martedì 29 marzo 2016
Fidel Castro critica la visita di Barack Obama
Dopo che Barack Obama ha seppellito la guerra fredda arrivano le parole di commento di Fidel Castro: “Non abbiamo bisogno di regali dall’impero”, ha scritto l’ex leader comunista sul giornale del governo Granma, a una settimana dal viaggio sull’isola del presidente statunitense.
Obama era stato accolto da Raul Castro, il fratello di Fidel che oggi è al potere, nel quadro della generale distensione dei rapporti diplomatici tra i due paesi.
Così aveva sostenuto al suo arrivo a Cuba Obama "Sono qui per seppellire quello che resta della Guerra Fredda", aveva sostenuto Barack Obama parlando al popolo di Cuba al Gran Teatro dell'Avana. "Qualcuno ha pensato che sarei venuto qui a demolire, mentre sono qui a parlare a giovani cubani che vogliono costruire". Così il presidente degli Stati Uniti parla degli "ideali, punto iniziale di ogni rivoluzione", ma che possono trovare "la giusta espressione" soltanto "nella democrazia". La stessa che risolve i problemi delle società", ma che certo, riconosce, "non è un processo sempre gradevole. Guardate alla campagna elettorale degli Stati Uniti", dice con riferimento ai 'toni' nella battaglia in corso per la sua successione alla Casa Bianca.
Siamo dunque alla fine di un’epoca, ma non ancora del duello su diritti umani e democrazia, sui quali i due leader hanno ribadito con “franchezza” le loro “profonde differenze” impegnandosi tuttavia ad “accettarle” e a cooperare, “privilegiando i legami che uniscono i due Paesi e i due popoli”, come aveva sottolineato Rual Castro.
L'ex presidente cubano lo ha scritto in una "riflessione" pubblicata su 'Granma' - a quasi una settimana dalla storica visita di Obama sull'isola - nella quale risponde al discorso pronunciato dal presidente americano a L'Avana.
"Si presume che ognuno di noi abbia rischiato un infarto ascoltando le parole del presidente Usa", ha scritto ancora Fidel Castro, in riferimento al discorso di riconciliazione rivolto da Obama ai cubani. "Siamo in grado - ha poi aggiunto nell'articolo dal titolo 'Il fratello Obama', in cui ricorda anche gli scontri passati tra i due Paesi - di produrre alimenti e ricchezze alimentari di cui abbiamo bisogno con lo sforzo e l'intelligenza del nostro popolo".
In un editoriale intitolato ironicamente "Fratello Obama", l'ex lider maximo sottolinea che i cubani non hanno bisogno "che l'impero ci faccia dei regali di qualsiasi genere, i nostri sforzi saranno legali e pacifici, dal momento che questo è il nostro impegno verso la pace e la fraternità di tutti i popoli". Castro ha definito "parole mielose" quelle pronunciate da Obama nel discorso tenuto all'Avana, ed ha ricordato invece la lunga lista di contenziosi passati e presenti fra Cuba e le varie amministrazioni statunitensi.
In una delle sue abituali "riflessioni" pubblicate dalla stampa ufficiale, che sebbene è intitolata "fratello Obama" contiene una dura critica del discorso che il presidente Usa ha rivolto al popolo cubano.
Analizzando il contenuto del discorso "mieloso" di Obama, l'ex presidente cubano osserva ironicamente che "si suppone che ognuno di noi rischiava di soffrire un infarto nel sentire queste parole del presidente Usa", ed elenca una serie di denunce contro la politica di Washington, non solo riguardo a Cuba ma anche ricordando la guerra civile in Angola, alla quale hanno partecipato militari castristi, in quella che ha definito "una pagina onorabile nella lotta per la liberazione dell'essere umano".
"Che nessuno si illuda che il popolo di questo nobile e disinteressato Paese rinuncerà alla gloria e ai diritti, alla ricchezza spirituale che ha guadagnato con lo sviluppo dell'educazione, la scienza e la cultura", ha sottolineato il 'Lìder Maximo', prima di aggiungere che "siamo capaci di produrre gli alimenti e le ricchezze materiali di cui abbiamo bisogno, grazie allo sforzo del nostro popolo: non abbiamo bisogno che l'impero ci regali niente".
Già nei giorni scorsi sullo stesso quotidiano era uscito un commento piuttosto severo a firma di Omar Gonzales nel quale, in relazione al discorso di Obama era scritto che “si sperava che il Presidente degli Stati Uniti, in una storica visita in 90 anni, la prima durante la Rivoluzione, emettesse giudizi di valore e una scusa per quanto misurata, per tutti gli affronti dei governi che lo hanno preceduto”. Gonzales non aveva certo risparmiato critiche al discorso del presidente Usa: ”In cambio quello che ascoltato è stato un sermone abbastanza triviale, in cui sono state banalizzate la politica e il capitalismo al punto da definire il sistema che impera negli Stati Uniti come libero mercato, un modo per evitare di chiamare le cose con il loro nome”.
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venerdì 25 marzo 2016
Kacho Estudio Romerillo: il wi-fi libero e gratuito
L'iniziativa è stata promossa dall'artista Alexis Leiva Machado detto (Cacio) che ha deciso di condividere la connessione attivata a suo nome all'interno del centro culturale “Kacho Estudio Romerillo”. Il Centro, che si propone di sviluppare progetti di impatto sociale, educativo e culturale, è situato all'estrema periferia ovest dell'Avana, nel quartiere Romerillo, una delle zone più povere e disagiate della capitale. Il primo Internet point completamente libero e gratuito sul suolo cubano segna un rapido cambiamento nell’isola dopo la fine della "guerra fredda" con Washington. All’ingresso un cartello con la suggestiva password di accesso alla rete "aqui no se rinde nadie" (Qui, non si arrende nessuno), che fa eco a un vecchio slogan rivoluzionario.
E’ la prima connessione internet di questo tipo di cui si ha notizia sull’isola, ed è stata approvata dalla compagnia telefonica nazionale cubana Etesca.
Da quando è stato reso disponibile il Wi-Fi, ogni giorno al centro culturale si ritrovano decine di persone per usare internet sui propri laptop e tablet: pubblicano cose e passano il tempo sui social network, chiamano gli amici e i parenti che non vivono a Cuba e leggono le notizie. Quando sono connesse molte persone, il Wi-Fi di Kacho rallenta notevolmente: la sua velocità di connessione è comunque più veloce della maggior parte delle connessioni a cui si ha accesso a Cuba, dove si stima che solo il 5 per cento della popolazione possa navigare in internet senza limitazioni. A poter accedere a internet con le limitazioni – cioè potendo visitare solo certi siti e con restrizioni per quanto riguarda le email – è un quarto della popolazione, uno dei tassi più bassi del mondo.
A Cuba le connessioni di tipo dial-up, quelle cioè che in Italia erano diffuse prima delle linee ADSL, sono strettamente regolamentate: solo alcuni cittadini stranieri possono permettersi di pagare centinaia di dollari al mese per una connessione a banda larga. Nei centri in cui è possibile connettersi a internet, un’ora di connessione costa 4,50 dollari a una velocità comunque minore di quella disponibile da Kacho. Dopo che nel 2013 è stato completato un collegamento via fibra ottica con il Venezuela, le potenzialità di connessione di Cuba sono molto aumentate, ma il governo ha deciso di dare la priorità dell’accesso a internet alle scuole e ai posti di lavoro.
giovedì 24 marzo 2016
Luna: i poli si sono spostati miliardi di anni fa
La Luna ci mostra sempre la stessa faccia, grazie alla rotazione sincrona con la Terra. Ma uno studio appena uscito su Nature dimostra che 3.5 miliardi di anni fa lo scenario era molto diverso. La scoperta potrà aiutarci a indagare il passato del nostro satellite e del nostro pianeta, e forse anche a svelare l’origine dell’acqua che si trova sulle loro superfici. Questo studio finanziato dalla NASA suggerisce che l’asse di rotazione deve essersi spostato di circa cinque gradi, a testimoniare il cambiamento sarebbe la presenza di ghiaccio in due posizioni perfettamente opposte dell’emisfero meridionale e settentrionale.
“La stessa faccia della Luna non ha sempre puntato verso la Terra“, ha dichiarato nel report Matthew Siegler, del Planetary Science Institute di Tucson, Arizona, autore dell’articolo pubblicato su Nature.
«Questa scoperta è sorprendente», ha detto Siegler. «Tendiamo a pensare che gli oggetti in cielo siano sempre stati come li osserviamo noi, ma in questo caso i dati ci mostrano che una superficie così familiare come la faccia a noi nota della Luna in passato era molto diversa. Miliardi di anni fa, il riscaldamento all’interno del nostro satellite ha fatto sì che la faccia rivolta verso di noi si spostasse verso l’alto, a causa di un cambiamento fisico dell’asse di rotazione. Sarebbe come se il polo sud terrestre si spostasse dall’Antartide all’Australia».
Sapevamo che il ghiaccio d’acqua esiste sulla superficie del nostro satellite solo nei crateri perennemente in ombra, mentre evaporerebbe nelle zone esposte alla luce diretta del Sole. Ma gli scienziati hanno analizzato i dati rilevati dagli strumenti nel corso di diverse missioni, come il Lunar Prospector, il Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO), il Lunar Crater and Observation Sensing Satellite (LCROSS) e il Gravity Recovery and Interior Laboratory (GRAIL), notando una relazione nella distribuzione dei depositi di ghiaccio polari. Tali accumuli, infatti, non si trovano perfettamente ai poli ma risultano leggermente spostati, esattamente della stessa distanza ed in direzioni opposte, suggerendo che l’asse di rotazione in passato era inclinato rispetto a quello attuale. Questo significa che anticamente doveva esserci più ghiaccio successivamente evaporato a seguito del cambio di inclinazione, mentre l’unico sopravvissuto è quello depositato nei crateri rimasti in ombra sia con il vecchio che con il nuovo orientamento.
Questo incredibile risultato implica che gran parte del ghiaccio lunare deve essere antico di miliardi di anni ed ha importanti risvolti sulla storia del vulcanesimo del nostro satellite. Un corpo planetario, infatti, può modificare il proprio asse di rotazione quando si verifica un cambiamento nella distribuzione della massa e secondo gli autori, questo meccanismo per la Luna sarebbe scaturito dalla regione Procellarum, una delle zone più radioattive. Qui, un intenso vulcanesimo e la radiotività sarebbero stati sufficienti a riscaldare una porzione di mantello lunare, causando una variazione di densità abbastanza significativa per ri-orientare la Luna. Poi, parte del materiale del mantello fuso e riscaldato sarebbe risalito in superficie per formare le macchie scure visibili che riempiono i grandi bacini lunari conosciuti come mari.
mercoledì 9 marzo 2016
Le Europa alza il muro: chiusa la rotta balcanica verso il nord
Europa per migranti e profughi. Macedonia, Croazia e Serbia hanno chiuso definitivamente le loro frontiere. Circa 13mila persone sono rimaste bloccate in Grecia. Dopo il vertice tra Unione europea e Turchia, la Slovenia consente l’accesso solo a chi ha documenti validi per l’area Schengen.
L’Ungheria ha inviato altri 1.500 soldati al confine con la Serbia per fermare il passaggio dei migranti.
Le autorità a Skopje hanno spiegato che ciò fa seguito alle decisioni di Slovenia Croazia e Serbia di non accettare più migranti senza documenti validi e di ripristinare il regime delle regole Schengen. Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) si è definito "profondamente preoccupato" per il progetto di accordo Ue-Turchia.
La Macedonia ha chiuso i suoi confini per i migranti, e dalla mezzanotte non si accettano più profughi nel centro di accoglienza di Gevgelija. Le autorità a Skopje hanno spiegato che ciò fa seguito alle decisioni di Slovenia Croazia e Serbia di non accettare più migranti senza documenti validi e di ripristinare il regime delle regole Schengen. Nessun migrante è entrato in Macedonia dalla Grecia nelle ultime ore, e in pratica la rotta dei Balcani è stata chiusa. La Slovenia è stata il primo Paese dell’Ue ad applicare l’intesa raggiunta lunedì notte a Bruxelles con la Turchia. I termini non sono ancora perfezionati e con Ankara servirà un nuovo incontro, il 17 marzo, ma per Lubiana un accordo c’è e va dunque applicato al confine con la Croazia, Paese che a sua volta non è dell’area Schengen e dallo scorso agosto faceva passare i migranti: da mezzanotte, la polizia accetterà solo chi ha il visto, chi chiede asilo e chi ha bisogno d’aiuto umanitario.
Orban decreta stato di crisi in Ungheria Il governo ungherese ha proclamato lo stato di crisi in tutto il Paese, in seguito alla chiusura della rotta balcanica. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno Sandor Pinter oggi a Budapest, in conferenza stampa. In seguito a questa decisione, la polizia e i militari ungheresi saranno rafforzati con altri 1.500 soldati. Tusk: stop nei Balcani è decisione a 28 "Il flusso irregolare di migranti lungo la rotta dei Balcani occidentali è finito. Non è una questione di azioni unilaterali, ma una decisione comune a 28", così il presidente del consiglio europeo Donald Tusk su Twitter. "Ringrazio i Paesi dei Balcani occidentali per l'attuazione di parte della strategia globale europea per gestire la crisi dei migranti", aggiunge.
Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) si è definito "profondamente preoccupato" per il progetto di accordo Ue-Turchia "Come prima reazione sono profondamente preoccupato da qualsiasi accordo che possa implicare un respingimento a tappeto da un Paese a un altro senza le protezioni di salvaguardia previste dalla legge internazionale", ha dichiarato Filippo Grandi al Parlamento europeo all'indomani dell'intesa di massima raggiunta tra Europa e Ankara, da finalizzare al vertice Ue del 17-18 marzo, che prevede innanzitutto che la Turchia si riprenda tutti i migranti "economici" (quelli che non hanno diritto alla protezione internazionale) che sono arrivati in Grecia dopo aver attraversato illegalmente la frontiera. Inoltre, saranno rimandati indietro, a spese dell'Ue, anche i profughi che avrebbero diritto alla protezione internazionale (siriani compresi) ma che sono approdati illegalmente nelle isole greche dell'Egeo partendo dalle coste turche.
A Idomeni restano ancora 15 profughi Nel centro di accoglienza di Tabanovce, nei pressi di Kumanovo al confine nord con la Serbia, restano poco più di mille migranti in condizioni molto precarie sia per la scarsità di cibo sia perché sono tutti all'aperto, al freddo e sotto la pioggia. Al tempo stesso a sud sono quasi 15 mila i migranti e profughi bloccati da settimane a Idomeni, in territorio greco alla frontiera con la Macedonia, anche'essi in condizioni insostenibili, con una situazione igienico-sanitaria indescrivibile, sotto tende precarie che affondano nel fango. Tantissime famiglie con donne, bambini e anziani molti dei quali malati e bisognosi di assistenza medica. Nessuno sa ancora quale sarà la loro sorte.
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