lunedì 6 marzo 2017

Turchia-Grecia: nuove tensioni su isolette disabitate Egeo



Torna a salire la tensione tra Turchia e Grecia. Dopo la dura reazione di Ankara per la negata estradizione degli 8 militari accusati di aver partecipato al fallito golpe del 15 luglio, aggravata dalla minaccia di una rottura dell'accordo con l'Ue sui migranti, lo scontro si riaccende sulla sovranità di alcune isolette nel mar Egeo.

Nei giorni scorsi, l'area degli isolotti greci disabitati di Imia (Kardak in turco), sulla cui sovranità si sfiorò una grave crisi tra i due paesi nel 1996, è stata visitata prima dai vertici dell'esercito turco e poi dal ministro della Difesa greco, Panos Kammenos, nel 21/mo anniversario della crisi militare sulla loro sovranità. Oggi, poi, il ministero degli Esteri turco, in reazione a notizie di un possibile rafforzamento militare greco nell'isola di Kos nell'Egeo, ha detto: "Invitiamo la nostra vicina Grecia ad abbandonare ogni passo arbitrario contrario al diritto internazionale che possa creare tensioni".

"Volano le accuse mentre greci e turchi evitano una guerra". Titolava così, il 1 gennaio del 1996, un dispaccio dell'Associated Press che raccontava della ritrovata calma nell'Egeo, dove lo status quo era stato restaurato, dopo un confronto tra Atene e Ankara che aveva rischiato di sfociare in una guerra aperta.

Al centro della disputa, risolta grazie all'intervento degli Stati Uniti e dell'allora presidente Bill Clinton, due isolotti egei a poche miglia dalle coste di Grecia e Turchia. Le Imia, per dirla come i greci. Le stesse che nella vicina città di Bodrum chiamano tuttora Kardak, convinti che ad Atene non possano avanzare diritti su quegli scogli così vicini alle loro coste.

Scogli che hanno incrociato la nostra storia, ceduti alla Grecia nel 1947, dopo un breve periodo durante il quale il Dodecaneso aveva sventolato bandiera italiana, sottratti all'Impero ottomano. Isole - le Imia - di nessun valore strategico, tornate nelle pagine dei quotidiani a ventuno anni da quei fatti: ancora contese, pedina di un gioco più grande tra Ankara e Atene. È bastato che il capo di Stato maggiore turco, Hulusi Akar, si avvicinasse in nave da guerra alle isole perché la tensione tornasse ad alzarsi, in giorni in cui i due Paesi confinanti sono già ai ferri corti per vicende diverse, che hanno a che fare con il golpe sventato dello scorso 15 luglio.

Otto militari, fuggiti in elicottero dalla Turchia, atterrati ad Alessandropoli, sono una delle ragioni del contendere per due Paesi che, a partire dall'irrisolto status di Cipro, hanno molto di cui discutere. È stata la decisione della magistratura greca, contraria a un'estradizione, a far adombrare Erdoğan, a far dire che la Grecia "sostiene i golpisti", mentre anche in Germania quaranta militari già sospesi dal servizio chiedevano asilo politico.

Poi la sortita di Hulusi Akar, la prima pagina del quotidiano greco di destra Dimokratia ("Il nemico è alle porte"). E ancora: una corona di fiori lanciata da un elicottero dal ministro della Difesa greco Panos Kammenos, per ricordare i soldati caduti nello schianto di un elicottero durante la crisi degli anni Novanta. E un tweet di Hüseyin Kocabıyık, deputato erdoganiano della non lontana İzmir, sicuro che la Grecia "sia stata salvata da un ammiraglio codardo nel 1996" e pronto "a sparare" contro chi "giocherà la carta delle Kardak".

"Non vogliamo un'escalation della tensione - ha detto al quotidiano Hürriyet Daily News il ministro della Difesa turco Fikri Işık - ma nemmeno piegarci a un fatto compiuto".

È improbabile che la tensione nell'Egeo possa portare a un confronto in armi - ha chiarito al New York Times Sinan Ulgen, ricercatrice di Carnegie Europe. Ma "potrebbero esserci altre conseguenze". È un fatto che la sorte dei soldati golpisti in fuga è per Ankara un tasto dolente e pochi giorni fa le autorità hanno minacciato (di nuovo) la rottura dell'accordo sui migranti, in un momento molto delicato anche per la sorte di Cipro.

Ci mancava solo la disputa sull’isola di Kardak a far salire la tensione tra Grecia e Turchia. Dopo la querelle sulla mancata estradizione dei militari turchi fuggiti in Grecia dopo il golpe dello scorso 15 luglio, ora i due Paesi rivendicano la sovranità sugli «scogli» dell’Egeo, Kardak per i turchi, Imia per i greci, di appena 40 ettari.

La crisi si è riacutizzata dopo una esercitazione esercito-marina del 29 gennaio effettuata dai turchi, cui ha partecipato anche il capo di stato maggiore turco Hulusi Akar. Mercoledì, poi, il ministro della Difesa greco Panos Kammenos ha pensato bene di sorvolare l’isola per lasciare una ghirlanda di fiori in memoria dei tre soldati greci uccisi nel 1996, quando Ankara e Atene furono un passo dal dichiararsi guerra in nome della sovranità sulle isole. «Era un mio obbligo venire qui — ha detto Kammenos — non chiederò il permesso a nessuno. Noi vogliamo la pace ma non ci sarà un aereo che non sarà intercettato. La Turchia dovrebbe smetterla con queste tattiche da cow-boy». Il ministero della Difesa di Atene ha dichiarato di aver registrato 138 violazioni del proprio spazio aereo sopra le isole.

Immediata la replica del ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu che ha invitato il suo omologo greco «a rimettere la testa a posto» mentre un parlamentare del partito di governo Akp, Huseyin Kocabiyik, arrivava a minacciare i greci dicendo di «smetterla di giocare con Kardak, perché potremmo aprire il fuoco». Cavusoglu ha a sua volta accusato i greci di aver violato il territorio conteso: «Non si dovrebbero approfittare della nostra nuova volontà. Noi stiamo agendo con grande maturità».

La Grecia e la Turchia furono a un passo dalla guerra nel 1996 quando un mercantile turco si arenò sulle spiagge delle isole. L’intervento dei soccorsi da entrambe le parti fece scattare la disputa territoriale. Nel momento in cui i greci piantarono la loro bandiera i turchi fecero partire gli incrociatori, prima da Smirne e poi dal Pireo. Nell’ operazione morirono tre soldati greci e per evitare una escalation furono necessarie forti pressioni da parte della comunità internazionale.

In base agli accordi turco-italiani del 1932 le isole, considerate un insieme di scogli, dovrebbero rientrare nella giurisdizione del Paese più vicino. Con la Turchia distante 7 km e la Grecia 5 dovrebbe appartenere a quest’ultima. Ankara tuttavia preme sul fatto che i 7 chilometri costituirebbero una distanza misurata dalla terra ferma, mentre i 5 km di distanza dalla Grecia si riferiscono all’isola di Kalolimnis e non intende pertanto rinunciare all’isolotto.

“La mancata estradizione dei golpisti è una frustrazione per noi”, ha dichiarato il premier turco Yildirim. La questione della presenza dei golpisti turchi in Grecia rimane invece ancora irrisolta, con Atene che non sembra intenzionata a concedere l’estradizione anche in considerazione delle mancate garanzie di un processo equo nel caso i golpisti venissero rimandati in patria. Mentre la Turchia ha presentato una nuova richiesta di estradizione, lo scorso 1 febbraio un tribunale greco ha stabilito che gli otto golpisti devono rimanere in custodia cautelare in Grecia. La mancata estradizione è stata definita da Ankara come "una decisione politicizzata" e il ministero degli Esteri turco ha minacciato ripercussioni nelle relazioni bilaterali con Atene e la possibilità di cancellare l'accordo con l'Unione europea sull'immigrazione. Il governo ellenico ha difeso la decisione sottolineando come si tratti di una sentenza della “giustizia greca indipendente”, che non ha niente a che vedere con la politica.

In ogni caso, al di là della minaccia latente dell’abbandono dell’accordo Ue-Turchia sull'immigrazione, nell'immediato la tensione tra Atene e Ankara sta avendo come effetto concreto la riapertura di un’altra questione bilaterale mai risolta: la demarcazione dei confini greco-turchi nel Mar Egeo. Le autorità di Ankara e lo stesso presidente Erdogan hanno intensificato la loro retorica volta a contestare la validità del trattato di Losanna, che nel 1923 ha stabilito l’attuale divisione dei confini tra Grecia e Turchia. Il presidente greco Prokopis Pavlopoulos ha sempre risposto a tono rimarcando la posizione di Atene sulla necessità di rispettare il diritto internazionale e sottolineando il fatto che mettere in discussione il trattato di Losanna equivale “a minacciare non solo i confini della Grecia ma anche quelli dell’Unione europea”.

Anche il premier turco Yildirim ha commentato le recenti tensioni tra Turchia e Grecia nell'Egeo orientale affermando che il governo di Ankara ha sempre "risposte pronte per gli atteggiamenti ostili". "Nell'Egeo ci sono 130 isolotti grandi e piccoli che non hanno un padrone, non è esplicitamente precisato a chi appartengano. Questa è la situazione che deriva dal passato; i problemi nell'Egeo non sono di oggi ma hanno un lungo passato", ha detto Yildirim, il quale ha aggiunto che la recente visita del ministro della Difesa greco Panos Kammenos nell'isola di Imia "non ha valore" in quanto la sovranità su tale area dell'Egeo orientale non è definita chiaramente. "La geografia è un destino: non possiamo scegliere i nostri vicini", ha detto il premier turco. Anche il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha criticato ieri il ministro della Difesa greco Kammenos per la sua visita dei giorni scorsi nell'isola greca di Imia, a 7 chilometri dalle coste turche di Bodrum e oggetto di una disputa territoriale tra Ankara e Atene. Cavusoglu ha parlato di "incidenti indesiderati" che potrebbero avere conseguenze non desiderate nelle relazioni bilaterali.

 

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