fine del 2018 e gli Usa resteranno osservatori. La scelta - riferisce il dipartimento di Stato - "non è stata presa con leggerezza e riflette le preoccupazioni americane per i crescenti arretrati" da versare "all'Unesco, la necessità di riforme fondamentali dell'organizzazione e la prosecuzione del pregiudizio anti Israele all'Unesco".

Intanto il premier Benyamin Netanyhau - che è anche ministro degli affari esteri - ha dato istruzioni di "preparare l' uscita di Israele dall'Unesco in parallelo con gli Usa". Lo riferisce l'ufficio del primo ministro. La decisione Usa di ritirarsi dall'Unesco - rende noto il Dipartimento di Stato statunitense - entrerà in vigore il 31 dicembre 2018. Gli Usa intendono diventare poi un osservatore permanente della missione per "contribuire alle visioni, prospettive e competenze americane su alcune delle importanti questioni affrontate dall' organizzazione inclusa la tutela del patrimonio dell’umanità, la difesa della libertà di stampa e la promozione della collaborazione scientifica e dell'educazione. "La mia personale raccomandazione al premier Benyamin Netanyahu è quella di restare incollati agli Usa e lasciare immediatamente l'Unesco". Lo ha detto, citato da Ynet, l'ambasciatore israeliano nell'organismo, Carmel Shama-Hacohen. "Negli anni recenti l'Unesco - ha proseguito - si è trasformato in una bizzarra organizzazione che ha perso le sue orme professionali a favore di interessi politici di certi paesi".

"Mi rammarico profondamente per la decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dall'Unesco, di cui ho ricevuto notifica ufficiale con una lettera del segretario di stato americano, Rex Tillerson", si legge in un comunicato della direttrice generale dell'Organizzazione con sede a Parigi, Irina Bokova.

E' dal 2011, quando la Palestina divenne membro dell' organizzazione dell'Onu, che gli Stati Uniti hanno smesso di finanziarla pur mantenendo un ufficio nel quartier generale di Parigi. Intanto a Parigi si sta votando in questi giorni per eleggere il nuovo direttore generale. Per ora sono rimasti in lizza due soli candidati che sono pari a livello di preferenze: l'ex ministro della cultura francese Audrey Azoulay e il suo omologo del Qatar Hamad Bin Abdulaziz Al-Kawari su cui Israele ha già espresso le proprie preoccupazioni.

La decisione degli Usa di ritirarsi dall'Unesco è "una triste notizia": lo ha dichiarato il portavoce di Putin, Dmitri Peskov. Il ritiro Usa dall'Unesco "a causa delle relazioni con Israele è una decisione "da apprezzare". Lo ha detto via twitter, in una prima reazione da parte israeliana, l'ex ministro degli esteri, e negoziatore capo, Tizpi Livni. "E' un messaggio al mondo - ha proseguito - che c’è un prezzo alla politicizzazione, alla storia unilaterale e distorta".

L'Unesco è la prima organizzazione Onu ad aver ammesso la Palestina come Stato membro, nell'ottobre 2011, suscitando l'ira e lo stop dei finanziamenti da parte di Usa e Israele. Per l'organismo internazionale, il ritiro di Washington è stato un duro colpo finanziario, tanto che durante la gestione di Irina Bokova si è reso necessario un drastico taglio degli effettivi. Da soli gli Usa rappresentavano il 20% del bilancio dell'Unesco. Senza contare la ritorsione del Giappone, il secondo finanziatore più importante, che ha rifiutato di pagare la sua quota 2016 in seguito all'iscrizione, nel 2015, nel registro della memoria mondiale, del Massacro di Nankin, perpetrato dall'esercito imperiale giapponese nel 1937.


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