venerdì 17 marzo 2017

Morto il poeta Derek Walcott premio Nobel nel 1992.



E' morto a 87 anni il poeta Derek Walcott, premio Nobel per la letteratura nel 1992. Lo hanno reso noto i suoi familiari. Nelle sue opere Walcott è riuscito a cogliere l'essenza della sua isola natale, Santa Lucia, nei Caraibi e a diventare uno dei più importanti narratori del XX secolo. Considerato il più grande poeta della storia dei Caraibi, ha pubblicato molte opere tra cui 'In A Green Night: Poems 1948 - 1960' e l'opera epica 'Omeros'. E'  morto questa nella sua casa a Cap Estate, sull’isola di Santa Lucia nelle Piccole Antille. Walcott era malato da tempo ed era stato recentemente dimesso dall’ospedale. Divenuto celebre con la collezione di poesie In a green night pubblicata nel 1962, Walcott vinse il premio Nobel per la letteratura nel 1992. Considerato il più grande poeta della storia dei Caraibi, ha pubblicato molte opere tra cui "In A Green Night: Poems 1948 - 1960" e l'opera epica "Omeros".

Walcott sapeva benissimo, come aveva anche scritto in un’occasione, che ogni vero poeta è di necessità un poeta provinciale. Sapeva insomma che se talvolta il verbo si fa carne, questo accade anzitutto nella poesia, che di per sé è la meno astratta e generica, e viceversa la più concreta e puntuale, la più esatta delle manifestazione della lingua. Così nei suoi versi ha non solo riversato ma attivato la sua intera esperienza di uomo: percezioni, sensibilità, ragione, senso dei fatti, sogno, corpo, immaginazione. Questo fa sì che il suo discorso poetico sia oltremodo denso, spesso, consistente, anche prensile, ma al contempo sempre poroso, aperto, capace di respirare. Anche quando – ad esempio nel grande poema Omeros (1990), che costituisce uno dei vertici della sua opera di poesia – s’inoltra nell’oscuro, triste retaggio coloniale del suo popolo, non s’inabissa mai in un buco nero di rancore, per così dire, senza ritorno. Al contrario, proprio in quel momento esalta le sua capacità di giudizio, di comprensione, come se la sua vista doppia mantenesse sempre aperto un contro-orizzonte, una possibilità diversa, non una opposizione ma, che è molto diverso, una relazione.

La sua poesia batte davvero sul confine: di civiltà, di storie, di lingue, ma anche di paesaggi, di dimensioni, di realtà. Non a caso la sua poesia è fisica e metafisica insieme: quanto più l’immagine appare determinata, tanto più non si esaurisce in se stessa, non finisce lì, ma rimanda sempre ad altro. Per questo la luce, ovviamente nel suo contrasto col buio, possiede una straordinaria importanza nella composizione di queste immagini. «E l’alveare delle costellazioni riappare, sera dopo sera, / nella tua voce, nel buio canneto dei versi che risplende di vita», così scrive Walcott in una poesia dedicata all’amico Josif Brodskij compresa nella raccolta Prima luce (pubblicata da Adelphi, la traduzione è di Andrea Molesini). Dentro e fuori, alto e basso, epica e lirica, sempre insieme.

E proprio Brodskij, prima ancora che a Walcott fosse assegnato il premio Nobel per la letteratura nel 1992, ha riconosciuto alla sua poesia il merito più grande, offrendone al contempo la definizione forse più precisa, a cominciare dalla relazione a doppio senso di marcia appunto tra particolare e universale. «L’atto di conferire a un luogo lo status di realtà lirica», così scriveva Brodskij, «comporta più immaginazione e più generosità che non l’atto di scoprire o sfruttare qualcosa che era già creato». Immaginazione, generosità: in fondo altro non è che un atto (poetico) di devozione verso la propria terra, un inchino fatto al proprio luogo natale in nome della sacertà tutta del mondo creato, e allora di una terra che è anche la nostra terra. «Sii grato di aver scritto bene in questo posto, / fa’ che le poesie strappate si involino da te come uno stormo / di bianche egrette in un lungo ultimo sospiro di liberazione», così scriveva Walcott in una poesia del suo ultimo Egrette bianche (edito anche questo da Adelphi, nella traduzione di Matteo Campagnoli). E a questo punto tra natura e storia, tra esistenza e ideale, tutto appare davvero compiuto, nulla rimasto intentato.

Le sue opere in italiano si trovano nel catalogo Adelphi: "Mappa del Mondo Nuovo" (1992), "Ti-Jean e i suoi fratelli - Sogno sul Monte della Scimmi" (1993), "Prima luce" (2001), "Omeros" (2003), "Il levriero di Tiepolo" (2005), "Isole. Poesie scelte" (1948-2004), "La voce del crepuscolo" (2013), "Egrette bianche" (2015).

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